Da vedere in DVD: “La forma dell’acqua” di Guillermo Del Toro

Pubblicato il 8 Novembre 2018 in Outdoor Cinema
La forma dell'acqua

sceneggiatura Guillermo Del Toro, Vanessa Taylor cast Sally Hawkins (Elisa Esposito) Michael Shannon (Richard Strickland) Richard Jenkins (Giles) Doug Jones (la Creatura) Michael Stuhlbarg (Robert Hoffstetler/Dimitri) Octavia Spencer (Delilah “Zelda” Fuller) Nick Searcy (gen. Frank Hoyt) genere fantasy prod Usa, 2017 durata 120 min.

 

La bella e la Bestia (qualsiasi versione, a piacere), Il mostro della palude (1982), Alien (1979), La cosa da un altro mondo (1951)… Sono troppi e troppo banalmente noti i riferimenti/antecedenti cinematografici di questo patchwork fantasyscentifico con piccole venature di piccola commedia dei piccoli orrori. Nulla che possa impensierire, nel senso di far lavorare le meningi, anzi: molto che mette a rischio di narcolessi anche il più sveglio e vispo degli spettatori. La favoletta è esile quanto un filo d’acqua, tenue come una goccia di rugiada, densa come uno sbuffo di vapore in cielo. Concentrata attorno al personaggio di Elisa, trovatella e muta (ma non sorda) che fa la donna delle pulizie in un laboratorio supersegreto vagamente somigliante alla fabbrica di Metropolis (1926). È lei la (non troppo) bella fanciulla che si innamora, ricambiata, di una strana creatura anfibia catturata nella giungla amazzonica e portata lì per essere studiata e, all’occorrenza, vivisezionata. Siamo nei primi anni ’60, ossia in piena guerra La forma dell'acquafredda e nel momento clou per avvistamenti di ufo, ritrovamenti di esseri semifantastici e via folleggiando nell’immaginario collettivo. Non stiamo a sintetizzare lo sviluppo della storia, tanto è prevedibile, né citeremo più che al volo i vari personaggi che ruotano attorno a Elisa: la collega e amica del cuore Zelda, il vicino di casa e complice, nonché artista svanito Giles, il cattivone razzista (con tutti i “diversi”) Strickland e il doppiogiochista dal cuore buono Bob/Dimitri. Personaggi e storia strampalati come pochi ossia incoerenti sul piano drammaturgico e troppo banali anche per il regno della fantasia. Inspiegabili (questi sì) gli osanna della critica e la messe di premi: dai quattro Oscar al Leone d’Oro veneziano. Per quanto riguarda le statuette dei cinematografari americani, non che sia un merito, ma si è visto anche di peggio. Fa più specie il massimo riconoscimento di quella che si ostina a chiamarsi “Mostra d’Arte Cinematografica”. O dobbiamo cominciare a chiamarla, più correttamente, “Marchettificio d’Ammennicoli Cinematografici”?

 

E allora perché vederlo?

Per rendersi conto di cosa sono diventati i premi festivalieri del cinema.

 

La forma dell'acqua

 

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.