Da vedere in DVD: “Il tocco del peccato” di Jia Zhang-Ke

Pubblicato il 4 Febbraio 2019 in Outdoor Cinema
Il tocco del peccato

Sceneggiatura Jia Zhang-Ke Cast Jiang Wu (Dahai) Wang Baoquiang (San Zhou) Zhao Tao (Hui Xiao) Luo Lanshan, Zhang Jiayi, Li Meng, Sanming Han genere drammatico produzione Cina, Giappone 2013 durata 125 min.

 

Non c’è bisogno di avere un master in sociologia per capire che in una crescita economica tumultuosa e incontrollata si instaura la legge del Far West, ossia l’assenza di regole. Qualcosa del genere sta avvenendo ormai da anni in Cina, paese a governo comunista, con una forte burocratizzazione della vita sociale e il liberismo più sfrenato (il Far West, appunto) nell’economia. Il che ha portato, come sanno ormai anche i sassi, il paese del Dragone ai vertici della crescita mondiale e alla creazione di una classe di nuovi ricchi. Costoro, sui resti dell’economia socialista e sull’enorme abbondanza di materie prime del paese, hanno creato imperi industriali e altrettanto colossali fortune personali, ma a che prezzo? Il film di Zhang-Ke non è il primo che arriva in Occidente e che ci parla della Nuova Cina e del suo boom economico che ha davvero rivoluzionato il paese più popoloso del mondo. Pochi però l’hanno fatto con storie (e immagini) così crude e violente. Una sorta di Pulp Fiction dagli occhi a mandorla. Certo, nella Cina di Xi Jinping, la stragrande maggioranza della popolazione sta meglio di quanto stessero i loro padri ai tempi della Rivoluzione Culturale maoista o loro bisnonni sotto il Celeste Impero, tuttavia ciò non toglie che il divario tra ricchi e poveri abbia raggiunto livelli mai sfiorati nemmeno nell’Inghilterra Vittoriana. E siccome tutti stanno un po’ meglio, nessuno si ribella. Tranne qualcuno cui, all’improvviso, salta una rotella in testa o che imbocca la via della delinquenza con biglietto di sola andata. O che vuole semplicemente affermare i propri diritti di Il tocco del peccatofronte alla prevaricazione e alla violenza sfacciata del denaro o chi, per fragilità, al culmine della violenza, fa violenza su se stesso. Il film prende spunto da storie vere, ma è evidente che l’autore abbia lavorato molto sulla rappresentazione. Non a caso il film inizia e finisce sulla musica tradizionale del teatro e un improvvisato teatrino ambulante allestisce uno spettacolo di strada nella sequenza di chiusura. Non solo: tra i produttori esecutivi c’è il giapponese Masayuki Mori, amico e sodale di Takeshi Kitano nonché cofondatore della Office Kitano che ha messo una parte del gruzzolo. E, al di là delle dichiarazioni di stima del cinese per il giapponese, l’influenza estetica di Kitano sul film di Zhang-Ke è palese proprio nella forzatura drammaturgica della cronaca che si ammanta di violenza spesso gratuita. Violenza e solitudine, a detta del regista: Kitano docet, appunto. Kitano, dunque, ma anche un po’ Kieslowski, nella commistione delle storie e nell’intreccio casuale delle esistenze dei personaggi in un senso circolare della vita che sottolinea l’impossibilità di uscire dallo schema, di trovare una via di fuga che non sia la morte. Propria o altrui.

 

E allora perché vederlo?

Perché il nuovo Far West oggi si chiama Far East.

Il tocco del peccato


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