United We stand, divided We fall. Parole o fatti?

Pubblicato il 15 Aprile 2020 in Wellness Denaro Salute Business
UE. Dopo giorni ti tensione tra paesi europei sulle misure da adottare per arginare la crisi economica provocata dalla pandemia di coronavirus, l’Eurogruppo riunitosi giovedì 9 aprile ha trovato un primo accordo su un pacchetto di oltre 500 miliardi di euro che sembrerebbe soddisfare tutti, dall’Italia all’Olanda. Tra i punti principali dell’accordo la messa a disposizione di 240 miliardi di euro da parte del Meccanismo europeo di stabilità – detto MES o anche fondo salva-stati – da prestare agli stati europei a condizioni favorevoli: non avrà infatti condizionalità se i Paesi utilizzeranno i suoi fondi per le spese sanitarie. È stato inoltre trovato un accordo su una cassa integrazione europea con disponibilità fino a 100 miliardi di euro e un fondo speciale della Banca europea degli investimenti da 200 miliardi di euro. Rinviata invece la decisione sugli Eurobond, il tema che più divideva le posizioni tra paesi europei in queste settimane.
PETROLIO. Alla fine della riunione straordinaria tenutasi giovedì dopo diversi rinvii, l’Organizzazione dei paesi produttori di pertolio, insieme alla Russia – anche detta OPEC+ – ha confermato l’accordo per un taglio della produzione di greggio di 10 milioni di barili al giorno nei mesi di maggio e giugno: tagli che saranno poi gradualmente allentati nel corso dei mesi successivi sino al 2022. La decisione, con cui i paesi produttori sperano di arginare il calo prolungato dei prezzi del petrolio, arriva dopo settimane di tensione, in particolare tra Arabia Saudita e Russia. Il contesto è quello di un crollo globale della domanda di carburanti di circa 30 milioni di barili al giorno (pari al 30% delle forniture totali) dovuta all’emergenza coronavirus.

GERMANIA. Rallenta il tasso di crescita dei nuovi casi di coronavirus in Germania. Per il quarto giorno di fila, Berlino registra tassi pari al +4-5% contro il +7-8% della scorsa settimana. La Germania ha individuato quasi 5,000 nuovi casi nella giornata di ieri con un numero totale di infezioni pari a circa 108,000. Berlino ha dichiarato mercoledì di aver effettuato 1,3 milioni di test dall’inizio della crisi: un numero decisamente più alto rispetto al resto dell’Europa. Solo la scorsa settimana, il paese ha fatto quasi 400,000 test per una media di 56,000 giornalieri.

AFRICA. Un nuovo report della Banca Mondiale ha previsto, per l’Africa subsahariana, una recessione per il 2020, la prima negli ultimi 25 anni. Le stime dell’istituzione finanziaria internazionale vedono la crescita del subcontinente crollare dal +2.4% del 2019 al –2.1% nella migliore delle ipotesi (fino al più pessimistico 5.1%) nel 2020, con possibili conseguenze su una possibile crisi alimentare in tutta la macroregione. La recessione sarà trainata soprattutto dalla prestazione delle maggiori economie del continente (Nigeria, Angola, Sudafrica) e dal crollo dei mercati delle materie prime, su cui si fonda l’export di numerosi stati africani. Secondo le previsioni, la pandemia globale potrà costare all’Africa perdite tra 37 miliardi e i 79 miliardi di dollari, con il crollo dei flussi finanziari, delle rimesse, del turismo, degli investimenti diretti esteri e degli aiuti.
ARABIA SAUDITA. L’epidemia colpisce anche la famiglia reale saudita: sei settimane dopo l’annuncio del primo caso nel regno, il New York Times riporta che ben 150 membri della famiglia Saud siano risultati positivi al coronavirus. I medici dell’ospedale riservato al trattamento dei reali stanno preparando 500 posti letto, nell’eventualità che il contagio dovesse diffondersi a più membri della famiglia. Intanto, il governatore di Riyadh, il principe Faisal bin Bandar bin Abdulaziz al Saud è ricoverato in terapia intensiva. Il re Salman, 84 anni, si è ritirato in una residenza insulare sul Mar Rosso, vicino alla città di Jeddah, mentre il principe ereditario, il 34enne Mohammed Bin Salman si trova in un’altra residenza isolata sulla stessa costa, insieme ad alcuni dei suoi ministri.
FILIPPINE. La Croce Rossa internazionale ha portato l’attenzione sul rischio di contagio che arriva dalle carceri filippine, uno dei sistemi carcerari più sovrappopolati del mondo da quando il presidente Rodrigo Duterte ha lanciato una campagna contro i narcotrafficanti nel 2016. La Croce Rossa sta quindi lavorando insieme al governo filippino per costruire quattro centri per la quarantena dei detenuti infetti e scongiurare una crisi epidemiologica nel paese. Nelle Filippine, la paura del contagio ha già sollevato la popolazione contro gli operatori sanitari, soggetti a episodi di violenza e di discriminazione.
Potrei, ma non voglio. Potremmo sintetizzarlo così, questo grafico, che spiega che il G20 potrebbe essere il luogo in cui si prendono le decisioni cruciali tra i grandi del mondo. I 19 governi seduti intorno al tavolo (esclusa l’Unione europea, ventesimo membro) contano per il 78% del PIL mondiale, per il 75% delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e, a oggi, per il 70% dei casi confermati di COVID-19, l’infezione da coronavirus. Ci sarebbe spazio per riunioni d’emergenza e azioni coordinate. Invece quella che abbiamo visto nelle ultime settimane, in tutti i paesi, è stata prima la pia illusione del “non toccherà mai a me” e poi, una volta riconosciuto che alla fine tocca a tutti, la corsa affannosa a trincerarsi dietro i propri confini. Neppure lo stimolo fiscale più ingente dal secondo dopoguerra (persino superiore a quello concertato dai “Grandi” nella crisi mondiale del 2008-2009) è stata una risposta collettiva, ma una semplice sommatoria di decisioni nazionali. Eppure, dovrebbe essere facile capirlo: senza solidarietà internazionale rischiamo tutti, nessuno escluso. (Elaborazione dati: Matteo Villa, ISPI)

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