Il cinema di Luis Buñuel – La metafora del “miele amaro”

Pubblicato il 21 Novembre 2021 in Humaniter Cinema
Luis Buñuel

Las Hurdes-Terra senza panè un mediometraggio che Luis Buñuel gira tra aprile e maggio del 1933 in una delle zone rurali all’epoca più arretrate ed emarginate della Spagna. È il suo terzo film dopo l’autoprodotto Un chien andalou (1929) e L’âge d’or (1930), finanziato dal mecenate visconte di Noailles, sequestrato e proibito a pochi giorni dalla sua uscita. All’indomani della vittoria delle sinistre alle elezioni spagnole del 1931, le prime dopo la dittatura di Miguel Primo de Rivera durata dal 1923 al 1930, viene proclamata la Repubblica e il re Alfonso XIII costretto all’esilio.

Con i soldi vinti alla lotteria nazionale dall’amico anarchico Ramòn Acin il regista realizza questo pamphlet per immagini contro la condizione di degrado, ignoranza e malattia in cui versa ancora la popolazione più povera del suo paese. Privata non solo dei diritti basilari, ma dello stesso pane con cui nutrirsi. Può sembrare strano che un convinto repubblicano come Buñuel giri un film di denuncia così aspro proprio quando viene instaurata la repubblica, ma l’intento è palese: denunciare capitalismo e religione come le principali forme di oppressione dell’uomo sull’uomo. In buona sostanza il tema sviluppato dal film è la giustizia sociale. Che ovviamente prescinde dalla forma di governo. Ne risultano 32 minuti di arringa antropologica tanto forte che le deboli autorità della neonata democrazia iberica non hanno il coraggio di mostrare al mondo quelle immagini. Privo del nulla osta spagnolo, il film viene ultimato con la sonorizzazione a Parigi nel 1934 e uscirà solo in Francia due anni dopo, alla vigilia di quella Guerra Civile che spazzerà via il sogno repubblicano.

Luis Buñuel

Il film si apre nel villaggio capoluogo della comarca (provincia), La Alberca, e su un sanguinario rito ancestrale praticato dagli uomini sposati nell’anno. Costoro devono decapitare a mani nude un gallo passando al galoppo sotto un cavo cui è appeso il volatile. Rito dalle radici pagane, come antichissime sono anche le vestigia che si trovano a pochi km di distanza dall’abitato, nell’eremo di Las Batuecas, dove sono conservati «Resti di intensa vita preistorica. Nelle sue caverne sono state rinvenute pitture di ottima fattura rappresentanti uomini, capre e api» recita la distaccata voce narrante. Il commento prosegue: «Rospi, bisce e lucertole sono gli abitanti odierni di queste rovine mentre la vegetazione è molto rigogliosa, con oltre 200 specie di alberi». Ma eccoci finalmente nelle valli poverissime delle Hurdes i cui villaggi (Aceitunilla, Martilandrán, Nuñomoral…) sono costituiti da case in pietre a secco senza finestre né focolari in cui si vive in totale miseria. Con uomini e animali che coabitano e l’unico ruscello che passa tra le case a fare da scolmatore dei rifiuti e abbeveratoio per bambini e maiali.

Luis Buñuel

Dopo l’episodio della capra selvatica, uccisa con un’arma da fuoco per mostrane in realtà una caduta accidentale, ovvero l’unico modo che ha la popolazione per nutrirsi di carne, arriva la sequenza delle arnie. È una sequenza piuttosto breve, di poco più di un minuto, ma di una violenza inaudita, pari solo alla denuncia che vuole sollevare con la metafora del “miele amaro”. Come dire: nelle Hurdes neppure il più dolce degli alimenti resta tale perché le condizioni di vita non lo permettono. Un chiaro esempio di uso surrealista dell’immagine, di corto circuito poetico alla maniera di Lautréamont. Con tutta la differenza che passa tra un’invenzione letteraria e una verità storica documentata dalla freddezza oggettiva di una macchina da presa.

Sulla genesi e la realizzazione di Las Hurdes nel 2018 è stato realizzato un interessante cartone animato dal titolo Buñuel en el laberinto de las tortugas (Buñuel nel labirinto delle tartarughe) per la regia diSalvador Simó. Un approccio inconsueto, ma rigoroso all’opera di un grande poeta dello schermo che include anche alcune sequenze originali del film.

Luis Buñuel

 

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