Quindicesima lezione – Margarethe von Trotta “Anni di piombo”

Pubblicato il 13 Febbraio 2023 in Humaniter Cinema
Margarethe von Trotta

Nata a Berlino nel 1942, la regista arriva con leggero ritardo dietro la macchina da presa rispetto ai colleghi maschi del cosiddetto Nuovo Cinema Tedesco. E, in un primo momento, come aiuto e sceneggiatrice di Volker Schloendorff con cui all’epoca era sposata. Con Schloendorff gira a quattro mani il film d’esordio: Il caso Katharina Blum (1975) dal romanzo di Heinrich Böll. Il suo terzo film da regista, Anni di piombo (1980), la impone a livello internazionale come autrice sensibile e di spessore. I suoi film sono spesso incentrati su figure femminili, sia del passato che della società contemporanea, e sui loro rapporti familiari. Tra i titoli più famosi: Rosa L. (1985) sulla rivoluzionaria marxista Rosa Luxembourg, Paura e amore (1988), ambientato a Pavia e cosceneggiato da Dacia Maraini, Hannah Arendt (2012) biopic della filosofa e politologa ebrea-tedesca rifugiata negli Stati Uniti, e Visions (2009) sulla figura e l’opera della monaca benedettina, teologa, poetessa e scienziata medievale Ildegarda di Bingen (1098-1179).

Margarethe von Trotta

«Quale l’argomento e quali i contenuti di Anni di piombo, Leone d’Oro a Venezia nel 1981? I pareri risultano discordi anche perché si è confuso e si continua a confondere argomenti con contenuti. Von Trotta si ispira al caso di Christiane Ensslin, sorella di Gudrun, la terrorista della Raf che, con Raspe e Baader, fu trovata cadavere nel supercarcere di Stammehim la mattina del 18 ottobre 1977. È Anni di piombo un film sul terrorismo? Di questo incoraggia o critica la celta? Si domanda da più parti. Certo, è sul terrorismo, ma soprattutto rappresenta un dramma di coscienza, risponde Italo Calvino. Contiene, a suo parere, elementi di rifiuto molto netti – la crescita esponenziale del fanatismo e della crudeltà che il terrorismo comporta nella società a tutti i livelli – più forti di “un altro pure fortissimo che va in senso contrario: cioè la progressiva identificazione della sorella non terrorista con la sorella terrorista dopo la sua morte”.

È un film su due sorelle che aspirano, ciascuna a suo modo, a un mondo rinnovato. È la storia di due sorelle di una rigida famiglia religiosa, ma non è soltanto né specificatamente un film sul terrorismo. È sul “che fare” di tutta una generazione. E sul “che fare” si interrogano due donne e il luogo delle emozioni è il rapporto fra due sorelle.

Margarethe von Trotta

Dichiara la Von Trotta: “Io e Christiane apparteniamo alla stessa generazione di Gudrun Ensslin, di Ulrike Meinhof e di molte altre donne. La nostra è stata un’infanzia di guerra e una giovinezza da anni’50, vissuta sotto la cappa di un senso di colpa per noi inesplicabile. C’era una specie di diktat interiore che costringeva gli adulti a tacere sul passato della Germania. È la storia di due sorelle e anche altro: della loro famiglia, dei loro rapporti, dei loro contrasti. Ma è soprattutto una radiografia della Germania che da sempre tende a rimuovere la sua storia. Il tutto in un intreccio fra presente e passato, pubblico e privato, eventi politici ed emozioni personali”. È un film sulla tendenza dei tedeschi a dimenticare tutto ciò che genera dubbio e provoca conflitti: il passato remoto (il nazismo) e quello prossimo. Il meccanismo della rimozione si mette in moto anche dinanzi alla morte dei terroristi». (estratto da I sussurri e le grida di Guido Aristarco, Sellerio, Palermo 1988)

 

Margarethe von Trotta

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