Diciottesima lezione: Alain Resnais – “Mon oncle d’Amerique”

Pubblicato il 28 Marzo 2023 in Humaniter Cinema
Alain Resnais

Siccome da piccolo era cagionevole di salute, il bretone Alain Resnais (1922-2014) piuttosto che giocare con i compagni all’aperto preferiva il chiuso dei cinema e dei teatri, tanto da maturare una precoce vocazione per la messa in scena. Vocazione che si realizza in una frequenza assidua delle sale cinematografiche e in alcuni brevi film in Super8 a carattere documentaristico. Tra i suoi interessi cinematografici giovanili figurano le pellicole americane degli anni ‘30 e le commedie di Sasha Guitry, ma anche film d’avanguardia come Le sang d’un poëte (1931) di Jean Cocteau. Nell’immediato dopoguerra si trasferisce a Parigi dove si avvicina al movimento surrealista senza però mai farvi parte. Continua a girare documentari per interesse personale passando al 16mm e diventa assistente al montaggio per alcuni film di suoi amici tra cui Paul Paviot e Agnès Varda.

Alain Resnais

Nel 1955 si impone all’attenzione della critica con uno dei primi documentari che mostrano gli orrori nazisti dei campi di sterminio: Nuit et brouillard (Notte e nebbia) e l’anno successivo con un altro documentario Toute la mémoire du monde che ha per oggetto la Bibliothèque National di Parigi e i suoi immensi tesori librari. Entrambi questi film mostrano un approccio alla materia descritta di estremo rigore formale unito a una notevole innovazione del linguaggio filmico mediante il contrappunto tra l’immagine e il commento fuori campo. Pur senza appartenere alla Nouvelle Vague propriamente detta né aver mai collaborato alla rivista Les Cahiers du Cinéma, il suo Hiroshima mon amour del 1959 è considerato uno dei film che hanno fondato il nuovo linguaggio del cinema, al pari dei coevi I 400 colpi di Truffaut e Fino all’ultimo respiro di Godard. Hiroshima è una sorta di docufiction in quanto all’esile trama della storia d’amore tra una ragazza parigina e un architetto giapponese si sovrappone, attraverso un uso estremamente creativo del flashback, la memoria delle ferite insanabili della Seconda Guerra Mondiale e dell’olocausto atomico.

Alain Resnais

Il successivo L’anno scorso a Marienbad (1961), la cui sceneggiatura è scritta a quattro mani con l’amico e conterraneo Alain Robbe-Grillet, è universalmente considerato una pietra miliare del cinema. Qui, forma e contenuto creano una scrittura filmica assolutamente innovativa e autenticamente rivoluzionaria. Apice ineguagliato di una carriera che immediatamente dopo si avvia a un rapido declino con solo alcune opere di notevole interesse nel ventennio dei ‘60 e ‘70 e una serie di commedie e melodrammi lambiccati, per non dire corrivi, dagli anni ‘80 in poi. Al primo gruppo appartengono titoli come Stawisky il grande truffatore (1974), Providence (1977) e Mon oncle d’Amérique (1980). Al secondo L’amour à mort (1984) Mélo (1986), Smoking/no smoking (1993), e l’imbarazzante prova senile Gli amori folli (2009).

 

Alain Resnais

 

Mon oncle d’Amérique

Lo spunto non solo narrativo, ma anche formale al film viene suggerito al regista dalle teorie etologiche di Henri Laborit elaborate dallo studioso proprio attorno alla metà degli anni ‘70. In particolare dalla biologia comportamentale e dal condizionamento sociale. Laborit compare anche in scena nel film per esporre le sue tesi trasposte dal regista mediante tre personaggi principali le cui vite parallele si sviluppano in base agli ostacoli che essi incontrano sul cammino fino a quando il caso li porta a incontrarsi e intrecciare reciprocamente, per qualche tempo, i propri destini. In che misura l’essere umano è capace di determinare le proprie azioni ed è libero nelle scelte che deve fronteggiare? Quali e quanti sono i condizionamenti, recenti e remoti, con cui deve fare i conti? Queste sono le domande che il film ci pone. A guidare il regista nel narrare le diverse storie intervengono spesso gli archetipi sociali veicolati dal cinema. Ancora per poco l’arte più popolare, capace di influenzare comportamenti di massa e dunque in grado di creare degli archètipi su cui poi si formano i modelli sociali.

Alain Resnais

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