Ventiduesima lezione: Paolo e Vittorio Taviani – “Allonsanfan”

Pubblicato il 8 Maggio 2023 in Humaniter Cinema
Paolo e Vittorio Taviani

Un regista in due persone: Vittorio (1929-2018) e Paolo Taviani (n. 1931). Di solito Paolo dirige le scene scritte da Vittorio e Vittorio quelle scritte da Paolo. Dicono: «Siamo fratelli, quasi coetanei. Stessa storia familiare, stesse esperienze culturali, ideologiche, politiche. Amministriamo la nostra affinità con cautela. Facciamo lo stesso tipo di vita. E poi il caso. Il nostro binomio è un caso, appunto».

Vittorio ricorda: «Un giorno, per caso, vedemmo Paisà e riconoscemmo immediatamente in quelle immagini il riflesso delle nostre inquietudini». Il neorealismo, in particolare Rossellini, Visconti e Zavattini, ebbe dunque un grande influsso sulla formazione dei due fratelli nati a San Miniato (Pi), animatori in gioventù del Cineclub di Pisa e poi, alla fine degli anni ‘50, attivi a Roma prima come assistenti di Roberto Rossellini quindi del documentarista olandese Joris Ivens nella realizzazione del film L’Italia non è un paese povero (1960). Due anni dopo esordiscono, con Valentino Orsini coregista, con Un uomo da bruciare (1962), film sulle lotte sindacali e le connessioni tra politica e mafia in Sicilia. In quegli anni il neorealismo andava perdendosi nei rivoli di un bozzettismo naturalista senza spessore e i Taviani, rifiutando la tendenza, usano lo strumento cinema come analisi della storia. In particolare di quella recente.

Paolo e Vittorio Taviani

Del 1967 e del 1969 sono due altre tappe importanti del loro percorso cinematografico alla ricerca di un superamento del neorealismo in un cinema politico. Quest’ultimo termine deve però essere inteso non come appartenenza ideologica a uno schieramento, ma nel senso gramsciano di analisi dei rapporti sociali in precisi contesti storici. In una visione in cui “i dannati della terra” (per usare una citazione di Frantz Fanon), ovvero gli ultimi, gli emarginati, gli sconfitti, sono il soggetto privilegiato da cui partire per comprendere (e cambiare) il mondo. Che siano l’anarchico Giulio Manieri di San Michele aveva un gallo (1972), i Fratelli Sublimi (carbonari) della sfortunata spedizione di Allonsanfan (1974), il Gavino Ledda di Padre padrone (1977), i contadini toscani della Notte di san Lorenzo (1982) o i detenuti di Rebibbia nella particolarissima messa in scena dietro le sbarre del Giulio Cesare di Shakespeare (Cesare deve morire, 2012).

Dal punto di vista formale il cinema dei Taviani si presenta come «Un cinema dalle forti tonalità espressive, capace di coniugare il realismo più crudo con la favola più mediata» (Francesco Gallo). Tra caso e necessità, volontà e fato i personaggi e le storie portati sullo schermo dai Taviani analizzano sempre il divario tra desideri utopici e realizzazioni storiche, spesso attraverso le sconfitte, le rinunce, le cadute. Personali o collettive.

Paolo e Vittorio Taviani

Il cinema del Taviani è inoltre pervaso di notevoli accenti letterari dovuti non solo all’origine dei soggetti prescelti – Boccaccio, Shakespeare, Tolstoj, Goethe, Pirandello e altri grandi autori – ma alla loro messa in scena attraverso un uso della “parola”, unita all’immagine, che si carica di significati metafilmici. Emblematica, a questo proposito, la scena della battaglia nel grano della Notte di san Lorenzo evocata dalle strofe omeriche recitate dal nonno e vissute dalla protagonista bambina come battaglia di guerrieri achei che entrano nel sanguinoso conflitto tra fascisti e partigiani. Anche l’intera struttura di Padre padrone è a sua volta fortemente connotata dalla ricerca semantica (immagine e parola sono entrambi “segni”) sulla scia dell’esperienza autobiografica dello scrittore Gavino Ledda, autore del libro da cui il film è tratto e personaggio in scena, all’inizio e in chiusura del racconto filmico. Sempre su questa linea anche le trasposizioni cinematografiche di alcune novelle pirandelliane di Kaos (1984) e il notevole Leonora addio (2022) girato dal solo Paolo dopo la scomparsa del fratello alla cui memoria il film è dedicato.

Più debole invece l’ispirazione delle opere realizzate tra gli anni ’90 e i 2000 (Il sole anche di notte, 1990; Fiorile, 1993; Le affinità elettive, 1996; La masseria delle allodole, 2007; Maraviglioso Boccaccio, 2015; Una questione privata, 2017, stanco ritorno, quest’ultimo, a temi resistenziali) anche se in ciascuna di esse può comunque essere riconosciuta la particolare sensibilità artistica del “casuale binomio” che si chiama(va) Paolo e Vittorio Taviani.

 

Paolo e Vittorio Taviani

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