Le città possono diventare più sostenibili?

Pubblicato il 9 Settembre 2023 in , da Giovanna Gabetta

Si prevede che entro il 2030 le aree urbane ospiteranno il 60% degli abitanti della Terra. E molte città conteranno almeno mezzo milione di abitanti. E’ possibile costruire un futuro con città più sostenibili?

Abbiamo già avuto occasione, in questa rubrica, di parlare delle città sostenibili, e in particolare di come si dovrebbe recuperare il legame tra città e campagna. La popolazione di chi vive in città sta aumentando in fretta. Nel 1800 la popolazione urbana era intorno al 3% del totale degli esseri umani (30 Milioni di persone); dopo un secolo, nel 1900, il 13% della popolazione umana viveva in città (e dato che anche il totale della popolazione è aumentata, si parla di circa 214,5 milioni di persone). Ma questo è niente: nel 2015 i cittadini erano già 4 Miliardi, che corrispondono al 54% della popolazione mondiale. La figura che segue mostra la distribuzione della popolazione nel 2019, tenendo conto anche del numero di abitanti delle città; la figura è tratta da un rapporto specifico, molto dettagliato, pubblicato nel 2022 (DEMOGRAPHIA WORLD URBAN AREAS  – Built Up Urban Areas or World Agglomerations – 18 th ANNUAL EDITION, July 2022).

 

città sostenibili

 

Si prevede che entro il 2030 le aree urbane ospiteranno il 60% degli abitanti della Terra; una ogni tre persone vivrà in una città con almeno mezzo milione di abitanti.

Come mai c’è questa preferenza per la vita in città?

Forse perché in città si vive meglio, si trova lavoro, si guadagna di più e ci sono più servizi. Questo era vero anche in passato, almeno nei Paesi più sviluppati: a Londra, per esempio, già nel 1801 la popolazione era superiore al milione, e nel 1897 si parla di più di 6 milioni (contro i circa 9 di oggi). Già allora le ragioni di questo aumento della popolazione erano la possibilità di lavoro, la possibilità di cure (ad esempio, la mortalità infantile era significativamente inferiore in città rispetto alla campagna), i migliori servizi. È curioso anche che a quell’epoca la popolazione femminile a Londra fosse la maggioranza: perché molte ragazze dalla campagna si recavano in città per lavorare come domestiche.

In città, alloggi ad alta densità e sistemi di trasporto efficienti per merci, persone e servizi portano a economie di scala nell’uso dello spazio e nelle infrastrutture. Gli ultimi decenni in particolare sono stati contrassegnati da consistenti guadagni in molteplici indicatori di qualità della vita.

Però, le città sono molto diverse tra di loro e occorre definirle in modo preciso per poter fare dei confronti. Ci si può basare semplicemente sulla popolazione, oppure sulla densità di popolazione. Più di recente, la brillantezza della luce misurata dai satelliti durante la notte è stata utilizzata per riconoscere le città e distinguerle dalle zone rurali (R. Connolly, and M. Connolly (2014). Urbanization bias I. Is it a negligible problem for global temperature estimates?, Open Peer Rev. J., 28 (Clim. Sci.), ver. 0.2 (non peer reviewed draft).

Città sostenibili, ma differenti

Ci sono anche differenze dovute alla posizione geografica in cui si trovano le città, al livello di sviluppo oppure alle abitudini culturali del Paese in cui si trovano. Ad esempio, gli Americani di classe media vivono soprattutto in aree suburbane, lontano dai loro posti di lavoro, in case di proprietà circondate da giardini che, se ci basiamo sugli standard tipici di altre città, sono molto grandi. Il termine inglese per descrivere le caratteristiche di queste città è “sprawl”, che forse si può tradurre con “dispersione”. I sobborghi americani hanno un alto livello di dispersione, il che causa una bassa densità di popolazione e alcuni problemi tipici. In particolare, vivere in un sobborgo comporta minori opportunità economiche, maggior uso dell’automobile, aumento dei problemi di salute e in particolare dell’obesità.

Le città non sono definite soltanto dal numero o dalla densità degli abitanti, ci sono molte altre caratteristiche da considerare. Può essere interessante, ad esempio, confrontare un sobborgo americano con i piccoli paesi italiani ed europei. Come si vede da queste foto aeree, nei sobborghi americani ci sono case tutte uguali, parcheggi e strade e nient’altro. Un paesino italiano invece, in un territorio più o meno delle stesse dimensioni, ha una piazza, una chiesa, la scuola e l’edificio del Comune e una serie di altri servizi, che gli abitanti possono raggiungere a piedi. Le case non sono tutte uguali e risalgono a epoche diverse.

Città differenti, scelte abitatitive differenti

Nelle grandi città, la scelta dell’abitazione dipende dal censo, dalla geografia, dal momento storico. Ad esempio, negli anni ‘60 del 1900, i grattacieli nei paesi sviluppati erano abitati dai poveri. A partire dagli anni ‘90, nei piani alti e lussuosi vive chi è ricco e non ha figli. I grattacieli sono diventati abitazioni di lusso, anche perché hanno bisogno di molta energia per i servizi (acqua, climatizzazione, ascensore ecc.). A Hong Kong, dove tutte le case sono grattacieli, si sceglie a quale piano abitare. Ma in Nord Corea, dove l’energia è razionata e ci sono molte interruzioni, nei grattacieli non sempre funzionano gli ascensori, perciò solo i più poveri accettano di vivere ai piani alti.

Poiché tutte le nazioni sviluppate sono prevalentemente urbane, l’urbanizzazione è spesso vista come un importante contributo per un futuro sostenibile. Per esempio nel 2014 il rapporto IPCC sul cambiamento climatico sosteneva che l’urbanizzazione è un mezzo per contrastare l’aumento di temperatura (Climate Change 2014: Synthesis Report. Contribution of Working Groups I, II and III to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Core Writing Team, R.K. Pachauri and L.A. Meyer (eds.)], IPCC, Geneva, Switzerland, 2014). Molti ritengono che la continua urbanizzazione e lo sviluppo socioeconomico porteranno alla riduzione della povertà, a nuove opportunità educative e occupazionali e a una migliore qualità della vita per miliardi di persone.

La sezione milanese di AIDIA (Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architette) sta preparando un convegno sulle Trasformazioni Urbane, che si terrà il 20 Ottobre prossimo presso la Social Innovation Academy di Cascina Triulzi (MIND, Milano Innovation District). Per maggiori informazioni si può consultare questo link. Ho proposto un intervento sugli aspetti energetici della vita in città, e sto studiando questo aspetto in particolare. Come pensavo ho trovato notizie interessanti, alcune delle quali inaspettate. Dal punto di vista dell’energia, la città permette dei risparmi di scala: sul riscaldamento invernale, sul raffrescamento in estate, sui trasporti pubblici. D’altro canto però ci sono altri problemi: ad esempio in un articolo che si può scaricare in rete (Burger, J.R., Brown, J.H., Day, J.W. et al., The Central Role of Energy in the Urban Transition: Global Challenges for Sustainability. Biophys Econ Resour Qual, Vol.4, 5 2019) leggiamo che il prodotto interno lordo, l’uso di energia e le emissioni di CO2 per persona, negli ultimi decenni, sono più alti per le popolazioni urbane che per le popolazioni rurali. A livello mondiale, le città consumano il 78% dell’energia e producono il 60% delle emissioni di carbonio attribuibili alle persone umane.

La disponibilità di energia a basso costo (i combustibili fossili di cui abbiamo spesso parlato) ci permette di avere grandi concentrazioni di persone che non producono il proprio cibo, il vestiario e tutti i beni di consumo necessari, ma se li fanno “spedire” da altri luoghi,  spesso anche molto lontani. Soprattutto nei paesi più ricchi, gli abitanti delle città lavorano nei servizi, e solo una piccola parte è attiva nel procurare le risorse che occorrono (ad esempio il cibo, o il vestiario…). Questo è stato ed è ancora possibile solo perché è disponibile energia a basso costo.

Occorre invece trovare delle soluzioni per diminuire l’intensità di carbonio associata con la vita in città. Questo obiettivo richiederà di cambiare il sistema economico, che non dovrebbe più essere basato sulla crescita del PIL e sul consumo. Dobbiamo prepararci per un atterraggio morbido nel mondo che verrà dopo i combustibili fossili, invece di incoraggiare la crescita delle città secondo il modello attuale, che è di per se poco sostenibile. Ci sono tante proposte, ne abbiamo già parlato e ne parleremo ancora.