Il doppiaggio dei film: analisi di un fenomeno tutto italiano (2)

Pubblicato il 16 Ottobre 2018 in Humaniter Cinema
doppiaggio

21 – Obiezioni, vostro onore

L’abitudine e l’assuefazione hanno generato nel pubblico cinematografico alcune opinioni assolutamente infondate a partire da quella, già accennata, che i nostri mistificatori siano i più bravi al mondo. Niente di più falso, per un motivo semplicissimo. Avete presente lo spot di Lottomatica: Ti piace vincere facile? Ecco, nel doppiaggio è la stessa cosa. Facile essere i più bravi quando si è praticamente gli unici. Su Wikipedia c’è una mappa del doppiaggio. Basta dare un’occhiata a quella. Nei paesi anglosassoni e in quelli anglofoni, in Nord Europa e Scandinavia, nei Paesi Slavi, nei Paesi Arabi, in Medio ed Estremo Oriente, in tutta l’America Latina non si effettua alcun doppiaggio eccetto i prodotti audiovisivi per bambini – cartoni animati e simili – per la semplice ragione che i più piccoli non sanno ancora leggere o leggono a fatica. Resta l’Europa. Paesi latini come il Portogallo e mediterranei come la Grecia non doppiano nulla (al solito, solo i cartoni). Francia, Germania, Austria e pochissimi altri doppiano, ma c’è un ma. Pesante come un macigno. Siccome ormai la distribuzione avviene attraverso le multisale, in ognuna di esse, per lo stesso film, si può scegliere tra la versione doppiata e quella originale sottotitolata. Negli stessi orari, in tutte le sale e in tutte le città, anche le più piccole. La decisione viene così lasciata al pubblico, allo spettatore. Non è un obbligo, come invece da noi dove qualcosa del genere è possibile solo nelle grandi città, in pochissime sale e con una spaventosa sproporzione tra offerta doppiata e non. Basti prendere Milano e la programmazione del cinema Anteo per capire di cosa stiamo parlando. Da noi non esiste una vera alternativa al film doppiato, lo spettatore non è libero di scegliere. Il film in originale sottotitolato rimane una mosca bianca. Resta la Spagna, guarda caso anch’essa reduce da una dittatura, la cui situazione è la più simile alla nostra. Anche qui però da qualche anno si è imboccata la strada di Francia e Germania lasciandoci davvero soli al poco onorevole comando delle doppieggianti truppe cammellate.

22 – Fornire l’alibi

Prima che Midnight in Paris(2011) uscisse in Italia, mi è capitato di vederlo proprio a Parigi dove era in cartellone, tra le tante, nella multisala MK2, sul Bassin de la Villette del Canal Saint Martin. Cinema non d’essai dove il film era proposto sia doppiato in francese sia in originale con i sottotitoli (ovviamente in francese). Ho scelto la seconda opportunità e mi sono goduto i dialoghi che ho capito almeno al 95% aiutandomi con entrambe le lingue, anche se non conosco bene nessuna delle due. Come se fossi stato al Festival di Cannes, dove tutti i critici e i giornalisti del mondo si sciroppa noi film in originale sottotitolati in francese. La mia esperienza significa solo che il doppiaggio è anche un colossale alibi per la pigrizia mentale, per la fruizione passiva dell’opera.

23 – Il pubblico vuole così

Falso anche questo. È il classico cane che si morde la coda. Vuole così solo perché non ha alternative. In Francia l’abitudine è stata creata con politiche di stato, direttive delle associazioni ecc. Negli anni ’70 del secolo scorso una serie di leggi ha garantito la sopravvivenza della cinematografia nazionale imponendo alla distribuzione una serie di quote obbligatorie. Il 30% della programmazione annuale doveva essere costituita da film francesi o coprodotti. E quelli d’importazione avere appunto la doppia versione. In Italia non è successo niente del genere con il risultato che si è affossata l’industria nazionale a favore di una valanga di ciarpame stelle&strisce doppiato a oltranza. E qui una responsabilità enorme ce l’ha anche il nostro mercato televisivo, drogato dal duopolio e con sette reti generaliste. Caso unico al mondo. Il pubblico vuole quello che gli fanno volere. È come usare la bicicletta per muoversi in città: perché ad Amsterdam o a Copenaghen tutti vanno in bici – compresi manager, imprenditori e ministri – mentre a Milano, Roma, Napoli vanno tutti in auto? Perché lassù, da 50 anni a questa parte la bici è stata incentivata e incoraggiata. Si sono fatte piste e depositi, la si può portare in treno e in metropolitana, nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole. All’interno dei quali ci sono armadietti e docce per cambiarsi il body e mettersi giacca e cravatta, tuta o grembiule. È l’offerta che fa l’abitudine. Se qualcuno mangia solo sapone si convince che il sapone sia la cosa più gustosa al mondo. Diamogli una minestrina e vediamo come cambia opinione. Figuriamoci con un risotto ai tartufi!

24 – Testo e immagine

Altre obiezioni. I sottotitoli sporcano l’immagine e, a volte, si fatica a leggerli perché si impastano allo sfondo. Parzialmente vero, ma quasi solo per i vecchi film di formato 4:3. Oggi il formato più diffuso è il 16:9 che permette di inserire la sottotitolazione fuori dal quadro, lasciando l’immagine pulita e agevolando al contempo la lettura. È difficile leggere i sottotitoli e seguire contemporaneamente l’azione. Vero, ma solo all’inizio. È una questione di abitudine. Una volta preso il ritmo, diventa tutto più facile: l’occhio è molto più rapido di quanto si pensi.

25 – Resistenza al cambiamento

La panzana delle panzane afferma che senza doppiaggio i poveri attori sarebbero alla fame. Falsissimo. La grandissima parte dei doppiatori sono star, e dunque strapagati. Quasi nessuno, se non qualche giovane emergente, ha bisogno di doppiare per sopravvivere. Inoltre la lobby, trincerata dietro le varie sigle cui abbiamo già accennato, è costituita da un oligopolio familiare e familistico che agli altri lascia solo le briciole. Oltre ai doppiatori già citati fin qui, ricordiamo la Gazzolo dinasty (Lauro, Nando, Virginio, Matteo ecc.) e la Izzo dinasty (Renato, Simona, Giuseppina-Giuppy, Fiamma, Rossella ecc.), vezzosamente chiamata famiglia millevoci. Non solo: doppiare un film costa molto di più che sottotitolarlo e a questa greppia mangiano in molti: doppiatori, direttori di doppiaggio, dialoghisti, fonici, tecnici del missaggio ecc. Ossia decine di persone a fronte delle 2-3 sufficienti per i sottotitoli. Tanto, a pagare è sempre Pantalone, ossia il popolo ruminante che acquista il biglietto. E il doppiaggio non è neppure condizionato dalle fortune al botteghino perché rientra nei costi di distribuzione. Indipendentemente dal successo – o meno – del film che incide invece sui futuri cachet degli interpreti (quelli veri). Da questo punto di vista il doppiatore italiano è simile a quei signorotti o ecclesiastici del medioevo titolari di prebende o sinecure. Più appannaggio che doppiaggio. Anche per questo la resistenza al cambiamento è così tenace.

26 – Con originale a fronte

Ma a quale conclusione ci portano tutti gli esempi citati? Una piccolissima parte, peraltro, delle migliaia che si potrebbero fare. Che il doppiaggio snatura l’opera cinematografica. Sia un blockbuster, un action movie, un classico della storia del cinema o un film d’evasione. E siccome qualsiasi film, come ogni pagina scritta o tela dipinta o rigo riempito di note o progetto architettonico è comunque opera dell’ingegno, va rispettata il più possibile. In tutte le sue componenti. A cominciare da una essenziale come la recitazione. Perché non si cambia la colonna sonora? O non si alterano le cromie della fotografia? O non si trasforma un film a colori in uno in bianco e nero? Piccola chiosa: il contrario è stato fatto – per esempio con Stanlio e Ollio – ma per fortuna la pratica non ha avuto né successo né seguito. Meglio vedere le vecchie gagnel bellissimo b/n originale che con colori assurdi e arbitrari. Nel caso della letteratura, per gli autori stranieri si ricorre, certo, alle traduzioni – comunque molto più accurate di qualsiasi doppiaggio – ma, specialmente per le opere di poesia o i classici greci e latini, esistono anche le traduzioni con originale a fronte. Il massimo dei massimi per un lettore. Perché non avviene anche al cinema?

27 – Inflessioni & accenti

I vantaggi di una fruizione del film in originale sono innumerevoli e nemmeno lontanamente paragonabili agli pseudo vantaggi di un visione doppiata. L’originale ci permette di percepire inflessioni e accenti e preserva, quando c’è, il multilinguismo. Parole e labiale coincidono, suoni d’ambiente e atmosfere fanno tutt’uno con i dialoghi… Per quanto siano sofisticare le tecniche, il doppiaggio uccide sempre le sfumature.

28 – Imparare le lingue

Se gli italiani sono agli ultimi posti in Europa e nel mondo quanto a padronanza delle lingue straniere una bella colpace l’ha anche il doppiaggio. Oltre a tutto il resto, vedere film in lingua originale stimola e aiuta l’apprendimento di una lingua straniera. Non per nulla alcuni insegnanti usano il cinema come strumento didattico. Per l’inglese, dominante nella distribuzione, ma anche per francese, spagnolo, tedesco e, perché no, arabo, cinese o giapponese.

29 – Casalinga di Vernonia, pastore ugandese

Nei Paesi anglosassoni e, più in generale, dove non si doppia, anche i film italiani vengono ovviamente proposti in lingua originale sottotitolati. E sicuramente una casalinga di Vernonia, in Oregon, o un pastore ugandese, ricevono più emozioni sentendo Sofia Loren recitare in italiano nella Ciociara(1960), anche se perdono qualche battuta del dialogo, piuttosto che sentirla storpiata da una voce posticcia. L’unico doppiaggio applicato in questi paesi riguarda – già l’abbiamo detto – i prodotti audiovisivi per bambini (cartoni & C.). A questo proposito non bisogna neppure farsi ingannare dalle schede biografiche degli attori stranieri (specialmente anglosassoni): quando tra le loro attività viene citato il doppiaggio, si tratta di cartoni animati oppure di voci narranti, ossia senza corrispondenza con un personaggio. In questo caso, sì, dare la parlata giusta alla Sirenetta(1989) o alla Samantha di Lei(2013) può essere ascritto tra i meriti.

30 – Fanalino di coda

Oggi, per fortuna, i dvd permettono di accedere alla lingua originale con sottotitoli praticamente per qualsiasi film. Un esercizio salutare: prendete un film che vi è piaciuto o un classicone che vi è rimasto impresso. Vedetene un brano doppiato e poi riguardate lo stesso brano in originale con i sottotitoli. Al secondo tentativo sicuramente salterete con ribrezzo la versione doppiata per passare subito all’originale sottotitolato. Per altro verso la questione doppiaggio è strettamente legata alla scarsissima considerazione che il cinema gode all’interno del sistema culturale del nostro paese. Fanalino di coda da tutti i punti di vista. Prendiamo per esempio la filmografia dei grandi maestri del cinema. Salvo pochissimi casi, è impossibile trovare tutti i film girati, per esempio, da René Clair, Luis Buñuel, Fritz Lang, John Ford, Carl Theodor Dreyer, Robert Altman, Peter Greenaway o Lars Von Trier. Come se nell’ambito della letteratura, poniamo per un Thomas Mann, tutti i vari editori avessero pubblicato i Buddenbrooke La morte a Venezia e non Tonio Kröger. Che all’appello manchino decine e decine di titoli fondamentali per la storia del cinema sembra del tutto irrilevante. Mentre i paesi stranieri, a cominciare da Francia e Gran Bretagna, anche qui sono molto più avanti di noi. È lo showbiz, bellezza. Molto biz (affari) e pochissimo show (cose da vedere).

31 – Responsabilità non limitata

Una responsabilità rilevante nello stato delle cose l’hanno anche cinecircoli, cineclub, associazioni culturali, biblioteche, parrocchie ecc., ossia tutti i soggetti che propongono una programmazione cinematografica di base. Opera benemerita di divulgazione, ma che nella stragrande maggioranza dei casi ha questa pecca di fondo: la proiezione dei film stranieri doppiati. Siccome tali attività avvengono oggi mediante dvd, la scelta è doppiamente biasimevole perché sullo stesso supporto utilizzato c’è la possibilità di optare per l’originale con i sottotitoli. Pigrizia mentale? Abitudine? Assuefazione? Se non si comincia lì, non c’è davvero scampo. Se perfino gli operatori culturali non avvertono l’esigenza di operare in modo culturalmente corretto anche al cinema e con il cinema, la battaglia è persa prima ancora di combattere. Quegli stessi operatori che ovviamente non porterebbero mai i loro soci-seguaci-adepti-accoliti-aficionados alla famosa mostra di pittura del pazzo che impone gli occhiali da sole.

32 – O Roma, o morte!

Dopo la rivoluzione del 1929 che ha dato la parola agli attori e dopo quella, altrettanto epocale, che a cavallo del XXI secolo ha visto il passaggio dalla pellicola ai pixel, ossia dall’analogico al digitale, adesso sta avvenendo una nuova rivoluzione che riguarda l’accessibilità e la fruizione del prodotto audiovisivo. Come già avvenuto per la musica. Da tempo la sala non è più l’unica voce del bilancio economico di un film, né la più importante, ma adesso stiamo arrivando a produzioni che, in partenza, prescindono dai cinema. Caso emblematico proprio il freschissimo Leone d’Oro veneziano, Roma(2018), di Alfonso Cuarón, che non vedremo in sala (o, forse, soltanto in pochissime), ma che sarà accessibile dalla piattaforma web Netflix. Come l’italianissimo Sulla mia pelle(2018), che rievoca il Caso Cucchi. Al contrario di Venezia, il Festival di Cannes non accetta film che non passeranno in sala e Netflix non ha interesse a distribuire nei cinema transalpini perché in Francia, per legge, deve passare molto più tempo che da noi tra la distribuzione in sala e gli altri formati. Impensabile per chi raccoglie abbonamenti proprio puntando sulla freschezza e l’immediatezza dell’offerta. Per quanto riguarda il mercato americano, Roma uscirà in sala per una settimana, condicio sine qua non per partecipare alla corsa agli Oscar. Il periodo è tanto breve che è come se non uscisse del tutto. Ma accantoniamo questo discorso perché ci porterebbe troppo lontano dal nostro argomento. Sta di fatto che, oggi, i film si possono vedere in mille modi diversi: sala, tv generalista, tv on demand, pay-tv, home video, social, internet e altro ancora. Attraverso piattaforme web (per esempio la già citata www.movieday.it) si possono persino organizzare proiezioni nella propria città, se si crea un gruppo sufficientemente ampio. La rete, inoltre, è lo strumento privilegiato dei millenial, ossia i giovani nati dopo il 2000 che, grazie sempre al web, hanno molta più dimestichezza dei loro genitori anche con l’inglese. L’offerta via internet ha, di default, la possibilità di scelta tra doppiato e lingua originale con i sottotitoli, ma, quel che più conta, un pubblico più propenso a preferire la seconda opzione. Non solo: proprio la velocità di distribuzione del web fa sì che alcuni film, ma anche altri prodotti audiovisivi come le serie tv, vengano messi in rete senza neppure essere doppiati. Una bella rivincita su monopoli e oligopoli!

33 – Dunque: vedere film CDC

Così come si è andato sviluppando e strutturando, in Italia il doppiaggio ha finito con l’essere una barbarie, una violenza, uno stupro. Un cappio che strangola la qualità del cinema e soffoca la libertà di scelta della sua fruizione. Ma siccome il cinema è anche un prodotto che   orienta la produzione. Se nessuno acquista più una certa scatola di biscotti, nel giro di pochi giorni quella scatola sparisce dagli scaffali del super, sostituita da un’altra. Allo stesso modo un aumento di richiesta fa aumentare l’offerta. Ecco una modesta proposta per ogni tipo di pubblico: disertare le sale dove proiettano i film doppiati e affollare quelle in cui si vede il film CDC. Non Cooperativa Doppiatori Cinematografici, ma Come Dio Comanda: in originale con i sottotitoli. Il doppiaggio fa male anche a te: digli di smettere.


Finalmente una sala dedicata esclusivamente ai film di prima visione in lingua originale con sottotitoli!

Il cinema Arlecchino, storica sala milanese votata alla cinematografia d’autore, da poco ristrutturata e resa più confortevole, si trasforma: tutti i giorni della settimana, solo film di prima visione in versione originale sottotitolata.

Per informazioni e programmazione: 

Cinema Arlecchino, Via San Pietro all’Orto, 9 Milano

2 thoughts on “Il doppiaggio dei film: analisi di un fenomeno tutto italiano (2)

  1. Ma perbacco, perché essere così manichei, senza un misero dubbio sulla verità di quanto si afferma.
    Provate a gustarvi la 3 ^ stagione di The Marvelous Mrs. Maisel in americano con sottotitoli in italiano!
    Un fruitore normale come me, appassionato di cinema da 60 anni, si perde un mare di splendida recitazione e perde anche le didascalie che seguono la vertiginosa velocità di recitazione di Rachel Brosnahan.
    Allora, che ciascuno si goda i film stranieri come vuole e come può, senza sentirsi in colpa , e sentendosi vicino alla casalinga di Vernonia (cioè, di Voghera)

  2. evidentemente il sig. Bottazzi, per non perdersi alcune battute della veloce recitazione originale di rachel brosnahan (e relativi sottotitoli), preferisce perdersela tutta con il doppiaggio. una scelta che si commenta da sola. e una conferma di quanto detto nel nostro testo a proposito degli spettatori: non c’è niente di peggio dell’assuefazione e della pigrizia mentale. un po’ più di coraggio farebbero solo bene.
    auro bernardi

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