Nuovo anno: impariamo a pensare “commons”

Pubblicato il 27 Dicembre 2020 in , da Giovanna Gabetta

Che proponimenti possiamo fare per il prossimo anno? È un po’ difficile pensare al futuro in questi giorni di festa diversi dal solito. Mi sono data da fare per trovare un messaggio di speranza, ma non posso dimenticare che ci troviamo in un momento cruciale, in cui le questioni legate all’energia e all’ambiente stanno diventando fondamentali. A volte penso che questa pandemia sia solo un breve periodo di sospensione da problemi diversi che ci stanno aspettando.

Ho anche l’impressione negli ultimi tempi che, forse proprio per via della pandemia, tendiamo un po’ tutti a criticare senza proporre alternative, a lamentarci e ad aspettare aiuto da fuori. Invece mi piacerebbe cercare di ragionare su cosa si potrebbe fare, con le nostre forze, per essere pronti a darci da fare non appena avremo via libera. Senza bisogno di rifiutare gli aiuti quando ci sono, ma nello stesso tempo cercando di capire cosa si può cominciare a fare da soli. Da soli? Direi di no, mi sono sbagliata: non da soli ma come comunità. E questo è il primo augurio: imparare a fare progetti, progetti partecipati e “dal basso”. E poi utilizzare al meglio gli attrezzi del digitale. Noi Pantere abbiamo un punto di osservazione privilegiato, sotto alcuni aspetti, perché abbiamo assistito da adulti alla nascita e allo sviluppo della trasformazione digitale. Spesso la vediamo dal punto di vista di chi la subisce e non sa bene come affrontarla, ma si tratta di un utile osservatorio.

Il digitale – mi sento di dirlo, anche se forse potrei far sussultare qualcuno – di per sé non sembrerebbe un grande cambiamento. Può semplicemente offrire un nuovo mezzo per ottenere una migliore organizzazione del lavoro e della produzione. Soprattutto per noi diversamente giovani, credo che occorra prestare evitare di creare una nuova burocrazia. Tuttavia, l’opportunità offerta dagli strumenti digitali – se ben utilizzati – è enorme. Tra l’altro, ci possono servire per esplorare nuovi modi di organizzare la vita umana, soprattutto se riusciremo ad impiegarli per contrastare gli effetti dell’inquinamento, del riscaldamento globale e dei problemi ambientali.

Uno spunto di discussione ci viene offerto dalla P2P Foundation[1], che propone un modello indicato dalla parola inglese “Commons”. Ho faticato a capire questo termine e soprattutto a trovare una traduzione precisa. Con l’aiuto di un amico posso indicare questa:

Commons = Risorsa gestita dalla comunità che la utilizza, secondo le regole di questa comunità.

Si tratta insomma di un approccio economico comunitario che secondo alcuni punti di vista può richiamare l’Età dei Comuni in Italia. All’epoca dei Comuni, l’Italia era leader economico dell’Europa occidentale, soprattutto per la sua abilità nella fabbricazione di prodotti in lana. All’epoca, la disponibilità di denaro ottenuto dal commercio ha consentito non solo lo sviluppo dell’economia, con la nascita di istituzioni moderne come le banche, ma anche la crescita della società più alfabetizzata del mondo. Più di un terzo della popolazione maschile (e una piccola ma significativa percentuale di donne) poteva leggere nel Nord e Centro Italia a quell’epoca. Le donne erano favorite dal fatto che spesso i mariti dovevano viaggiare per molto tempo, lasciando loro la responsabilità dell’azienda. Le nuove forme di contabilità sviluppate allora per il commercio hanno migliorato anche la conoscenza della matematica applicata al business. Nelle epoche successive, l’invenzione della stampa favorì ulteriormente la diffusione dell’alfabetizzazione (non per le donne, ma questa è un’altra storia).

Dopo più di cinquecento anni da allora, l’umanità si deve preparare ad affrontare grossi problemi nel prossimo futuro, poiché – come ho già avuto occasione di spiegare – l’attuale prosperità è principalmente legata alla disponibilità di energia a basso prezzo, disponibilità che non può continuare. Molti autori prevedono difficoltà in campo sociale ed economico, qualcuno arriva a ipotizzare un crollo improvviso della nostra civiltà. La maggior parte delle persone però ha fiducia nella tecnologia, che – secondo loro – ci permetterà di non rinunciare al benessere. Vedremo. Oggi mi interessa ricordare che la prosperità diffusa ha permesso a sempre più persone di essere istruite e crescere in maturità e competenza. Molte nuove possibilità possono aprirsi, se impariamo un uso migliore di tutte le risorse, comprese quelle immateriali, cioè soprattutto la conoscenza. Serve anche passare dalla competizione alla cooperazione, con l’obiettivo di sfruttare le capacità di tutti.

A tal fine, dovrebbe essere data più importanza alla cultura e alle attitudini femminili, come dicevano Virginia Woolf e molti altri un secolo fa. C’è ancora molta strada da fare. Oggi in molti Paesi il numero di donne che lavorano in posizioni professionali e tecniche è proporzionalmente superiore a quello degli uomini. Le donne lavorano in settori che richiedono titolo di studio elevato e assunzione di responsabilità; ma di solito sono sotto rappresentate nei processi decisionali, occupano le posizioni meno pagate e raramente hanno posizioni gerarchiche. Hanno più difficoltà di carriera, e quindi decidono sempre più spesso di avviare una propria attività; preferiscono lavorare part-time e orari flessibili. Questa è forse una delle soluzioni per il futuro: avere una maggiore flessibilità invece di affidarsi alla garanzia di un unico lavoro fino al pensionamento. Gli strumenti digitali potrebbero essere utili per questo tipo di flessibilità, che ha come obiettivo una migliore qualità della vita e non la precarietà.

Molte persone dicono che gli uomini sono migliori delle donne nel lavoro di squadra: qualcosa con origini molto antiche per la necessità di cacciare in gruppo. La caccia agli animali di grossa taglia – dicono alcuni antropologi – potrebbe essere praticata solo se la squadra fosse molto ben organizzata e il leader fosse accettato da tutti. Questo atteggiamento verso il femminile e verso l’organizzazione del lavoro è un patrimonio culturale che può essere presente sia negli uomini che nelle donne e può causare problemi a entrambi. Il primo passo è riconoscere il problema e agire per risolverlo. Non c’è bisogno di andare a caccia di grossi animali con frecce e pietre, nell’era dei computer.

 

[1]    https://p2pfoundation.net/the-p2pf-library