Riflessioni sul consumo di combustibili fossili e petrolio

Pubblicato il 4 Novembre 2019 in , da Giovanna Gabetta
combustibili fossili

La fame di combustibili fossili cresce a livello mondiale, anche se il consumo per persona non aumenta. Se dovesse rallentare, lo farebbe anche il benessere

Se tentiamo di cercare informazioni sui consumi e sulla produzione di energia, possiamo spesso trovare numeri e dati contraddittori. Per capire meglio l’argomento ed evitare di confrontare quantità non comparabili, occorre precisare che stiamo parlando di energia primaria, cioè dei prodotti energetici estratti o ricavati direttamente da risorse naturali. Quelli derivati da una trasformazione delle fonti di energia primaria si definiscono, infatti, fonti di energia secondaria.

La produzione di energia primaria comprende lo sfruttamento di risorse naturali, come ad esempio le miniere di carbone, i campi petroliferi, gli impianti idroelettrici o la fabbricazione di biocombustibili. Il calore prodotto in un reattore nucleare per effetto della fissione è produzione primaria di energia, come la produzione di energia elettrica da sole e vento.

L’importanza dei combustibili fossili

La trasformazione di energia da una forma a un’altra, come la generazione di energia elettrica o calore da parte di centrali termoelettriche a carbone o a gas, non è considerata produzione primaria. Insomma, nel seguito quando parlerò di consumi energetici intenderò fonti primarie, e in particolare: petrolio, carbone e gas naturale (ossia combustibili fossili), e combustibili non basati sul carbonio, cioè: idroelettrico, nucleare e rinnovabili.

Molte persone sono giustamente preoccupate per il riscaldamento globale e per l’inquinamento, ma nonostante le dimostrazioni, i proclami e i documenti che vengono sottoscritti, i consumi di combustibili fossili – che sono energia primaria e che producono CO2 – non tendono a diminuire. Cerchiamo di capire meglio come si sta evolvendo negli ultimi anni questo scenario.

Uso dei combustibili fossili pro capite

Ci sono diversi documenti disponibili in rete. Vi esporrò alcuni dati tratti da Statistical Review of World Energy 2019[1]. Prima di tutto, nel mondo, il consumo di petrolio è in crescita e ormai se ne consumano quasi 100 milioni di barili al giorno: barile più, barile meno. Le compagnie petrolifere continuano a utilizzare il barile come unità di misura, ignorando il sistema metrico decimale, ma facendo un conto a spanne possiamo dire che in media, utilizziamo più o meno 2 kg di combustibili fossili a testa al giorno. Questo a livello mondiale. Il consumo, però, è distribuito in modo poco uniforme. Negli Stati Uniti (e in Canada e in Arabia Saudita), il consumo è superiore ai 7 kg al giorno a testa. In Italia e nella maggior parte dell’Europa ci “accontentiamo” di 3 o 4 kg al giorno a testa, come fanno anche i russi, mentre nei Paesi in via di sviluppo, tra cui Africa, India e Cina, per ora si arriva al massimo a 1,4 kg al giorno a testa. Se in queste nazioni si vuole aumentare il benessere, è probabile che il consumo debba aumentare ancora per diversi anni. Per diminuire le emissioni di CO2, alcuni suggeriscono[2] di utilizzare combustibili fossili a più basso numero di atomi di carbonio: sostituire il carbone e i greggi pesanti con greggi leggeri e gas naturale, durante la transizione verso altri tipi di energia primaria. Vediamo come.

Sempre nel rapporto citato[3] vediamo che dagli anni 70 del 900 a oggi, il consumo di petrolio è passato da circa il 50% dell’energia primaria al 34%. Il petrolio comunque rimane il combustibile più usato. Il consumo di carbone, che nel 2017 era circa il 30%, nel 2018 è leggermente diminuito fino al 27% (ma rimane il secondo per utilizzo).La diminuzione del consumo di carbone è stata compensata dal gas naturale, che è passato dal 22 al 24% circa. Quindi il passaggio agli idrocarburi leggeri sta avvenendo, anche se lentamente. Tra le fonti non basate sul carbonio, il contributo dell’idroelettrico è rimasto abbastanza costante tra il 6 e l’8%, il nucleare – che è iniziato solo intorno agli anni ’70- è ora al 5%, costante da alcuni anni, mentre le rinnovabili (solare e vento, soprattutto) hanno cominciato a crescere dopo il 2000 e producono circa il 4% dell’energia a livello mondiale.

Tutti questi numeri alla fine dimostrano che l’utilizzo dei combustibili fossili, e in particolare del petrolio, anche se diminuisce in percentuale, continua ad aumentare come quantità. Questo avviene anche perché la popolazione aumenta, mentre – un altro aspetto interessante – il consumo per persona è rimasto più o meno costante da diversi anni.

In conclusione

Per trarre le somme possiamo dire che:

  • la fame di energia cresce a livello mondiale, anche se il consumo per persona non aumenta[4]. Qui intervengono due fattori: da una parte si consuma meno perché i sistemi sono più efficienti, dall’altra l’energia prodotta viene condivisa da un maggior numero di persone. E come abbiamo già visto, se il consumo di energia dovesse rallentare, probabilmente anche il benessere aumenterebbe di meno
  • per il momento si riesce solo in piccola parte a sostituire i combustibili fossili; le rinnovabili per ora non hanno ancora nemmeno raggiunto il livello dell’idroelettrico, e anche il nucleare, pur non essendo esente da controindicazioni, mantiene un valore significativo leggermente superiore all’insieme delle rinnovabili
  • in Europa il consumo di energia è diminuito, ma soltanto perché molte attività produttive sono state trasferite in Paesi emergenti. Questo non solo altera i bilanci relativi ai consumi, ma soprattutto rende necessario spostare molti prodotti, spesso anche di basso valore, da un capo all’altro del pianeta. Gli spostamenti di merci richiedono una certa quantità di energia. Se il trasporto avviene per mare, o su gomma, serve combustibile liquido, cioè ancora derivati del petrolio.

Un modo paradossale ma immediato di descrivere il consumo di energia è quello usato da C. Hall in un articolo [5]: il consumo di energia per persona nelle economie industriali corrisponde più o meno ai servizi forniti da un certo numero di lavoratori manuali virtuali, o in altre parole di “schiavi energetici”. Dato che un operaio robusto mediamente produce il corrispettivo di circa 3 kWh al giorno, si può calcolare quanti “schiavi energetici” abbiamo al nostro servizio. Eccovi qualche numero: negli Stati Uniti, si può pensare che ogni cittadino abbia a disposizione 75 “schiavi energetici”; ogni cittadino europeo ne ha circa 32, e in Italia ognuno di noi ha 28 operai energetici al proprio servizio. Mediamente, nel mondo l’energia primaria utilizzata da ogni essere umano corrisponde al lavoro di una armata di 19 lavoratori. Un numero totale impressionante! Riusciremo a mantenere tutto questo?

 

[1]     all’indirizzo: https://www.bp.com/content/dam/bp/business-sites/en/global/corporate/pdfs/energy-economics/statistical-review/bp-stats-review-2019-full-report.pdf

[2]          http://www.artberman.com/climate-change-transitional-role-of-fossil-fuels/

[3]       riportato a pag.11 del documento BP citato in nota 1

[4]     Vedere il grafico a pag.13 del documento BP citato in nota 1

[5]     C.Hall et al, “The need to reintegrate the natural sciences with economics”, BioScience, Vol.51 n°8, August 2001.