Storia del cinema italiano a Milano /17: Gli anni del riflusso e la città “da bere”, dove trionfano moda e pubblicità

Pubblicato il 11 Marzo 2016 in

La metropoli post industriale cambia pelle all’inizio degli anni Ottanta e, esaurita la stagione sanguinaria del terrorismo, si trasforma in città di servizi e di terziario aiutata dal settore trainante della moda, della pubblicità e delle nascenti televisioni private di Silvio Berlusconi.

Il Partito Socialista Italiano guidato da Bettino Craxi è il nuovo potere politico che favorisce un modello sociale e di costume all’americana incentrato sul carrierismo aggressivo di giovani e rampanti manager, gli yuppies della Wall Street di New York. Un benessere economico maggiore, un incremento dei consumi, l’abbandono delle ideologie, il rifiuto della politica e del sociale sono i fattori chiave che mirano a un individualismo sfrenato tipico del reaganismo e del tatcherismo.

Le tv commerciali, guidate dal gruppo di Silvio Berlusconi e appoggiate apertamente dal partito di Craxi, modificano il modo di pensare dell’opinione pubblica e della gente comune. La pubblicità invadente del piccolo schermo, ormai padrona dei salotti di casa, impone un diverso stile di vita. Prendendo a prestito il fortunato slogan dell’Amaro Ramazzotti, nasce la “Milano da bere” nella quale tutti possono emergere e arricchirsi.

In questo periodo prende piede il fenomeno dei “paninari”, una sottocultura giovanile superficiale e disimpegnata lontana anni luce dai ragazzi politicizzati degli anni Settanta. Questi giovanotti chiassosi, dai vestiti firmati, abbronzati e palestrati (i futuri tamarri come saranno chiamati nel decennio successivo) provengono dai licei bene; bazzicano i bar del centro, il “Panino” di Piazza Liberty, il “Burghy” di Piazza San Babila e le ville di famiglia della Riviera Ligure e della Versilia.

Il cinema, sempre sensibile termometro sociale, racconta il cambiamento di costume in atto nel paese a partire dal capoluogo lombardo. I più rapidi a fotografare la nuova realtà sono i fratelli Vanzina, autori nel 1985 di Sotto il vestito niente, un film noir ambientato nel mondo della moda, storia di un serial killer che uccide senza pietà le belle e giovani modelle tra sfilate in passerella, alberghi e appartamenti di lusso. L’anno dopo Carlo Vanzina, sempre con la sceneggiatura di Enrico, firma Yuppies – I giovani di successo, una pellicola modesta, ma a suo modo significativa del periodo. Quattro giovani carrieristi, un venditore di auto di lusso, un notaio, un dentista e un pubblicitario, sempre eleganti, con il mensile «Capital» sotto il braccio e gli occhiali scuri costosi, sono affascinati dalla figura dall’avvocato Agnelli, simbolo dei loro sogni di potere. Nello stesso anno Enrico Oldoini gira il sequel Yuppies 2, le nuove avventure di questi professionisti vincenti, ma sentimentalmente disastrati.

Nel 1987 ancora la premiata ditta Carlo & Enrico Vanzina con Via Montenapoleone tra pellicce, gioielli, auto costose e orologi di marca, propone un ritratto significativo del “salotto di Milano”. Stilisti, fotografi, giornalistici di successo, architetti, avvocati e figli di papà hanno in comune una profonda inquietudine. Come Elena, fotografa di successo, costretta a pagare i debiti di un padre scapestrato; Margherita, una bella e annoiata borghese sedotta e ingannata da un architetto playboy; Francesca, una madre troppo possessiva nei confronti del figlio adolescente, e Guido, un omosessuale timido e riservato costretto a nascondere la sua diversità.

Nello stesso 1987 Gabriele Salvatores in Kamikazen – Ultima notte a Milano pone l’attenzione sul potere della tv commerciale raccontando la storia di sei comici dilettanti convinti dal loro manager, indebitato dal vizio del gioco, a debuttare in un night club sgangherato per essere notati dal responsabile di un noto programma televisivo dell’epoca: Drive In.

Il milanese Silvio Soldini firma nel 1989 L’aria serena dell’ovest, la quotidianità di quattro personaggi nella città fredda e malinconica della fine anni Ottanta legati a loro insaputa da un’agendina. Cesare, un antropologo riciclatosi nel marketing; Tobia, un chimico in crisi per il suo lavoro; Irene, una traduttrice che sogna di tornare a Siena, la sua città, e Veronica, un’infermiera piena di vita, si rincorrono e si sfiorano, mentre all’Est sfilano i carri di Tienanmen e crolla il Muro di Berlino.

Nel 1983 Gianluca Fumagalli, diplomato in regia alla Scuola Civica di Cinema è l’autore di Come dire…, film su di un gruppo di giovani dei primi anni Ottanta usciti immuni “dalla violenza, dalla droga e dalla moda” e in bilico tra vitalismo e sopravvivenza. L’interessante opera del giovane Fumagalli è stata vista all’epoca come la presunta nascita di una scuola cinematografica milanese.

Con l’avvento di Tangentopoli nel 1992 finisce questa effimera stagione e Milano si scopre ferita dal malaffare, dalla corruzione e travolta dalle grandi inchieste giudiziarie di Mani Pulite, ma troverà la forza di rinascere.

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