In Emilia Romagna, il teatro senza mura, itinerante per le città

Pubblicato il 9 Novembre 2017 in Outdoor Spettacolo

Emilia Romagna Teatro Fondazione (ERT) è il teatro stabile pubblico della regione Emilia Romagna, attivo su una rete di cinque città: Modena (dove c’è la sede legale), Bologna, Cesena, Vignola e Castelfranco Emilia. Dal 2015 è entrato nel novero dei Teatri Nazionali italiani.

Un luogo il più possibile “aperto” di incontro, dialogo, riflessione, crescita e divertimento, pronto a farsi permeare dalla realtà che lo circonda e a penetrare capillarmente tutti gli spazi cittadini dal centro alle periferie. Un palcoscenico, insomma, progettato per le proprie città e con le proprie città. Una vera e propria “piazza” in cui la comunità può ritrovarsi per capire le proprie origini, per decifrare il proprio presente e per costruire il proprio futuro, a dispetto dei muri e alle gabbie censorie sempre più inquietanti che stanno ergendosi in svariati angoli (nemmeno troppo remoti) del nostro vecchio continente… Un teatro particolarmente attento ai giovani attori e autori e al pubblico dei giovani perchè questo è un teatro a misura di città: serve a riflettere insieme, per agire insieme e per divertirsi insieme. «Il teatro», infatti, era solito ripetere Brecht, «rimane» sempre «teatro, anche se è teatro d’insegnamento; e nella misura in cui è buon teatro, è anche divertente».

 

Concentriamoci sulle possibilità di acquisto della sede di Modena, a Teatro Storchi e rimandiamo al sito per le altre città


Dal 13 al 28 gennaio 2018

GIOIE E DOLORI NELLA VITA DELLE GIRAFFE

di Tiago Rodrigues

scene e regia Teodoro Bonci del Bene

con Carolina Cangini, Dany Greggio, Jacopo Trebbi, Martin Chishimba

luci Matteo Rubagotti

Big Action Money
produzione EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE

Di Gioie e dolori nella vita delle giraffe scritto da Tiago Rodrigues, personalità di spicco del panorama teatrale portoghese che alcuni ricorderanno per Três dedos abaixo do joelho andato in scena a VIE Festival nel 2013, è protagonista una bambina di nove anni: orfana di madre e figlia di uno scrittore con problemi economici, vaga per Lisbona in cerca del Primo Ministro del Portogallo affinché eserciti potere per consentirle di soddisfare un suo capriccio; e, trovandolo, lo minaccia di morte.
«L’opera in sé è una sorta di fiaba contemporanea, dallo svolgimento lineare ma con elementi di post-drammaticità – suggerisce Teodoro – e con alcune modifiche potrebbe somigliare a un film d’animazione di ultima generazione o al “Mago di Oz”; perché una bambina, ponendosi un obiettivo da raggiungere, cammina per la città e fa degli incontri, tra cui un orsacchiotto di pezza volgare e sboccato».
Ambientato per le strade di Lisbona, questo testo «se lo priviamo di reali connotazioni geografiche e delle citazioni che lo legano al Portogallo – aggiunge – potrebbe essere ambientato in una strada di periferia di una qualsiasi grande metropoli tanto quanto una strada periferica di una piccola città». Lo spettacolo genera una riflessione sul tema delle regole, e della sopravvivenza, in una «società di singoli» che pretende l’esistenza di norme soltanto per espandere o garantire la propria libertà individuale o personale.


Dal 17 al 20 gennaio

GIULIO CESARE

Di William Shakespeare – Traduzione Sergio Perosa – adattamento e regia Àlex Rigola

con Michele Riondino e con Maria Grazia Mandruzzato, Stefano Scandaletti, Michele Maccagno, Silvia Costa, Margherita Mannino, Eleonora Panizzo, Pietro Quadrino, Riccardo Gamba, Raquel Gualtero, Beatrice Fedi, Andrea Fagarazzi

spazio scenico Max Glaenzel- spazio sonoro Nao Albert – illuminazione Carlos Marquerie- costumi Silvia Delagneau – assistente alla regia Lorenzo Marangoni- produzione TEATRO STABILE DEL VENETO- foto di Serena Pea

William Shakespeare scrisse Giulio Cesare nel 1599, traendo ispirazione in parte da fatti storici e in parte dalla traduzione di Sir Thomas North delle “Vite dei nobili greci e romani” di Plutarco. L’opera comprime i tre anni che vanno dalla vittoria di Munda nel 45 a.C. al suicidio di Bruto nel 42 a.C. in un lasso temporale assai più breve, inferiore ai sei giorni. Questa compressione degli eventi fa sì che l’intera narrazione sia un unico, ininterrotto conflitto, sia a livello personale che politico.
Lo stesso conflitto attraversa anche la versione viscerale e contemporanea di Giulio Cesare dello spagnolo Àlex Rigola, nome di spicco della scena internazionale, già direttore della Biennale Teatro di Venezia dal 2010 al 2016.
Il ruolo di Giulio Cesare è affidato all’attrice Maria Grazia Mandruzzato, che, insieme alle altre donne che interpretano ruoli maschili, rovescia le regole elisabettiane; Marco Antonio è Michele Riondino, attore di talento che si muove tra teatro, cinema d’autore e televisione.
Giulio Cesare è la prima regia italiana di Àlex Rigola, uno spettacolo epico, intenso ed appassionante che ruota attorno al tema dell’esercizio del potere.
Come si può gestire la violenza che divide gli uomini? Come si fa a chiedere a qualcuno, anche se solo per finzione, di uccidere un proprio simile? Quali sono i presupposti da cui partire per organizzare una rivoluzione? Uno spettacolo che interroga lo spettatore, messo brutalmente di fronte allo specchio delle sue pulsioni oscure.


23- 24 febbraio 2018

COPENHAGEN

Di Michael Frayn

Regia Mauro Avogadro

Con Umberto Orsini, Massimo Popolizio e con Giuliana Lojodice

Produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma – Teatro Nazionale

in collaborazione con CSS Teatro Stabile di Innovazione

foto di Marco Caselli

A diciotto anni dalla sua prima rappresentazione torna in scena uno spettacolo diventato ormai un classico del teatro contemporaneo grazie a tre interpreti straordinari, Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice.
Sul Corriere della Sera, Franco Cordelli scrisse di Copenaghen: “È raro che un cronista di cose teatrali si arrischi a tanto; è raro che dica, senza mezzi termini, andate a vedere questo spettacolo, andatelo a vedere tutti, in specie voi che non andate mai a teatro, voi che lo detestate, o credete di detestarlo. Copenaghen è teatro di una semplicità disarmante e di una intensità espressiva senza pari”.
In un luogo che ricorda un’aula di fisica, immersi in un’atmosfera quasi irreale, tre persone, due uomini e una donna, parlano di cose successe in un lontano passato, cose avvenute tanto tempo prima, quando tutti e tre erano ancora vivi. Sono Niels Bohr, sua moglie Margrethe e Werner Heisenberg. Il loro tentativo è di chiarire che cosa avvenne nel lontano 1941 a Copenaghen quando improvvisamente il fisico tedesco Heisenberg fece visita al suo maestro Bohr in una Danimarca occupata dai nazisti. Entrambi coinvolti nella ricerca scientifica, ma su fronti opposti, probabilmente vicini ad un traguardo che avrebbe portato alla bomba atomica, i due scienziati ebbero una conversazione nel giardino della casa di Bohr. Il soggetto di quella conversazione ancora oggi resta un mistero e per risolverlo la Storia ha avanzato svariate ipotesi. Su queste ipotesi l’autore dà vita ad un appassionante groviglio in cui i piani temporali si sovrappongono, dando un valore universale alle questioni poste dai protagonisti.


Teatro Storchi 

Largo Garibaldi, 15
41124 Modena

 

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