Nymph()maniac – vol. I

Pubblicato il 4 Aprile 2014 in , , da Auro Bernardi

regia: Lars Von Trier, cast: Charlotte Gainsbourg (Joe), Stellan Skarsgård (Seligman), Stacy Martin (Joe da giovane), Christian Slater (padre di Joe), Connie Nielsen (madre di Joe), Shia Labeouf (Jerome), Sophie Kennedy Clark (B), Mia Goth (P), Jamie Bell (K), Uma Thurman (signora H), genere: drammatico, durata: 110′

Una scena del film

Charlotte Gainsbourg e Stellan Skarsgård okok

Parafrasando la celebre frase di Von Clausewitz sulla guerra, potremmo dire che Nymph()maniac è la prosecuzione delle Onde del destino con altri mezzi. Il regista danese torna infatti sul luogo del delitto con la complicità di Stellan Skarsgård, là involontario protagonista del calvario di Bess, qui attento testimone della discesa agli inferi di Joe, una sconosciuta che trova per strada, ferita e svenuta, e che accoglie in casa. In cambio, lei gli racconta i suoi trascorsi di vita con particolare riferimento alle questioni del sesso. La narrazione di Joe si articola in otto capitoli (cinque contenuti nel Vol. I, gli altri tre nel Vol. II, in uscita il 24 aprile) che segnano altrettante tappe della sua “degradazione”. Esattamente come nel film del 1996. Joe e il suo ospite, sull’eco del Pefetto pescatore di Isaak Walton (1593-1683), si confrontano come i due personaggi del libro: un pescatore e un cacciatore. Pescatore è Seligman, soprattutto nel campo della filosofia, e cacciatore è Joe, o meglio: cacciatrice. Di uomini. Cacciatrice spietata e seriale che cattura le sin troppo facili prede sulle carrozze di un treno o nel miniappartamento dove la “selvaggina” non aspetta altro che di cadere nella sua trappola sessuale. “Ho scoperto il mio potere di donna e l’ho usato” afferma esplicitamente Joe. Ma, cosa ben nota, i personaggi femminili di Von Trier sono figure perdenti o comunque catalizzatrici di elementi negativi, distruttivi. Destinate a loro volta all’annientamento. Dopo la Bess delle Onde del destino sono venute la Selma di Dancer in the dark e la protagonista senza nome di Antichris: donna-demonio e vittima. Aguzzina del figlio e del marito, ma autolesionista fino alla profanazione del proprio corpo. In lei si condensano le persecuzioni di cui sono state fatte oggetto le donne nel corso della storia, di tutti i più efferati gynocidi: una sola lettera di differenza con genocidi. Anche la trionfante Joe sembra dunque avviata a questo destino. Abbiamo assistito alla sua ribellione contro l’amore (“mea vulva, mea vulva, mea maxima vulva”), alla morte di suo padre (come tutti i genitori maschi per tutte le bambine, l’unico vero uomo della sua vita) e alla piccola scuola di musica dove, sulla falsariga di una polifonia a tre voci di Bach, si consuma tutto il suo sesso senza amore. Siamo nella solitudine dei numeri primi, ovvero alla Successione di Fibonacci, saggiamente citata dal vecchio Seligman. Joe sa che “l’ingrediente segreto del sesso è l’amore” e persino la sua migliore amica e competitor (chiamata B) ha gettato la spugna a questo riguardo, lasciandola sola. Ma quando viene a mancare l’amore e resta solo il sesso la tragedia è in agguato. Rimandata al volume II. Senza dimenticare che la violenza della realtà supera sempre qualsiasi violenza artistica. Vedi il caso delle baby prostitute dei Parioli. Dopo la battuta a vuoto di Melancholia, Von Trier si conferma uno dei pochi registi ancora in grado di fare del cinema nel XXI secolo, tra blockbuster e computergrafica. Ma da accorto uomo d’affari sa anche che per far digerire le sue storie nel clima di analfabetismo di ritorno in cui ristagna oggi la cosiddetta “settima arte” deve puntare sulla provocazione, sullo scandalo. L’importante è che non perda la bussola che l’ha portato fin qui. Spiace solo che anche lui usi Uma Thurman nel ruolo di una donna di mezza età nevrotica e insopportabile a cui l’attrice sembra ormai confinata (vedi Quello che so dell’amore di Muccino).