CD e altre musiche di marzo, di Ferruccio Nuzzo

Pubblicato il 3 Marzo 2020 in , da Ferruccio Nuzzo

Sono ormai sessant’anni – se non di più – che mi occupo di musica registrata, ed ho assistito al vertiginoso allargarsi del panorama del repertorio classico – soprattutto dei secoli più lontani – con la scoperta, e la pubblicazione, di opere dimenticate e di autori sconosciuti (alcuni, forse, anche ai loro tempi …). Ma di buchi neri ce ne sono sempre stati, e ancora ne restano, talvolta inspiegabili.

Prendiamo il caso di Alfonso Ferrabosco, compositore inglese ma di origine italiana. Il padre, Alfonso  anche lui, bolognese di aristocratica famiglia, fu il solo madrigalista italiano attivo in Inghilterra, ed all’origine degli sviluppi del madrigale alla corte di Elisabetta I (sembra che per la regina svolse anche funzioni diplomatiche, se non di spionaggio, in Italia). Alfonso II nacque, illegittimo, in Inghilterra e fu anche lui musicista alla corte di Elisabetta, che ne impedì il ritorno in Italia al seguito del padre. Geniale compositore e virtuoso, inventò anche la lyra-viol, un piccolo basso di viola, e per questo strumento, solista o in consort (cioè un insieme di 2 o 3 strumenti) scrisse splendide musiche. Quasi tutte dimenticate. Jordi Savall registrò qualcosa 40 anni fa, ma delle Lessons per Lyra viol sola soltanto 3 brevi brani. Una incredibile dimenticanza, un inspiegabile vuoto nel panorama della musica di questo periodo alla fine del Rinascimento, quando già vibrano i primi fermenti del barocco.

Queste Lezioni di Ferrabosco hanno qualcosa di iniziatico, nella loro evocazione di nebbiose, esitanti, ruvide atmosfere dai colori incerti, sfuggenti, animate da ipnotici echi di invocazioni liturgiche. È una musica invernale, che sembra sorgere dalle ombre elusive di remoti cortinaggi, appena rischiarati dalle braci di un caminetto che sta per spegnersi. E Paolo Biordi ne esprime meravigliosamente tutta l’indicibile densità, concentrata nell’intimità del dialogo tra il solista e il suo strumento (una delle viole adottate per la registrazione è opera di Paolo – che è un appassionato liutaio – con l’aiuto del figlio). Ben più che nelle altre, pur memorabili, opere di Ferrabosco per consort di viole qui è evidente l’originalità, se non l’unicità, dell’invenzione musicale. 

Ferrabosco adottava tre tipi di accordature (Tunings) diverse, ed i differenti brani del cd sono  raggruppati appunto secondo queste accordature. Essi hanno titoli di danze – Pavin, Almaine, Galliard … – ma son piuttosto solitarie conversazioni, come l’aerea  Coranto del Third tuning, un segreto monologo in “pizzicato”, quasi un’indecifrabile confessione sussurrata davanti ad uno specchio appannato.

Alfonso Ferrabosco    

Lessons for solo Lyra viol – Paolo Biordi: viola da gamba – Dynamic (67’54)


Tableaux d’enfance     

Dimitri Kabalevski, Aram Khachaturian – Tristan Pfaff: pianoforte – Ad Vitam Records (72’)

È strano come il tempo, che nulla può al confronto delle espressioni musicali del misticismo religioso – le Cantate e le Passioni di Johann Sebastian Bach hanno conservato intatto attraverso i secoli il loro sublime significato -, è capace, al contrario, di logorare in qualche decennio ogni messaggio ideologico-politico imposto alla musica.

Chi oggi potrebbe riconoscere, in questo affascinante ed insolito programma che ci propone Tristan Pfaff, l’ideale estetico non formalista del realismo socialista che ha ispirato l’utopia progressista ed educativa del comunismo sovietico all’armeno Aram Khachaturian ed al russo Dimitri Kabalevski quando essi hanno composto queste musiche ben conosciute dai professori di pianoforte e dai loro giovanissimi allievi? 

L’effetto della censura contro ogni modernismo borghese, decadente ed antipopolare è scomparso ma resta la grazia evidente, immediata, dei 55 brani che si succedono come tanti rapidissimi, innocenti disegni dai colori pastello, ignari di ogni malizia prospettica. E Tristan Pfaff ne evoca, senza bamboleggiare, tutto il fascino un po’ severo, se non austero, con un’eleganza ed una fantasia affrancata da ogni ingombrante luogo comune ideologico.


Ce qu’a vu le vent d’est    

Debussy, Ibert, Otaka – Ryutaro Suzuki: pianoforte – Hortus (52’29)

Ryutaro Suzuki è un giovane pianista giapponese, ormai in Europa da più di dieci anni. Prima a Parigi, dove si è diplomato al Conservatorio Nazionale Superiore di Musica e Danza, per poi perfezionarsi a Fiesole, nella famosa Scuola di musica, creata dal geniale Pietro Farulli, la viola dell’indimenticabile Quartetto Italiano.

Claude Debussy è il protagonista del programma di questo cd, e come l’ispiratore delle musiche che seguono la sua Isle joyeuse ed il Primo libro dei Préludes (da uno dei quali, Quel che ha visto il vento dell’est, il cd prende, ben a proposito, il titolo). La lettura che Ryutaro Suzuki fa di questi capolavori della letteratura pianistica è ispirata dalla delicatezza di un oriente impregnato di poesia e di luminosità leggere e trasparenti, che accarezzano prima di rivelare.

Non conoscevo le belle Storie per pianoforte, di Jacques Ibert, dalle quali Ryutaro ha qui registrato tre brani, assieme alla Suite giapponese del suo sconosciuto conterraneo Hisadata Otaka (1911-1951), ignoto anche a Wikipedia ma evidentemente e proficuamente ispirato dalla musica occidentale del suo tempo, pur conservando una certa aerea volatilità orientale. Una gradevolissima scoperta.

Splendida la registrazione che ci offre in un prezioso scrigno, come una scintillante e variegata collana, le interpretazioni del virtuoso giapponese.

Claude Debussy: l’Isle joyeuse

Karol Beffa    

De l’autre côté du miroir – Karol Beffa: pianoforte – Indésens (56’36)  

Sono da tempo un incondizionato ammiratore del compositore e pianista franco-svizzero Karol Beffa, e non è questa la prima volta che manifesto in questa pagina il mio entusiasmo per la sua geniale inventività, per la sua musica che affascina sin dal primo ascolto, e che resta nella memoria come il ricordo di un amico che ci ha rivelato nuovi mondi, fatto scoprire sentieri e percorsi mai immaginati e pur familiari.

Questo cd (il terzo registrato per Indésens) raccoglie una serie di improvvisazioni, tutte su temi suggeriti dal pubblico in concerto, e sui soggetti più vari, dal manierismo barocchizzante di Victimae Paschali – un antichissimo canto monodico della liturgia pasquale – al ligetiano De l’autre côté du miroir, passando per l’omaggio a Schubert del Voyage d’hiver. 

Karol è anche uno straordinario pianista e la sua interpretazione, attraverso un’apparente semplicità, rende tutta la raffinatezza delle strutture e delle trasparenze sonore, sciogliendo nell’evidenza la delicata complessità di questi molteplici labirinti sonori.


Noemi Boutin / Quatuor Bela    

D’Adamo: Sur Vestiges, Schubert: Quintette en ut majeur D.956NoMadMusic (72’53)

L’ultimo capolavoro di Franz Schubert, il Quintetto in do maggiore D.956, in un’interpretazione intensa e appassionata che alterna le atmosfere nebbiose, sognanti, alle irruenti invocazioni dei due violoncelli (per l’occasione la brava Noemi Boutin, sorella del violista Julian, integra il Quartetto Bela). Ma gran parte dell’interesse del cd è nella sua quanto meno originale associazione con il quintetto Sur Vestiges di Daniel D’Adamo, compositore argentino da tempo stabilito in Francia ove insegna ed ha creato l’Ensemble XXI. 

La composizione di Daniel D’Adamo, che apre il programma del cd, precedendo il Quintetto di Schubert, è stata effettivamente commissionata dal Quartetto Bela (con il quale egli ha già collaborato) ed è quasi un omaggio di benvenuto a Noemi, che, per l’esecuzione in concerto, è sola di fronte al pubblico mentre gli altri elementi dell’ensemble suonano dietro di lei, quasi invisibili nell’oscurità, come avvolgendola in una scenografia sonora. Nella registrazione, evidentemente, questo elemento teatrale – quello che, credo, in qualche modo lo lega a Schubert – manca, ma la forza della drammaturgia, comunque, resta, sostenuta dall’intensità del dialogo tra Noemi – che, tuttavia, non è mai solista -, ed i suoi rivali/interlocutori.