“Il gran mondo” di Pierre Lemaitre, un romanzo storico ad alta tensione

Pubblicato il 22 Settembre 2022 in , da Emma Faustini
libano

Pierre Lemaitre è un grande scrittore francese. Ha scritto molti libri, ha vinto il premio Goncourt, è venuto spesso in Italia e i suoi romanzi sono stati recensiti dai maggiori quotidiani e da molte riviste prestigiose. Ciò nonostante, se a un lettore normale chiedete se conosce Pierre Lemaitre vi guarda stupito e vi dice di no. C’è da dire che Pierre Lemaitre ha un passato. Che come tutti i passati tende a non passare mai. Ha un passato di scrittore di polar, come si chiamano in Francia i gialli/thriller/noir. E quindi se chiedete a un lettore di genere se conosce Pierre Lemaitre probabilmente vi dice di sì. Ma quel Pierre Lemaitre non esiste più. Esistono i suoi romanzi e si vendono ancora bene, ma il Pierre Lemaitre di oggi dice che non scriverà più polar, e gli si può credere. Del resto, dopo la trilogia che cominciava con “Ci rivediamo lassù”, proseguiva con “I colori dell’incendio” e si concludeva con “Lo specchio delle nostre miserie”, Pierre Lemaitre ne ha cominciato una nuova. Di cui Il gran mondo è l’inizio.

La prima trilogia raccontava il tempo tra le due guerre mondiali, il primo dopoguerra, la pace tormentata, l’avvento del nazismo, la resa della Francia, Vichy, la liberazione e i primi anni di una pace apparentemente più definitiva. Lo faceva attraverso due soldati che si incontravano e insieme cercavano di sopravvivere al ritorno alla vita normale, che peraltro non era per nulla normale. Dai due soldati si dipartivano vicende sempre più complesse e articolate, con i fili della trama che si allungavano in tutti i sensi e si intrecciavano fino a raccontare una società, un periodo storico, delle persone che sembravano in carne e ossa. Tutto così vivido e nello stesso tempo così vecchio, un film da proiettarsi nella mente con la libertà dell’immaginazione.

La seconda trilogia, di cui appunto al momento abbiamo solo il primo volume, “Il gran mondo”, comincia nel 1948 e comincia in Libano. Come già a dirci dalle prime pagine che il mondo con il tempo si è allargato e gli intrecci e le divagazioni potranno andare dovunque. La famiglia Pelletier si è stabilita a Beirut molto tempo prima e ha un saponificio di cui il padre è molto orgoglioso e di cui comunque tutta la famiglia beneficia. I quattro figli, tre maschi e una femmina, oggetto di grande affetto e di grandi ma già deluse proiezioni, sono in realtà una spina nel fianco. Neppure uno a cui si possa pensare di lasciare la gestione o l’eredità del saponificio. Neppure uno che pensi di restare a Beirut in compagnia dei genitori che stanno invecchiando. Neppure uno che abbia voglia di studiare. Neppure uno che economicamente sia indipendente. Pelletier padre vede e provvede, accorre in caso di bisogno, finanzia, aiuta. Ogni tanto va a Parigi dove vivono due dei figli e dove a un certo punto si trasferisce anche Helène, la terza figlia.

Pelletier madre sembra una figura nascosta, minore, per poi emergere a un tratto, andare in Indocina sulle tracce di Etienne, il figlio idealista e sognatore partito per raggiungere l’amante arruolato in quella guerra incomprensibile e lontana, e lì muoversi con una sicurezza e determinazione che non le conoscevamo. Pelletier figlio maggiore, Jean, che non riesce a togliersi di dosso il bambinesco soprannome Bouboule, fa il rappresentante senza alcun successo intorno a Parigi, sopporta la perfida e misteriosa Geneviève, e nasconde un segreto – oddio non ve lo potete immaginare- .

Pierre Lemaitre Pelletier secondogenito, François, che parte per Parigi per studiare ma vuole fare il giornalista e incredibilmente ci riesce, entra a France Soir e con grande intraprendenza riesce a essere il primo a raccontare l’efferato e incomprensibile omicidio di una giovane attrice nel bagno di un cinema. Di certo non sa quanto è vicino al fuoco. Pelletier terzogenito, Étienne, che parte per l’Indocina per raggiungere l’amante, appena arriva si rende conto che l’amante non lo troverà mai, che è quasi certo che sia morto, e il lavoro lo mette di fronte a un sistema di corruzione così ben oliato che non se ne può scampare. Pelletier la piccola, Heléne, l’unica ragazza, giovane e bella e sprovveduta, anche lei parte per Parigi, i fratelli se la rimbalzano dall’uno all’altra, alla fine arriva il padre a tirarla fuori dai guai. Ma lei persiste nell’ozio, nello spreco, nell’abbandonare se stessa al caso e agli uomini.

Ora vi ho dato questa breve descrizione dei Pelletier, perché il modo in cui ce li racconta Lemaitre è una cosa ricorrente nei suoi romanzi, che però resta sempre sorprendente. Infatti sono i difetti, le manchevolezze, gli squallori, le debolezze, a essere subito e quasi unicamente mostrati, senza sconti e senza giustificazioni, senza mezzi termini e senza clemenza. E non c’è un personaggio che si salva. Però man mano che si va avanti nella lettura, che si viene trascinati dentro la storia e le storie, con una tensione e un passo che ci ricorda che Pierre Lemaitre è stato autore di polar, e pure magistrale, man mano che si va avanti ai personaggi ci si affeziona. Sembra impossibile. Ma succede. Li si comprende.  Ci si rammarica per loro. Se ne ha pietà. Perché dai, sono peggio di noi, certo, ma forse solo un po’ peggio di noi. Forse anche in noi c’è quella stupidità, o quell’avidità, o quel terrore, o quella perfidia. In misura minore, molto minore, per carità. Ma quei difetti, quelle bruttezze, non ci sono poi così estranee. Pierre Lemaitre non parla tanto al cuore quanto ai lati oscuri della nostra anima, ricordandoci che li abbiamo anche noi e che l’unica cosa che possiamo fare è tenerli a bada. Ma che per tenerli a bada li dobbiamo conoscere, dobbiamo essere consapevoli, ammettere di averli. Non c’è un’altra strada.

Farci entrare un po’ meglio dentro noi stessi (dentro quel noi stessi che non ci piace) ma nello stesso tempo accompagnarci dentro la storia, stupirci con accadimenti insospettabili, tenerci sul filo del rasoio, e poi risolvere tutto senza che ci sia la più lieve sbavatura, questo Pierre Lemaitre lo fa, e meravigliosamente, anche ne “Il gran mondo”. Io vi direi di non lasciarvelo scappare, questo romanzo, di comprarlo subito e subito leggerlo, e se avete tempo recuperate anche la trilogia precedente. E diffondete il verbo, che qui siamo nella tradizione dei romanzi per tutti, e che sembrano fatti apposta per ognuno di noi. Buona lettura a tutti.

 

Beirut, 1948. Louis Pelletier e sua moglie Angèle sono emigrati da molti anni in Libano e hanno avuto quattro figli. Negli anni Venti Louis ha acquistato un modesto saponificio trasformandolo nel “fiore all’occhiello dell’industria libanese” e ne va enormemente fiero. Il figlio primogenito Jean, detto Bouboule, ventisette anni, è un uomo senza ambizioni, succube della terribile moglie Geneviève, con la quale si è trasferito a Parigi deludendo le aspettative del padre che l’avrebbe voluto alla direzione del suo impero. Il secondogenito, l’intraprendente François, sogna di fare il giornalista. Partito per Parigi, riesce a farsi assumere nella redazione di cronaca del giornale più popolare del momento. Nella capitale francese arriverà anche la figlia più giovane, Hélène, fragile e ribelle. che entrerà in un giro di persone poco raccomandabili. Diversamente, il terzogenito Étienne, un sensibile “idealista senza ideali”, decide di seguire il suo amante, un militare in missione in Indocina, e si stabilisce a Saigon dove si scontrerà con una durissima realtà.

 

 

 

Mentre i genitori rimangono soli e ignari a Beirut, in un’epoca in cui tutto sembra possibile e non lo è affatto, i figli devono fare i conti con amare delusioni e le conseguenze delle loro azioni, finché il passato irrompe nelle loro vite con il suo pesante bagaglio di inconfessati segreti. Drammatico e vitale, ironico e feroce, Il gran mondo è un’appassionante saga familiare e uno straordinario romanzo d’avventura dal ritmo inarrestabile. L’autore mescola sapientemente storie d’amore, una serie di omicidi, il profumo dell’esotismo, scandali politici e finanziari, malefatte dell’impero coloniale con colpi di scena fino all’ultima pagina. Con Il gran mondo Pierre Lemaitre prosegue la sua opera letteraria dedicata al Ventesimo secolo, inaugurando una nuova trilogia dedicata agli “anni gloriosi” del secondo dopoguerra.

Pierre Lemaitre

 

 

 

 

 

 

Pierre Lemaitre, nato a Parigi, si è imposto negli anni come uno dei grandi nomi della narrativa francese contemporanea con i suoi romanzi, tutti premiati da critica e pubblico. Le sue opere sono tradotte in più di venti lingue e i diritti sono stati acquistati dal cinema. Mondadori ha pubblicato la serie noir del commissario Verhœven, Irène, Alex, Camille e Rosy & John; la trilogia letteraria dedicata al periodo tra le due guerre, Ci rivediamo lassù (2014), che ha vinto il Premio Goncourt, I colori dell’incendio (2018) e Lo specchio delle nostre miserie (2020); Tre giorni e una vita (2016), Il giallo secondo me – Dizionario d’autore dalla A alla Z (2021) e Il serpente maiuscolo (2022).