CD e altre musiche di novembre, di Ferruccio Nuzzo

Pubblicato il 13 Novembre 2018 in , da Ferruccio Nuzzo

“Se un’opera d’arte sopravvive è solo perché noi possiamo ancora rimuoverla dalla fissità della sua forma; sciogliere questa sua forma dentro di noi in movimento vitale; e la vita gliela diamo allora noi; di tempo in tempo diversa, e varia dall’uno all’altro di noi: tante vite e non una; come si può desumere dalla continue discussioni che se ne fanno e che nascono dal non voler credere appunto questo: che siamo noi a dare questa vita; sicché quella che do io non è affatto possibile che sia uguale a quella di un altro…”

In Questa sera si recita a soggetto, per la voce del Dottor Hinkfuss, Luigi Pirandello ci ha lasciato questo semplice e pur fondamentale messaggio, un messaggio da meditare, assimilare ed evocare ogni volta che una nuova interpretazione ci sorprende mettendo in questione i nostri fondamentali, sopratutto quando si tratta – com’è oggi il caso – di uno dei capolavori assoluti del nostro patrimonio musicale.

Credevamo di “sapere tutto” delle Suites per violoncello solo di Johann Sebastian Bach, dalla rustica – sarei tentato di dire brutale – interpretazione di Pablo Casals – che primo le rivelò al vasto pubblico dei non iniziati -, alla raffinata edizione, ligia ai canoni della filologia barocca, di Anner Bylsma, a quelle recenti, più libere e poetiche, dei francesi Ophelie Gaillard, Bruno Cocset o Henri Demarquette, ed ecco che arrivano questi 2 cd della Urania Records – una giovane casa discografica ed editrice di libri musicali italiana – che annunciano una “quasi” rivoluzione.

Ci sono dei violoncellisti che dirigono l’archetto come è d’uso sulla viola da gamba, e cioè che invece di cominciare tirando, da sinistra a destra, iniziano spingendo, dalla punta dell’archetto“, scriveva Johann Joachim Quantz, compositore, didatta e virtuoso (al flauto traverso) della prima metà del ‘700.

Con un grande entusiasmo ed una certa giovanile ingenuità che non manca di fascino, Marianne Dumas, ispirandosi a queste parole, ha dato inizio a quella che potrebbe suonare come una illuminata esplorazione ma che si rivela, appunto, come una rivoluzione nella sfera delle interpretazioni della musica antica in generale e barocca in particolare, un microcosmo che da qualche tempo si era calmato e che, dagli intransigenti diktats di Nikolaus Harnoncourt era scivolato a più tranquillizzanti iniziative e ricerche, come quella di Paolo Pandolfo che già qualche anno fa aveva registrato queste Suites alla viola da gamba, sorprendendo con le sue sonorità inedite e rarefatte, anche se non sempre convincenti.

Il fatto di riscoprire, quattro anni or sono, il suono del violoncello invertendo la tecnica dell’archetto mi ha spinto a realizzare un progetto di ricerca e di registrazione con la finalità di condividere la mia esperienza. – scrive Marianne Dumas –  Ho cercato di restare il più possibile vicina al testo ed allo spirito delle danze, ed è il suono che mi ha guidato in questa interpretazione. La mia meta, in quanto interprete, è stata di raggiungere una fusione tale tra le vibrazioni del violoncello e la loro armonia da divenire il loro strumento.” (nella prima video che vi segnalo, Marianne spiega, in francese, l’evoluzione della sua tecnica e la sua applicazione alle Suites)

Nella musica di Bach – aggiunge Marianne – io penso che l’estasi si pone al livello del divino, non dell’emozione. Si arriva ad una sensazione d’unità, d’insieme, d’universale. Quando ho registrato le Suites, ero esclusivamente nel suono, non nell’emozione

Ed il suono del violoncello di Marianne Dumas – un Daniel J. König ed un Johannes Loescher a 5 corde per la Suite n°6 -, ricco ed inquietante al tempo stesso, forse a causa delle nostre abitudini d’ascolto, evolve singolarmente nel corso della registrazione, e sono le ultime tre Suites le più convincenti.

È questo il primo passo di un itinerario che auguro a Marianne lungo e denso di risultati e soddisfazioni.

J. S. Bach   

Cello Suites – Marianne Dumas: violoncello – Urania Records (61’11 + 79’51)

 

 

 

 

 

Violoncello barocco e le Suites per il Violoncello di J.S. Bach: Invertire la tecnica dell’arco …?!    

Bach Cello Suite 1 – Prelude in G – Marianne Dumas – Baroque cello   


Johann Adam Reincken   

Toccatas, Partitas & Suites – Clément Geoffroy: clavicembalo – (73’) L’Encelade

Strano personaggio, Johann Adam Reincken: data di nascita incerta (tra il 1630 ed il 1640) ed altrettanto incerte le fonti della sua notevole ricchezza che gli permisero, tuttavia, di fondare nel 1678, con l’aiuto di senatori e giuristi della città, l’Opera di Amburgo – la prima in Germania – che egli diresse per sette anni. Egli fu, comunque, grande organista (e clavicembalista), compositore e pedagogo sino alla fine della sua vita, anche se non fece stampar quasi nulla delle sue musiche (quel poco che oggi si conosce – spesso di incerta attribuzione – ci è giunto attraverso le copie o le trascrizioni di suoi contemporanei – tra cui alcuni componenti della grande famiglia Bach).

Ed è per questo che Clément Geoffroy – di cui vi ho già parlato per la sua partecipazione al bel cd dei Concerti per due clavicembali di Antonio Vivaldi – ha scelto di inserire nel programma di questo disco non soltanto musiche di Reincken di provata autenticità ma anche composizioni per le quali sussistono dubbi che, molto probabilmente, non verranno mai sciolti “poiché esse non son per questo men belle, e ben s’iscrivono nell’universo musicale che ha testimoniato della sua evoluzione“.

Altra scelta cruciale di questo fantastico ed appassionato virtuoso è stata quella dello strumento. Lo immagino attraversare lunghe notti insonni congetturando su e per quale dei tanti tipi di clavicembalo esistenti al tempo di Reincken – e durante i lunghi anni della sua attività – egli componesse. Poi la rivelazione: uno strumento costruito da Emile Jobin ispirandosi all’universo del compositore. “Fu il coup de foudre sin dalle prime note! Era proprio la sonorità che avevo in mente: un clavicembalo scintillante (della famosa luce del Nord) e che dava al discorso una gran definizione senza tuttavia alcuna aridità, con un registro di 4 piedi sublime che procurava allo strumento tutta la forza e il vigore indispensabile a questa musica“.

In particolar modo la luminosa, riflessiva e perentoria Die Meierin, uno strano titolo, che suona, nella sua integralità “Non parlatemi di prender moglie, ovverosia Die Meierin (che in antico tedesco vuol dire “La sovrintendente”) una Suite di Partite che chiude il programma del cd di cui vi propongo l’ascolto.

Die Meierin   


Clair de lune   

Debussy, Fauré, Ravel – Tatiana Samouil: violino, Davide Lively: pianoforte – Indésens (80’06)

Conobbi – in disco – Davide Lively tanti anni fa, quando, ancor giovane e poco conosciuto (almeno in Italia), registrò un’interessantissima Arte della Fuga sul pianoforte. Erano gli anni in cui molto (troppo) si discuteva sulla legittimità dell’esecuzione della musica antica su strumenti moderni. Glen Gould aveva detto la sua  con le splendide, inimitabili interpretazioni della musica di Johann Sebastian Bach, ma per quel capolavoro assoluto – e per il quale Bach non aveva lasciato nessuna indicazione di strumentazione – che è l’Arte della Fuga aveva scelto l’organo. Credo che quella registrazione fosse la prima in assoluto per il pianoforte – e rimase, per qualche tempo, l’unica -, mentre Lively continuava con le sue scelte quanto meno originali, incidendo il Concerto Sinfonico di Wilhelm Furtwängler o l’integrale delle musiche per pianoforte di Philippe Boesmans.

Ora che Lively si è stabilito in Francia, pur continuando a dedicarsi alla creazione di opere contemporanee, sopratutto di compositori statunitensi, ogni tanto egli si dedica a un repertorio più noto e “tranquillo” come in questo intenso e raffinato programma centrato su alcune opere maggiori del patrimonio cameristico francese, la Sonata per violino e pianoforte di Maurice Ravel, quella di Claude Debussy e la n°1 di Gabriel Fauré.

Accanto a lui l’intensa e raffinata Tatiana Samouil, che, tra una Sonata e l’altra, dà prova del suo caleidoscopico virtuosismo nelle trascrizioni per violino e  pianoforte di brani conosciutissimi e romanticissimi, come il Chiaro di luna diDebussy, Après un rêve di Fauré e la Meditazione di Thaïs di Massenet, mentre tutta la sua forte personalità si manifesta nell’aggressiva Tzigane per violino solo di Ravel. 

Il making-of del cd     


Atem der Statuen  

German Romantic Music for Clarinet and Pianoforte – Chen Halevi: clarinetto, Noam Greenberg: pianoforte – Cobra Records (68’35)

Un disco – ed un programma – coraggioso, e due grandi virtuosi che non esitano ad avventurarsi su percorsi vertiginosi, tesi a tracciare sottilissimi ma evidenti, esasperati, legami tra i capolavori della letteratura romantica per il clarinetto e la permanenza del loro messaggio in composizioni più moderne o addirittura a noi contemporanee. 

Le due Sonate di Johannes Brahms inquadrano i Vier Stücke (Quattro pezzi) di Alban Berg, composti meno di vent’anni dopo e dedicati dall’autore al suo maestro Arnold Schoemberg, una dimostrazione di come il prolungamento di un’idea possa celare, all’interno di un’apparenza rivoluzionaria, la devozione di una filiazione naturale (Pierre Boulez ci vedeva “un gesto appena accennato, che si sente potrà continuare, diffondersi, moltiplicarsi. Come gli abbozzi di racconti che possiamo leggere nel Diario di Kafka, questi brani ci lasciano sospettare prolungamenti non espressi oltre la scrittura reale, chiusa“).

Ma ancora più interessante in questo gioco di scatole cinesi è l’accostamento del romanticismo esasperato dei tre Fantasiestücke, op. 73 di Schumann – con i loro subitanei, imprevedibili slanci e cambiamenti di umore, volta a volta gioviale o meditativo, tenero o malinconico – ai tre Hommages che Chen Halevi ha commissionato nel 2007 al compositore tedesco Sven-Ingo Koch, come un omaggio, appunto ai Quattro pezzi di Berg.

Mi sono ben presto reso conto che il mio sarebbe stato non soltanto un omaggio a Berg, ma piuttosto una piccola collezione di omaggi ai compositori che son divenuti – o son sempre stati – significativi per me. Piccole tracce di Schubert, Schumann, degli Studi per pianoforte di Ligeti, forse anche di Rameau, sono evidenti“.

Per me è sopratutto Robert Schumann il nume tutelare che splende su questa musica, densa e fondamentale, quasi la chiave di volta di tutto il cd.

Atem der Statuen   

2 thoughts on “CD e altre musiche di novembre, di Ferruccio Nuzzo

  1. Buongiorno Ferruccio, un plauso veramente sincero per l’ottima selezione musicale. Grazie, Nicola

    • grazie a te Nicola
      son contento di condividere le mie idee e le mie passioni, ma sopratutto di ricevere un eco dai miei lettori
      ed, eventualmente, di discuterle, dinamizzando la pagina
      a presto
      Ferruccio

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