I magnifici sette: Werner Herzog, i limiti della conoscenza e la conoscenza dei limiti

Pubblicato il 27 Febbraio 2018 in Humaniter Cinema
werner_herzog

Il rischio, la messa in gioco di sé, la volontà di potenza, la ribellione sono i temi costanti che caratterizzano l’intera filmografia di Werner Herzog (n. 1942). Che si tratti di uno degli oltre 20 film a soggetto o uno degli altrettanto numerosi documentari. A proposito di questi ultimi, va peraltro subito rilevato come tale definizione sia estremamente imprecisa se riferita al regista bavarese. In lui infatti la rappresentazione del “vero” non è mai disgiunta da una forte interpretazione personale né da una sua manipolazione a scopo “narrativo”. In altre parole, anche quando gira documentari, Herzog non rinuncia a fare un tipo di cinema che comprometta l’autore e le sue idee. Per altro verso i suoi personaggi – reali o di fantasia – mostrano sempre come la natura umana sia istintivamente protesa a oltrepassare i confini della conoscenza, inclusa quella psichica, ma che, allo stesso tempo, tale ricerca rimanga tuttavia inappagata. Un’esperienza vissuta in prima persona dal regista, dato che nel corso della sua vita ha frequentato, con la macchina da presa, tutte le latitudini del globo: dall’Antardide alla foresta tropicale, dai deserti alle periferie urbane, dallo spazio siderale a quello virtuale di internet.

Aguirre, furore di Dio
“Aguirre, furore di Dio”

Herzog si è immerso negli abissi oceanici ed è sceso nelle grotte dipinte dagli uomini preistorici, ha vissuto accanto a popolazioni nomadi dell’Africa o dell’Amazzonia e ricercato le tracce di un musicista barocco nella Napoli contemporanea, mantenendo sempre fede a se stesso e alla sua visione del mondo fatta appunto di imprese al limiti della follia, di scarso o nullo valore pratico, ma di enorme valore mitico o simbolico. In questo ambito si inquadra anche il viaggio a piedi, compiuto dal regista nel novembre-dicembre del 1974 da Monaco di Baviera a Parigi, per raggiungere Lotte Eisner, che si trovava in pericolo di vita a causa di un infarto. Viaggio simile a quelli di molti suoi “antieroi”.

Fitzcarraldo
“Fitzcarraldo”

Va ricordato che Lotte Eisner era in quegli anni ai vertici della Cinématheque Française ed era stata colei che più di altri aveva favorito la rinascita del cinema in Germania con il movimento chiamato Nuovo Cinema Tedesco i cui esponenti di spicco erano, oltre allo stesso Herzog, Wim Wenders, Wolker Schloendorff, Rainer Werner Fassbinder, Edgard Reisz, Jurgen Syberberg e altri. Caso quasi unico nella biografia del regista, il risultato di quel viaggio non si trasformò in un film, ma in un libro: “Sentieri nel ghiaccio”. Quello di Herzog è un cinema apparentemente provocatorio in quanto parte da presupposti assurdi attraverso i quali l’autore riesce a raggiungere verità inedite. Per questo i suoi personaggi appartengono quasi sempre a categorie o generi marginali o emarginati: ciechi, sordi, nani, pazzi, handicappati o semplicemente appartenenti a classi sociali o popoli esclusi dalla storia. Cinema che sa farsi antropologico non solo nei documentari, ma anche nella fiction, con i suoi esseri visionari, portatori comunque di una verità “altra” che non trova posto nel mondo convenzionale.

queen of desert
“Queen of desert”

“Io credo che il denominatore comune dell’universo non sia l’armonia, ma caos, conflitto e morte” – Werner Herzog

 

Gesualdo – Morte per cinque voci (1995)

Il diamante bianco (2004)

Encounters at the End of the World (2007)


 

Klaus Kinski, il diavolo biondo di Herzog

di Pierfranco Bianchetti

Klaus Kinski

“È l’attore più affascinante che conosca” diceva di lui il regista Werner Herzog, l’unico che ha saputo valorizzare il talento di Klaus Kinski, il cattivo che più cattivo non si può in tanti film dimenticabili da lui interpretati solo per motivi economici (al suo agente raccomandava sempre la stessa cosa: “Non ti far mandare il copione, chiedi i soldi”). Nato il 18 ottobre 1926 a Zoppot nella Prussia orientale, figlio di un cantante d’opera, un’infanzia tristissima e solitaria, l’arruolamento coatto nell’esercito di Hitler durante la seconda guerra mondiale, la prigionia in un campo di detenzione britannico, Kinski grazie al suo viso da psicopatico diventa presto un caratterista specializzato in personaggi sadici e crudeli. Capelli biondi, occhi chiari, e penetranti, è perfetto nei panni del nazista, del killer professionista, del pistolero feroce di tanti spaghetti western. Dopo vent’anni di anonimato in ruoli secondari, nel 1958 distingue nel ruolo di un efferato agente della Gestapo in Tempo di vivere, seguito l’anno successivo in quello del cattivissimo pistolero di Per qualche dollaro in più al fianco di Gian Maria Volontè. Nel ’66 si mette in mostra con il personaggio dell’anarchico Kostoied in Il dottor Zhivago. Poi l’incontro con Werner Herzog che cambierà radicalmente la sua carriera. Aguirre, furore di Dio, 1972; Nosferatu, principe della notte, Woyzech, 1978, Fitzcarraldo, 1982, Cobra verde, 1987, sono i film che vedono la sua faccia sul grande schermo alternare sofferenza, dolore, gioia, furore.  Poi la rottura tra i due si fa quasi inevitabile e Kinski trasferitosi a Hollywood (recita con disinvoltura in tedesco, inglese, francese, italiano) gira in rapida successione Executor, Schizoid, Android, Buddy Buddy, La tamburina. Non sono pellicole memorabili che lui accetta seguendo il suo motto “Hollywood paga meglio ed esige di meno”. Si concede anche un’eccezione di qualità interpretando Paganini con un taglio provocatorio e tendente all’eccesso. Fuori dalle righe è anche nella vita privata, tre matrimoni, tre figli tra i quali la bellissima Nastassja che lo odierà ricambiata disertando perfino il suo funerale. Senza radici l’attore prussiano vive parecchio tempo anche a Roma, dove partecipa a una ventina di western di basso livello tranne Il grande silenzio ambientato dalle parti di Cortina simulando i panorami nevosi del Montana. Originale e ribelle si permette perfino di rifiutare le proposte cinematografiche di Fellini, di Kubrick, di Russell preferendo partecipare a produzioni di serie Z, ma ben retribuite. La sua maschera tragica è presente così in cento ottanta film, la maggior parte dei casi addirittura pessimi. Tenero e ironico, il diavolo biondo di Herzog muore improvvisamente sabato 23 novembre 1991 nella sua villa alle porte di San Francisco a sessantacinque anni. Lo “strano divo per tutte le stagioni” se ne va lasciando un segno indelebile nella storia del cinema; quello di un genio che nessuno ha mai potuto dominare e condizionare come ha raccontato lui stesso nella sua scandalosa autobiografia intitolata All I Need Is Love.

 

Fitzcarraldo
Fitzcarraldo

 

 

 

 

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.