L’ombra del drago

Pubblicato il 17 Giugno 2016 in

Un racconto di Patrizia Abrami – Sergio Mattana– Riccardo Zanzi 

Lenno. Tardo pomeriggio del 22 gennaio 2012

Seduto dietro la scrivania di pesante legno scuro, l’avvocato Andrea R. continua a guardare quel piccolo bruco di plastica snodata che nel pomeriggio ha comprato per suo nipote Sandro. Come funziona? Si chiede. Piano piano comincia a girare la chiavetta della carica a molla e dopo un istante il bruco di plastica inizia ad arrancare sul piano della scrivania, sempre più veloce sino a fermare la sua corsa contro la canna di una Beretta M35 calibro 7,65.
Ecco quando un’azioneè iniziata la sua logica deve procedere implacabile sino alla fine. Come la corsa del proiettile di questa pistola, quando viene sparato verso il suo obiettivo. Certe scelte possono apparire disumane o immorali. Ma diventano scelte obbligate quando si è costretti dalla necessità. È più cupa la crisi di coscienza dovuta alla costrizione del ricatto o alla libertà della scelta? La nausea della paura. Nasce dalle viscere dell’anima. Nella sporcizia del rimorso. Nella solitudine dell’angoscia. La furia morbosa che si espande come un veleno. Una energia nervosa che impedisce il respiro. La voglia di resa. Sino a voler inghiottire la terra. Sentendosi soffocare. Del resto la vita umana è strutturata in modo tale che soltanto guardando in faccia la morte possiamo comprendere la nostra autentica forza e il nostro attaccamento alla vita.
Il gesto è lento e ponderato. La presa sulla pistola è sicura, a due mani, sino a sentire il gusto freddo dell’acciaio in bocca. Un attimo ancora a pensare. Per non sacrificare l’idea, sacrifichiamo noi stessi, che il nostro sangue possa alimentare la speranza. È una bella sera per intonare il canto funebre e guardare verso l’ignoto. La fatalità della mia esistenza non mi ha reso felice e mi sento già morto. Forse questa sera i morti e i vivi hanno il medesimo aspetto e si annullano nell’inutilità del destino.
Lo squillo del telefono interrompe il silenzio dei suoi pensieri. L’avvocato non vuole più rispondere. Poi, quando il rumore finalmente cessa, apre il cassetto della scrivania e con cura ripone la pistola. Il bussare alla porta anticipa di poco l’entrata nella stanza di Sonia, suasorella, che gli si rivolge con voce preoccupata.
– Scusami Andrea, ma c’è una cosa veramente importante che devo assolutamente dirti.
– Cosa succede ancora?
– La tua segretaria ha chiamato da Milano. Ritornando dalle vacanze in montagna ha scoperto che qualcuno è entrato nello studio e ha messo tutto a soqquadro. Quasi sicuramente non si tratta di ladri comuni perché non hanno rubato nulla di valore. Hanno rovistato tra i documenti e hanno acceso alcuni computer. Forse cercavano qualcosa.
Andrea ascolta in silenzio. Il suo sguardo sembra perdersi nel vuoto. Perché non reagisce? Cosa tormenta la mente di Andrea? si chiede l’amata sorella.
– Mi hai sentito? Qualcuno è entrato nel tuo studio a Milano. È da un po’ di tempo che qualcuno si aggira qui intorno alla villa con fare sospetto. Non può essere una coincidenza. Cosa sta succedendo? Dimmi, tu lo sai?
Milano. 11 novembre 2011
Oggi è il giorno del suo compleanno. L’avvocato Andrea Russo compie quarant’anni.
All’indirizzo dell’appartamento di famiglia in via Lamarmora, di fronte all’omonima caserma nel centro della città, un corriere espresso della capitale ha consegnato un pacchetto. Clara, la solerte segretaria dello studio di consulenza aziendale Russo, alle 13,30 terminato l’orario part-time, l’ha posto sulla scrivania insieme all’altra corrispondenza, con il biglietto d’auguri in bella vista. Poi, raggiunta la casa della figlia, come ogni pomeriggio dedicherà il suo tempo alla cura dei nipotini.
Andrea Russo, detto ‘il cinese’, utilizza l’appartamento di famiglia esclusivamente come abitazione. Tutta l’attività professionale di consulenza legale internazionale è stata trasferita dopo l’improvvisa scomparsa del padre, presso l’importante ufficio Mills & Russo di Londra, del quale Andrea è socio fondatore. Solo il recapito dello studio di consulenza aziendale è rimasto in Italia, Clara si occupa dell’amministrazione, oltre a rispondere alle rare telefonate. Per molti anni aveva retto la segretaria del dottor Giuseppe Russo, don Peppino per colleghi e amici, apprezzato diplomatico, già addetto presso diverse ambasciate italiane in Estremo Oriente.
Ascoltando la musica dei Berliner Fhilharmoniker diretti da Wilhelm Furtwangler, registrazioni 1942 – 1944, Andrea termina di rispondere alle mail, mentre le note della Sinfonia n.5 di Anton Bruckner inondano la stanza. Nel suo ordine mentale la posta tradizionale viene al secondo posto dopo quella elettronica, il pacchetto all’ultimo posto. Nulla d’interessante nella posta, le solite richieste d’aiuto economico per varie associazioni no profit. Il pacchetto è stato spedito da Sonia, la sorellastra che vive a Roma, figlia di primo letto del dottor Russo. Sonia è giornalista Rai, sposata con un collega, ha un figlio adolescente. In una cornice d’argento che troneggia sulla scrivania, una foto la ritrae accanto a un impianto di risalita. Una bella donna dall’aspetto sportivo insieme a un ragazzino. Aperta la busta che accompagna il pacchetto, Andrea sulle note della Sinfonia domestica di Richard Strauss legge il biglietto d’auguri:
«Ciao fratellino, benvenuto nel club degli ‘anta’! Ci vediamo per Natale al lago. Non dimenticarti il mio regalino, le tradizioni di famiglia si rispettano, senza scuse! Tua sorellona.»
Perplesso, Andrea scarta il pacchetto, all’interno trova una confezione: è una Nikon 1, la digitale del momento. Intuendo la provocazione, con lo sguardo cerca sul muro dietro di sé “la vetrina degli scatti”. Così la chiamava il padre grande appassionato di fotografia. Nelle decine di cornici d’argento le immagini gioiose di feste e compleanni. Una bimba bionda, occhi azzurri, poi adolescente e donna dal fisico robusto e atletico. Un bambino, più giovane di qualche anno, capelli e occhi scuri, lo sguardo orientale, che in altre foto diventa un adulto dal look modello Armani. Altre foto, più datate, una giovane bellissima donna dai lineamenti dolci da bambola d’oriente… mamma Ziyi…
Non ho mai voluto imparare a fotografare, troppo difficile confrontarsi con papà. E adesso quella ‘tedesca’ vuole mettermi alla prova. Bene, ci vedremo a Natale…accetto la sfida!
Con l’esecuzione di En saga di Jean Sibelius anche il secondo cd termina. Inaspettatamente il suono del telefono d’ufficio irrompe nel silenzio della casa. Andrea soprapensiero, lo lascia squillare più volte, poi ricorda che Clara è già andata via e alza il ricevitore:
– Pronto… Avvocato Russo? – la voce gentile è quella della segretaria del senatore Ossimoro – Il senatore desidera salutarla, glielo posso passare?
La reazione istintiva èun rapido pensiero Proprio oggi… ci fosse stata Clara… Poi lentamente Andrea risponde:
– Sono atteso da clienti, ma me lo passi pure.
– Attenda prego. La segretaria prosegue decisa lasciando la telefonata in sospeso e dopo un paio di secondi arriva la voce flautata del senatore.
– Come stai Andrea? Che piaceresentirti. Oggi è veramente una giornata incredibile, con tutto quello che sta accadendo qui a Roma… Ma anche se tutto cade, io mi ricordo sempre del compleanno degli amici. Ti volevo fare soltanto i miei migliori auguri di buon compleanno. Ah, avessi io la sua età!
– Grazie, senatore.
– Niente senatore, sa di prima repubblica. Per te sono Olindo… e diamoci del tu, come con la buonanima di tuo padre.
Poi, dopo una lunga pausa – E tua sorella, come sta? Come va al servizio pubblico?Dopo quella cosuccia da niente di tre anni fa…
La sottolineatura di quell’episodio che rimanda a un passato non molto lontano, per un attimo spiazza Andrea che farfuglia:
– Le sarò sempre grato, anzi… le saremo sempre grati sia io che mia sorella Sonia. Non so come potremo sdebitarci.
– Ma figurati! Caro Andrea, non te lo dico più, chiamami Olindo. A proposito, martedì prossimo sarò a Milano per un importate convegno economico. Ti chiamo e ci vediamo a cena, come era d’abitudine con il tuo povero papà. Adesso devo tornare al Senato, a presto.
Andrea non riesce a rispondere. Un clic chiude la telefonata. Forse è solo un’impressione, ma nelle parole di Ossimoro gli è sembrato celarsi una scadenza.
Forse è arrivato il momento di pagare per… come l’ha definita? Ah sì, una cosuccia da niente!

Milano. 15 novembre 2011
Gli Amici di Wang è una moderna costruzione di nove piani. Sette per il Centro Benessere: tre piscine, sauna, lettini solari, stanze per massaggi, palestra attrezzata per ginnastica e sport vari, salone per body building. All’ottavo e nono piano, un ristorante con raffinata cucina cinese-giapponese. Salette riservate con vetrate panoramiche con vista sui tetti della China Town meneghina. Dopo un paio d’ore di relax nel Centro Benessere, il senatore Olindo Ossimoro, pensieroso, è in attesa nel privé per la cena con il suo ospite.
Che arroganza, – rimugina – neanche si fossero laureati a Oxford o Harvard, questi bocconiani della minchia! Democrazia sospesa, condanna senza appello di una classe politica, che tanto aveva fatto. Arriva il mandato al vanaglorioso Mario spinto da Corriere, Sole24ore e Repubblica, protetto da King George e dai comunisti di sempre, ecco il commissario! E chi se ne frega del voto e degli elettori, certo che il nano ci ha messo del suo, il passo indietro per il paese. Ma mi faccia il piacere, non è farina del suo sacco! Marina, Fidel e gli amici Letta e Doris, se li avesse ascoltati prima, ma lui aveva altro per la testa, il bunga, bunga. E già, la testa di cazzo, avesse mai capito qualcosa di politica, lui capisce solo di fica! E adesso, dopo aver leccato il sedere a tutti i premier degli ultimi vent’anni per ottenere nel settore pubblico consulenze e carriere lautamente compensate, eccoli i compagni di merende di Goldman Sachs, con i loro bei rapporti internazionali. Ci racconteranno che sono la soluzione alla politica in crisi, scopi alti… salvare il paese, è sempre la stessa storia! Almeno, quando c’era ‘il divo’ Giulio, i tecnici erano chiamati per il lavoro sporco e non per sostituirsi alla classe dirigente legittimamente eletta. E così, quei cacasotto della OPMET mi fanno slittare la delibera per problemi ‘legali’, così tra qualche giorno ci ritroveremo addosso tutti i sindacati, CGIL e autonomi in testa. Mica l’hanno capita che quello che arriva come ministro alle attività produttive bloccherà tutto o forse hanno capito e mi stanno mollando, la riconoscenza non è certo di questo mondo! Tempus fugit. Bisogna profittare delle prime settimane, l’insediamento di ministri e sottosegretari, i passaggi di consegne, l’inevitabile confusione dei tecnici con scarsa o nulla esperienza politica, quaranta giorni, poi game over! Se non si firma l’accordo per spostare in Cina la produzione dei sistemi di puntamento delle navi entro Natale, anche quell’altra faccenda che a Tian interessa, non va in porto e salta tutto, una catastrofe! E su quel conticino alle Cayman nessuno verserà, tantomeno il bonus, dal quale già mi hanno decurtato i costi di quel porco, che vuole essere pagato in natura! Belli i tempi nei quali si microfilmavano i progetti, adesso ci vogliono gli esperti d’informatica, esperti del belino! Ma di questo, Andrea non deve sapere nulla, qui siamo al sicuro, non ci sono orecchie indiscrete e poi questi cinesi sanno cos’è la riservatezza, tira una gran brutta aria con tutte quelle maledette intercettazioni. Oramai dovrebbe essere in arrivo, speriamo che il ragazzo sia all’altezza del padre, con lui sì che si ragionava d’affari e anche d’altro… com’erano diversi i cinesi negli anni ’60, e le donne… bellissime. Ziyi, lui se l’era perfino sposata!
Mentre il senatore è ancora immerso nei suoi pensieri, il maître di sala apre la porta del privé. Il senatore accoglie il suo giovane amico con un largo sorriso.

Milano. 17 novembre 2011
Anche Andrea non fa che ripensare all’incontro. Strano personaggio il senatore, voleva a tutti i costi convincermi della bontà dell’accordo. Chissà poi perché. Costruire in Cina sistemi di puntamento per le navi da guerra, non dovrebbe interessare i lavoratori spezzini che con tutta probabilità, perdendo la produzione, saranno messi in mobilità in un momento di crisi. Pensa forse che non abbia capito che sono lui e forse qualche suo amico del Cda e delle banche ad aver interesse a chiudere l’operazione. Meglio non pensarci, i democristiani hanno sempre gli stessi vizi, anche se cambiano casacca e lui è proprio di quelli della prima repubblica, altro che popolo della libertà, libertà di intrallazzare! E poi, quali problemi legali, ho letto tutto l’accordo e ne capisco abbastanza da comprendere che i problemi legali non esistono, qualche difetto formale e niente più. C’è dell’altro e lui non me ne ha parlato, ha solo detto frasi di circostanza:
“È necessario un esperto che conosca le leggi e che sappia superare le reciproche incomprensioni. Carta bianca per i rapporti con l’azienda cinese. Il tuo compito è di ottenere al più presto l’approvazione. È urgente chiudere, sei la persona giusta, hai competenza e professionalità oltre ad una perfetta conoscenza dell’inglese e sicuramente ricorderai anche un po’ di mandarino. A conclusione positiva, oltre alla giusta parcella, sotto l’albero, troverai un extra da leccarti i baffi!”
Quante parole, se non fosse per quel piacere che gli avevo chiesto per Sonia in Rai e che lui quando poteva forse mi ha fatto… pagherò la cambiale e poi, caro senatore, amici come prima, cioè, non amici! Sono passate le quarantotto ore che gli avevo chiesto per esaminare tutta la documentazione e sciogliere la riserva per accettare l’incarico di consulenza. La risposta devo dargliela esclusivamente con il cellulare che mi ha passato con aria furtiva, dicendo: “L’unico numero, il solo da usare per il momento, è memorizzato al n.1, è il mio riservato. Ad accettazione avvenuta, io non ho dubbi, provvederò io stesso a metterti in contatto con il manager cinese di riferimento: una pantera meravigliosa!”.
Andrea telefona a Olindo che risponde immediatamente. L’accettazione del giovane amicomette il senatore di buonumore:
– Benvenuto in squadra. Non spegnere quel cellulare, tra poco riceverai una telefonata dalla Cina.
Dopo circa mezzora, il cellulare squilla, una voce femminile. La donna si presenta come Wu Ling parlando in buon inglese con quell’accento che ricorda ad Andrea l’infanzia. In nome del presidente della Wang Technologies ringrazia Russo e gli chiede la disponibilità per una videoconferenza con i legali da organizzare entro dodici ore, previo avviso. Il presidente è assente, ma desidererebbe salutarlo, al suo rientro fisserà l’ora per il collegamento. Passate un paio d’ore, un nuovo squillo:
– Sono ancora Wu Ling. Il presidente Wang gradirebbe conoscerla personalmente. Il volo per Pechino è già fissato, le mando le coordinate via mail in ufficio.
Russo non ha impegni urgenti, sono passati dieci anni dall’ultimo viaggio oltre la muraglia.

Pechino. 19 – 20 novembre 2011
Dopo aver ritirato i bagagli e passato il controllo allo sportello della dogana, Andrea supera la sbarra del cancelletto e si trova subito immerso nella calca della nuova Cina. Tra la folla che aspetta con impazienza l’uscita dei passeggeri una ragazza porta in mano un cartello con il suo nome.
– Buongiorno. Sono io Andrea Russo.
La ragazza continua a guardare con aria sorpresa il nuovo arrivato per qualche istante. Di certo non si aspettava di incontrare un italiano con gli occhi a mandorla e gli zigomi sporgenti tipici degli han. Poi con un sorriso cerca di mascherare il suo disagio e porge il suo saluto in un ottimo inglese:
– Benvenuto a Beijing. Sono Wu Ling, ci siamo già conosciuti per telefono. Vieni. Una macchina ci sta aspettando per accompagnarti in albergo.
– Grazie. Ti seguo.
Appena saliti in macchina la ragazza scambia alcune frasi in cinese con l’autista che, senza indugio, imbocca l’autostrada per raggiungere il centro della città. La ragazza per un po’ rovista nella sua borsa ed estrae un biglietto da visita che porge ad Andrea dicendo:
– Per qualunque cosa tu abbia bisogno, puoi chiamarmi a questo numero di cellulare.
Ecco si sta procedendo alle presentazioni ufficiali secondo i rituali orientali, pensa Andrea. Probabilmente anche lui dovrebbe esibire il suo biglietto da visita. Ma si limita a leggere: Miss Wu Ling, Sales Manager of Wang Technologies China Society. Come dire: guarda che non sono una semplice ragazza mandata dai tuoi interlocutori cinesi per controllare i tuoi movimenti e farti da ombra durante la tua permanenza a Pechino. Sono la responsabile commerciale della società con cui dovrai stipulare i tuoi accordi. Dovrai discutere e trattare anche con me.
– Grazie tante. Purtroppo ho dimenticato in Italia i miei biglietti da visita. Comunque sono convinto che sapremo intenderci ugualmente, risponde Andrea.
Per alcuni minuti il silenzio è disturbato soltanto dal rumore del motore della vettura e del traffico urbano. Ma è sempre Wu Ling a riprendere il dialogo:
– Sei già stato a Pechino?
– L’ultima volta è stata circa dieci anni fa.
– Molte cose sono cambiate da allora. Farai fatica a riconoscere la vecchia Beijing.
– Non ne dubito. Me ne sono già reso conto per il traffico che incontriamo e vedendo le gru che occupano tutto l’orizzonte. Verso quale albergo siamo diretti?
– All’Holiday Inn Central Plaza in Zaolin Qianjie. È proprio in centro, non molto distante da piazza Tian’ anmen. Ci vuole quasi un’ora per arrivarci. A proposito, sai parlare cinese?
Da quella domanda Andrea capisce che la ragazza lo sta esaminando per comprendere le sue origini così poco italiane, per lo meno a constatare i suoi tratti somatici. Immagina che probabilmente neanche i suoi interlocutori si aspettano di trovarsi a che fare con un italiano di origine cinese. Per questo crede opportuno dare alcune informazioni sulle sua famiglia. Avrebbe così anticipato la presentazione delle sue credenziali.
– Mia madre era cinese e i miei nonni erano della regione dello Shandong. Arrivarono in Italia subito dopo la seconda guerra mondiale da Tien Tsin, dopo la smobilitazione della Concessione italiana in Cina. Sono stati loro a insegnarmi alcune parole in lingua mandarina quando ero molto piccolo. Ma poi non l’ho mai studiata. Col tempo quel poco che sapevo l’ho dimenticato e oggi a mala pena riesco a riconoscere alcuni ideogrammi. Se non ti dispiace siamo costretti a parlare in inglese o meglio ancora in italiano se possibile.
– Mi dispiace, ma in italiano conosco soltanto alcune parole come spaghetti, pizza, Ferrari, ciao e… ti amo.
I due ridono insieme per sancire l’accordo:
– Allora parliamo in inglese.
Dopo qualche minuto la macchina si arresta sotto una pensilina e l’autista annuncia:
– Siamo arrivati.
Wu Ling accompagna Andrea sino al banco del ricevimento e dopo le formalità dell’assegnazione della stanza si congeda dall’ospite straniero.
– Sicuramente ti sentiraimolto stanco dopo un viaggio così lungo. Ti lascio riposare. L’appuntamento con il signor Wang è stabilito per questa sera. Ti verrò a prendere alle sette. Possiamo mangiare qualcosa insieme e poi andremo a teatro. Sarà lì che incontreremo il signor Wang e potrai fare la sua conoscenza.
– Che cosa andremo a vedere?
– Conosci il teatro dell’Opera di Pechino?
– Ho visto il teatro dell’Opera di Pechino con i miei genitori a Milano, quando ero molto piccolo. Un’altra volta ho visto uno spettacolo qui a Pechino. Ma francamente, non sono riuscito a capire granché, né ad apprezzarlo.
– È comprensibile per uno straniero. Ma per noi è la cultura della tradizione. Eppure, vedrai che lo spettacolo di questa sera sarà molto interessante anche per te. A più tardi.
Andrea sale in camera, si toglie il giaccone e le scarpe e, ancora tutto vestito, si sdraia sul letto sotto la trapunta.

Pechino. 19 novembre 2011. Sera
Di quella sera a Pechino mi ricordo proprio tutto, come fosse ieri. Sono stato svegliato di soprassalto dallo squillo del telefono. Una voce metallica mi ha avvertito che erano le sette e un quarto della sera e che nella hall dell’albergo mi stava aspettando la signorina Wu Ling. Insomma, non avevo neanche il tempo per disfare la valigia e fare una doccia. Ho dovuto radermi in fretta e darmi una sciacquata al viso per svegliarmi completamente. Mi sono infilato una camicia pulita, indossato la giacca e, preso al volo il giaccone, mi sono precipitato verso l’ascensore. Dopo qualche minuto ero davanti alla guida che mi aspettava seduta in poltrona.
– Lo sai che non è gentile far aspettare le signore?
Così mi ha salutato Wu Ling, sfoggiando un grande sorriso. Mi sono subito scusato per il ritardo e ho cercato di giustificarmi dicendo che non ero riuscito a riposare in aereo e che non dormivo da più di trentasei ore. Naturalmente lei ha accettato le mie scuse, ma mi ha detto che non dovevamo perdere neanche un altro minuto, dato che lo spettacolo iniziava alle otto e trenta.
– A cena potremmo andare dopo lo spettacolo, se non è tropo tardi e se non sarai troppo stanco. Ha concluso Wu Ling con un’aria di rimprovero.
Per fortuna il teatro Huguan era vicino. A piedi ci abbiamo impiegato meno di un quarto d’ora. In verità, per un tratto ci siamo messi quasi a correre per fare più in fretta, ma anche per evitare il vento freddo che proveniva da oltre la Grande Muraglia.
Il teatro era già al completo quando abbiamo preso posto nelle poltrone che ci erano state assegnate. Nel nostro settore eravamo circondati da spettatori provenienti da tutte le nazioni, in gran parte occidentali, mentre il pubblico cinese era sparpagliato nel resto del teatro. Ad un tratto ho provato un certo disagio a trovarmi emarginato tra i turisti stranieri. Ma poi ho capito il motivo di questa apartheid. Le nostre poltrone avevano gli auricolari per la traduzione simultanea in inglese, francese e giapponese.
Poi Wu Ling si è tolta il cappotto e solo allora mi sono accorto che indossava un lungo abito da sera di color prugna che metteva ancora di più in risalto le linee morbide del suo viso appena sfiorato da una cipria rosa. Tutti intorno erano in abito scuro e le signore indossavano le toilette più eleganti. Solo io, tra i maschi, non indossavo la cravatta. Chi se ne frega, mi sono detto. Non sono qui per fare scena. Devo soltanto incontrare il signor Wang. Ma dove sta questo signor Wang? Anzi, per essere più preciso e non fare la figura del maleducato, ho chiesto:
– Quando incontreremo il signor Wang?
– Lo andremo a trovare durante l’intervallo, mi ha risposto Wu Ling – Ma lo potremo vedere anche prima. Sarà tra gli attori che stanno per entrare in scena.
– E che ruolo interpreta? ho chiesto cercando di dissimulare la sorpresa.
– Prova tu a indovinare.

Intanto all’interno del camerino l’attore si prepara per lo spettacolo e procede nella sua metamorfosi. La seta dell’abito di scena scivola sulla pelle, avvolgendo il suo corpo: dal bozzolo tra poco la farfalla leggera, bellissima sarebbe volata tra gli sguardi rapaci. Il teatro è pieno, come ogni sera. E lui è pronto, come ogni sera. La metamorfosi è quasi compiuta, manca pochissimo.
Lo specchio gli rimanda un volto di porcellana; occhi bistrati brillanti di luce intensa e febbrile; labbra rosse ad accennare un sorriso lontano. Lui ama questa donna che ad ogni rappresentazione esce dal suo corpo di uomo; la ama con l’intensità e il dolore che si riserva a ciò che non si può possedere completamente. La ama e la desidera, ma per lei prova anche una profonda compassione: è lei la vittima designata di storie tragiche che si perpetuano all’infinito nella ruota del destino.
Carnefice e vittima, uomo e donna, dunque questa è la sua vita. Yin e Yang. Lui è il tutto; il senso di onnipotenza gli stringe la gola, l’eccitazione cresce, è un’eccitazione profonda, più che sessuale.
Ma il dramma che deve interpretare quella sera non si esaurisce sulle tavole del palcoscenico. È previsto anche l’incontro con l’ospite straniero. In quel momento aspetta soltanto la conferma del suo arrivo in teatro.
Il gioco che si è inventato è immenso. La sua pelle di serpente è appesa con cura: completo nero occidentale, camicia bianca, cravatta a piccoli draghi ocra. A terra le scarpe nere lucide, le calze Sul tavolino di cristallo la pistola e il piccolo pugnale d’argento, spazialmente vicini, eppure così lontani, strumenti di morti diverse, strumenti efficaci che lui ben conosce e usa con destrezza. Nella tasca interna della giacca, la carta da gioco, che ha ricevuto dentro una busta giallina. Il Kappa di Fiori. Un leggero bussare alla porta del camerino:
– Un attimo soltanto…
Nel frattempo un messaggio compare sul telefonino «Siamo arrivati. Wu». Rimane soltanto il tempo per una sintetica risposta: «Procedete come concordato».
La musica comincia a diffondersi nel teatro, sino ad arrivare anche dentro di lui per uscire poi attraverso la voce di lei. Apre la porta, a piccoli passi sulle scarpe alte raggiunge il palco, le mani nascoste dentro le maniche fluenti; lo sguardo si muove in modo circolare fino a posarsi quasi casualmente su un ragazzo in piedi seminascosto dalle quinte.
Un impercettibile movimento del capo gli comunica che tutto è a posto.

Mentre lo spettacolo ha inizio, Wu Ling cerca di anticiparmi la trama del dramma a cui avremmo assistito. Il signore deve partire per fare la guerra contro i nemici invasori che hanno occupato gran parte della nazione. La moglie si dispera perché il marito viene fatto prigioniero per quasi vent’anni. Ma sarà il loro giovane figlio a sconfiggere e scacciare il nemico. Il signore potrà così tornare a casa. E la pace e la prosperità regneranno nel paese.
La solita, tipica storia del dramma della vecchia Cina, mille volte messa in scena nel teatro dell’Opera Cinese. Con sempre le stesse coreografie, stesse bandiere e stendardi sventolati di corsa da attori acrobati, vestiti di tanti colori, musica di cembali, gong e tamburi percossi ora con ritmo lento ora con ritmo incalzante. Anche le figure principali dell’opera sono sempre le stesse: il protagonista maschile (sheng), quello femminile (dan), l’antagonista, il nobile guerriero, il messaggero o il personaggio comico e tanti altri personaggi di contorno ognuno caratterizzato dal suo costume e trucco facciale particolare. Ciascun attore si muove con gestualità simbolica e modulazione vocale volutamente artefatta. La danza si confonde con i movimenti delle arti marziali e le dita delle mani disegnano nell’aria l’espressione dei sentimenti più profondi. Voce cupa e profonda per i personaggi maschili, acuta sino ad arrivare al falsetto per i personaggi femminili. Ma soltanto gli attori protagonisti hanno la possibilità di esprimersi in lunghi monologhi parlati e cantati. Ed è stato proprio durante un monologo cantato dalla attrice protagonista che mi è sembrato di ricordare una ninna nanna che da bambino mi cantava mia madre.

Sopra, nuvole erranti attraversano il cielo,
veloci, veloci, passano o si fondono insieme.
Le onde del vento non han più fissa dimora,
rotolano via ognuna in un canto di cielo.
Da ora, per lungo tempo saremo lontani,
fermiamoci dunque un istante ancora.
Oh, potessi, sull’ali dorate del vento della mattina
Andare con te fino al termine del tuo viaggio

L’espressione del mio viso deve essere cambiata perché Wu Ling ha preso il mio braccio e mi si è fatta più vicina sussurrandomi in un orecchio:
– Ascolta bene. Questo è il lamento di Li Ling che si separa dal marito Su Wu che parte per fare la guerra contro i nemici invasori.
– Questo canto l’ho già sentito.
– Tutti in Cina conoscono questo pezzo. È una poesia scritta più di mille anni fa. Forse qualcosa sta emergendo dalla tua vecchia coscienza.
Da quel momento Wu Ling non ha più lasciato il mio braccio. Ed insieme al resto del pubblico cinese abbiamo urlato il nostro Ohau-ohau in segno di apprezzamento per l’interpretazione dell’attrice. Alla fine del primo atto Wu Ling si è alzata e mi ha detto:
– Andiamo, il signor Wang ci aspetta.
Senza indugiare un attimo abbiamo attraversato la sala fendendo la folla che si dirigeva verso il foyer. Quando siamo entrati nel corridoio dei camerini un addetto alla sicurezza ha cercato di sbarrarci la strada. Ma Wu Ling con fare deciso ha pronunciato alcune parole in cinese e subito l’addetto si è fatto da parte. Percorsi ancora alcuni metri ci siamo fermati davanti a una porta e la ragazza mi ha chiesto:
– Hai capito quale ruolo interpreta il signor Wang?
– Il grande signore che parte per fare la guerra? – ho cercato di indovinare.
Lei si è messa a ridere, ha bussato e dopo un istante ha aperto la porta.
– Eccovi qui, finalmente. Entrate, entrate, svelti. Vieni, mia cara, fatti baciare.
Una voce maschile, profonda e anche un po’ roca, usciva dalla maschera dan della protagonista femminile. Ancora vestito nel suo costume vaporoso della moglie affranta per la lontananza del proprio marito, il signor Wang ci è venuto incontro con le braccia allargate in segno di benvenuto.
– Ed ecco il nostro amico italiano. So che in Italia ti chiamano Il Cinese. Ma per noi sei l’amico Andrea. Ben arrivato anche a te. Tutto bene? E il nostro amico senatore come sta? Sono felice che tu sia venuto a trovarci. E spero che anche per te questa visita in Cina sia un momento felice.
Poi rivolto alla ragazza ha aggiunto: – Mi raccomando, Wu, non trascurare il nostro amico. Devi dedicargli le attenzioni migliori che tu conosci.
– La ringrazio infinitamente. Ed è per me un grande piacere fare la sua conoscenza. Non posso comunque fare a meno di manifestarle la mia sorpresa. Non immaginavo che un manager così importante come Lei potesse coltivare una simile passione per il teatro e che potesse raggiungere tali livelli di interpretazione. Devo esprimerle i miei più sinceri complimenti.
– Ti ringrazio. Ma, per favore diamoci del tu. Anche a te piace l’Opera di Pechino?
A quel punto il signor Wang ha detto una frase che mi ha molto colpito, ma che forse era soltanto una citazione del suo repertorio: ”Il teatro è una palestra di vita. Coloro che ti guardano non devono vedere il tuo Io e tu stesso non devi pensare a questo Io quando sei sulla scena. Guarda la parte, qualunque sia il ruolo che devi recitare, chiunque reciti un personaggio deve essere quel personaggio”.
– Andrea si è commosso quando hai intonato il canto di saluto al tuo sposo. – ha voluto sottolineare Wu Ling evidenziando, non senza una certa malizia, tutto il suo compiacimento.
– Sono contento di avervi qui. Purtroppo abbiamo i minuti contati. Sto aspettando un’altra visita importante. Quindi non possiamo trattenerci oltre. Però possiamo incontrarci di nuovo domani sera. Staremo più a lungo insieme e vedremo di definire i nostri accordi. A proposito il materiale è tutto pronto?
– Tutto a posto. Come stabilito, ho risposto.
Così ci siamo congedati. Nel corridoio abbiamo incontrato un gruppo di persone. Quelle stesse persone che Wang aspettava. Quando ci siamo incrociati il signore più anziano del gruppo e Wu Ling, senza fermarsi, si sono scambiati un saluto in cinese. Mi è stato detto che si trattava del vice capo del partito comunista di Pechino. Allora ho capito che il signor Wang poteva contare su alcune conoscenze molto importanti.
A quel punto, a parte l’esibizione del signor Wang nei panni della inconsolabile moglie abbandonata, il mio interesse per il teatro cinese era decisamente scemato. La fame cominciava a reclamare un pasto decente e per questo ho facilmente convinto Wu ling ad andare subito a cena. Con un taxi abbiamo raggiunto un ristorante sulla riva del laghetto Houhai, poco lontano dal Parco Behai. Cucina tipica locale, se non ricordo male, con una zuppa di fegato di pollo in agro dolce, maiale al vapore e pesce secco con rafano fritto e tanto, tanto peperoncino e altre spezie misteriose.
Durante la cena io e Wu Ling abbiamo riso e scherzato. A dire il vero ho cercato anche di conoscerla meglio facendole alcune domande dirette. Ma ho subito notato che era molto attenta a non dire nulla di più di quanto ritenesse necessario sia sulla sua vita privata, che sulle sue attività e i suoi interessi. Ho solo saputo che era single, che a lungo era vissuta a Shanghai dove aveva frequentato l’università e che era innamorata dell’Italia e degli italiani. E quando ho cercato di approfondire la conoscenza del suo ruolo all’interno della Wang Technologies China Society e aprire un discorso sui nostri impegni contrattuali mi ha subito interrotto dicendo:
– Questa sera non mi va di parlare di lavoro. Cerchiamo di gustare al meglio questo cibo.
Da questo comportamento ho avuto un’ulteriore conferma che i cinesi non rivelano mai i loro segreti al primo arrivato. Occorre del tempo per raschiare la vernice delle apparenze e soprattutto occorre meritare la loro fiducia. Per loro è importante che tu sappia quello che loro vogliono che tu venga a sapere.
Abbiamo parlato a lungo del signor Wang e delle sue passioni. Così ho scoperto che aveva il teatro nel sangue perché proveniva da una famiglia di attori e che sin da piccolo aveva giocato sui palchi dei maggiori teatri del paese. Almeno sino al periodo della rivoluzione culturale quando anche lui aveva dovuto subire un periodo di rieducazione politica. Durante il governo di Den Xiaoping aveva completato i suoi studi e si era laureato in ingegneria elettronica. Cercando di mettere in pratica le parole d’ordine del nuovo corso, il signor Wang si era voluto misurare con le sfide del mercato e dello sviluppo globale. Per questo aveva creato la sua azienda, diventata ormai leader mondiale nelle fibre ottiche, che oggi poteva contare una dozzina di filiali nel mondo. Ma ho saputo anche che il teatro non era l’unica passione del signor Wang. La sua raccolta di sete dipinte e di antichi disegni su carta di riso facevano di lui uno dei più importanti collezionisti privati di tutta la Cina. Infine, la sua profonda cultura e la sua generosità, secondo Wu Ling, rendevano Wang una persona che non si poteva non amare.
Alla fine della cena avevo lo stomaco gonfio e la testa pesante. Forse il cibo e quel vino dolciastro, forse la stanchezza. Era ora di tornare in albergo. Ci siamo lasciati con Wu Ling dandoci appuntamento per il mattino successivo direttamente nella sede della Wang Technology nel Central Business District nel quartiere di Chaoyang.
Una volta in camera, dopo una rapida doccia, mi sono steso sul letto cercando di prendere sonno. Ma per ore sono rimasto a guardare sul soffitto le luci del neon dell’albergo che filtravano tra le fessure dell’avvolgibile della finestra. Rassegnandomi agli effetti devastanti dello spostamento del fuso orario, mi sono deciso a rivestirmi e andare a fare una passeggiata fuori dell’albergo. Erano da poco passate le due di notte e mi sono incamminato verso la Zushikou Xidajie anche se il freddo si era fatto davvero pungente. A quell’ora i negozi e i ristoranti erano tutti chiusi. Poche macchine sfrecciavano veloci sull’asfalto. Ma i neon delle insegne e le luci delle vetrine mi facevano strada sul marciapiede deserto. Solo un negozio di parrucchiere sembrava aperto. Mi sono avvicinato e attraverso la vetrina ho visto alcune ragazze in minigonna, reggiseno e calze nere a rete che sotto una lampada rossa giocavano a mah jong sopra un tappeto scuro. Appena si è accorta della mia presenza, una ragazza mi ha fatto cenno di entrare. Subito anche le altre mi hanno sorriso e mandato baci di invito. Un invito così esplicito che ho negato con un gesto della mano riprendendo il cammino. Ecco la nuova Cina che assomiglia così tanto alla vecchia Cina. E in quell’istante mi sono sentito a disagio. La mia identità di straniero in quella che poteva essere la mia patria mi era diventata insopportabile. La sensazione di essere escluso e sradicato gravava minacciosa su di me, come se mi fossi perduto in un dedalo di vicoli oscuri senza uscita. A un tratto ha squillato il cellulare. Ho visto subito che si trattava di una chiamata dall’Italia. La voce del senatore O. mi ha chiesto:
– Andrea, stavi dormendo?
– No, senatore, stavo facendo una passeggiata.
– Hai disfatto la valigia?
– No, non ancora.
– Bene. Non disfarla e cerca di prendere il primo aereo per tornare a casa.
– Ma nel pomeriggio devo incontrarmi ancora con Wang.
– L’incontro è saltato. Non c’è alcun motivo che ti trattenga a Pechino. Hai capito?
– OK, ho capito.

Milano. 19 dicembre 2011
– Avvocato Russo? Buongiorno, qui è la segretaria del senatore Ossimoro. Mi permetto di disturbarla in questo periodo di festività, ma ho una comunicazione importante da parte del senatore: l’appuntamento di cui lei è a conoscenza è stato fissato a La Spezia per il giorno 23 dicembre alle ore 18.00. La macchina del senatore passerà da casa sua alle 14.00. Auguri Avvocato, a lei e alla sua famiglia!
Una volta interrotta la comunicazione, Andrea sbotta indispettito:
– Ci mancava anche il viaggio a La Spezia due giorni prima di Natale! Milano-La Spezia-Milano-Lenno…E Ossimoro? Se almeno avesse telefonato lui di persona, gli avrei chiesto qualcosa, qualche chiarimento, qualche indicazione… Niente! Ma questo deficiente pensa che io sia al suo completo servizio? Arrogante presuntuoso politicante di merda.
La buona educazione di Andrea censura anche la rabbia che gli è scoppiata dentro. Meglio uscire, comprare gli ultimi regali, telefonare a Sonia (sua sorella saprebbe come comportarsi in una simile situazione!).
Qualche ora più tardi, mentre Andrea brindava con alcuni amici nel solito bar, il senatore Ossimoro caricava sul PC gli ultimi file riguardanti l’operazione. Probabilmente l’ultima operazione della sua lunga carriera politica. Sul tavolo, aperta, la busta giallina che aveva ricevuto quella mattina: dentro il senatore aveva trovato una carta da gioco e un invito a portarla con sé fino alla firma dell’accordo. Il Kappa di quadri. «Superstizioni orientali, stravaganze, sicuramente opera di quella donna misteriosa…»
Aveva sorriso con condiscendenza, ma poi aveva deciso di fare come richiesto.

La Spezia, 23 dicembre 2011
Il brivido lungo la schiena è fortissimo, intenso, gelido, ma capace poi di scatenare un calore di fuoco in tutto il corpo. Soprattutto nella mente in allerta, vigile ad avvertire il pericolo. Gli occhi girano nella stanza affollata fotografando visi, le narici rincorrono profumi tra profumi, le orecchie selezionano suoni, timbri vocali, risate, sospiri. Andrea, anonimo avvocato milanese finito in un gioco che non conosce e che, soprattutto, non capisce.
Ossimoro cammina al suo fianco, solo leggermente avanti, così come deve essere; sicuro, forte, respiro regolare; nella mano sinistra la borsa del PC, la destra nella tasca della giacca accarezza una carta da gioco.
Certo la coppia non passa inosservata: un uomo anziano dal fisico prestante, altero; un uomo più giovane, alto e snello, con un viso particolare dai tratti somatici orientali, elegante nel completo nero. Avanzano insieme nella stanza salutando con piccoli cenni del capo il chiacchiericcio delle persone presenti, fino ad arrivare a un piccolo tavolo da gioco: sul quadrato di panno verde le carte sparse di una partita in corso. Due i giocatori: un uomo grasso con vistosi anelli d’oro alle dita e una bellissima donna cinese.
– Buongiorno, Wu Ling, finalmente ci rivediamo.
La voce stentorea di Ossimoro interrompe quella strana atmosfera e riporta Andrea allo scopo dell’incontro. Oggi è il gran giorno, l’accordo tra la OPMET e la WANG T. sta per essere firmato.
Finalmente! Finalmente finisce questa storia poco chiara. Si ripete in silenzio Andrea. Anche questo posto, ma cos’è esattamente? Una casa privata, una casa da gioco…tutte e due le cose insieme? I vertici della OPMET hanno accettato un incontro qui. Perché?
Wu Ling gli sta porgendo la mano e la sua stretta ha qualcosa di allusivo, intimo. Rieccolo, il brivido lungo la schiena, ma questa volta è di puro piacere. Il piccolo corteo si sta avviando in una saletta riservata: Wu Ling e Ossimoro davanti a tutti, poi tre rappresentanti della OPMET. Alla fine lui, Andrea.
Una trattativa così lunga e laboriosa, un viaggio fino in Cina, quell’aria di mistero mantenuta costantemente da Ossimoro, il ruolo di Wu Ling, lacontinua assenza di Wang Tian… Ogni volta che ha voluto approfondire la questione ha trovato solo silenzio, reticenza, risposte ancora più difficili da interpretare. Alle spalle di Ossimoro, in piedi, Andrea si accerta che tutto proceda con regolarità: le firme vengono apposte secondo l’ordine stabilito, in silenzio. Tutte le parole necessarie sono state già pronunciate in altri luoghi e in altri tempi.
Sembra un teatrino, qui tutti recitano un ruolo prestabilito. Ma da chi? E io? Quale ruolo mi è statoassegnato? Ho solo voglia che tutto finisca presto. Ho solo voglia di Ling.
Ora che sono tutti in piedi, penne e cartellette riposte nelle borse di pelle, c’è una certa concitazione nei saluti e nelle strette di mano, qualche accenno di sorriso galante nei confronti di Wu Ling si spegne sul viso freddo e lontano di lei. Solo Ossimoro parla a voce alta, gesticola, cerca un consenso con battute di spirito, ma quando posa una mano sulle spalle di Wu Ling, ha come una scossa e la ritrae immediatamente.
– Bene, signori, è fatta! Se posso offrire qualcosa al bar, ne sarei felice.
Nessuno accetta l’invito dell’onorevole, sembra che la fretta di andarsene sia il sentimento che accumuna tutti. Wu Ling si attarda guardando Andrea: è chiaro che gli vuole parlare. La sua voce bassa riempie il vuoto della stanza.
– Ciao Andrea, ti trovo un po’ stanco, o forse sei preoccupato? Ma non ne hai motivo: sei stato un collaboratore perfetto e, come vedi, tutto è andato per il meglio. L’accordo tra la OPMET e la WANG T. è stato firmato, era importante arrivare a questa firma e ci siamo arrivati. Ora possiamo rilassarci e pensare anche ad altro. Io ho ancora qualche impegno, ma poi credo proprio che mi potrò concedere qualche giorno di vacanza. Magari possiamo stare un po’ insieme, se ti va, certo non ti voglio imporre la mia presenza!
Andrea percepisce una leggera ironia nelle sue parole, ma non importa.
– Quando pensi di essere libera? Io non chiedo di meglio…
– Mi faccio viva io appena possibile, prometto. Ma adesso ci salutiamo qui, non serve che mi accompagni, anzi aspetta un attimo prima di uscire, dammi il tempo di allontanarmi con Ossimoro e gli altri. Non voglio confusioni.
La sua carezza giunge leggera e inaspettata sul viso di Andrea. Solo quando Wu Ling è già uscita dalla stanza, nota la busta giallina indirizzata a lui, la apre con qualche speranza remota di un appuntamento con lei, ma quella che estrae è una carta da gioco. Il Kappa di Cuori. Nessun messaggio la accompagna e questo fa ripiombare Andrea in un’agitazione diffusa. Il brivido lungo la schiena è di nuovo fortissimo, intenso, gelido.

ombra del dragoLa Spezia. 24 dicembre 2011

La strada si inerpica tortuosa per un paio di chilometri, costeggiando il torrentello senz’acqua. Una curva a sinistra e l’Audi3 si ferma nella piccola rientranza. La villetta coperta dal fogliame del bosco è a cinquanta metri, un vialetto di ghiaia da percorrere a piedi. Wu Ling con passo rapido si ferma davanti al portoncino e sfiora il batacchio. L’uomo è già in attesa. Apre. Il fuoco è acceso, un odore misto di legna bruciata e cavoli. I due scambiano un cenno d’intesa con il capo. Un piccolo sacchetto passa dalla mano di Wu Ling a quella dell’uomo che accende una lampada al tavolo di lavoro nell’angolo. Aperto con circospezione il sacchetto, l’uomo ne rovescia il contenuto su un vassoio e applica all’occhio destro un monocolo. Osserva a una a una le pietre con grande attenzione. Al termine, soddisfatto, estrae la chiavetta di memoria dal computer e la consegna a Wu Ling. Senza parole, lei si gira e si avvia verso l’ingresso. Aperto il portoncino, l’aria fresca della notte dà il cambio al profumo di Wu Ling, che senza voltarsi scende il vialetto verso l’auto parcheggiata. Sale e lancia l’sms di consegna avvenuta. Avviato il motore, torna sulla strada che va verso l’Arsenale.
Pochi attimi per il satellite. Da Pechino l’sms di ritorno segnala l’OK. Controllata la spia rossa che si allontana, il Risolutore, che aspettava nella sua auto, avvia il motore. Percorre alcune centinaia di metri e si ferma in una piccola rientranza. Il Risolutore attraversa il vialetto che conduce alla villetta.
L’uomo ha sentito l’auto tornare. Nella villetta è rimasto un piacevole sentore di lei. Chissà perché è tornata si domanda e senza riflettere apre il portoncino d’ingresso. Non c’e luna, il cielo è coperto. La figura sulla porta ha un oggetto in mano. Un lampo nella notte scura. L’uomo si accascia tra le braccia del Risolutore che lo trascina oltre l’ingresso. I diamanti sono sul vassoio. Problema risolto così come pianificato.

Lenno. 26- 27 dicembre 2011
– Ma che senso ha che tu rimanga qui da solo anche quest’anno, anzi soprattutto quest’anno con lo stress che hai accumulato, quel viaggio in Cina, le pressioni di quel fetente di Ossimoro; per altro non ho ancora capito che cavolo vuole da te… Insomma Andrea, non sono tranquilla a lasciarti.
Dal fondo delle scale si sente una voce di ragazzo:
– Mamma, noi ce ne andiamo!
– Arrivo. Che palle! Forse potrei rimanere qui con te e al diavolo la famiglia! Scherzo, figurati se mi perdo questa vacanza a Cortina con i miei “mostri”. Ciao caro, non intristirti, lo sai che il lago fa quest’effetto quando si è un po’ depressi. Vado, dammi un bacio, anzi di più.
Come sempre con Sonia è difficile parlare, ma anche nascondersi. Andrea ne è consapevole: fin da piccoli il loro rapporto ha avuto un’intensità particolare; Sonia sa leggere nei suoi occhi, sa interpretare il linguaggio del suo corpo, anche i gesti più piccoli vengono colti.
Nessuno lo sa capire come questa sorella lontana, a volte è perfino imbarazzante. Quell’accenno a Ossimoro buttato lì come per caso, eppure lui non le ha rivelato niente, solo vaghe informazioni circa una consulenza. Ma Sonia come ha detto? «Le pressioni di quel fetente di Ossimoro», sintesi perfetta di una situazione intricata e sempre più oscura. Non è contento, anzi il senso di ansia e quasi di paura aumenta di giorno in giorno: Wu Ling doveva contattarlo, ma si è come volatilizzata.
Ling… Sente ancora il calore della sua mano quando gli ha stretto il braccio a teatro. Quello sguardo che lo cercava tra tutti gli altri presenti e che poi si posava leggero fino dentro di lui. La voce quasi un sussurro. Con lui. Ma Andrea ha sentito quella stessa voce diventare tagliente, autoritaria, forte durante i colloqui per la trattativa e ha visto quegli stessi occhi trasformarsi in una fessura gelida. Ma chi è questa donna? Perché ho così voglia di vederla, quasi un bisogno fisico di toccarla, di parlare con lei? Perché sono finito in tutto questo? Comunque ha ragione Sonia, meglio andarsene da qui. Se parto adesso, faccio ancora in tempo a organizzare qualcosa a Milano per la serata.
Il lago è fermo, quasi bianco nel pomeriggio che sta rapidamente scurendosi. Quante volte si è affacciato da quella grande vetrata e quante volte ha pensato a come quel paesaggio sia bello, sospeso quasi in una magia antica. Quando era piccolo immaginava che dalle acque di notte uscissero dei fantasmi grigi e silenziosi.
Le prime note di Heros sparate dalla suoneria del cellulare gli fanno fare un balzo, il cuore comincia a battere veloce, si guarda intorno quasi che insieme alla musica sia entrato qualcuno nella stanza.
La porta è chiusa? Quando Sonia è partita ho inserito l’allarme? Andrea, cazzo, non fare il paranoico!
– Pronto?
– Wu Ling, buonasera Andrea. Sono a Como, sto arrivando da te. Ho voglia di vederti, posso rimanere fino a domani. Non conosco questi posti, vuoi essere la mia guida turistica? A presto, quando arrivo davanti al cancello, ti faccio uno squillo.
Pura apnea. L’ansia prende il sopravvento nei pensieri di Andrea. Ling a Lenno tra poco? Come la accolgo, cosa le dico, cosa devo fare? E i particolari della villa, del cancello, del fatto che sono qui da solo? Non posso pensare di essere spiato, controllato. Allora sono finito veramente in un gioco troppo grande. La mano meccanicamente sistema i capelli, mentre Andrea sfiora con un ultimo sguardo il lago. Poi si allontana dalla vetrata rabbrividendo, non sa se di paura o di piacere.
Il sorriso nella voce si spegne insieme al cellulare. Wu Ling guarda con assoluta indifferenza il lago davanti a lei, probabilmente non lo vede nemmeno. Siamo all’epilogo ormai e le suggestioni del paesaggio in questo momento non le servono. Domani forse, con Andrea. Le voci all’interno del piccolo bar rimandano echi di festa; in realtà non ci sono molte persone, questo le consente di essere più concentrata sulle prossime mosse. Il momento è delicato, non può permettersi di sbagliare niente, né una parola né un gesto. Al telefono con Andrea ha percepito la sua ansia mista a paura, il desiderio di vederla e lo smarrimento di non capire la situazione: lei addirittura a Lenno! Il suo accenno al cancello della villa, un tocco di sottile perfidia: ora lui sa di essere sorvegliato, ma non sa da chi e perché.
Forse è stato un colpo di teatro esagerato, ma non ho resistito, tesoro, sarebbe stato troppo banale, troppo semplice, fingere di non sapere dove sei, cosa fai, come ti muovi, cosa provi. So tutto quello che mi serve, topolino, e mi piace giocare con te, distillare il tuo sgomento goccia a goccia.
– Un caffèbello forte, per favore signora!
La ragazza cinese al banco è ben vestita, disinvolta, parla un italiano quasi senza accento: seconda o terza generazione, una ragazza italiana con gli occhi a mandorla. Potrebbe avere l’età di sua sorella. L’ultima volta che l’ha vista, sua sorella, è stato circa due anni fa, durante una trasferta di lavoro. Una breve sosta lungo la strada polverosa, non si voleva fermare, ma non ha resistito. La piccola locanda affacciata sull’unica strada, gli odori della cucina di sua madre, dolci e piccanti nello stesso tempo, la pecora appesa a dimostrare la qualità del cibo, gli spaghetti di soia pronti da versare nell’acqua bollente, le voci concitate dei camionisti in attesa. Tra i tavoli la sorella, passi affrettati e pochi sorrisi di un’adolescente povera. Nello spiazzo davanti alla locanda, il vecchio sarto con la sua macchina da cucire intento a rimettere insieme i pezzi di una grande telo bianco.
A parte lui, nessuna presenza maschile, il padre in campagna, i fratelli a costruire i grattacieli. Wu Ling non è nemmeno scesa dalla macchina, ha rialzato il finestrino e qualche istante dopo era già tra le nuvole di polvere ocra della strada.
È ora di raggiungere Andrea, un furtivo incontro di occhi con la ragazza cinese, nessuna simpatia reciproca. Pochi minuti, estrae il cellulare, digita il numero.
– Sono quasi arrivata dal topo. A domani.
Davanti al cancello della villa, non può fare a meno di apprezzare la vecchia costruzione. Da una grande vetrata si diffonde una luce calda, Andrea la sta aspettando. Eccomi tesoro! Eccola, tra poco entrerà da quella porta e io… Ora che è così vicina, non sono sicuro di volerla rivedere.
Dal riquadro della finestra, Andrea ha seguito Wu Ling nel suo incedere dalla macchina fino alla casa. Il passo è lento, ma sicuro; la testa alta con quello sguardo allargato per racchiudere con gli occhi tutto e in tutte le direzioni. Come è bella.
Quando la porta si apre (ma chi l’ha aperta: lei o lui?) la figura di Wu Ling si mostra nel totale del suo splendore. Una carezza leggera sul volto di Andrea, così leggera che sembra sognata.
– Ciao, Andrea, che piacere essere qui. Bella casa in un bel paese, credo. Domani facciamo i turisti, voglio conoscere tutto di Lenno, del lago, anche di te. Ma per questo non è necessario aspettare domani.
Mentre parla Wu Ling slaccia con cura meticolosa i bottoni del cappotto nero, le sue mani bianchissime sembrano colombe. Andrea si avvicina ad aiutarla, ma lei lo trattiene con un piccolo gesto: vuole fare da sola. E Andrea capisce subito il motivo: Wu Ling si sta mostrando a lui, i tempi e i gesti di questo rituale appartengono a lei sola. A lui è richiesto di guardare e di aspettare.
Wu Ling parla con quel suo tono basso e suadente e gli sorride, anche se solo con le labbra; gli occhi rimangono lontani, ma Andrea che conosce i misteri orientali non ne è troppo turbato. Un po’ gli dispiace, però; c’è sempre una specie di distanza nel loro rapporto, come una sottile barriera che Wu Ling non gli permette di valicare.
Fasciato nel vestito nero a piccoli disegni verdi il corpo di lei sembra ancora più morbido e flessuoso di come Andrea lo ricordasse, nello stesso tempo emana una sensualità sconvolgente. Ora lei si muove a proprio agio nella stanza registrando tutto quanto la circonda fino a raggiungere il divano davanti alla vetrata. Si china a togliersi gli stivali. Anche i suoi piedi sono stupendi, così piccoli e delicati.
Improvvisamente c’è silenzio intorno; Wu Ling tace e guarda Andrea, solleva le braccia per sfilare lo spillone che tiene i capelli raccolti sulla nuca. Una nuvola di seta nera profumata scende a coprirle le spalle.
Non l’ho mai vista con i capelli sciolti, sembra più giovane. Questa donna è quasi irreale, se non la tocco anche solo con un dito divento matto!
Ora è seduta sul divano, con le gambe raccolte, la mano batte sul cuscino accanto a lei, lo sta chiamando.

Il vecchio pendolo di noce batte le quattro. Andrea apre gli occhi, la luce filtra dalla porta socchiusa del bagno e l’altra voce di Wu Ling, quella fredda e autoritaria, arriva fino a lui. Sono parole cinesi pronunciate in modo quasi concitato.Dapprima sembrano totalmente incomprensibili, ma poi qualche suono riconoscibile emerge da un passato dimenticato: lago…fine…morte. Il cuore comincia a battere furiosamente, cosa significa tutto questo?
Solo poche ore prima lui stringeva tra le braccia quella donna meravigliosa, non è stato un sogno, c’è ancora il suo profumo sul cuscino, sulla sua pelle perfino. Sorride nel buio, ora quando lei ritornerà nel letto accanto a lui, tutto sarà chiarito. Ma poi è così sicuro di aver capito bene le sue parole?

Il mattino è splendente, tutta la luce di questo inverno anomalo si è concentrata lì, ha invaso le stanze della villa. Perfino il giardino ha un guizzo di vita. Forse sono solo felice, è il primo pensiero di Andrea; il secondo è: ma dov’è andata Ling?
Il letto è vuoto, nel bagno il vapore di una doccia, solo il suo vestito è ancora sulla poltrona, come a ricordargli che non ha sognato.
– Ling,… Ling.
– Andrea, sono in cucina, preparo qualcosa da mangiare e poi usciamo subito; preparati, io sono già pronta da un sacco di tempo!
Quando la rivede, quasi non la riconosce: jeans, maglione lungo, i capelli raccolti in una treccia stretta. Un piccolo sorriso malizioso. Ha spalancato la vetrata e sta fotografando con il cellulare il giardino, il vialetto che conduce al cancello, il lago, il cielo.
– Non voglio dimenticare niente di questi giorni, anzi, mettiti lì, sorridi un po’, non fare quella faccia seria. Ecco, ancora una. Adesso tocca a te fotografarmi. Guarda che sono vanitosa, io di fotografie ne voglio almeno… non sai quante!
Si muove continuamente, è quasi euforica; cambia posizione, espressione. Vuole uscire in giardino, accenna una corsa: la giornata è meravigliosa, ma l’aria che arriva dalle montagne è fredda. Anche Andrea è contagiato da questa eccitazione infantile, in fondo non gli sembra vero che il giorno dopo con Wu Ling sia così: poco definibile, ma facile da gestire, niente parole inutili, quasi festoso. Anche i timori della notte sono svaniti, la sua mente ha rimosso quelle tremende parole sentite per caso.
– Andrea, posso fotografare la villa? In Cina non abbiamo edifici così; magari se tra qualche anno diventassi ricca potrei farmene costruire una tutta per me!
Prima ancora che arrivi una risposta, Wu Ling sta già cercando l’inquadratura giusta, ma al secondo scatto, improvvisa, esce dalle sue labbra quella che appare come un’evidente imprecazione. Rigira tra le mani il cellulare, lo guarda con aria interrogativa e poi si arrende:
– Non funziona più, non è possibile, non mi è mai successa una cosa simile. E ora come faccio?
– Vediamo un po’… sembra bloccato. Aspetta un attimo, ho la soluzione: mia sorella mi ha regalato una magnifica Nikon1, ora la vado a prendere, tu non ti muovere!
Wu Ling sorride riconoscente ad Andrea, ma solo per il breve momento in cui i loro occhi si incontrano; quando lui le volta le spalle per entrare in casa, il suo viso ha già recuperato quell’espressione lontana, indecifrabile.

Per tutta la mattina hanno passeggiato, qualche volta tenendosi per mano; Andrea è stata una buona guida, Wu Ling una perfetta turista ansiosa di vedere e di documentare tutto. Ora mentre ritornano lentamente verso casa è quasi pomeriggio, sono in silenzio quasi non avessero più niente da dirsi; Wu Ling ha comunicato che ha ancora poco tempo da trascorrere con lui: alle cinque deve ripartire, non può fare altrimenti. Il suo tono perentorio ha bloccato qualsiasi protesta di Andrea per trattenerla.
In realtà è come se fosse già partita, di nuovo quella sottile barriera tra noi.
Non c’è molto tempo e lei vuole a tutti i costi guardare le fotografie scattate, ma bene, in grande, come un film.
– Il nostro film, Andrea!
È inevitabile, quindi, scaricarle sul computer, avviare la presentazione. Le immagini della giornata scorrono: la casa, il lago, le montagne, il cielo, Wu Ling sorridente seria in pose strane, Andrea con quell’aria perplessa che sempre ha nelle fotografie, qualche autoscatto che li fissa insieme vicini e lontani nello stesso tempo. Andrea deglutisce, è emozionato, vorrebbe abbracciarla ancora una volta, si volta verso di lei.
– Andrea, ho freddo, berrei volentieri un the caldissimo… ci pensi tu?
– Vado, anch’io ho freddo. Torno subito.
I rumori dalla cucina scandiscono i tempi. Wu Ling inserisce nel computer la chiavetta, digita velocemente: l’immagine “password” sostituisce un pallido paesaggio lacustre. Dentro di lei si agita un solo pensiero: ci siamo, ora manca l’ultimo tassello, il file deve essere spedito, ma il mio topolino sicuramente sarà ubbidiente e veloce. Ho voglia di andarmene da questa casa, non ne posso più di questa atmosfera romantica, di questi sguardi adoranti anche se la notte non è stata poi tanto male, anzi, sorprendente, la definirei. Ecco che ritorna!
– Grazie, caro! Ti devo chiedere una cosa importante. Non posso dimenticare questa giornata con te quando sarò in Cina. Sono già sicura che mi mancherai, quindi faremo così: quando arrivo a Pechino, mi metto in comunicazione con te e tu, subito! capito? mi invii tutte le fotografie nella mia casella personale di posta elettronica. Non mi deludere, Andrea, le voglio immediatamente.
Non c’è accenno di scherzo nella voce, il tono è assolutamente categorico.
Le poche ore successive trascorrono così veloci e anonime che Andrea anche nei giorni successivi non riesce a metterle a fuoco: hanno parlato? si sono baciati? si sono accordati per rivedersi? com’era lei? e lui come si sentiva?
Conserva solo vivido il ricordo di lei che butta le sue cose in una borsa, di lei che si riallaccia velocemente il cappotto nero sopra l’abbigliamento casual della giornata, di lei che lo saluta con una stretta di mano quasi formale, di lei che percorre senza voltarsi il vialetto, di lei che sale in macchina e sparisce dalla sua vista.
Anche dalla mia vita, forse.
Mentre chiude la porta di casa, non vede, Andrea, una moto di grossa cilindrata uscire allo scoperto e immettersi nella scia di Wu Ling.

Pechino. 29 dicembre 2011
Tolta la cuffia, il Risolutore non ha dubbi. Riascoltate ancora le registrazioni, il buco c’è, la mia analisi si conferma e c’è anche il nome. Tutto collima! Le microspie hanno fatto il loro dovere, controllati cellulari, la cena tra i due, l’appartamento a Milano e l’ufficio di Londra. Peccato aver trascurato la villa! Wang ormai non ragiona più, mi accusa di aver mandato tutto a monte con l’intervento. Secondo lui dovevamo aspettare la verifica della password. Così se scoperti, avremmo rischiato un casino diplomatico e costi triplicati senza ritorno. Mai incontrato uno stupido che dopo aver ricevuto il malloppo, ti rifila un bidone, non è lui che ha barato. Non esiste. Wang è terrorizzato, sa che il Drago non perdona gli errori, sospetta che Wu Ling l’abbia tradito e sospetta anche del senatore, che cretino! Il vecchio non ha mai parlato del prototipo per il quale il nostro mercato internazionale ha finanziato l’operazione e tantomeno della trattativa per avere la foto con i pixel giusti per aprire il file del progetto allegato in coda al contratto. No, non è il senatore il nostro uomo. Avevo avuto l’intuizione giusta, quando prima di rientrare dopo aver risolto il problema, avevo seguito la traccia lasciata dall’auto di Wu Ling ed ero arrivato al lago di Como. Quando c’è una donna ambiziosa, c’è anche un vero uomo, ma anche questo Wang non può capirlo! È lui, quel bastardo mezzo italiano, il terzo uomo! L’aereo per Malpensa parte tra due ore, mi devo affrettare.

Milano. 4 gennaio 2012
La notte era stata piuttosto agitata: caldo, freddo, sogni confusi, tratti di assoluta insonnia. A un certo punto era suonato il cellulare: David Bowie, Heros. Andrea non aveva subito realizzato che fosse la suoneria, nel buio inciampando e sperando di sentire la voce di Wu Ling
– Pronto, pronto…- aveva continuato a ripetere a quel nessuno che da qualche giorno lo inseguiva. Dall’ultima telefonata del 29 dicembre in cui sollecitava l’invio delle fotografie, da parte di Wu Ling nessun messaggio, nemmeno la conferma di ricevimento del file. Niente, sparita, volatilizzata, come non fosse mai esistita.
Ora nel mattino stranamente luminoso di una Milano poco invernale, Andrea si aggirava per casa in attesa del caffè. Ogni volta che guardava veramente quella casa, si sentiva bene, ne riceveva un senso di protezione, la sicurezza che quelle mura lo potessero difendere dai pericoli, quasi costituissero una barriera inviolabile tra sé e il mondo esterno. Quella casa milanese era l’unico luogo in cui amasse vivere, non la villa di Lenno, nemmeno il residence di Londra possedevano quella solidità accresciuta nel tempo. Sul tavolino, il vassoio con l’ultima fetta di panettone e una tazza gigante di caffè, computer: la giornata poteva iniziare. Andrea aveva aperto le pagine del Corriere on line, la lettura era cominciata un po’ distrattamente. Niente di particolare, soprattutto niente di nuovo: crisi economica, crisi politica, crisi morale, crisi… Un titolo improvvisamente l’aveva fatto sobbalzare. “La Spezia. Misteriosa morte del dirigente responsabile della sicurezza della Società OPMET. È in corso l’indagine dell’autorità inquirente. OPMET”. Andrea aveva continuato a fissare questo nome, attonito, fino a che le lettere stesse si erano come decomposte davanti ai suoi occhi lasciando spazio ad altre immagini in sequenza velocissima: Ossimoro, la Cina, gli accordi con la WANG T., Wu Ling, lui stesso a La Spezia.
Febbrilmente aveva cercato gli approfondimenti della notizia e scorrendo l’articolo aveva appreso che la vittima viveva solo, in una villetta sulle alture di La Spezia. L’uccisione era avvenuta presumibilmente la notte della vigilia di Natale in circostanze ancora poco chiare, ma pare a causa di una potente scarica elettrica. Nell’articolo si leggeva: “Dalle prime ricostruzioni sembra che l’uomo, portatore di pace-maker, abbia aperto l’ingresso all’assassino e sia stato colpito in pieno petto. Gli inquirenti ritengono che a causare la morte dell’uomo sia stata un’arma elettrica normalmente non letale. Il corpo è stato poi trascinato per qualche metro all’interno della villetta. Lo stato delle camere e dello studio dell’abitazione fa propendere per l’ipotesi di una rapina finita in tragedia. La scoperta del cadavere è avvenuta lunedì 2 gennaio, quando il dirigente della OPMET non si è presentato al lavoro dopo la settimana di riposo per le feste natalizie”.
E ora cosa sarebbe successo? Davvero si era trattato di una rapina o c’era qualche legame con tutta quella faccenda di Ossimoro? Solo in quel momento Andrea si era reso conto che anche il Senatore era sparito; praticamente non aveva dato più notizie di sé dalla firma dell’accordo. A La Spezia, appunto.
Meccanicamente Andrea aveva composto il numero telefonico dello studio di Ossimoro, ma al decimo squillo senza risposta aveva desistito. Meccanicamente si era avvicinato alla finestra e seminascosto dalla tenda aveva guardato in strada: poco traffico, non molti i passanti, ritmo ancora vacanziero. Meccanicamente aveva seguito il procedere lento di un uomo con un giaccone di panno nero e un berretto di lana dello stesso colore. C’era qualcosa di poco naturale in lui: il passo, la marcata indifferenza a tutto quello che lo circondava, ma nello stesso tempo una rigidità di allerta. L’eccessiva lentezza anche per una persona a passeggio. Seguirlo, aveva distratto per un attimo Andrea dall’angoscia causata dalla notizia appena appresa; era come ipnotizzato. Tuttavia non si era stupito quando, proprio davanti alla sua casa, l’uomo si era quasi fermato e aveva sollevato lo sguardo in cerca di qualcosa.
Sta cercando me, aveva pensato Andrea.

Londra. 12 gennaio 2012
Il momento dell’atterraggio lo rendeva sempre nervoso, per quel passaggio dall’infinito del cielo alla durezza della terra. Sonia, la sua saggia e concreta sorella, riteneva che la sua fosse semplicemente una paura boia che il pilota non riuscisse a compiere correttamente la manovra. Comunque mancava poco e poi…Londra. Gli ultimi giorni a Milano erano stati per Andrea una specie di incubo, aveva vissuto con la continua sensazione di essere spiato, seguito, controllato. In strada gli sembrava di vedere a ogni angolo l’uomo con il giaccone di panno nero, anzi una volta si erano quasi scontrati all’uscita del bar davanti a casa. Portava quel cappello di lana ben calato sulla testa, ma Andrea era sicuro di aver intravisto un viso dai lineamenti orientali. Era veramente la stessa persona o non piuttosto il frutto di una suggestione sempre più angosciosa?
Intanto nessuna notizia di Ossimoro e nessuna notizia di Wu Ling. L’omicidio di La Spezia era scomparso dalle prime pagine, archiviato in attesa di sviluppi.
Anche in casa l’atmosfera era diventata pesante, claustrofobica. Il telefono suonava a vuoto almeno una volta al giorno.
– Basta! – si era detto nel cuore di una notte completamente insonne trascorsa a esaminare meticolosamente la situazione in cui si trovava. -Domani parto, sono due mesi che non vado a Londra.
Dai contatti telefonici con i suoi collaboratori non erano emersi problemi particolari, ma Andrea non si sentiva tranquillo: tutti i suoi affari facevano capo a quella sede e voleva verificare di persona. Cosa di preciso? Innanzitutto si rendeva necessaria una bonifica telefonica, non era certo improbabile che fossero state messe cimici per controllare meglio le sue mosse. Quindi colloqui con il socio, con gli impiegati, con il portiere, con l’impresa di pulizia. La stessa attenzione anche per il suo appartamento nel residence.
Stranamente sentiva un’energia e una determinazione di cui non si credeva più capace; il cambiamento sembrava riportare la sua mente a quella dimensione razionale fondamentale per affrontare tutta la questione.
D’altra parte questa è la mia vera natura! E poi, in realtà, che cosa ho fatto se non fornire una consulenza legale nell’ambito di una lecita trattativa commerciale, si diceva Andrea mentre in taxi raggiungeva la sede dello studio. Sull’aggettivo lecita un senso di disagio subito represso.
La giornata convulsa ed efficiente l’aveva reso quasi euforico: da una prima valutazione in effetti tutto sembrava assolutamente normale e sotto controllo. Bene. Aveva declinato l’invito a cena del suo socio; era veramente esausto e non vedeva l’ora di rilassarsi dopo quegli ultimi giorni. C’era una cosa che voleva fare: telefonare a Wu Ling e se lei non avesse risposto, scriverle. Basta con questi giochetti!

Quando il telefono comincia a suonare, Wu Ling guarda il numero nel display e non si stupisce. Il topolino è nervoso. È ancora avvolta nell’accappatoio bianco; il bagno è stato molto lungo perché anche le riflessioni erano molto lunghe. Si sente tranquilla, tutto è compiuto ormai, manca l’ultimo passaggio, ma è solo questione di giorni. Lentamente stende lo smalto nero, un’unghia dopo l’altra cambia colore e il contrasto con il bianco della spugna le riporta alla mente il grande quadro in casa di Wang Tian: Yin e Yang. Tutto questo è così lontano, appartiene a un’altra vita.
Nella busta giallina infila l’ultima carta da gioco: prima Wang Tian, poi Ossimoro, poi Andrea. Ora il destinatario della chiavetta. Il Kappa di Picche.
Il telefono smette di suonare. Addio, topolino.

Milano. 18 gennaio 2012
La notizia è su tutti i giornali. Il senatore Ossimoro ha ricevuto un avviso di reato e contestualmente in Senato è stata presentata la richiesta per il suo arresto da parte del Tribunale di La Spezia. L’accusa è di corruzione, turbativa d’asta e richiesta di tangenti per la commessa di opere pubbliche, ma anche di traffico illecito di materiale di interesse militare.
Lo stesso avviso di reato lo ha appena ricevuto anche Andrea. Ma ciò che più preoccupa il giovane avvocato sono le notizie che in mattinata ha ricevuto dalla cancelleria del tribunale. Il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria che conducono le indagini sulla morte del tecnico della OPMET si sono convinti che si tratti di un assassinio e hanno messo in diretto collegamento questo delitto con il traffico di armi in cui sarebbero implicati lui e il senatore. Le indagini preliminari stanno per concludersi e il GIP pare intenzionato a rigettare qualsiasi eccezione a discarico degli imputati in un eventuale incidente probatorio.
Come se non bastasse, quella stessa mattina Andrea ha trovato spalancata la porta finestra dello studio che si apre sul terrazzo. Durante la notte qualcuno è entrato nello studio, ha rovistato in tutti i cassetti della scrivania e quasi sicuramente ha tentato di entrare nella memoria del suo computer. Di sicuro non si tratta di ladri qualsiasi. Non hanno portato via nulla, ma cercavano qualcosa di ben preciso. Erano dei professionisti. Mandati da chi e alla ricerca di che cosa? Andrea non riesce a trovare una risposta. Già da qualche tempo aveva avuto l’impressione di essere seguito e il portiere del suo stabile aveva segnalato la presenza di un orientale che era entrato nel palazzo di nascosto ed era subito scappato quando aveva incrociato sulle scale un’altra inquilina. Al momento non aveva dato grande importanza a questi fatti. Ma adesso? Anche Sonia ha avvertito la presenza di strane persone che si aggiravano intorno alla villa di Lenno subito dopo la partenza di Wu Ling.
Andrea continua a chiedersi in quale guaio si è andato a cacciare. Adesso si rende conto che probabilmente dietro tutta questa faccenda ci sono i servizi segreti e gli interessi di diversi soggetti. Quando aveva accettato l’incarico del senatore, Andrea aveva immaginato che a monte della trattativa ci fossero degli accordi segreti tra il Governo italiano e quello cinese. Ma non aveva pensato che l’affare dovesse comportare simili sviluppi. Il percorso si è fatto troppo pericoloso. I pedinamenti e le effrazioni dell’appartamento sono evidenti minacce che si tramutano in pesanti mazzate sia per lui che per la sua famiglia. Ci sono persone che scompaiono: Wang e Ling che non ha dato più notizie da quando è tornata in Cina e non risponde al telefono. Altre che invece vengono addirittura uccise, come il tecnico della OPMET. Quanto tempo ci vorrà ancora prima che gli investigatori arrivino a scoprire il collegamento con i cinesi? E poi quali cinesi? Wang, che è sicuramente collegato con la mafia cinese della Triade, o il Vice segretario del Partito Comunista di Pechino? E Wu Ling quale ruolo sta svolgendo in questa partita?
Tutta la brillante carriera di Andrea Russo sta per andare in fumo travolta da un impegno a cui non aveva saputo e, forse, non poteva sottrarsi. Ma non solo lo Studio Russo è destinato ad avere un tremendo contraccolpo da questa vicenda. Anche la famiglia ne potrebbe subire pesanti conseguenze. Forse anche la carriera di Sonia come giornalista nella televisione di Stato potrebbe avere ripercussioni pesantemente negative.
D’un tratto Andrea si sente schiacciato dal peso delle accuse che gli potrebbero essere rivolte. Per quanto cerchi di analizzare con freddezza tutti i fatti accaduti nelle ultime settimane, non riesce a rimettere in ordine il quadro della situazione. Sono troppi gli elementi che gli sfuggono e che alimentano la suaangoscia.
Fuggire? Dove? Sa di essere seguito e controllato. L’unica cosa che a questo punto ritiene necessaria è di raccontare tutto a Sonia prima che lo venga a saper dai magistrati, o ancora peggio, dalla stampa.

Lenno. 22 gennaio – Pechino. 23 gennaio 2012
La luce del computer si riflette sul vetro scuro della finestra. Le figure della festa scorrono sul video sotto una cascata di fuochi d’artificio che rimbalzano sopra le acque del lago privato dei suoni lontani di trombe e violini, cimbali e tamburi. Oggi si celebra il capodanno cinese. È finito l’anno del coniglio e inizia l’anno del drago. Tutto è silenzio nello studio di Andrea. Ma sulla piazza Tian’anmen a Pechino migliaia di cinesi ballano e sfilano sotto il ritratto di Mao Tse Dong partendo dal monumento dedicato alla Lunga Marcia. Sono migliaia, centinaia di migliaia, forse milioni, che cantano, ridono, ballano, con mille costumi variopinti, con tante bandiere e tante lanterne verdi, gialle e rosse che prendono il volo con palloncini e aquiloni di ogni dimensione.
La festa, tuttavia, non interrompe il solenne marciare del plotone di giovani cadetti che si alterna alla guardia della grande bandiera rossa svettante sulla piazza. Una teoria di carri allegorici procede a fatica in mezzo alla folla e un enorme drago avanza a zig zag vomitando sul pubblico coriandoli e dolciumi.
Tra la gente festante Andrea riconosce Wu Ling e la segue con lo sguardo. È lei. Non può essere che lei. Sempre più bella. Elegante nel suo incedere sicuro e deciso. Si dirige di certo verso il Palazzo dell’Assemblea del Popolo. Una grossa berlina oltre la strada è ferma ad aspettare. Wu Ling si muove verso la macchina. Una portiera si apre e la ragazza sale sulla vettura.
Oltre i vetri oscurati si intravede Wu Ling consegnare nelle mani del vice segretario del partito comunista di Pechino una chiavetta USB e una busta giallina.
Poker di re, pensa sorridendo una delle donne più potenti della nuova Cina.
Il drago continua la sua marcia, mentre Andrea riporta il suo sguardo nel buio della stanza e continua a giocare con il calcio della pistola.

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