Lavoro, sindacati in allarme

Pubblicato il 2 Gennaio 2012 in da redazione grey-panthers
inverno

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Monti chiama i sindacati, ‘cerchiamo una intesa, ma tempi stretti. La Cgil: c’è rischio di tensioni”. Poi il riferimento al discorso di fine anno del Capo dello Stato: “Napolitano spinge sulle riforme, ricordando il dopoguerra”.
A centro pagina, il richiamo ad una intervista al Presidente dell’Inps Mastrapasqua: “Ora vanno riformati gli ammortizzatori sociali per aiutare i giovani”.

La Repubblica: “Lavoro, l’allarme dei sindacati”, “Monti chiama Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Napolitano: ce la faremo, i sacrifici servono per i nostri figli”. Nell’occhiello: “Il premier: ‘Evocare i conflitti sociali non aiuta’”. Coro di consensi per il capo dello Stato, solo la Lega lo attacca. Bufera su Calderoli”.
In taglio basso: “Scuola, obbligo di trasparenza. Tutte le informazioni in rete”. Attenzione anche per le stragi dei botti di capodanno: “Divieti inutili, sangue a Capodanno”.

La Stampa: “Spese, cinque miliardi da tagliare”. L’occhiello spiega: “Nel mirino del governo oltre 25 mila voci e dieci tipologie di inefficienze. Si parte dal progetto Giarda”. Poi il Capo dello Stato e il suo messaggio: “Napolitano: possiamo e dobbiamo farcela. I leader europei: 2012 anno ancora duro. Allarme dei sindacati: a rischio migliaia di posti. Monti li chiama: intesa in tempi stretti”. A centro pagina, con una foto, si racconta che per i botti è stata una delle peggiori notti di capodanno del decennio: due morti e oltre 500 feriti.

Libero: “Le cinquanta tasse di Monti”, “sobri per forza”. Spiega il quotidiano: “Entra in vigore il decreto salva-Italia, massacra gli onesti e risparmia casta e parassiti. Sugli aumenti dell’Irpef le regioni fanno la cresta. Ecco quanto dovremo pagare”. In prima pagina una caricatura di Vendola, “il comunista che prende ai poveri per restare ricco”, “il governatore che stanga di più”.
In prima, a firma di Filippo Facci, “Vita e nemici di don Verzè”, il fondatore del San Raffaele la cui morte viene definita “sospetta”.

Il Giornale: “L’oro di Napolitano”, “nessun taglio nei Palazzi della politica”, “il capo dello Stato parla da premier e dice che i sacrifici salvano l’Italia. Ma il Quirinale non li fa. La pubblica amministrazione non rinuncia alle auto blu e le nasconde”. In prima pagina la foto del fondatore dell’ospedale San Raffaele: “Don Verzè e la sua opera distrutti dai pregiudizi”, con un articolo di Vittorio Sgarbi dedicato a “la morte del prete dei malati”.

Napolitano, lavoro, riforme

Il messaggio di fine anno del Capo dello Stato viene ampiamente analizzato dal Corriere della Sera, che vi dedica due intere pagine. C’è anche l’Europa nel suo discorso, e c’era – secondo il quotidiano – una “increspatura” nella voce del Presidente Napolitano quando ha detto all’Europa che “è tempo” di riconoscere gli sforzi dell’Italia e di non arroccarsi in “anacronistiche arroganze nazionali”. In quel momento Napolitano parlava anche ai mercati finanziari. Il quirinalista del Corriere, Marzio Breda, si è chiesto invece cosa intendesse Napolitano, a cosa facesse riferimento, quando ha ricordato la sua “lunga esperienza vicino al mondo delle fabbriche e degli operai”, e, con un gioco di paragoni storici, ha esortato lavoratori e sindacati a inserirsi “nel confronto con ogni realtà in via di cambiamento”, a costo di “fare dei sacrifici”. Secondo Breda, Napolitano si riferisce ad alcuni momenti chiave del dopoguerra, e in particolare all’esperienza dei “consigli di gestione” nei quali fu coinvolto: il ricordo chiama in causa il leader della Cgil Giuseppe Di Vittorio ed il suo “piano del lavoro” del 1950, con cui il sindacato si fece portatore di esigenze ed indirizzi di sviluppo dell’economia. Insomma, il discorso del Presidente “ha quasi un profilo programmatico”, ed è rivolto al governo, ai partiti, alle figure più responsabili dell’opposizione, con l’accenno alla emergenza che “resta grave” anche perchè “lo Stato per lungo tempo è cresciuto troppo ed ha speso troppo”; alla necessità di “colpire una dilagante corruzione, parassitismo e diffusa criminalità”, oltre che “una massiccia e distorsiva evasione fiscale”.
Anche su La Stampa viene sottolineata quella “digressione personale” cui si è lasciato andare il Capo dello Stato, riferendosi alla sua lunga militanza nelle file del Partito Comunista ed alla sua “vicinanza al mondo del lavoro, alle sue vicende, ai suoi travagli”. Scrive Federico Geremicca: “Ricordare che la propria formazione politica sia avvenuta ‘nel rapporto diretto con la realtà delle fabbriche della mia Napoli’ serve certo al Capo dello Stato per dire della comprensione che ha delle attuali difficoltà e per farsi garante – quasi – del fatto che non saranno né ignorate né sottovalutate”. Ma il richiamo a quella comune provenienza legittima la richiesta alle classi lavoratrici e alle loro organizzazioni sindacali di rimettere in campo slancio costruttivo e responsabilità mostrati in passato.

Su La Repubblica è Massimo Giannini a commentare “il discorso del Re”, come lo definisce, riferendosi all’appellativo che il New York Times ha utilizzato per definire Napolitano, “re Giorgio”. Napolitano – scrive Giannini – è ormai a tutti gli effetti il vero “sovrano democratico” di una “incompiuta e inconcludente repubblica parlamentare”. Per Giannini sono stati convincenti tanto i toni che i contenuti del messaggio, con quella consapevolezza di quanto si allarghi l’area del disagio e della disuguaglianza sociale: “L’evocazione del tragico 1977, con un Paese insanguinato dal terrorismo e sfibrato dalla inflazione a due cifre è quantomai attuale: serve uno spirito da nuova ‘solidarietà nazionale’ che va trovato qui ed ora”. Quanto all’esecutivo Monti, “è sempre più il governo del Presidente”, che deve durare e deve operare e la cui missione, per quanto nobile e necessaria, non può ridursi a una pura e semplice “penitenza tecnocratica”, perché ha di fronte la sfida del risanamento “ma anche e soprattutto quella della crescita economica e della giustizia sociale”.

Vittorio Feltri su Il Giornale scrive che “il Quirinale si è sbilanciato a favore del Presidente del Consiglio, suscitando l’impressione di esserne diventato una specie di ufficio stampa e propaganda. Niente di illecito, per carità.Ma possiamo dire che è abbastanza irrituale che il garante della Costituzione della unità nazionale si trasformi in garante del premier da lui scelto (dopo averlo nominato senatore a vita) senza nemmeno consultare i partiti, il parlamento.

“Schiaffo a Napolitano. I sindacati minacciano: avrete la guerra”, titola Libero, dando conto delle dichiarazioni dei leader dei maggiori sindacati. La segretaria Cgil Camusso: “nei prossimi mesi la recessione avrà un impatto duro sulla occupazione e sui redditi. Il rischio che cresca il conflitto sociale man mano che cresce la disuguaglianza è reale”, “è meglio che il governo abbia più coraggio di quanto ne abbia avuto finora, e apra un confronto costruttivo con le parti sociali sui temi della crescita e della occupazione”. Il segretario Cisl Bonanni chiede al governo “una concertazione vera”, e precisa: “Non accetteremo pacchetti preconfezionati o ispirati da altri”.
Anche su La Repubblica, ampio spazio per l’allarme dei sindacati: il quotidiano spiega che sul tavolo del ministero dello sviluppo economico ci sono circa 230 casi di crisi aziendali in attesa di soluzione, che interessano, compreso l’indotto, 300 mila lavoratori. E mettono in pericolo, nel breve periodo, 30-40 mila posti di lavoro. Il ministero stesso dice che la cifra totale “non coincide assolutamente” con il numero dei posti di lavoro a rischio, tuttavia il quotidiano sottolinea come le vertenze aperte riguardino una buona fetta delle industrie italiane: da Fincantieri a Irisbus, dalla Lucchini alla Ansaldo, agli stabilimenti Fiat.
Bonanni viene intervistato dal Corriere della Sera, e chiede un patto governo-parti sociali sul mercato del lavoro, sul fisco, sui tagli alla spesa, sulle corporazioni da smantellare. Poi precisa che si tratta di un patto di tutte le parti sociali: un patto tra governo e Confindustria, artigiani, commercianti, associazioni industriali rappresentative e sindacati dall’altra. Altrimenti “le tensioni esploderanno”, “perchè siamo in una sorta di economia di guerra”, e non esistono luoghi di confronto, di detenzione, di trasparenza. La politica “cinicamente, si è fatta fuori da sola”: non vuole impegnarsi, né vuole che altri si impegnino. Il Parlamento rischia di essere la sede dove si vota la fiducia, e quindi “facinorosi o provocatori possono approfittarne, per alimentare le tensioni sociali”.

Tra i capitoli più impegnativi da affrontare, resta certamente la riscrittura del welfare e delle politiche del lavoro. La Repubblica dedica un dossier alla ipotesi di “contratto unico” per uscire dal dualismo del mercato del lavoro, dove c’è chi è garantito e chi non ha protezioni, e dove impera “la giungla dei lavori flessibili”.
Su Il Corriere della Sera gli economisti Giavazzi ed Alesina, con un lungo articolo dedicato ad “alcune cose che si possono fare”, parlano anche del contratto unico, e delle varie proposte in campo, spiegando che è importante che in una azienda i lavoratori possano “distinguersi per la loro anzianità, ma non tra chi è fortunato ed ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato e chi quella fortuna non ha avuto”.  Alesina e Giavazzi offrono anche un grafico che illustra la produttività del lavoro in Italia paragonata  a quella di Germania, Francia ed Europa. L’Italia è molto al di sotto della media europea. La produttività è cresciuta poco “non solo per colpa dei sindacati, ma anche di quegli imprenditori che si sono illusi che si potesse vivere di rendita”, ed i salari premiano soltanto l’anzianità.

Il Presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, intervistato dal Corriere della Sera, sottolinea che, come ha detto la stessa ministra del Lavoro Fornero, “alla riforma delle pensioni non può che seguire a stretto giro di posta la riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali”. Che cosa bisognerebbe fare? “In un sistema che prevede da un lato l’allungamento dell’età pensionabile e dall’altro il metodo di calcolo contributivo, bisogna far sì che i lavoratori abbiano carriere contributive piene, soprattutto per i giovani”. Mastrapasqua dice che vari studi, in particolare sui Paesi del Nord Europa, “mostrano che a un aumento dell’età pensionabile non corrisponde una diminuzione di lavoro per i giovani, anzi si crea un circolo virtuoso, con i lavoratori più anziani che diventano tutor di coloro che entrano in azienda. Sono Paesi con un più alto tasso di occupazione, che sostengono la crescita dell’economia e delle occasioni di lavoro”.

Internazionale: Usa, Israele, Danimarca, Turchia, Siria.

Su La Stampa, attenzione per la corsa alla Casa Bianca: a 24 ore dal debutto delle primarie in Iowa, l’ultima sorpresa è il volto di Rick Santorum, l’ex senatore della Pennsylvania, che accusa Obama di aver aumentato le disuguaglianze, promette di bombardare l’Iran ed è nemico giurato dell’aborto. E’ balzato al secondo posto nei sondaggi Repubblicani. 53 anni, figlio di un immigrante trentino e di una italo-irlandese, non aveva superato finora il 10 per cento, ma secondo un quotidiano è diventato il punto di riferimento dei votanti più fedeli ai valori conservatori, sfiorando il 21 per cento.
Sullo stesso quotidiano, un’altra corrispondenza dagli Usa spiega come Obama si prepari allo scontro con la destra: domani il presidente sarà in Yowa, via video, per parlare agli elettori deomocratici, riuniti in caucus, che dovranno comunque sceglierlo come candidato, anche se non ha anocra avversari: la strategia di Obama punterebbe sull’attacco al Congresso, accusato di aver paralizzato il Paese, bloccando le iniziative per il rilancio dell’economia a causa dell’estremismo idoelogico della maggioranza repubblicana alla Camera.
Su Il Corriere della Sera un ampio articolo da Gerusalemme, dove si racconta che gli ultraortodossi, che si sentono minacciati dalla secolarizzazione, hanno organizzato una manifestazione vestiti con le divise a strisce, con tanto di stella “Jude”, come quella dei lager nazisti, facendo sfilare anche i bambini, cui è stato insegnato anche come alzare le braccia, in ricordo del piccolo ebreo del ghetto di Varsavia. Il quotidiano scrive che la protesta, organizzata da un migliaio o forse meno di zeloti ortodossi, in un rione della città vecchia di Gerusalemme, si è guadagnata tanta visibilità internazionale quanta riprovazione da parte della opinione pubblica nazionale e dei suoi leader politici: il ministro della difesa Barak si è detto “allibito e scioccato”, la leader dell’opposizione Livni ha parlato di “grande offesa alla memoria dell’Olocausto”.
La Stampa ricorda che è finito il semestre di presidenza Ue della Polonia e che inizia quello danese: ancora un Paese fuori dalla moneta unica alla guida dei 27; un Paese governato da una donna e che circoscrive le ambizioni del suo semestre, puntando soprattutto su ambiente e sicurezza.
Sulla stessa pagina, attenzione per la Turchia, che affronta un anno di scelte: litigando su Cipro, che da giugno assumerà la presidenza Ue, il Paese per cui il 2011 è stato un anno di trionfo (essendo diventata punto di riferimento per il Mediterraneo in rivolta), si autoescluderà dall’Ue?
Sull’International Herald Tribune un articolo racconta che un comitato composto da 88 consiglieri della Lega araba ha chiesto l’immediato ritiro della forza di monitoraggio dell’organizzazione stessa, in corso in Siria: non serve e le autorità siriane la usano come copertura per continuare la repressione.

Don Verzè

Oggi si terranno i funerali di Don Luigi Verzè, mentre la guardia di finanza ha sequestrato la sua cartella clinica.
Su La Repubblica è Alberto Statera a descrivere il personaggio, fondatore dell’Istituto San Raffele: “Dal Paradiso dei soldi all’inferno del crack, il romanzo del prete tycoon. Ville e appalti, jet e ricatti: i misteri del don senza tonaca”. Dove ci si sofferma anche sulle sue telefonate all’ex capo dei servizi segreti militari Pollari per terrorizzare un vicino che non vuole cedere un terreno; sui rapporti con Lavitola, sodale di Piero Daccò, il faccendiere di Cl indagato per bancarotta e associazione a delinquere nell’inchiesta sul San Raffaele.
Un ritratto tutt’altro che negativo è quello di Filippo Facci su Libero, che ricorda come don Verzè fosse un tipo sui generis, animato sempre da idee “eretiche”, come quella di creare una facoltà cattolica di medicina, ma senza la scritta “cattolica” sul frontone, così da evitare contrapposizione e promuovere un cattolicesimo più laico. La Curia non lo sopportava, era un “apolide della Chiesa” e sono in troppi ad ignorare che gli ospedali italiani, prima di don Verzè letteralmente non esistevano nella accezione moderna del termine.
Sul Corriere della Sera, Aldo Cazzullo: “Diseredato dal padre, creò un impero”, “volle i migliori ricercatori e posate d’argento”. E si ricostruiscono i suoi rapporti con Craxi e Berlusconi.
Armando Torno ricostruisce i rapporti con il Vaticano: “Sospeso a divinis, poi la revoca. Così fece pace con la Chiesa”; dove si racconta lo scontro con Paolo VI e il libro con l’ex arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini. Anche Giangiacomo Schiavi analizza “le due facce di don Verzè: innovatore e spregiudicato”.

E poi

Sul Corriere della Sera Michele Ainis, alla pagina delle Idee e delle opinioni, scrive che per una politica meno distante occorrerebbe “una camera dei cittadini”: seguendo l’esempio Usa e quello del Canada, bisognerebbe introdurre l’istituto del “recall”, che consente la revoca anticipata e la destituzione dell’eletto immeritevole. Servirebbe poi una sede di rappresentanza degli esclusi (“I giovani, le donne, i disoccupati, ma in fondo siamo tutti esclusi da questo Parlamento”), come ha proposto Carlo Calenda, proponendo una Camera dei cittadini formata per sorteggio, in modo da riflettere il profilo socio-demografico del Paese.
Su La Repubblica, l’inserto R2 si occupa del business di 6 miliardi di dollari rappresentato dal cosiddettto ‘equo e solidale’: qualcuno nel mondo del ‘fair trade’ spinge per l’apertura al mercato coinvolgendo le multinazionali, altri dicono che così si tradice il movimento. Un’esperta della Kentucky University, Sarah Lyon, intervistata, dice che rischia di diventare marketing e invita i consumatori a vigilare.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini