Da vedere al cinema: “Scompartimento n.6” di Juho Kuosmanen

Pubblicato il 2 Dicembre 2021 in , , da Auro Bernardi
Scompartimento n.6

tit. orig. Compartment No 6 sceneggiatura Juho Kuosmanen, Andris Feldmanis, Livia Ulman dall’omonimo romanzo di Rosa Liksom (Iperborea) cast Seidi Haarla (Laura) Yuriy Borisov(Ljoha) Dinara Droukarova (Irina) Julia Aug (capotreno) Lidia Kostina (vecchia amica di Ljoha) Tomi Alatalo (passeggero con la chitarra) Viktor Chuprov (cameriere) Polina Aug (concierge d’hotel) genere commedia lingua orig russo con alcune battute in finlandese prod Russia, Finlandia, Estonia, Danimarca durata 106 min.

 

Ormai è conclamato e non ci resta che ripeterlo per l’ennesima volta: se vogliamo trovare qualche scintilla di originalità nella produzione cinematografica dobbiamo voltare le spalle a Hollywood e cercare altrove. Rivolgendoci principalmente a quei film poveri di budget, ma ricchi di idee e talenti, prodotti in giro per il mondo da paesi che sono magari pesi piuma nell’industria audiovisiva, ma pesi massimi quanto a spessore culturale. È il caso di questo film ambientato nel Grande Nord europeo e coprodotto da storici rivali quali Russia e Finlandia. Storia minimal (che più minimal non si può) e, per giunta, on the road: un classico. Anzi, meglio: on the railways in quanto il viaggio si svolge in treno. Su quei treni russi, tra lustrini di epoca zarista del vagone restaurant e terze classi stipate tipo piani quinquennali sovietici, su cui si condensa un’umanità variegata e composita. Treni che viaggiano per giorni interi, date le distanze da coprire, ma che spesso fermano per ore se non per mezze giornate, consentendo divagazioni e scorribande lontano dai binari.

Scompartimento n.6

Dunque, eccoci in viaggio da Mosca a Murmansk, 2000 km più a nord, oltre il Circolo Polare, in compagnia di Laura e Ljoha. Classica strana coppia (che più strana non si può) diversa in tutto e per tutto. Lui ignorante ed esuberante manovale con il sogno della putiniana fortuna facile, lei archeologa finlandese trapiantata in Russia, fidanzata con la moscovita Irina, in viaggio culturale sulle tracce di graffiti preistorici. Tanto diversi, appunto, che paiono fatti apposta per intendersi e, forse, persino amarsi. Alla lunga, naturalmente, e non prima di una consistente serie di schermaglie tra scherzose e dispettose. Con una chiave di volta nel narrato, condensata da una frase pronunciata all’inizio, durante una festa in casa di Irina, e ripresa da Laura per sgrossare un po’ il compagno di viaggio: “Dobbiamo sapere da dove veniamo perché è più facile capire il presente se conosci il passato”. E proprio il passato recente di Laura, sotto forma di filmati registrati dalla sua cinepresa portatile, vero e proprio diario per immagini, sparisce, rubato da un connazionale che percorre un breve tratto nello stesso scompartimento, consentendo così alla donna di recidere il cordone ombelicale di una relazione ormai stanca. Rendendosi perciò disponibile a un nuovo inizio. Per quanto riguarda la trama ci fermiamo qui, anche perché non c’è molto altro da segnalare se non il gradevole siparietto in casa della vecchietta a Petroskoj, durante la sosta di una notte del treno, e la devastante realtà industriale di Murmansk che fa molto riflettere sulla tanto decantata economia green perseguita dai governi Ue che seguitano a fare affari e acquistare materie prime dalla Russia di Putin. Da ultima una nota positiva sulla “scrittura” del film: finalmente vediamo usare la steadicam come si deve e quando serve ai fini linguistici dell’espressione filmica (data anche l’ambientazione negli stretti corridoi e nelle anguste cabine dei vagoni) e non come frullino per macedonie cinematografiche male assortite. Meritato Gran Premio Speciale della giuria a Cannes.

 

E allora perché vederlo?

Proprio perché “Se vogliamo capire il presente dobbiamo sapere da dove veniamo”.