Giorgio Bassani e il cinema, un amore tormentato

Pubblicato il 18 Agosto 2023 in , , da Pierfranco Bianchetti

“Il giardino dei Finzi- Contini”, ma anche “Gli occhiali d’oro” e “Una notte del ’43”. Tanti celebri romanzi di Giorgio Bassani sono arrivati al grande schermo, ma non sempre sono stati apprezzati dall’autore

Da una famiglia ebraica benestante, il 4 marzo 1916 nasce a Bologna Giorgio Bassani, ma la sua infanzia trascorrerà a Ferrara, dove il ragazzo studierà conseguendo la maturità classica. Appassionato di letteratura, di poesia, di musica e amante del tennis, nel 1935 si iscrive all’università di Bologna. Tra letteratura, pittura e arte, il giovane Giorgio si lega ad artisti dell’epoca come Attilio Bertolucci e Giorgio Morandi. Nel 1943, antifascista convinto, aderisce alla Resistenza antinazista e viene arrestato e rinchiuso in carcere per qualche mese. Poi rilasciato, entra in clandestinità fino alla fine della guerra. Nel 1945 scrive una raccolta di poesie, “Storie dei poveri amanti e altri versi”, iniziando a lavorare come redattore in alcune riviste letterarie. Sempre più inserito nell’ambiente letterario, Giorgio Bassani fonda l’associazione Italia Nostra e vince il premio Strega per il suo romanzo “Cinque storie ferraresi, 1956, mentre del 1958 è “Gli occhiali d’oro” che affronta il delicato tema dell’omosessualità.

Attivo nel mondo giornalistico, all’inizio degli anni Cinquanta si dedica alla sceneggiatura cinematografica scrivendo i copioni di cinque film diretti da Mario Soldati, Le avventure di Mandrin, La provinciale, La mano dello straniero, La donna del fiume e Il ventaglino, episodio di Questa è la vita e ancora Villa Borghesedi Vittorio De Sica e Gianni Franciolini, La romana di Luigi Zampa, Senso(insieme a Suso Cecchi D’Amico e Camillo Boito) di Luchino Visconti e Il prigioniero della montagnadi Luis Trenker. Nel 1962 è la volta per Giorgio Bassani del successo editoriale più importante, Il giardino dei Finzi- Contini, ambientato a Ferrara nella ricca comunità ebraica durante il fascismo. Poi pubblica L’airone (1968), L’odore del fieno (1972), Dietro le mura (1973) e Il romanzo di Ferrara (1974). Nel 1998 le sue opere sono raccolte in un volume della collana I Meridiani. Giorgio Bassani muore a Roma il 13 aprile 2002 e viene seppellito per sua volontà a Ferrara nel cimitero ebraico di via delle Vigne. La città a lui tanto cara gli ha intitolato una Biblioteca comunale e il Centro Studi Bassaniani frequentato da studenti e letterati.

Giorgio Bassani
“Gli occhiali d’oro”

Il cinema nei romanzi di Giorgio Bassani

Nel 1960 il regista Florestano Vancini inizia a lavorare alla versione cinematografica di Una notte del ’43, ispirato dal successo letterario di “Storie Ferraresi” con la sceneggiatura di Ennio De Concini e di Pier Paolo Pasolini, mentre lo scrittore si offre solo come consulente per il film, ambientato a Ferrara nell’autunno del ’43, quando in città i fascisti dopo l’8 settembre stanno riorganizzando il partito.

Tra i personaggi della vicenda vi sono Anna Barilari (Belinda Lee), l’infelice moglie del farmacista Pino Barilari (Enrico Maria Salerno), amante del giovane Franco Villani (Gabriele Ferzetti), che, come tanti giovani dopo l’Armistizio, teme di essere internato in un campo di lavoro in Germania. Responsabile del partito di Mussolini a Ferrara è il console Bolognesi (Carlo di Maggio), un fascista moderato, malvisto dal gerarca Carlo Aretusi detto “Sciagura” (Gino Cervi), che per prenderne il posto lo fa assassinare. Poi con la scusa di punire severamente i responsabili, Aretusi fa confluire in città molte camice nere per fare piazza pulita degli antifascisti e il 14 novembre in una notte buia e nebbiosa vengono fucilati undici persone tra le quali il padre di Franco. Alla strage assiste dalla finestra Barilari insieme a sua moglie Anna. Sconvolto dalla morte del padre, Franco Valli fugge in Svizzera dopo si rifarà una vita, mentre la sua amante Anna abbandona il marito e lascia per sempre Ferrara.

Molti anni dopo nell’estate 1960 Franco, diventato in terra elvetica un professionista benestante, torna nella sua città insieme a sua moglie e suo figlio e incontra l’ex gerarca Aretusa, considerato da tutti un buon uomo, allegro, simpatico e cordiale. I due conservano amabilmente e poi si salutano. Quando la moglie di Franco gli chiede “Chi è quello?”, lui risponde: “Ma era una specie di gerarca fascista all’epoca, una figura importante, lo chiamavano “sciagura”; un poveraccio, non credo che abbia fatto male del male a nessuno”. Il film di Vancini è una forte denuncia dell’indifferenza degli italiani del fronte alla tragedia del fascismo, soprattutto da parte di molti che non si schierarono mai con la giustizia e la libertà, preferendo voltare la testa dall’altra parte. La pellicola vince il premio come Opera prima alla Mostra del Cinema di Venezia e il Nastro d’Argento 1961 è vinto da Enrico Maria Salerno per il ruolo del farmacista Barilari.

Nel 1963 nasce l’idea originaria di portare sul grande schermo anche il romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi-Contini, un progetto che però prende forma solo nel 1970 quando il romanziere ha già scritto un soggetto dal suo romanzo, i cui diritti cinematografici sono stati acquistati dalla Documento Film. Dopo varie traversie, il film che sarà diretto da Vittorio De Sica, viene sceneggiato dallo stesso Giorgio Bassani insieme all’ex critico cinematografico Vittorio Bonicelli. Il copione però non piace al regista che incarica Ugo Pirro di riscriverne il testo apportando numerose modifiche. “La sceneggiatura che Bassani dal suo libro – racconta Ugo Pirro in un’intervista a L’Espresso del 26 novembre 1998 – (o comunque autorizzata da lui), mi scandalizzò addirittura: aveva maltrattato il suo libro quasi non fosse stato lui a scriverlo. Non si trattava di inesperienza: si leggeva in quel copione non soltanto il disprezzo per il cinema come mezzo espressivo autonomo, ma soprattutto, direi, una difficoltà intima a manipolare i suoi personaggi e le sue memorie”. Il tempo stringe e De Sica aspetta con ansia la nuova versione di Pirro, quando tutto è pronto per le riprese.  Alla fine del 1970 il film esce nella sale, Giorgio Bassani dopo averlo visto è furibondo e decide di rivolgersi alla magistratura per chiedere il sequestro. Si scatena poi una polemica nella quale sono coinvolti De Sica, Pirro, ma i giornali intervengono a difesa del regista e dello sceneggiatore.

Giorgio Bassani
“Il giardino dei Finzi-Contini”

Il giardino dei Finzi-Contini, capolavoro di Giorgio Bassani

“Il giardino dei Finzi-Contini”come è noto, racconta la vicenda di una famiglia ebraica- aristocratica abitante di una lussuosa villa di Ferrara circondata da un grande giardino. Protagonisti due giovani israeliti, Giorgio (Lino Capolicchio) e Giampaolo (Fabio Testi) molto amici di Micol (Dominique Sanda) e Alberto (Helmut Berger). Giorgio, innamorato follemente di Micol, scopre con grande dispiacere che la ragazza si è concessa a Giampaolo. Siamo alle porte della Seconda guerra mondiale e la discriminazione razziale nei confronti degli ebrei è in atto nel Paese. La comunità ebraica locale deve organizzarsi, ma purtroppo alcuni componenti della famiglia Finzi-Contini vengono arrestati dai fascisti e deportati.  Soltanto Giorgio riuscirà a sfuggire alla cattura e alla morte. La pellicola, che otterrà un grande successo di pubblico vince l’Oscar per il miglior film straniero, l’Orso d’Oro a Berlino, il David di Donatello e molti altri riconoscimenti, ma è giudicata dalla critica in mondo differente.Per Tullio Kezich “il film tratto dal suo best-seller è il miglior lavoro di Vittorio de Sica da molti anni a questa parte”, mentre Morando Morandini lo giudica un “film illustrativo di cartapesta e di una ruffianeria sentimentale che sfiora il cinismo”.

Passeranno molti anni prima che un altro romanzo di Bassani venga trasportato sul grande schermo. È il 1987 quando Giuliano Montaldo firma Gli occhiali d’oro. Siamo ancora a Ferrara nel 1938 e il fascismo si sta accanendo sulla comunità ebraica. Un medico stimatissimo nella sua città, il dottor Fadigati (Philippe Noiret), innamorato di un giovane pugile di nome Eraldo, sarà messo al bando per la sua omosessualità e la sua emarginazione è pari a quella di Davide Lattes (Rupert Everett), il narratore della storia, un giovanotto colto e sensibile, emarginato a sua volta in quanto ebreo. Questa storia di solitudini non è capita dal pubblico e la critica ritiene Montaldo solo un fedele esecutore calligrafico del romanzo di Bassani. “Ricordo – racconta Giuliano Montaldo, in occasione della rassegna organizzata nel novembre 2016, dalla Cineteca Nazionale per i cento anni della nascita dello scrittore – che quando con Nicola Badalucco e Antonella Grassi, scrivemmo la sceneggiatura di quel film, avevamo una grande paura del giudizio di Giorgio Bassani, che aveva già avuto da ridire addirittura su un film di De Sica, Il giardino dei Finzi-Contini. Ovviamente partimmo dal libro, ma lo usammo solo come traccia: durante i sopralluoghi a Ferrara conoscemmo l’avvocato Ravenna, amico di Bassani, e scoprimmo cose straordinarie, che non ci sono nel libro. Scoprimmo che Bassani era stato cacciato dall’università di Bologna, che aveva organizzato nel ghetto ebraico una scuola per tenere su di morale i suoi amici, giovani ebrei espulsi da varie scuole. Abbiamo messo nel film vari episodi della vita di Bassani. Il film andò a Venezia e gli ultimi giorni di postproduzione furono molto confusi, non ci fu tempo né modo di farglielo vedere. Per cui mi trovai, alla prima, con Bassani seduto in sala, nel Palazzo del cinema del Lido, accanto a me. E alla fine mi abbracciò e mi disse: “Se dovessi riscrivere quel libro, non dimenticherei gli episodi che tu hai scoperto e inserito. Fu un grande riconoscimento, da parte di un uomo tutt’altro che facile”.

Giorgio Bassani
“La lunga notte del ’43”