Amarcord, Nonna Ida, il verdone e Fellini

Pubblicato il 17 Gennaio 2013 in , , da Clementina Coppini

20 gennaio 1920

Domenica prossima mia nonna Ida avrebbe compiuto 93 anni. Nove anni che non è con me e ancora non me ne sono fatta una ragione. Lei invece si era fatta una ragione del tempo che passa e della necessità del trapasso già da decenni, perché era una persona che aveva tanto sofferto (una cosa che ci aveva molto unito era stata la molto prematura scomparsa di sua figlia, che era mia madre) e tanto capito. Dall’alto della sua quarta elementare ne aveva cose da insegnare ed era un essere umano di una finezza di pensiero che ho conosciuto fior di laureati (sottoscritta compresa, che tanto fiore non è comunque bene o male laureata sì) che ne hanno da correre prima di avvicinarsi alla sua saggezza. La scorsa estate ho imbiancato casa e mentre sistemavo quella che in famiglia chiamiamo la Casa dei Nani, cioè l’orrendo e buio sgabuzzino ricavato in un abbassamento del soffitto dell’anticamera, ho trovato il suo vecchio telefono della Sip, quello che per comporre il numero c’è la rotella che si infila il dito e si gira. È un oggetto antiquato di improbabile color verde marcio che fino a pochi anni fa era considerato orrendo e fuori moda e adesso si chiama vintage. Ritrovarlo, forse perché sto diventando vecchia e i miei neuroni in massa fanno le valigie e se ne vanno, mi è sembrato un messaggio dall’aldilà. L’ho lustrato per bene e l’ho posizionato di fianco al mio nuovissimo cordless che si illumina tutto e ha tutti i pulsanti che deve avere un ultimo modello di telefono senza fili. I due apparecchi sembrano in tutto nonno e nipote, insomma.

Siccome ai tempi del verdone non era possibile memorizzare alcun numero, nemmeno il proprio, sopra la rotellona c’era un pezzetto di plastica trasparente sotto il quale stava un micro-fogliettino da utilizzare per scrivere il proprio numero di telefono, così almeno uno lo sapeva. Lì c’è ancora scritto il numero di mia nonna. Non ho avuto bisogno di leggerlo, perché me lo ricordo perfettamente. La chiamavo tutti i giorni o quasi e quando mi dimenticavo mi chiamava lei e mi chiedeva se mi ricordavo di avere una nonna. Forse me lo ricordavo meno allora di adesso. Sono anni che ogni tanto mi viene in mente di comporre quel numero e solo dopo mi rendo conto che non risponderà nessuno, e se qualcuno rispondesse non sarebbe certo lei. Quando i miei figli mi hanno chiesto perché l’ho messo lì sul mobiletto ho spiegato loro che ogni tanto compongo il numero della nonna Ida, così magari lei mi risponde dal Paradiso. Essendo ormai adolescenti, mi hanno guardato male. Non importa. Tra tutti i modi attraverso i quali l’imponderabile si mette in contatto con noi forse non c’è un vecchio telefono scollegato, questo posso accettarlo senza difficoltà. Ma, poiché l’imponderabile appunto è tale, il telefono lo lascio lì lo stesso, appunto perché mi ricorda mia nonna.

Il 20 gennaio del 1920 era nato anche Federico Fellini. Mia nonna era fierissima di questo fatto. Così ogni tanto, quando passo davanti al verdone, immagino che si metta a suonare. Ma non con il solito suono dei telefoni dell’epoca, ma con la musica di Amarcord. Immaginare è un modo per ricordare e l’imponderabile si presenta in molte forme, appunto. Anche con l’aspetto di un vetusto telefono della Sip.