Le coppie e il loro funzionamento, amore ed eros

Pubblicato il 31 Agosto 2023 in , , da Giorgio Landoni
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Ci sono coppie, coppie male assortite e belle coppie, una gamma con mille sfumature. Si dice molto dell’unione tra due persone, ma a cosa servono?

Qual é  l’utilità delle coppie, posto che, a volte, capita di chiedersi perché mai due persone formino una coppia visto il modo in cui stanno insieme? Occorre sapere gestire bene un rapporto a due, e questo non certamente un’arte spontanea. Per nostra natura l’essere umano non ama particolarmente stare in coppia, non fosse altro perché ognuno di noi, in partenza, si sente il centro del mondo e ci tiene a questa posizione. Il nostro ombelico é il punto centrale dell’universo intorno al quale tutto dovrebbe ruotare e avere senso.
Così almeno all’inizio.
Il buon uso del rapporto si impara progressivamente, di solito sin da bambini, osservando e facendo nostro il funzionamento delle varie forme di coppia con cui entriamo in relazione.
Per la psicoanalisi freudiana il buon funzionamento delle coppie é sempre di tipo sessuale: occorre quindi sapere usare bene la sessualità perché la coppia funzioni bene. Questa affermazione richiede che si precisi cosa sia la sessualità per la psicoanalisi freudiana e in che senso il buon funzionamento della coppia sia sessuale.
Conviene partire dal dato più semplice, immediato: coppia é essere in due.
Alain Badiou, filosofo francese, riprendendo Platone definisce in questo modo la coppia: “l’essere in due, un’invenzione che prende il nome di amore”.
Si può anche concordare con Badiou, ma uno psicoanalista si chiede cosa sia e come origini questo “qualcosa” che convenzionalmente chiamiamo amore.
Prendendo le cose un poco alla lontana, diciamo che l’essere in due non riguarda due entità astratte, ma due esseri viventi e, in quanto tali, soggetti a una necessità iscritta nella materia della quale siamo fatti anche tutti noi umani: gli esseri viventi hanno una fine.

Cosa é il vivente o meglio, cosa é la vita?

La risposta più comune, più diffusa forse anche perché la più antica, rinvia alla religione.
Il termine religione indica già di per sé la natura del problema posto e la via della sua possibile soluzione. Esso infatti allude al “legame (re-ligare), con riferimento al valore vincolante degli obblighi e dei divieti sacrali nei quali la religione si concretizza” (Dizionario Treccani della lingua italiana).
Da un punto di vista religioso la vita é un fenomeno sovrumano, il risultato dell’intervento di un’entità che ci trascende, una divinità. Questo sembra indicare implicitamente il fatto che ogni singolo essere vivente, preso da solo, non può fare molto più che lottare per allontanare il più possibile il destino che lo attende.
L’enigma della vita é stato affrontato sullo sfondo della interpretazione religiosa anche da altri vertici: artistici, filosofici e perfino scientifici. Scrittori, poeti, artisti e filosofi, scienziati come astronomi o matematici, spesso animati essi stessi da profondo spirito religioso (basti pensare agli antichi sacerdoti/astronomi e matematici babilonesi), si sono occupati da sempre di questa singolare situazione che chiamiamo vita.
Per l’uomo moderno, convinto che la realtà non si esaurisca nei nostri cinque sensi più la coscienza, il bisogno di saperne di più é fondamentale pur nel rispetto dello spirito religioso.

La biologia, scienza per eccellenza dell’ultima parte del XX secolo, ha offerto progressivamente risposte sempre più sofisticate a enigmi sempre più raffinati al riguardo, lasciando però scoperte aree che, per l’essere umano, sono essenziali.
Per esempio, fare della vita un insieme di reazioni chimico-fisiche non chiarisce nulla della soggettività umana cioè dell’insieme di caratteristiche e inclinazioni personali che ci rendono diversi l’uno dall’altro.
É anche vero che questo genere di problemi rientra piuttosto nelle competenze della psicologia.
La vita si esprime con una forza irresistibile che gli uomini, in genere, hanno collocato in una sfera metabiologica, oltre la dimensione puramente materiale dunque, dandole l’aspetto non solo di qualcosa di sovrumano, ma spesso anche di una divinità antropomorfa la quale unisce e tiene insieme tutte le cose rendendole viventi.
Tradizionalmente, nella nostra cultura occidentale questa forza é rappresentata da Eros, appunto il dio dell’amore.

Il ruolo di Eros nelle coppie

Eros é apparso sulla scena solo in epoca relativamente recente, con la poesia di Esiodo (“Teogonia”), come divinità individuale ma anche come compagno inseparabile di Afrodite, la dea generatrice con la quale si accompagna.
Egli rappresenta una energia potente che spinge all’unione con una forza talmente irresistibile da dominare non solo la natura di tutte le creature, esseri umani compresi, ma perfino quella degli stessi dei.
Dall’incontro del pensiero greco classico con le correnti ideologiche orientali pervenute in occidente dopo le imprese di Alessandro il macedone, é sorto poi anche Amore come un mito delicato: unione di Eros e Psiche dove Eros é la forza vivente, Psiche é invece il respiro, l’anima, ciò che, nell’essere umano presiede alla vita sensitiva, intellettuale e volitiva per usare un’espressione un poco datata.
Il mito ribadisce l’esistenza di un’energia che lega, che tiene insieme, che unisce con tanta potenza che lo stesso dio che la rappresenta vi soggiace legandosi con Psiche e creando qualcosa di nuovo: un legame di coppia e trasformando la tendenza al legame in un sentimento chiamato amore.
A conclusione di questa digressione, si può ipotizzare che le coppie sembrano essere il risultato di una sequenza ordinata di operazioni eseguite al fine di raggiungere lo scopo di dare effetto positivo alla propria lotta per la vita. In altri termini si usa la coppia perché essa costituisce lo spazio più adeguato per lottare contro la propria fine.
Messa in questi termini, la ricerca di un altro vivente, il fatto di costituire una coppia, é il procedimento con il quale il vivente lotta contro la propria morte, un procedimento che chiamiamo amore.

Questa visione un poco arida dell’amore si presta comunque ad alcune ulteriori considerazioni che forse ne possono attenuare l’aspetto un poco sconsolante.
Vivere, per la psicoanalisi, indica dunque la lotta con la quale l’individuo cerca di resistere al suo destino e di rimandarne l’esito il più a lungo possibile.
Tuttavia, alla luce di quanto precede, questa lotta per essere efficace deve prevedere una soluzione esterna al singolo individuo, proprio perché, di suo, ognuno di noi ha solo un cammino tracciato in modo inesorabile.

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Le coppie, il punto di vista di Sigmund Freud

Sigmund Freud prese a prestito Eros non tanto in quanto divinità, ma soltanto come il nome con il quale designare la forza vitale che spinge all’unione, creando a tutti i livelli legami di ogni genere dove la vita si manifesta in opposizione a un’altra forza, più temibile perché silenziosa, che tende invece a sciogliere quegli stessi legami opponendosi così alla vita.
Un’interpretazione abbastanza astratta e quindi controversa, che ci vedrebbe parte di uno sforzo gigantesco volto a contrastare continuamente la realtà della fine.
Questo sforzo si manifesta in una tendenza generale che permeando di sé tutta la realtà, crea vincoli a tutti i livelli: da quello minimo, ultramicroscopico, a quello degli organismi più giganteschi, da quello molecolare e poi biologico che riunisce le singole cellule in organismi complessi, a quello psicologico, al politico e al sociale.
Questi legami, mediante percorsi più o meno tortuosi e complicati, sullo sfondo dell’ambiente naturale fanno nascere ambienti culturali, organismi mobili e viventi ai quali gli stessi esseri che li creano cercano poi di adattarsi, ognuno secondo le proprie capacità, qualità e limiti, in quel cammino accidentato ma interessante che é la nostra vita.

Una manifestazione concreta di questa forza, una forma di questa unione, é costituita dal legame che collega fra di loro due esseri umani a costituire una coppia.
Le coppie sono la coniugazione di un mortale con un altro mortale in forma di legame sessuale.
La sessualità é il mezzo più potente del quale disponiamo per combattere il nostro destino, in un luogo, la coppia, dove essa può trovare un modo privilegiato di esprimersi.
É necessario precisare che la sessualità umana, per la psicoanalisi, non si esaurisce negli atti del corpo: essa é innanzitutto una psicosessualità, un fatto psicologico, immaginario perché carico di immagini interiori private. Infatti senza che ne siamo sempre pienamente consapevoli, essa prende senso dal nostro mondo interiore dove si trovano immagini che risultano da sensazioni ed esperienze, ricordi insomma che spiegano il nostro modo personale di stare al mondo come donne o come uomini.
Solo tenendo conto di questo si può capire perché, per esempio, la stessa persona, o lo stesso oggetto o la stessa situazione, senza la quale pare a qualcuno perfino di non poter vivere, non dice assolutamente nulla a qualcun altro.
Oppure perché mai un certo spettacolo, lo stesso per tutti in apparenza, possa prendere qualcuno ma lasciare altri completamente indifferenti.
Da un punto di vista psicoanalitico, in quanto spinta alla creazione non solo materiale ma culturale in genere, la sessualità permea tutto quello che é frutto dei legami che essa genera. Dà senso alla realtà che creiamo fino al punto di renderla anche più importante di noi stessi come possiamo vedere continuamente: quando vengono toccati certi punti, può trattarsi di una persona particolare ma anche di un ideale, di una passione, di uno scopo, possiamo reagire in modo inatteso.
Certo non tutte le realizzazioni assumono un aspetto esplicitamente sessuale nel senso che si dà comunemente a questo termine, ma l’energia che spinge a creare é sempre di tipo sessuale, libido in termini tecnici, la qualità della spinta originaria é invariabile, unica.

Paradossale conclusione

Limitandoci alla coppia degli esseri umani, occorre anche tenere presente che essa costituisce una situazione paradossale: le coppie esistono in quanto un altro é, per me, più importante di me stesso/a, e tutto questo accade per mia volontà.
“Senza di te non posso vivere!”, una formula tipica dell’innamoramento (o anche di un amore importante), equivale ad ammettere che in te trovo la vita, che la mia vita sei tu e che quindi, per me, sei più di tutto.
Il bello é che tutti ci crediamo: eppure non può essere vero se non in parte, non per tutti poi e certamente non sempre.
Però, in questo senso, il termine amore, coglie bene la situazione, perché indica che il legame, ossia il fondamento della coppia, va al di là della soddisfazione dei singoli e che il suo obiettivo é la permanenza della coppia stessa in quanto garante della vita del singolo.
Il movimento che spinge alla costituzione della coppia, stimola però anche un moto contrario di rottura, di rifiuto per non perdere o per recuperare la posizione centrale alla quale ognuno di noi, in fondo a se stesso, non riuscirà mai a rinunciare in modo totale. Siamo sottoposti fatalmente a questa contraddizione di cui non siamo quasi mai pienamente consapevoli.
Prudenza vorrebbe che invece la si tenesse sempre presente, altrimenti si rischierà di subirla senza neppure rendersene conto. Come spiegare altrimenti certe situazioni apparentemente assurde che, in nome della felicità, del bene, del positivo, inducono sofferenza, distruzione e anche morte?
Oppure, meno drammaticamente e più banalmente, conosciamo tutti quell’incuria del cuore, quella trascuratezza che riduce la relazione a un dovere, iscrivendola sullo sfondo del sacrificio e dell’abnegazione, dove ogni aspetto creativo, sessuale dunque secondo l’impostazione che abbiamo usato, si annulla nel grigiore della consuetudine dove la coppia ammuffisce.
Non basta dirsi che alcuni individui sono noiosi, abulici o peggio sprovvisti di senso di responsabilità o di dirittura morale, o ancora che vi sono persone brutali e primitive. Vi é in più una forza negativa che tende a separare, a slegare, a distruggere legami e collegamenti, una forza che da un punto di vista sociale possiamo chiamare odio o anche invidia, che già conosciamo e alla quale tutti siamo sottoposti.
Lì si annida anche la tendenza alla fine che ci avviluppa tutti.
Ecco allora il compito di Eros: legare anche la violenza, sia quella sottile che si cela negli anfratti della vita di ogni giorno, sia quella che si può scatenare sempre quando ci troviamo scalzati dalla posizione centrale alla quale, in fondo in fondo, nessuno riuscirà mai a rinunciare completamente.
Proteggere continuamente la coppia come luogo vitale dagli attacchi che le derivano innanzitutto da noi stessi, nei modi più vari, grossolani e brutali a volte, sottili ma non meno violentemente efficaci altre, equivale a impiegare in modo efficace eros, la capacità, sessuale, di tenere i legami.
Questa situazione conflittuale é nota da sempre, anche se trattata secondo lo spirito culturale delle varie epoche.
Verso la fine del periodo ellenistico e in modo pienamente evidente poi in età romana, in terrecotte, in monete, sarcofagi e altri monumenti funerari, Eros viene talora raffigurato in piedi, appoggiato a una torcia funeraria rovesciata verso il suolo. Non vi é nulla di mesto o di angoscioso nella figura del dio ma é chiaro il senso del messaggio: il legame, la capacità di fare coppia ci tiene in vita.
Le coppie sono la testimonianza vivente di questa capacità di legare, potentemente espressiva della nostra esistenza al mondo come donne e come uomini, la cosa più efficace per contrastare anche la morte.