Anche noi ragazze abbiamo fatto il ’68

Pubblicato il 17 Marzo 2019 in , , da Marina Piazza

L’anno scorso, in ricorrenza del cinquantenario, si è assistito a un’invasione di ricordi, testimonianze, analisi di che cosa è stato il ’68,  Anche le ragazze c’erano, ma la loro presenza è stata resa quasi invisibile nei documenti e nei documentari in cui si vedono solo ragazzi in piazza e nelle assemblee e non c’è nessuna testimonianza importante di donne.

Allora noi, che il’68 l’abbiamo fatto, ci siamo ribellate e abbiamo deciso di raccogliere le nostre voci: abbiamo voluto focalizzare proprio il ’68, proprio quell’anno. Abbiamo chiesto a tutte di raccontare in modo ravvicinato proprio l’esperienza di quell’anno, di quello che nel corso di quell’anno è successo a loro, alla loro vita, alle trasformazioni di sé e del loro modo di rapportarsi alla vita. e l’abbiamo chiesto a chi aveva partecipato al ’68 e poi al femminismo, per dare un contributo all’esplorazione delle consonanze e delle dissonanze, delle continuità e delle discontinuità tra il ‘68 e il femminismo degli anni ‘70. Non abbiamo chiesto una riflessione teorica, ma una testimonianza, un racconto di vita.

 

Ne è risultato un libro Ragazze nel ’68, a cura della Fondazione Badaracco, pubblicato dalle edizioni “Enciclopedia delle donne”. Quindi il ’68 a partire da loro.

Questo per dare visibilità a una componente importante del movimento degli studenti, importante nei numeri e inedita : le ragazze uscite di casa in senso materiale  e simbolico.

Ragazze giovanissime che testimoniano l’immensa felicità di sentirsi libere da catene interne e esterne, l’abbandono della famiglia d’origine, il vivere liberamente la propria sessualità, la fuga da un destino di donna sposa e madre che appariva fino ad allora segnato.

E ragazze già più adulte, che avevano già partecipato alla dimensione politica, a volte nei partiti, ma più spesso nelle associazioni fuori dai canali tradizionali della politica. Che avevano partecipato alle manifestazioni per la Spagna, per Cuba , e soprattutto per il Vietnam.

E però,  per le più grandi e per le più piccole, il movimento del’68 è stato un segna contesto, per essere passate dall’io al noi, dai pochi ai molti. Potrei dire che il’68 per me è stato un terremoto, in un certo senso un riprendermi fino in fondo la passione adolescenziale dell’esserci, della partecipazione, dello stare insieme, di vivere, pensare,  amare in un altro modo, di trovare un’appartenenza.

Per tutte – se pure per ognuna in modo diverso – quell’anno, quella cesura storica tracciano il profilo di un cambiamento, personale oltre che collettivo.

Direi in due sensi: da un lato la consapevolezza di stare al centro del cambiamento, dello stare lottando per cambiare il mondo, in qualche modo di essere protagoniste di una storia in costruzione. Anche con una sorta di presunzione, che solo più tardi avremmo riconosciuto. E che forse la strage di piazza Fontana ha cominciato a ridimensionare, segnando la fine dell’età dell’innocenza.

Dall’altro, più individualmente, uno stacco dal passato, una presa di coscienza di sé, dei propri desideri, che diventava lecito legittimare, di percorsi e scelte di vita impensabili prima e generatori per il futuro di un oltre che possiamo identificare  con la partecipazione al movimento delle donne.

Anche e soprattutto nel momento in cui abbiamo identificato, rivelato e iniziato ad elaborare la grande assenza: all’interno di una pratica antiautoritaria che si proponeva di rovesciare ogni forma di dominio, era totalmente estraneo un pensiero riflessivo, un’intenzionalità politica – personale e politica come poi dirà il movimento delle donne – che denunciasse l’autorità maschile sulle donne.

Come scrive Anna Bravo, “se si teorizzano il metodo del partire da sé, la rivoluzione della vita quotidiana e della sessualità, il superamento delle barriere pubblico/privato non si può non incontrare il modello base di queste e e di altre dicotomie: il rapporto maschile/femminile e uomo/donna. Invece lo si lascia tra parentesi….il movimento degli studenti non lo fa. Si sente così nuovo e ricco da non capire dove è invece antico e povero…il tempo delle donne verrà, ma non è ancora il momento”.

Quindi non si può parlare di una semplice linearità di passaggio dall’una all’altra esperienza: vi sono state sia consonanze sia dissonanze tra il femminismo degli anni Settanta e il movimento degli studenti che per primo ha contribuito a modificare in modo radicale e irreversibile il volto dell’Italia uscita dal secondo dopoguerra.

Con la raccolta di testimonianze di donne che hanno vissuto entrambi i movimenti, senza addentrarci nel dopo, ma focalizzandoci sul qui ed ora dell’anno ’68, con il racconto concreto e riavvicinato delle esperienze di vita quotidiana che hanno dato spessore al passaggio dal movimento degli studenti al movimento femminista   abbiamo inteso approfondire questo nesso da uno specifico angolo visuale.