Rapporto Irex: Rinnovabili raddoppiate in Europa, gli investimenti in Italia equivalgono allo 0,4% del Pil

Pubblicato il 26 Aprile 2011 in da redazione grey-panthers

L’Italia, con 12,3 miliardi di euro di investimenti, è uno dei mercati più attraenti al mondo per le rinnovabili. Un dato, in particolare, balza agli occhi: il totale degli investimenti del 2010 nelle energie pulite equivale allo 0,4% del Pil Italiano che, nello stesso anno, è cresciuto dell’1%. Sono questi alcuni dei punti chiave del nuovo Rapporto Irex sulle energie rinnovabili presentato in occasione della Settimana europea dell’energia sostenibile tenutasi in aprile.

Nel 2010, il settore delle energie rinnovabili ha confermato di essere assai dinamico, nonostante la congiuntura economica sfavorevole: il maggior numero di investimenti in nuovi impianti è stato effettuato nel fotovoltaico, tuttavia è l’eolico che presenta le maggiori dimensioni in termini di megawatt, grazie anche alle operazioni all’estero, in crescita rispetto agli anni precedenti.

Inoltre, l’analisi costi-benefici condotta alla luce degli scenari politici e regolatori attualmente in discussione mostra un beneficio netto per l’Italia compreso tra 24,3 e 32,3 miliardi di euro. A fronte della spesa per gli incentivi, sempre meno generosi, ma comunque consistenti, volti a coprire i costi di generazione differenziali, vi sono benefici sia economici, sia ambientali, sia di politica energetica. Gli effetti degli investimenti in rinnovabili si possono misurare anche in termini di indotto occupazionale e conseguenti ricadute positive sul Pil. A queste voci si va ad aggiungere una questione sempre più rilevante: la minor dipendenza dalle fonti fossili, e i minori rischi che ne conseguono.

Nel rapporto, infine, è stata condotta un’approfondita analisi cross-country per determinare la convenienza degli investimenti in rinnovabili in Europa. L’adeguatezza delle misure incentivanti per ciascun Paese è stata valutata alla luce dei costi diretti e indiretti che gravano sugli operatori. La ricerca evidenzia un ampio divario tra i Paesi, dovuto soprattutto ai costi delle tecnologie e del capitale. In Italia vi sono i costi e i ricavi più alti, ma lo spread percentuale è allineato alla media europea. 

(Da e-gazette)