Storia del cinema italiano/11: i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, le possibilità del caso

Pubblicato il 2 Aprile 2016 in

Un regista in due persone: Vittorio (n. 1929) e Paolo Taviani (n. 1931). Di solito Paolo dirige le scene scritte da Vittorio e Vittorio quelle scritte da Paolo. Dicono: “Siamo fratelli, quasi coetanei. Stessa storia familiare, stesse esperienze culturali, ideologiche, politiche. Amministriamo la nostra affinità con cautela. Facciamo lo stesso tipo di vita. E poi il caso. Il nostro binomio è un caso, appunto”.

Vittorio ricorda: “Un giorno, per caso, vedemmo Paisà e riconoscemmo immediatamente in quelle immagini il riflesso delle nostre inquietudini”. Il neorealismo, in particolare Rossellini, Visconti e Zavattini, ebbe dunque un grande influsso sulla formazione dei due fratelli nati a San Miniato (Pi), animatori in gioventù del Cineclub di Pisa e poi, alla fine degli anni ’50, attivi a Roma prima come assistenti di Roberto Rossellini quindi del documentarista olandese Joris Ivens nella realizzazione del film L’Italia non è un paese povero (1960). Due anni dopo l’esordio, Valentino Orsini coregista, con Un uomo da bruciare (1962), film sulle lotte sindacali e le connessioni tra politica e mafia in Sicilia: “Il neorealismo andava perdendosi nei rivoli di un bozzettismo naturalista. Noi rifiutammo tutto questo” afferma ancora Vittorio.

Del 1967 e del 1969 sono due altre tappe importanti del percorso cinematografico dei Taviani alla ricerca di un superamento del neorealismo in un cinema politico. Quest’ultimo termine deve però essere inteso non come appartenenza ideologica a uno schieramento, ma nel senso gramsciano di analisi dei rapporti sociali in precisi contesti storici. In una visione in cui “i dannati della terra” (per usare il titolo di un film di Orsini) sono il soggetto privilegiato da cui partire per comprendere (e cambiare) il mondo. 02San-Michele-aveva-un-gallo-1972-3Che siano l’anarchico Giulio Manieri di San Michele aveva un gallo (1972), i Fratelli Sublimi (carbonari) della sfortunata spedizione di 03Allonsanfan-1974-gruppo

Allonsanfan (1974), il Gavino Ledda di Padre padrone (1977)04padrepadrone_02, i contadini toscani della Notte di san Lorenzo (1982) o i detenuti di Rebibbia nella particolarissima messa in scena dietro le sbarre del Giulio Cesare di Shakespeare (Cesare non deve morire, 2012).

05La_notte_di_San_Lorenzo

06Cesare non deve morireDal punto di vista formale il cinema dei Taviani si presenta come “un cinema dalle forti tonalità espressive, capace di coniugare il realismo più crudo con la favola più mediata” (Francesco Gallo). Tra caso e necessità, volontà e fato i personaggi e le storie portati sullo schermo dai Taviani analizzano sempre il divario tra desideri utopici e realizzazioni storiche, spesso attraverso le sconfitte. Personali o collettive.

Il cinema del Taviani è inoltre pervaso di notevoli accenti letterari dovuti non solo all’origine dei soggetti prescelti – Boccaccio, da ultimo, ma anche Shakespeare, Tolstoj, Goethe, Pirandello e altri grandi autori – ma alla loro messa in scena attraverso un uso della “parola”, unita all’immagine, che si carica di significati metafilmici. Emblematica, a questo proposito, la scena della battaglia nel grano della Notte di san Lorenzo evocata dalle strofe omeriche recitate dal nonno e vissute dalla bambina come battaglia di guerrieri achei trasposta nella sanguinosa lotta tra fascisti e partigiani. Anche l’intera struttura di Padre padrone è a sua volta fortemente connotata dalla ricerca semantica (immagine e parola sono entrambi “segni”) sulla scia dell’esperienza autobiografica narrata da Gavino Ledda nel libro a cui il film si è ispirato. Sempre su questa linea anche le trasposizioni cinematografiche di alcune novelle pirandelliane di Kaos (1984).

Più debole invece l’ispirazione delle opere realizzate tra gli anni ’90 e i 2000 (Il sole anche di notte, 1990; Fiorile, 1993; Le affinità elettive, 1996; La masseria delle allodole, 2007) anche se in ciascuna di esse può comunque essere riconosciuta la particolare sensibilità artistica del “casuale binomio” che si chiama Paolo e Vittorio Taviani.

 

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