Sequestrato il giudice di Gezy Park. Terroristi uccisi, muore il magistrato

Pubblicato il 1 Aprile 2015 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della sera: “Svelati i tagli di Cottarelli”. “Pubblicati i 19 rapporti dell’ex commissario: gli interventi possibili dalla politica agli enti locali”. E poi: “Cala il lavoro per le donne. A febbraio persi 42 mila posti. Sale la disoccupazione”.
In alto: “Intercettazioni, D’Alema al contrattacco: il Csm dovrebbe vigilare di più sui giudici”.
A centro pagina, con foto: “I terroristi, il blitz: morte di un magistrato”.
Da segnalare in prima anche un “retroscena” di Maria Teresa Meli che parla della “carta Delrio” per il ministero delle Infrastrutture. Infine, un “colloquio” con Ayan Hirsi Ali: “Perché l’Islam si può e si deve riformare”.

La Repubblica, con foto del magistrato turco Mehmet Selim Kiraz durante il sequestro, con la pistola alla tempia: “Sequestrato il giudice di Gezy Park. Terroristi uccisi, muore il magistrato”.
Ad illustrare questa vicenda sono Marco Ansaldo, Vittorio Zucconi e Adriano Sofri.
In apertura a sinistra: “Sì al rimpasto, al posto di Lupi arriva Delrio”, “La corsa a quattro per sostituirlo. Una donna Ncd agli Affari regionali. Bersani: Renzi non ha più i numeri”.
Sull’inchiesta che ha portato agli arresti del sindaco di Ischia, con foto di Massimo D’Alema: “Tangenti Pd, una talpa mise in allerta la coop. Fondazioni dei politici nel mirino dei pm”.
In prima anche la strage dell’Airbus tedesco: “Lubitz avvertì Lufthansa: ‘Soffro di depressione’”.
Nella colonna a destra, “il dialogo sul nucleare”: “Iran-Usa, la lunga notte della trattativa non-stop”, “Sforato il termine a Losanna per lo storico accordo. ‘Ancora nodi da risolvere’”. Se ne occupa Bernardo Valli.

La Stampa ha una copertina dedicata alla riapertura del Museo egizio, che avvolge il quotidiano (“Museo egizio, oggi ricomincia il futuro”).
L’apertura è dedicata invece ai dati Istat diffusi ieri: “I giovani esclusi dalla ripresa”, “Disoccupazione al 42,6%. Rimpasto, Renzi ha deciso: Delrio al posto di Lupi”.
Un titolo anche per la spending review: “Tagli, svelati i dossier di Cottarelli”.
A centro pagina, con foto dei cantieri Expo: “A un mese da Expo finito solo il 9% dei lavori”.
Di spalla a destra: “Turchia, raid in Tribunale. Pm in ostaggio ucciso nel blitz”.
Sulla strage Airbus: “Lufthansa aveva saputo che il copilota era depresso”.

Il Fatto: “La bufala dei nuovi posti di lavoro: a gennaio -44 mila”, “L’Istat, implacabile, smonta gli ottimismi del premier, del ministro Poletti e dei giornali amici. Nei primi trenta giorni del 2015 sono state licenziate 23 mila persone. Ridimensionati anche i dati sui contratti: i nuovi sono 34 mila in meno di quelli annunciati e molti sono soltanto stabilizzazioni”.
A centro pagina: “Chi controlla il telefono di Renzi”, “Il cellulare del premier è intestato alla Fondazione Open, creata con Marco Carrai (quello della casa di Firenze), associazione di cui si conoscono solo in parte i finanziatori e che nel 2013 spese 78 mila euro in telefonia”.
E, ancora su temi connessi alla inchiesta della Procura di Napoli: “Beneficenza coop”, “Quei 20 mila euro alla fondazione targata Minniti”.
In prima anche il “giorno di fuoco” in Turchia: “Terrore a Istanbul: morti un giudice e i suoi rapitori”.

Il Sole 24 Ore: “Disoccupati in crescita, a febbraio persi 44 mila posti”. “I dati Istat: l’indice dei senza lavoro torna a salire al 12,7 per cento, tra i giovani al 42,6”. E poi: “Def, vale 7-8 miliardi la flessibiltà Ue sul piano riforme”.
In alto: “Iran, accordo a un passo su nucleari e sanzioni”. Accanto: “Turchia: giudice sequestrato poi ucciso nel blitz per liberarlo”.
Sulla politica: “Renzi accelera sul rimpasto. Delrio verso le Infrastrutture, gli Affari regionali all’Ncd”.
A centro pagina: “Via alle nozze tra Yoox e Net-a-porter”. “Nasce un colosso del lusso online con due milioni di clienti e 1,3 miliardi di ricavi”. “A Richemont il 50 per cento del nuovo gruppo. Il titolo vola in Borsa: + 11 per cento”.
A fondo pagina: “Lufhtansa rischia risarcimenti senza limiti”. “La compagnia ammette: sapevamo della depressione del pilota”.

Il Giornale: “Renzi tra ladri e disoccupati”. “Lo scandalo di Ischia sfiora l’esecutivo. Intercettata la sottosegretaria Ncd Vicari. Si dimette il sindaco dell’isola. E’ vicino a Guerini, fedelissimo del premier”.
E poi: “I dati Istat smentiscono il governo: calano i posti di lavoro”.
In apertura le vicende di Forza Italia: “Le manovre della politica. Alfano sposa il Pd. E la famiglia Bondi lascia Forza Italia”.
A centro pagina: “‘Arrestato senza prove, ora faccio il volontario'”. “Giuseppe Orsi, ex numero uno di Finmeccanica”.
Da segnalare un articolo di Vittorio Feltri: “Toh, ora i compagni scoprono il fetore delle intercettazioni”.

Turchia

Le prime tre pagine de La Repubblica sono dedicate all’assalto al Tribunale di Istanbul, con il sequestro del magistrato Mehmet Selim Kiraz da parte del gruppo marxista-leninista Dhkp-C, che -ricorda l’inviato Marco Ansaldo- è un’organizzazione attiva in Turchia dagli anni Settanta ed è qualificato come gruppo terroristico -e fuorilegge- tanto sulle rive del Bosforo che in Occidente. Nel l2013 ha formato un attacco suicida contro l’ambasciata americana ad Ankara, con l’uccisione -insieme all’attentatore- di un soldato a guardia dell’edificio. Lo scorso gennaio un militante dell’organizzazione aveva sparato agli agenti della Piazza Taksim di Istanbul, cuore della protesta di Gezy Park.
E il magistrato non era “un obiettivo a caso”, perché era l’uomo incaricato di coordinare le indagini sulla morte del quindicenne Berkin Elvan, ucciso “casualmente” dopo 9 mesi di agonia da un candelotto lacrimogeno sparato dalla polizia durante le proteste di Gezy Park. I due aggressori hanno puntato una pistola alla tempia del magistrato: e la foto con la bandiera delle “brigate rosse” turche con una stella a cinque punte ha fatto il giro del mondo. Ansaldo ricorda che Erdogan, allora premier di Turchia, bollò quei manifestanti come “capulcu” (vandali), migliaia furono gli arresti mentre gli agenti se la cavavano in una generale impunità malgrado i morti (otto) e i feriti vittime della repressione. Erdogan accusò il ragazzino morto di essere un membro di un’organizzazione terrorista: l’identità dell’agente che gli sparò in faccia è stata comunicata dalla polizia al procuratore Kiraz solo poche settimane fa, e non risulta indagato. Insomma, “il gruppo terrorista ieri ha rotto gli argini di una protesta molto sentita nel Paese, ma con un’operazione di puro stampo terroristico”.
Adriano Sofri firma un commento su questa vicenda: “Sangue in nome di Berkin, il ragazzino eroe per caso freddato mentre comprava il pane”. E’ stato una vittima casuale, infatti, ma “è stato trasformato dalla piazza nel simbolo della giustizia negata”. Scrive Sofri che “nel giustizialismo” dei militanti del Dhkp-C “c’è una buona dose di spettacolarità infantile: l’investitura di un tribunale del popolo, o la richiesta di far andare il poliziotto sparatore in televisione a confessare, come se una confessione imposta tenendo un ostaggio con la pistola alla tempia fosse accettabile. Ma c’è soprattutto, molto più profondamente, voluta o no -l’equivoco sul proprio altruismo è fin troppo possibile- la confisca di una giustizia negata dai colpevoli e rivendicata dalle vittime,che ne finiscono espropriate”.
Il quotidiano intervista Burhan Sonmez, uno dei leader della rivolta, che descrive la Turchia come un Paese “attraversato da un’instabilità sempre più grande”, peraltro alla vigilia di elezioni che si terranno tra due mesi: “quello che sta succedendo in queste ore non è altro che la spia di un malessere più grande”. Sonmez ricorda che Berkin Elvan era diventato uno dei simboli della repressione: uscito di casa per comprare ilpane, era stato colpito alla testa da una granata e chi ha causato la sua morte non è mai stato trovato. “Nel quartiere di Kizilay, da Ankara, un uomo si era presentato con una pagnotta di pane a terra e un cartello con su scritto ‘Io sono Berkin’, in poco tempo si sono molti si sono uniti a lui in un sit-in pacifico e silenzioso”.

Iran

Su La Repubblica, le pagine 4 e 5 si occupano della trattativa sul nucleare iraniano: “Iran, trattativa a oltranza, accordo sul nucleare a un passo, ‘Progressi sufficienti per continuare’”. Gli Usa sono “ottimisti” ma avvertono: “Teheran ha poche ore per decidere”. Una lunga analisi di Bernardo Valli sottolinea che “dietro gli ayatollah resta un enigma che allarma tutto il mondo arabo”, perché l’Iran, promosso interlocutore degli Stati Uniti, “suscita il panico nella regione”. E il Medio oriente, scrive Valli “è in preda al caos”: “i nemici diventano alleati e gli alleati nemici”. Il mondo sunnita è in grande allarme, perché teme che l’Iran possa usufruire di un sempre più forte prestigio: è già presente nelle aree più agitate (in Libano ha come alleato Hezbollah; a Damasco contribuisce a tenere in piedi il despota Bashar el-Assad; a Baghdad le milizie sciite inquadrate spesso da graduati iraniani costituiscono la fanteria, insieme ai curdi, sulla quale contano gli aerei della coalizione). L’Arabia saudita partecipa alla coalizione contro l’Is e quindi usufruisce della “fanteria” sciita, ma al tempo stesso combatte gli sciiti che hanno preso il potere nel vicino Yemen.
Alle pagine seguenti, una pagina di “domande e risposte” sulla trattativa di Losanna compilata da Aliz Van Buren: “Dai reattori dello Scià alle centrifughe segrete, ecco i nodi del negoziato sulle centrali di Teheran”, “Sul tavolo di Losanna la questione cruciale: come impedire che gli ayatollah si avvicinino all’atomica dopo l’accordo. Le difficoltà dei controlli e il pericolo delle scorte di uranio”.
Su La Stampa, Maurizio Molinari: “Nucleare, gli Usa vedono l’intesa. Ma Israele: fermeremo l’Iran”. Inaugurando la nuova legislatura, il premier israeliano Netanyahu ha spiegato: “L’intesa che stanno scrivendo a Losanna lascerà all’Iran gli impianti sotterranei, il reattore di Arak e le centrifughe più avanzate” e ciò significa che “secondo le nostre stime il tempo necessario all’Iran per creare una bomba atomica sarà ridotta a meno di un anno, o forse a molto meno di questo”. Si riferiscono poi le dichiarazioni di un ex collaboratore di Netanyhau, Dore Gold, che, parlando dei rischi del nucleare iraniano, ha sottolineato che questo “obbligherà Israele ad adottare delle contromisure” all’intesa di Losanna, d’intesa con i Paesi sunniti accomunati dal timore di una “egemonia regionale iraniana”. E, ha detto Gold, l’Arabia saudita “ha fatto sapere che in risposta all’Iran nucleare “si doterà delle stesse potenzialità”.
Sul Corriere Paolo Valentino parla dei “due scienziati del Mit” e della “diplomatica”. I due scienziati sono Ernest Moniz, segretario all’energia Usa e Akbar Salehi, capo dell’agenzia nucleare iraniana, fisici entrambi, entrambi formatisi al Mit. La diplomatica è Helga Schmidt, “la donna più alto in grado della diplomazia tedesca”, numero due di Federica Mogherini, che conosce “ogni dettaglio” della trattativa nucleare.
Sul Giornale Fiamma Nirenstein: “Dietro le trattative i soliti stratagemmi del regime”. “Per Israele l’accordo regalerà a Teheran l’atomica entro un anno. E ora anche Egitto e Arabia vogliono la bomba”.

Orsi

Il Giornale intervista l’ex presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi , prosciolto dal Gip di Busto Arsizio per l’ipotesi di di un illecito finanziamento alla Lega Nord. “Peccato che ci siano voluti quattro anni, le dimissioni da amministratore delegato e presidente di Finmeccanica, in pratica la più grande industria italiana, un danno d’immagine per il sistema Italia incalcolabile, decine di titoli di giornale che ricamavano su tutto il ricamabile”, scrive il quotidiano. “La stessa Procura, dopo anni e anni di indagini, ha chiesto e ottenuto l’archiviazione perché su questa storia dei 10 milioni che avrei girato alla Lega, tirandoli fuori come una costola da un’altrettanto inesistente tangente indiana, non c’era nulla di nulla”, dice. E poi: “Sono stato 83 giorni in cella a Busto Arsizio senza prove. C’erano solo le calunnie di un ex dirigente, Lorenzo Borgogni, che ho querelato. È stato lui a raccogliere le malevolenze di alcune persone interne all’azienda, a soffiare sul fuoco costruendo l’accusa”. Orsi spiega che “l’indagine è partita da Napoli, da Woodcock, poi è stata trasferita a Busto. Bene, dopo mesi e mesi di inchieste, una bella mattina di febbraio del 2013 vengo arrestato. Scusi, ma perché prima non mi hanno almeno interrogato? Tu puoi considerare che il numero uno di Finmeccanica sia un corruttore internazionale, ma dovresti porti il problema del danno al Paese. Invece, mi hanno messo in cella con una sfilza di accuse terrificanti, dalla corruzione internazionale al riciclaggio, che poi sono cadute. E il governo non ha mosso un dito”.

Derivati

Sul Sole 24 Ore la notizia della richiesta di archiviazione da parte della Procura di Roma per l’ipotesi di reato di truffa aggravata, manipolazione del mercato ed abuso d’ufficio per Maria Cannata, direttore generale del Ministero dell’Economia,  iscritta da oltre un anno nel registro degli indagati nell’ambio del procedimento riguardante oltre 3 miliardi di euro pagati dal Tesoro a Morgan Stanley, quando la banca d’affari chiuse anticipatamente il contratto di derivati stipulato con l’Italia per il peggioramento del nostro rating. Si chiama clausola di “early termination”, ed è stata “sottoposta anche ai raggi x di una consulenza tecnica” della pubblica accusa, che ha concluso che era “legittimamente inserita nel contratto, legittimamente esercitata dalla banca americana e doverosamente rispettata dal Tesoro, che non aveva alternative ‘praticabili’. Pertanto, ‘non sono oggettivamente ravvisabili’ i reati ipotizzati e la Cannata, per i Pm, ‘è esente da responsabilità'”. Per la stessa ragione, scrive il quotidiano, è stata chiesta l’archiviazione per i responsabili politici Padoan e Monti.  I procedimenti erano nati da due esposti presentati il 5 marzo da Elio Lannutti, Rosario Trefiletti, Arturo Diaconale e Walter Biscotti, finiti prima a Trani e poi tornati a Roma.

Spending 

Sul Corriere della sera la notizia che da ieri sera sul sito revisionedellaspesa.gov.it sono stati pubblicati dal governo i 19 rapporti dei 19 gruppi di lavoro coordinati dall’ex commissario alla spending review Cottarelli, che ha lasciato il suo incarico alcuni mesi fa. Intanto il governo – scrive il quotidiano – “si appresta a cambiare il timoniere” per la revisione della spesa. Nella proposta Cottarelli si ipotizzavano risparmi di 7 miliardi minimo  nel 2014, che sarebbero diventati 18 nel 2015 e 34 nel 2016, e che sarebbero stati possibili senza tagli all’istruzione e senza “stravolgere il welfare state”. Al posto di Cottarelli il premier Matteo Renzi dovrebbe incaricare della spending review Yoram Gutgeld, deputato Pd e consigliere di Palazzo Chigi, insieme all’economista Roberto Perotti.
Anche Il Messaggero dà rilievo ai documenti elaborati da Cottarelli, e si sofferma su un aspetto: “I tagli di Cottarelli: licenziamenti facili per gli statali, scure sulla politica”. Sui licenziamenti il documento diceva che il “problema vero” è la “ritrosia” del management pubblico a ricorrere allo strumento del licenziamento per scarso rendimento.