Renzi all’esame del Quirinale

Pubblicato il 20 Febbraio 2014 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Repubblica: “I paletti del Colle sull’Economia”, “Renzi a Bankitalia, poi due ore da Napolitano. Scontro con Grillo in diretta tv”.

In taglio basso: “Massacro a Kiev, si muove l’Occidente”.

La Stampa: “Economia, pressing su Renzi”, “Lungo incontro con Visco, poi due ore da Napolitano: sale l’ipotesi Tabellini. Grillo lo attacca in streaming: ‘Sei una macchietta’. La replica: ‘Esci dal blog’”.

Sotto la testata: “Ucraina, l’Europa chiede sanzioni”, “E Yanukovich annuncia la tregua”.

A centro pagina, grande foto di Genesis Carmona, 23 anni, tra le braccia di un soccorritore: “Venezuela, morta la miss ferita nelle proteste”.

Il Corriere della Sera: “Renzi all’esame del Quirinale. Il premier incaricato: sabato squadra, lunedì fiducia. Vertice di due ore con Napolitano. Il caso Economia, avanza Padoan. Tensione sull’Italicum”.

Il Fatto: “Renzi tratta in segreto con B. E Grillo lo rottama in diretta”.

In taglio basso: “Sanremo, i due disoccupati ospiti Rai nell’hotel 4 stelle”.

E sull’Ucraina: “Kiev, oltre 40 morti e l’Europa sta ferma”.

Il Giornale: “Fatta la lista dei ministri”. “Sciolto il nodo dell’Economia: il candidato è Guido Tabellini, ex Rettore della Bocconi”. “Via libera di Berlusconi al governo. Rissa tra Grillo e Renzi”

L’Unità: “Grillo affonda in streaming”. “Il capo dei 5 Stelle tradisce la sua base, l’incontro con Renzi si trasforma in un monologo di insulti. Ammette: non sono democratico. Il leader Pd: ‘esci dal blog’”.

Il Sole 24 Ore: “Allarme finanza pubblica: la spesa torna a crescere. Saccomanni: la ripresa globale è ancora vulnerabile. Corte conti: nella legge di stabilità a rischio 13,7 miliardi di entrate. Mef: nessun vuoto di gettito”. Di spalla: “Renzi al Quirinale. ‘Sabato la squadra, lunedì la fiducia’. Per l’Economia in pole Tabellini o Padoan. Napolitano e Visco: focus conti e Europa”.

Renzi-Grillo

La Repubblica si occupa estesamente del confronto in diretta streaming tra Renzi E Beppe Grillo, che definisce un po’ surreale, con un Grillo torrenziale e un Renzi che cerca di riportare il discorso sulle cose da fare: “il leader 5 Stelle non fa pare il premier’. ‘Non sono democratico’”. Nella pagina di fianco: “Ma il movimento si spacca su Beppe, ‘Si è comportato come un bambino’”. E in prima pagina, l’analisi firmata da Sebastiano Messina: “L’azzeramento della politica va in onda con lo streaming”. Messina evidenzia che “ancora prima della maleducazione istituzionale di un ricco attor comico che non è mai stato eletto da nessuno ed entra a Montecitorio con la prepotenza arrogante di un invasato solo per poter urlare in faccia al futuro premier ‘non ti faccio parlare perché tu non sei credibile’, colpiva l’assoluta indifferenza del guru pentastellato rispetto al mandato che lui stesso aveva chiesto all’unica autorità che dice di riconoscere, ‘la Rete’. Lui non voleva andarci, a quelle che ha definito ‘consultazioni farsa’. I suoi iscritti, i suoi militanti, hanno deciso che questa volta bisognava andare a sentire cosa proponeva Renzi, e lui ci è andato sì, ma solo per tirargli una torta in faccia, avvertendo con tono sprezzante che non era venuto ‘per parlare di programmi’

E’ Aldo Cazzullo a fare la cronaca, sul Corriere, dell’incontro. Un incontro che per Grillo aveva uno “scopo chiaro”: “Dire alla rete che Renzi non è ‘uno di noi’, ma ‘uno di loro’”, espressione delle “banche, dei poteri forti”, del “potere marcio”, del “sistema”, dei “vecchi politici”, insomma dei “miei nemici fisici”. Insomma: “Renzi non è un Grillo un pochino più educato; è un ingranaggio di quella macchina che Grillo vuole distruggere. ‘Io non sono democratico’, arriva a dire, per la prima volta, annunciando ostruzionismo duro: ora il confronto si trasferisce alle Camere. Altro che una riforma al mese”. Cazzullo spiega che “Renzi è sempre stato molto attento a Grillo, ma in questi giorni ha la testa altrove, e avrebbe fatto volenteri a meno di un duello che lo preoccupava. Si era preparato una sintesi del programma i governo: prima si faranno le riforme del lavoro, del fisco, della pubblica amministrazione, e poi cominceranno i tagli ai costi della politica, e la riforma della giustizia. Poi a luglio si andrà a Bruxelles e a Berlino per chiedere ‘un’altra Europa’; un’Italia capace di riformarsi potrà chiedere di sforare il 3 per cento e di spendere di più per la crescita. Ma Grillo non gli ha mai lasciato dieci parole di fila”. Lo stesso quotidiano scrive che l’incontro tra i due è stato commentato da oltre duemila post sul blog di Grillo, e aggiunge che sono perplessi quattro parlamentari 5Stelle, che in una nota congiunta ieri hanno espresso le loro “perplessità sul modo in cui Beppe Grillo ha affrontato il colloquio”, definendola una “occasione perduta”. “Riteniamo che per esprimere valutazioni, il tempo e i mezzi non ci manchino. Per chiedere risposte precise invece bisognerà aspettare la prossima occasione”.

Su Il Fatto, il direttore Antonio Padellaro descrive l’incontro come “La guerra dei mondi”. E scrive ch ein gioco non è più quell’elettorato di confine che i Democratici tentano di recuperare nel voto di protesta. Se fallisce Grillo, “finisce il tentativo di gestire con gli strumenti parlamentari un dissenso di massa quale non si era mai visto. Ma se fallisce Renzi, si esaurisce l’ultima speranza di restituire un minimo di credibilità a un apolitica mai così sputtanata. E allora per Grillo si aprirebbero le più vaste praterie. Insomma o di qua o di là e la fine delle ambiguità. Perciò i sette minuti a quattr’occhi tra Renzi e Berlusconi sono più preoccupanti dei nove minuti e mezzo di scazzo tra Grillo e Renzi, ma alla luce del sole”.

Sul Sole Stefano Folli scrive che “Grillo ha offerto di sé l’immagine peggiore: intollerante, offensivo verso l’interlocutore, sprezzante, incapace di accettare un minimo di contraddittorio”, ma definisce “una strana idea” quella di Renzi di concedere al suo interlocutore la diretta streaming, “unico caso dell’intero arco delle consultazioni e omaggio alla filosofia dei 5 Stelle, che peraltro si applicano solo quando fa loro comodo”. Folli scrive che qualcuno ha paragonato questa diretta al precedente di Bersani, quando tentava di formare ung overno, ma “il paragone regge solo fino a un certo punto”, perché l’allora segretario Pd era “remissivo perché si illudeva di ottenere l’appoggio dei ‘grillini’ al suo governo”, mentre Renzi semmai punta a sottrarre voti al carro dei 5 Stelle. “Però è apparso più contratto rispetto al solito, segno forse che è stato preso alla sprovvista dalla offensiva di Grillo”. Quanto al governo, Folli scrive che oltre alla “questione decisiva dell’Economia”, “non è pensabile di cambiare il ministro degli esteri nel mezzo di una doppia crisi internazionale”.

Renzi, governo

Il Corriere scrive che quello di ieri con Napolitano “è stato quello che in ‘politichese’ si potrebbe definire un incontro ‘franco’. Matteo Renzi e Giorgio Napolitano hanno ingaggiato un braccio di ferro su alcune caselle chiave del governo. E nell’incontro il presidente della Repubblica ha avuto modo di ricordare al segretario del Pd che, come vuole la Costituzione, spetta a lui la nomina dei ministri. Tanto per far capire al leader del Pd che non poteva fare di testa sua. Non sull’Economia, almeno, che è uno dei dicasteri più importanti”. Secondo il Corriere Renzi ha così spiegato si suoi fedelissimi l’incontro: “’Napolitano mi ha spiegato che alcuni partner europei sono molto esigenti con l’Italia e vogliono che il nostro Paese si presenti con le carte in regola. Il nostro credito dipende da quello. Perciò, secondo lui, il ministro dell’Economia deve rappresentare la stabilità e anche la continuià. E deve essere una persona in grado di dialogare con personaggi come la Merkel’”. “Insomma, per dirla povera, il capo dello Stato continua a preferire l’idea di un tecnico a via XX settembre, mentre il segretario del Pd, fosse per lui, opterebbe per un ‘profilo più politico’”.

Ieri Renzi, ha anche incontrato il governatore di Bankitalia Visco, e se ne parla in prima su La Repubblica: “Visco avverte Matteo: ‘Serve continuità’”. Si legge che è stato il presidente Napolitano a consigliare al premier incaricato di incontrare il governatore della Banca d’Italia: Visco gli avrebbe chiesto continuità nell’azione di politica economica. E Bankitalia, sottolinea il quotidiano, è “uno dei rami della Banca Centrale Europea”: dunque, dietro la parola ‘continuità’ c’è Mario Draghi e, per Visco, che è membro del board dell’Eurozona, “la sagoma di Fabrizio Saccomanni, che con entrambi ha lavorato” a Bankitalia. Se non proprio di Saccomanni, “di qualcuno che gli assomigli”. Dopo l’incontro di ieri, scrive ancora La Repubblica, “è difficile che Renzi possa rilanciare l’idea di chiedere a Bruxelles di sforare il vincolo del 3 per cento nel rapporto deficit Pil presentando un ambizioso piano di riforme strutturali. Visco gli ha fatto capire che non ci sono oggi le condizioni”. Sulla stessa pagina si legge che il ministro Saccomanni ha deciso di disertare i vertice del G20 che inizia oggi a Sidney e che finirà domenica: “frenato dal rischio di un avvicendamento durante il summit”. Non era mai accaduto che il ministro del Tesoro italiano non fosse presente.

Su La Stampa: “Lo stop di Bankitalia all’idea di ridiscutere il vincolo del 3%”. Il quotidiano, occupandosi ancora della personalità che potrebbe andare al Ministero dell’Economia, scrive che l’opzione Ignazio Visco sarebbe sfumata e che “in pole position” ci sarebbero Pier Carlo Padoan, (presidente dell’Istat, ma a lungo capo economista dell’Ocse) e Guido Tabellini, ex rettore della Bocconi. “In seconda fila”, il ministro degli Affari regionali Graziano Delrio e l’ex presidente della Commissione Bilancio al Senato, Enrico Morando: “più indietro Franco Bernabé”.

Il Sole 24 Ore, nel dare conto del colloquio tra Renzi e Napolitano, scrive che il confronto è stato “molto schietto”, e che Renzi ha voluto mettere sul tavolo la “discontinuità”, “cioè che vuole avere un ministro dell’Economia che risponda a lui, al presidente del consiglio prima ancora che all’Europa. Una richiesta e una prerogativa su cui il presidente della Repubblica non ha avuto nulla da obiettare se non oppore che il futuro ministro dell’Economia sia ‘garante’ affidabile di un patrimonio di credibilità riconquistata dall’Italia”.

Maggioranza e rapporti con le forze politiche

La Repubblica intervista Gaetano Quagliariello, esponente del Nuovo Centrodestra e ministro uscente delle Riforme Istituzionali: “’Italicum dopo la riforma del Senato o il Ncd non entrerà nel Governo’. Teme che una volta approvato l’Italicum si vada al voto? “Non ci deve essere neppure il dubbio che si stia facendo la legge elettorale per poi non fare le altre riforme e andare alle elezioni”, dice Quagliariello.

Su La Stampa: “Renzi rassicura Alfano, niente voto nel 2014”, “Spunta una norma che ritarderebbe di un anno l’entrata in vigore dell’Italicum. Si potrebbe però votare nel 2015”. Si parla quindi di un ‘lodo Pisicchio’, dal nome di uno dei parlamentari di Centro democratico: un emendamento che farebbe entrare in vigore l’Italicum solo dodici mesi dopo la sua pubblicazione sulla GAzzetta ufficiale

Su Il Giornale si legge che sul governo è arrivato anche “l’ok del Cav” (che pure ieri ha incontrato Renzi, ndr), ma “il governo nasce con i numeri risicati”. “Silvio e Matteo restano soli 5 minuti: opposizione responsabile”. E poi: ‘Berlusconi presidente’ nel simbolo di Forza Italia alle Europee”. Il quotidiano ricorda che l’incontro è durato quasi un’ora e mezzo, e scrive: “C’è chi ipotizza che il segretario del Pd gli abbia di fatto snocciolato la lista dei futuri ministri, chi teorizza che il leader di Forza Italia abbia chiesto lumi sul prossimo ministro della Giustizia, e chi suppone che Berlusconi e Renzi si siano limitati a stringere un patto per blindare l’esecutivo almeno fino a dopo la fine del semestre europeo e intanto portare a casa la nuova legge elettorale come da accordi già presi”. Non a caso, aggiunge il quotidiano, i più preoccupati dei cinque minuti di faccia a faccia tra Berlusconi e Renzi siano gli esponenti del Ncd .

Pd

La Repubblica si occupa anche delle vicende che riguardano il partito del presidente del Consiglio incaricato: “Un vice leader per il Pd e il segretario ora pensa di coinvolgere la minoranza”. Tra i papabili spuntano Lorenzo Guerini (portavoce della segreteria e fedelissimo di Renzi) e Debora Serracchiani, attuale governatore del Friuli Venezia Giulia. Sulla stessa pagina, intervista al renziano Paolo Gentiloni: “Nel partito ci vorrà un numero due ma non è questione di correnti”. Spiega poi che non si tratta di “performance fisica”nel ricoprire le due cariche di segretario e premier : “la coincidenza tra premiership e leadership è un pilastro della visione del Pd e obiettivamente di qualsiasi democrazia contemporanea”.

Internazionale

Su La Stampa, il reportage di Michela Iaccarino da Kiev: “Pugno di ferro di Yanukovich. Maidan resiste all’assalto”, “Il presidente ordina l’assalto, poi annuncia la tregua”. E nella pagina di fianco: “La Ue rompe gli indugi: sanzioni”. L’inviata a Parigi Tonia Mastrobuoni parla di un’accelerazione venuta dal vertice tra la cancelliera tedesca e il presidente francese. Oggi si terrà una riunione urgente dei ministri degli Esteri dell’Ue. E i responsabili delle diplomazie tedesca e francese, Steinmeier e Fabius, partiranno per Kiev insieme al loro omologo polacco Sikorski per un estremo tentativo di mediazione con il presidente ucraino. Con un richiamo in prima pagina, il quotidiano ospita anche l’intervento del nostro viceministro agli Esteri uscente, Marta Dassù: “La scommessa di portare Kiev alla democrazia”.

Su La Repubblica, reportage di Nicola Lombardozzi: “Kiev, nella piazza colpita a morte, ‘Resisteremo anche ai blindati’, la rivolta si allarga in tutto il Paese”, “’Esercito pronto a intervenire’. Ma Yanukovich annuncia la tregua”. E sulle reazioni internazionali: “Missione europea in Ucraina e la Ue prepara le sanzioni”, “Obama: stop violenze o ci saranno conseguenze”.

Sul Corriere della Sera, in prima pagina, un intervento di Bernard-Henry Lévy: “Punire il regime. Boicottare Sochi”, dove si parte dalla “coincidenza delle immagini tra le nevi di Sochi e il sangue di Kiev”, che contiene “qualcosa che offende l’intelligenza e spezza il cuore: la festa olimpica è al culmine mentre in Ucraina si svolgono i funerali del sogno europeo da parte di un popolo che in quel sogno crede”. Henry Lévy chiede: “lasciamo Sochi, o almeno boicottiamo la cerimonia di chiusura”.

Sul Sole 24 Ore, una intera pagina è dedicata alla Ucraina. “Kiev, dura repressione, poi una tregua”. “Almeno 26 vittime e centinaia di feriti durante gli scontri. Il monito di Obama: l’esercito non intervenga”, dove si spiega che se l’esercito aveva “affermato di volersi tenere ai margini del confronto” a Kiev, ieri “i servizi di sicurezza eredi del Kgb – la sigla è Sbu – hanno fatto irruzione nella crisi che ha travolto l’Ucraina annunciando l’avvio di una operazione anti-terrorismo che avrebbe visto entrare in campo anche le forze armate. Con un nuovo comandante: il presidente Yanukovich ha silurato per decrreto il capo di stato maggiore, generale Molodymyr Zamana con l’ammiraglo Jyriy Ilyn, finora capo della Marina. Poi, in serata, l’Ucraina si è fermata sull’orlo del precipizio: Yanukovich ha annunciato una tregua e i tre leader dell’opposizione l’hanno accolta. Confermando però che le autorità stavano preparando per la notte la repressione che avrebbe spazzato via il Maidan, la piazza dell’Indipendenza che ha dato il nome alla protesta. ‘L’attacco al Maidan non ci sarà – ha annunciato Arsenuy Yatsenyuk. Ora inizia il processo per stabilizzare la situazione”.

E poi

Sul Corriere la notizia dell’acquisto da parte di Facebook di WhatsApp, l’applicazione per la messagistica via rete, che ha ormai 450 milioni di utenti. 19 miliardi di dollari, e l’ingresso del cofondatore delal società nel board di Facebook.

Sul Sole da segnalare una intervista all’Ad delle Ferrovie Moretti, che parla delle condizioni della sua azienda, che ha finito il “risanamento” e che vede per il settimo anno consecutivo l’azienda con un utile.

Sul Messaggero una intervista al vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajani: “Sforare il 3 per cento si può, anche Berlino lo ha fatto. Il Patto di Stabilità non è un dogma”.