Piano per evitare il referendum.

Pubblicato il 3 Ottobre 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Repubblica: “Scontro sul voto anticipato. Il referendum elettorale spacca Lega e Pdl. Il ministro della Semplificazione: serve una legislatura Costituente. Napolitano: la Carta va rafforzata. Calderoli gela Maroni. Casini: alle urne. Berlusconi pensa a un nuovo partito”. A centro pagina la crisi economica: “Grecia shock, via 30 mila statali. Ribelli a New York, 700 arresti”. In evidenza, con foto, anche la notizia del ritorno a Corleone del figlio di Totò Riina. “Il sindaco: non lo vogliamo”.

Il Corriere della Sera apre con le manifestazioni degli “Indignati” a New York: “Una gigantesca retata contro gli Indignati sul ponte di Brooklyn. Settecento arresti tra i manifesanti del movimento ‘Occupare Wall Street'”. Il titolo più grande è per la politica interna: “Piano per evitare il referendum. Il Pdl vuole introdurre le preferenze nel sistema elettorale. Casini: d’accordo con Maroni, meglio tornare a dare voce ai cittadini. Calderoli: no alle urne”. L’editoriale, firmato da Giovanni Sartori, è dedicato alla situazione politica e al referendum: “Sistemi di voti e naufragio delle idee. La nava sbanda, chi c’è al timone?”.

La Stampa: “La legge elettorale divide. Cresce il partito dell’urna. Casini: sì, votiamo. Calderoli: meglio una fase costituente. Il leader Udc d’accordo con Maroni dopo l’apertura sul referendum. Il Pdl: resti il Porcellum”. L’editoriale, firmato dall’avvocato Carlo Federico Grosso, è dedicato al processo per l’omicidio di Meredith Kercher (oggi dovrebbe arrivare la sentenza): “L’incerta prova scientifica”, il titolo.

Ad un altro processo è dedicato il titolo di apertura de Il Giornale: “Le mani in tasca a Silvio. Oggi riprende il processo numero 26. Le condanne? 0. In Aula 132 testimoni, 100 mila intercettazioni. Le vittime? 0. L’accanimento dei Pm è già costato a Berlusconi 1 miliardo. Equivalente al guadagno di 25 anni del suo lavoro”. L’articolo è firmato da Alessandro Sallusti. A centro pagina: “Mentre la lega si divide sulla legge elettorale”, articolo di Marcello Veneziani: “Questo referendum è una truffa, impedirà di governerare”. Di spalla, un commento di Vittorio Feltri al “manifesto” di Diego della Valle uscito ieri, a pagamento, su molti quotidiani: “Caro Della Valle, basta parole. Dicci cosa vuoi”. A Della Valle risponde anche Susanna Camusso, intervistata da La Repubblica.

Referendum

Il Corriere della Sera dedica una intera pagina al dibattito sulla nuova, possibile legge elettorale, dopo una intervista in cui il ministro Calderoli, tra gli autori della cosiddetta legge Porcellum, che il referendum intende cancellare, aveva ricostruito così la dinamica che portò alla sua approvazione: la Lega era a favore del Mattarellum, ma ci fu il ricatto di Casini, Udc, per introdurre un sistema proporzionale; di Fini, che voleva le liste bloccate; di Berlusconi che voleva il premio di maggioranza; con la complicità della sinistra, che non fece nulla per fermare la nuova legge e poi, salita al governo, non l’ha cambiata. Il quotidiano intervista il presidente dell’Udc Buttiglione, che smentisce la ricostruzione di Calderoli: “Se si vuole portare il proprio asino a passeggio in Transatlantico, è bene che l’elettore non sia messo in condizione di scegliere”, chiamando in causa tanto Bossi che Berlusconi come responsabili delle liste bloccate. Ricorda che l’Udc spingeva per un sistema proporzionale di tipo tedesco che mantenesse la preferenza.
Secondo il Corriere l’offerta del Pdl sarebbe proprio quella di re-introdurre subito le preferenze, correggendo l’attuale legge solo sul punto delle liste bloccate.
Intervistato da Il Giornale, Roberto Formigoni parla del Pdl dopo l’assemblea milanese con il segretario Alfano, chiede l’elezione dei segretari regionali, dice che servono “coraggiosi cambiamenti per la riscossa”, e dice, sulla legge elettorale: “Il collegio uninominmale non fa scegliere perché hai un solo candidato per quel partito: o mangio quella minestra o mi butto dalla finestra. La mia proposta è semplice: introduciamo le preferenze e l’attuale sistema elettorale da porcellum diventa perfettellum. C’è già il premio di maggioranza e la scelta del premier. Ed evitiamo il referendum”.
Secondo il costituzionalista e senatore del Pd Stefano Ceccanti, intervistato da La Stampa, “anche se si introducono le preferenze in questa legge elettorale, il referendum si fa lo stesso”. “E’ come per il nucleare: siccome introducendo la preferenza la modifica sarebbe minima e non andrebbe in direzione della richiesta referendaria, il quesito sarebbe semplicemente aggiornato. Ricordo che il referendum propone di eliminare le liste bloccate per sostituirle con i collegi uninominali. Questo sotto il profilo tecnico-giuridico, poi c’è il punto di vista politico: più espandi il collegio, più non esalti il potere di scelta degli elettori, ma quello delle lobby e dei contropoteri, per non parlare del rischio di voto di scambio”. Sulla ipotesi di elezioni, dice: “Ma gli elettori hanno firmato per cambiare la legge elettorale, non per tornare al voto con questa. Quando poi il capo dello Stato ha detto che la legge va cambiata mi pare abbia fatto capire che cercherà di evitare lo scioglimento anticipato delle Camere al solo fine di evitare il referendum e la modifica della legge elettorale. Se qualcuno vuole tentare il trucco dello scioglimento anticipato faccia pure, ma sappia che rischia di arrivare un governo di decantazione che può dare il compito al Parlamento di fare una nuova legge”.
Secondo La Repubblica sulla scrivania del Cavaliere il dossier relativo alla campagna elettorale si è nutrito degli studi di agenzie di sondaggi e focus group, che spingerebbero il premier a giocare la carta dell’antipolitica: tanto l’alto numero di firme raccolte per il referendum elettorale che il manifesto di Della Valle costituiscono per il Cavaliere un chiaro indicatore di tendenza, che lo spinge a tornare a Forza Italia, immaginato come un movimento leggero e senza strutture, simile a Tea Party americani e capace di cogliere il vento.

Processo Ruby

Oggi inizia il processo milanese a Silvio Berlusconi, imputato per concussione e prostituzione minorile, per la vicenda Ruby. Scrive Alessandro Sallusti su Il Giornale che quello che si apre oggi “è uno spettacolo di giustizia mediatica, frutto del protagonismo e dell’odio di pm spregiudicati”. Agli atti risulta che Silvio Berlusconi “è uno squisito e generoso padrone di casa. Lo dice anche la famosa Ruby, unica minorenne agli atti, la quale ha aggiunto di aver mentito al premier e a tutti sulla sua età e sulle generalità”.
La Stampa spiega che già a novembre potrebbero essere chiamate in causa le giovani frequentatrici della villa di Arcore. Il quotidiano spiega anche che l’aula giusta per cambiare i destini di un dibattimento tra i più insidiosi per il Cavaliere potrebbe essere quella del Parlamento, dove le forze di maggioranza si stanno muovendo per far saltare il processo: una ipotesi è quella di votare l’obbligo di sospensione in attesa del pronunciamento della Consulta, che il 7 febbraio è chiamata a decidere sul conflitto di attribuzione sollevato dalle Camere contro il Tribunale.

Processo Meredith

Italia sotto osservazione da parte della stampa americana per via del processo Meredith: ne parla sulla prima de La Stampa il giurista Carlo Federico Grosso, sottolineando che si tratta di un processo indiziario in cui un ruolo di rilievo ha avuto la cosiddetta prova scientifica, che si è rivelata fonte di dubbi piuttosto che di certezze. “La scienza non aiuta”, dice Federico Grosso, ricordando come un processo indiziario sia definito quello in cui non esiste una prova decisiva a carico dell’imputato, ma nel quale a suo carico emergano una pluralità di elementi che, nel loro insieme, facciano ritenere che egli sia colpevole”. Ma gli indizi devono essere “numerosi, univoci e concordanti”. Il nostro è un processo garantista, esattamente come garantista è il processo accusatorio americano, visto che la legislazione penale italiana prevede che nessuno possa essere condannato se non esiste prova certa al di là di ogni ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza. Ma se esiste un problema – sottolinea Grosso – non è di legislazione, ma di prassi, di costume giudiziario, di capacità degli inquirenti e dei giudici di gestire con capacità e correttezza prove ed indizi: cita il caso quindi dei periti del primo grado, che avevano riscontrato sul reggiseno di Meredith e sull’arma del delitto, tracce ematiche riconducibili a Raffaele ed Amanda, prove che la perizia dei giudici in appello ha ritenuto del tutto inattendibili.

Crisi

La Repubblica dedica l’inserto R2 al “miracolo” che si sta compiendo in Islanda: tra anni fa il crack, oggi la rinascita economica. La ricetta anticrisi viene riassunta così: niente soldi a speculatori e banche estere, che significa stipendi salvi e inflazione scesa al cinque per cento. Le imprese hanno ripreso ad assumere, il fondo monetario internazionale conferma che gli obiettivi sono stati centrati. Il governo non ha voluto far pagare il conto ai cittadini.

Settecento arresti non hanno fermato la protesta anti-Wall Street: lo scrive La Repubblica, spiegando che lo slogan, coniato dalla rivista alternativa AdBusters, è stato per l’appunto “Occupy Wall Street”. E oggi su Wall Street marceranno, mentre mercoledì arriveranno i sindacati. Il quotidiano riproduce l’intervento che Nicholas Kristoff ha pubblicato sul New York Times, che è andato a fare una full immersion tra i manifestanti: racconta che centinaia di giovani hanno scandito slogan contro i “bankster” (banchieri-gangster); in  un primo tempo sono stati trattati con il loro movimento alla stregua di uno scherzo, e analoghe manifestazioni si stanno moltiplicando a Chicago, San Francisco, Los Angeles e Washington. Secondo Kristoff c’è una analogia con la piazza Tahrir al Cairo: malgrado non vi siano pallottole o dittatori, in strada è sceso lo stesso tipo di giovani avviliti e arrabbiati, e c’è la stessa sensazione di frustrazione generale nei confronti del sistema politico ed economico, che i manifestanti ritengono corrotto, irresponsabile, convinti che agisca impunemente senza essere tenuto a rispondere del proprio operato. Dove il movimento risulta carente è nelle proprie rivendicazioni, perché non ne ha di concrete, e i partecipanti perseguono cause diverse. Per quanto Kristoff non condivida i sentimenti di ostilità al mercato di molti manifestanti, suggerisce di arrivare a richieste pratiche come l’imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie e “proteggere le grandi banche da loro stesse”, adottando le clausole imposte da Basilea 2 e la Volcker rule, che limita la possibilità per le banche di impegnarsi in investimenti rischiosi e speculativi.

La Stampa offre un colloquio con Jeremy Rifkin, economista e autore di numerosi saggi sull’economia. Secondo lui “la crisi economica dovrebbe convincerci ad affrettare il passo verso un nuovo paradigma per la nostra società. Abbandonando la dipendenza dal petrolio ma anche ripensando i rappporti economici”. In realtà l’intervista con La Stampa è di agosto, e il cronista riprende le cose dette dall’economista e le propone insieme ai pensieri del suo ultimo libro: “The third industrial revolution. How laterale power is transformig energy, the economy and the world”. Secondo Rifkin la prima e la seconda rivoluzione industriale favorivano “verticalizzazione e centralizzazione”, mentre la terza “si muove per vie laterali, preferendo i modelli di business collaborativi che funzionano meglio nei network. La democratizzazione dell’energia ha profonde implicazioni su come orchestriamo l’intera vita umana. Stiamo entrando nell’era del capitalismo distribuito”. Oltre che il business, “la Terza rivoluzione” cambia “anche la politica”, nel senso che favorisce non gli Stati nazionali ma le “Unioni governative continentali”. Il titolo del colloquio: “La crisi finirà solo quando cambieremo l’economia”.

E poi

Il Corriere della Sera si occupa della condanna a morte, nel Bahrein, di 18 medici e due infermieri condannati a pene tra i cinque e i quindici anni, accusati di complotto contro la monarchia e contrabbando di armi. Secondo i condannati il loro vero crimine è stato quello di aver curato i dimostranti feriti nei giorni delle contestazioni, nel febbraio scorso. Gran parte di quei manifestanti appartiene alla comunità sciita, che si considera da sempre discriminata dalla minoranza sunnita che li governa con la dinastia di Al Khalifa, con il sostegno – anche militare – dell’Arabia Saudita.

La Stampa e il Corriere della Sera si occupano dello scrittore israeliano Yoram Kaniuk che, pur essendo una icona della guerra del 48 per lo Stato di Israele, ha ottenuto da un Tribunale di poter essere iscritto all’anagrafe come ebreo ma “senza religione”. Spiega La Stampa che nei mesi scorsi ha denunciato come Stato laico di Israele stia soccombendo sotto un establishment rabbinico “invadente e di stampo iraniano”, ed ha quindi cercato di scardinare il connubio tra “popolo ebraico” e “religione ebraica” che, nei registri dello stato civile israeliano, sono tutt’uno. Quando, mesi fa, è andato al ministero degli interni per chiedere di esser registrato come membro del popolo ebraico ma senza religione, gli impiegati sarebbero rimasti sbigottiti poiché mai nessuno, prima di lui, aveva avanzato una richiesta del genere. “Quando Ben Gurion parlava di uno Stato ebraico non pensava certo che un giorno in Israele 400 rabbini sarebbero andati a ispezionare le bollicine dell’acqua minerale per verificare che fossero compatibili con l’halasha, l’ortodossia ebraica. Questa la motivazione del giudice che ha accolto la sua richiesta: “la libertà della religione deriva dal diritto alla dignità umana, protetto dalla Legge fondamentale. La sola questione da soppesare è se Kaniuk abbia dimostrato la serietà delle sue intenzioni.

La Repubblica racconta la “rivincita del rock” a Kabul: vietato dai taliban perché immorale, i giovani tornano a suonarlo nel corso di un festival che si protarrà fino al 9 ottobre.

 

DA RASSEGNA ITALIALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini