Le Poste in soccorso di Alitalia

Pubblicato il 11 Ottobre 2013 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Le Poste in soccorso di Alitalia. L’azienda pubblica parteciperà all’aumento di capitale con 75 milioni. Nuovi crediti dalle banche”. “Il piano per evitare che già da domani si fermino gli aerei”. A centro pagina: “Il reato di clandestinità spacca i Cinque Stelle. E Grillo: non va abolito”. In evidenza in prima anche una foto: “Italiani in coda per Medicina. A Tirana. Al test di ingresso 596 studenti, la laurea è riconosciuta”.

Il Sole 24 Ore:”Alitalia, svolta sui soci: in campo Poste e banche. Silenzio di Air France. Letta: serve discontinuità”. “Aumento di capitale fino a 300 milioni: 75 da Poste, garanzie pubbliche per altri 75”. A centro pagina: “Draghi: tagliare tasse e spese”. . “Il governatore indica le priorità agli Stati Ue per la ripresa”. “Firmato un accordo tra Bce e Banca popolare cinese sull’interscambio di valute”

La Repubblica: “Immigrati, il diktat di Grillo. Sconfessato l’emendamento M5S sui clandestini, rivolta nel movimento. Lite nell’assemblea dei parlamentari. E alla Camera i suoi deputati scatenano la bagarre sul finanziamento ai partiti: ‘Ladri’”. A centro pagina: “Alitalia in bancarotta salvata dalle Poste. Il governo: subito un nuovo piano industriale”. E poi: “Amnistia e indulto, ora il Pdl accelera”.

La Stampa: “Immigrati, grillini nel caos. Grillo sconfessa i suoi senatori, che si ribellano. Rivolta nella rete. Il leader e Casaleggio: sbagliato cancellare il reato di clandestinità. Lampedusa: i parenti reclamano le salme, nasce un caso con l’Eritrea”.

Libero: “Grillo arresta gli scafisti del Pd. Beppe stoppa i suoi: niente inciuci, la clandestinità resta reato. Giusto, anche perché l’attacco è ideologico: si moriva in mare pure con la sinistra al governo”. “Il vero difetto della Bossi-Fini? I magistrati che non la applicano”.

Il Giornale: “Si spacca anche Grillo. Sconfessa i suoi che votano l’abolizione dell’immigrazione clandestina ed è caos.”. E poi: “Soldi ai partiti, accordo Pd-Pdl ma nessuno ha fretta”.

Il Fatto quotidiano: “Immigrati, il no di Grillo scatena la rivolta 5Stelle”. Il quotidiano ricorda che ieri c’è stata una “lunga assemlea” dei parlamentari, e scrive: “Il capogruppo della Camera Villarosa: post impulsivo, vogliamo incontrare il fondatore, comunque deciderà la Rete”. A centro pagina: “A tutto indulto: gara in Parlamento per salvare il Condannato”. “4 proposte di legge, 3 prevedono il blocco dell’interdizione con clemenza cumulabile”. “Da martedì comincia la discussione in Commissione. Gal (gruppo autonomia e libertà, ndr) vuole il maxisconto: amnistia per reati fino a 6 anni e condono anche per quelli di mafia”.

L’Unità: “No alle leggi Bossi-Grillo. Il leader M5S e Casaleggio si scagliano contro i senatori che hanno votato per abolire il reato di clandestinità: così perdiamo voti. I parlamentari si ribellano: Beppe è in minoranza, decide l’assemblea. Rivolta sul web: è una vergogna, ora basta. Per la nuova norma sarà un percorso a rischio”. A centro pagina: “Congresso Pd: la prima sfida è sulle firme. Oggi la presentazione delle candidature alla segretaria. Con Renzi 230 parlamentari, con Cuperlo 152. Polemiche di Civati sull’uso degli sms”.

Su diversi quotidiani, con foto, la notizia dell’ammissione al lavoro esterno di Anna Maria Franzoni, condannata per aver ucciso il figlio a Cogne nel 2002. E poi il premio Nobel per la letteratura alla scrittrice canadese Alice Munro.

M5S

“Clandestinità, Grillo sconfessa i suoi”, così Il Sole 24 Ore descrive la reazione del fondatore del Movimento alla fuga in avanti dei senatori grillini, che mercoledì hanno promosso in Commissione giustizia un emendamento per la depenalizzazione della clandestinità, passato con una maggioranza larga che comprendeva il sì di Pd, Sel, Scelta civica e il parere favorevole del governo. I fondatori del Movimento Grillo e Casaleggio, con un post durissimo sul blog, hanno bocciato l’emendamento con espressione di una “posizione del tutto personale”: per i due l’emendamento è “un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente ad imbarcarsi per l’Italia”, “quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?”.

Beppe Grillo aveva sottolineato che l’abolizione del reato di clandestinità “non era nel programma” ed ha twittato in mattinata in coppia con Casaleggio, aggiungendo: “se in campagna elettorale avessimo parlato di abolire il reato di clandestinità, avremmo raccolto lo zero virgola”.

Sul Corriere: “Casaleggio minaccia: vado via. Il compromesso: decide il web”.

Sul quotidiano si sottolinea come questa linea dura non sia mai cambiata: nel 2011 Grillo spiegava che “per ricevere qualcuno a casa tua devi disporre per le risorse per farlo”. Su L’Unità si parla di “coerenza xenofoba” e si ricordano le prese di posizione degli scorsi anni su questo tema da parte di Grillo. Stefano Folli su Il Sole 24 Ore scrive però che la polemica è il segno che la crisi del sistema non risparmia nessuno: dopo il Pdl, il Pd, i centristi, e ora anche i 5Stelle. E’ il segno che non basta innalzare la bandiera dell’antipolitica per essere immuni dai mali che corrodono la sfera politica in un’epoca in cui mancano idee e ideali. Peraltro, la relativa erosione del voto al Movimento 5 Stelle, che nei sondaggi ha perso 6 o 7 punti rispetto al dato delle urne, è spiegabile con il fatto che gli esponenti del Movimento appaiono litigiosi e parolai, capaci di ottenere poco. Quindi il leader carismatico, scrive Folli, cerca nuovi terreni di espansione. E il no all’abolizione del reato di immigrazione clandestina gli permette di smarcarsi da una maggioranza “buonista”, da un tema che è un cavallo di battaglia della sinistra: oggi è a destra che si può ottenere di più, ed è con quell’elettorato che in fondo il suo Movimento trova maggiori sintonie: poiché il baricentro delle larghe intese scivola a sinistra, ecco che Grillo, seguendo il proprio istinto, finisce per occupare uno spazio a destra. Sulla immigrazione e su altro”.

Su La Stampa, un retroscena di Jacopo Jacoboni: “un elettorato nato a sinistra, ma ora in espansione a destra”.

Dove si racconta la progressiva mutazione: sarebbero calati gli elettori sottratti al Pd (dal 24 al 20 per cento), e starebbero salendo quelli di provenienza Pdl (dal 22 al 29). Del resto è ovvio, ora è il Pdl ferito quello da finire. Alessandra Ghisleri, sondaggista, dice: “Secondo i dati dell’Osservatorio di Eurobarometro una cifra intorno all’80 per cento degli italiani chiede che i controlli sui clandestini siano fortificati, non allentati. Dinanzi a un dato plebiscitario è chiaro che Grillo ha capito perfettamente l’elettorato, e punta a un sentimento che nella opinione pubblica è trasversale”.

L’Unità intervista il senatore M5S Andrea Cioffi, firmatario dell’emendamento che mirava ad abolire il reato di immigrazione clandestina. Dice che la proposta “era stata discussa da lunedì anche con gli altri senatori e nessuno ha alzato la mano per dire che non era d’accordo”. Ma Grillo e Casaleggio hanno detto no, fa notare il cronista. “Una posizione perfettamente legittima da parte di due persone importanti del nostro movimento. Ma non è la linea ufficiale. Quella si decide in assemblea a maggioranza”.

Su La Stampa anche una analisi di Elisabetta Gualmini, sul tema. Il titolo è “La dittatura del senso comune”, dove si legge che il richiamo appassionato al popolo-nazione travalica destra e sinistra, è trasversale e potentissimo, e ha consentito a Grillo di raggiungere il 25 per cento dei consensi. Così come Marine Le Pen in Francia, il politico-guru fa leva sui sentimenti di insicurezza dei cittadini.

Alitalia

Il consiglio di amministrazione di Alitalia, previsto per ieri sera, è stato rinviato ad oggi alle 14. Scrive Il Sole 24 Ore che il rinvio serve a dare “più tempo alla complessa trattativa tra il governo, le banche, gli azionisti per mettere a punto la proposta formale di ricapitalizzazione e rifinanziamento della compagnia, per 500 milioni di euro. Se non ci saranno questi interventi la liquidità della Alitalia verrà prosciugata e domani ‘la compagnia resterà a terra’, come ha detto il presidente dell’Enac Vito Riggio.

La manovra di salvataggio passerebbe per un intervento pubblico di 150 milioni, che coprirebbe la metà dell’aumento di capitale necessario, che in parte verrà versata da Poste Italiane (75 milioni).

In questo modo lo Stato tornerebbe ad essere azionista di Alitalia (15 per cento), dopo “l’onerosa cessione” alla cordata Cai guidata da Roberto Colaninno e Intesa Sanpaolo, costata almeno 3 miliardi allo Stato, che si accollò i debiti. Gli altri 75 milioni potrebbero venire da una forma di garanzia statale sui debiti o obbligazioni. A tal proposito si parla anche di emissione eventuale di “Letta bond”. L’intervento dello Stato si attuerebbe però come seconda tappa della ricapitalizzazione. La prima, necessaria alla sopravvivenza immediata di Alitalia, consiste nel versamento di altri 150 milioni che toccherebbe ai maggiori attuali azionisti della compagnia: Benetton, Intesa Sanpaolo, l’Immsi di Colaninno, si presume anche Air France-Klm se vorrà mantenere il suo 25 per cento.

La Repubblica scrive che dal cilindro di Palazzo Chigi sono spuntati i 75 milioni di Poste Spa, che entreranno nel capitale Alitalia, e i 7 aerei della Mistral, la mini compagnia della stessa Poste Spa, guidata da Massimo Sarmi: potrebbe in prospettiva diventare il vettore low cost di Alitalia. Le Poste, spiega il quotidiano, hanno già da qualche anno una piccola compagnia aerea che di notte trasporta in Italia lettere e pacchi e di giorno si trasforma in una compagnia charter.

Sul Corriere, un commento di Sergio Rizzo: “Mistral, la compagnia dei portalettere. Ma chi pagherà il conto finale? La Mistral, si ricorda peraltro sul Corriere, fu fondata nel 1981 dall’attore Bud Spencer, ed è stata poi riconvertita per trasporti cargo e viaggi della speranza di pellegrini a Lourdes, Fatima, Santiago. Potrebbe diventare la costola low cost della futura Alitalia, assicurando anche voli regionali a prezzi ragionevoli. Le Poste avevano comprato la Mistral dalla Tnt Traco. L’Ad di Poste Sarmi ha chiesto al Tesoro comunque una forte discontinuità nella governance, il suo ingresso nel Cda e l’inserimento di alcuni suoi uomini in posti chiave come la logistica, i sistemi informativi, il controllo finanziario. E per difendere almeno in parte i 75 milioni che investirà, anche una serie di contratti già stipulati sulle attività di cargo, quindi leggi Air France.

Sullo stesso quotidiano, una intervista a Michael O’Leary, ad di Ryanair, secondo cui “Alitalia deve essere privatizzata, perché “continuare a volare su rotte dove vende il 30 per cento dei costi con tariffe costosissime non ha senso. Pensano che 99 euro sia una tariffa low cost.19 euro lo è”. Dice ancora O’Leary: in questi giorni stiamo parlando con diversi aeroporti italiani preoccupati della situazione che si è venuta a creare. Se Alitalia taglierà i voli domestici noi li implementeremo”. O’Leary rivendica il fatto che i lavoratori della compagnia non abbiano rappresentanti sindacali, e che in trent’anni di attività c’è stato un solo sciopero. “So che in Italia non è così, un business influenzato dalla politica e dai sindacati non solo non fa soldi ma è destinato a perdere”.

Su Il Fatto: “Alle Poste il pacco Alitalia: non basta il flop Mistral Air”. Dove si legge che “a vedere i bilanci, le Poste non sembrano l’azionista giusto per Alitalia, visto come hanno gestito Mistral”. “Gli ultimi tre bilanci -scrive Il Fatto- sono stati tutti chiusi in rosso dall’amministratore delegato si Mistral Riccardo Sciolti: fatturato 104 milioni di euro e perdite per 8,2 milioni nel 2012 (2,2 nel 2011, 1,5 nel 2010). Risultati che hanno spinto le Poste a mettere in vendita il cento per cento della sfortunata compagnia”.

Libia

Secondo Il Foglio il sequestro del premier libico Ali Zeidan “è un’altra falla strategica di Obama in Libia”. Il racconto è questo: “Attorno alle quattro di mattiva di ieri un gruppo paramilitare libico incaricato delle operazioni di sicurezza del governo ha prelevato il primo ministro Ali Zeidan, dal Corinthia, albergo di Tripoli che funge da residenza del capo del governo. Gli uomini della Operation Room della rivoluzione libica – gruppo che ha rivendicato il gesto, salvo smentire più tardi il coinvolgimento – non hanno avuto bisogno di usare la forza per sequestrare Zeidan, e nel pomeriggio hanno liberato l’ostaggio. La crisi è durata soltanto poche ore, abbastanza a lungo per offrire un’inquietante quadro degli elementi che concorrono alla instabilità del Paese: le faide interne al governo, gli scontri tra le milizie rivoluzionarie, la fragile coalizione tra ‘laici’ e ‘Fratelli musulmani, i passi falsi degli Stati Uniti e la generale confusione che domina il Paese. Non è nemmeno chiaro se si sia trattato di un sequestro o di un arresto”.

Il quotidiano ricorda che un portavoce delle milizie spiegava che l’arresto-sequestro, su “mandato del ministero della giustizia”, che però ha negato, era una risposta alle dichiarazioni del Segretario di Stato Usa Kerry sulla cattura di Abu Anas Al Libi da parte delle forze speciali americane, quando ha affermato che il governo libico sapeva della operazione nei confronti di quello che gli Usa considerano il responsabile degli attentati alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania. Zeidan avrebbe dato il consenso all’arresto, ma il governo libico subito dopo ha fatto di tutto per dimostrare che non ne sapeva nulla. “Le incaute dichiarazioni dei funzionari americani rischiano di complicare anche la caccia ad Ahmed Abu Khattala, il leader di Ansar Al Sharia, su cui pende un ordine segreto di cattura per via del suo ruolo centrale nell’attacco al consolato americano”. Khattala si muoverebbe a Bengasi senza protezione, aggiunge il quotidiano.

L’Unità intervista lo storico del colonialismo Angelo del Boca, che sintetizza così cosa sia la Libia oggi: “Un Paese ‘governato’ da un signor nessuno e in balìa di 500 fazioni armate”. Che ruolo ha avuto il premier Zeidan in questo caos armato? “Zeidan aveva foraggiato la più forte tra queste miriadi di fazioni, quella di Misurata, e lo aveva fatto con una cifra enorme: c’è chi parla di un miliardo di dollari”. Del Boca ritiene che siano “eccessive” le promesse fatte da Enrico Letta ad Obama di poter contribuire a ristabilire lo Stato libico: è difficile da realizzare la promessa di impegnarsi a ricostruire l’esercito e la polizia libiche, ma ancor più incredibile è la promessa di disarmare 500 fazioni armate, visto che si tratta di disarmare 30 mila uomini armati di cannoni e carri armati. Inoltre, secondo De Boca, che dice di aver tentato di contattare il primo ministro Letta in quanto conoscitore del Paese, le promesse dell’Italia ad Obama potrebbero essere viste dai libici come la terza “invasione” italiana del loro Paese. Nel frattempo nella base Usa di Sigonella sono arrivati altri 300 marines americani, e per Del Boca questo ha un preciso significato: “gli Usa pensano alla Libia come un nuovo fronte”. C’è chi rimpiange Gheddafi, fa notare il cronista. “E’ vero che Gheddafi si era macchiato di molti crimini e non aveva distribuito alla popolazione della Libia le somme enormi derivate dal petrolio”, dice Del Boca, aggiungendo: “E’ altrettanto vero che non si viveva male ai tempi del colonnello: il patrimonio pro capite era il più alto di tutta l’Africa”. Oggi la Libia, dice, è considerato un Paese democratico. Ma dove sarebbe la democrazia in un Paese in cui a spadroneggiare sono le fazioni armate e si arriva addirittura ad arrestare il primo ministro?

Su Il Sole 24 Ore: “Allarme tardivo per un Paese senza Stato”. Scrive il quotidiano che il colpo di grazia al primo ministro Zeidan è venuto proprio dagli Usa, che lo avevano informato della operazione Al Libi” (il leader di Al Qaeda catturato qualche giorno fa). La stessa ambasciatrice americana ha già lasciato, per ferie, il Paese, e forse non ci tornerà, ben sapendo che quesot governo sarebbe stato messo con le spalle al muro dalle accuse di essere tacitamente connivente con Washington. Il primo ministro era debole e contestato, senza una polizia e un esercito, privo dell’appoggio delle onnipotenti milizie dei Tuwar, gli ex rivoluzionari, nonché osteggiato dalla componente islamica del Parlamento collegata con le bande armate. La liberazione di Zeidan ha peraltro un risvolto paradossale: i sequestratori sono gli stessi miliziani ai quali il Presidente del Parlamento aveva affidato pochi giorni fa con un decreto la gestione dell’ordine pubblico.

La Stampa ricorda che per quel che riguarda Ali Zeidan, da tempo giaceva in Parlamento una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Questa estate, si ricorda, aveva provato ad andare in Cirenaica, a Bengasi. Ma quando il suo aereo è atterrato, non è riuscito a lasciare neppure fisicamente l’aeroporto. La crisi libica sarà al centro dell’incontro Letta Obama previsto per giovedì prossimo a Washington. E l’uomo nuovo della Libia, che potrebbe gestire questa tumultuosa transizione, è il ministro della Difesa Al Barghathy.

E poi

Alle pagine R2 de La Repubblica si parla dei movimenti anti-europeisti in Europa: “L’Anti Europa”. Nel continente avanzano scettici e populisti. Che si ispirano alla Francia. Dove il Front National di Marine Le Pen è primo partito”. L’analisi è firmata da Bernando Valli, che sottolinea come la minaccia di Marine Le Pen sia reale, perché cavalca le paure scatenate dalla austerità. Si parla anche del socialista Manuel Valls, che è molto amato anche a destra per il modo in cui gestisce il dossier sicurezza.

Nell’inserto anche una intervista al presidente francese Hollande con copyright Le Soir, Nouvel Observateur, De Standaard. Dice che il parlamento europeo, nel prossimo maggio, “potrebbe essere composto in larga parte di antieuropeisti. Sarebbe una regressione, correremmo il rischio di una paralisi. Per questo cerco di far capire qual è il senso di questo voto. Non si tratta di pronunciarsi pro o contro l’Europa, si tratta di scegliere tra due progetti europei: l’austerità prolungata o la crescita duratura. La concorrenza o la regolamentazione, le misure a breve termine o la transizione ecologica. E poi bisogna rivendicare quel che l’Europa è stata capace di fare: la crisi finanziaria è stata domata, l’euro è ancora in piedi, l’unione bancaria ci proteggerà da altri scossoni, e la Bce ha agito piuttosto bene. L’Europa ha tenuto. Ma oggi non le si chiede di tenere le posizioni, ma di avanzare”.