Come cambia l’articolo 18

Pubblicato il 21 Marzo 2012 in da redazione grey-panthers

Mentre scriviamo è in corso una operazione della polizia francese a Tolosa. Un blitz iniziato poco dopo le tre di questa notte per catturare un uomo di 24 anni ritenuto il responsabile dell’attacco alla scuola ebraica e della uccisione di due parà a Montauban. L’uomo avrebbe dichiarato di appartenere da Al Qaeda e di aver voluto – con la strage – “vendicare i bambini palestinesi”, come ha affermato il ministro dell’Interno francese Guéant.

Le aperture

“Il nuovo articolo 18 varrà per tutti” è il titolo del Corriere dell Sera. “Lavoro e licenziamenti: nelle aziende sopra i 15 dipendenti indennizzo o non reintegro anche per i vecchi assunti. Monti va avanti: basta cultura consociativa. No della Cgil: ora mobilitazione”. A centro pagina:”Il rapporto sulla malasanità: degrado in corsia e truffe. Inflitte 1800 sanzioni penali”.

La Repubblica: “Cambia l’articolo 18, la Cgil non ci sta. Monti: spiace, ma nessuno ha più diritto di veto. Camusso: vogliono solo licenziare, lotteremo. Sulla riforma del lavoro i sindacati si dividono. Domani via libera all’accordo. Il premier parla con Napolitano. ‘Deciderà lui se decreto o legge delega’. Fornero: soluzione equilibrata”. A centro pagina: “Ruby, ecco le telefonate di Berlusconi in Questura. Non una, ma quattro in 20 minuti per far liberare la ragazza”.

Il Sole 24 Ore: “Articolo 18, addio per tutti. No Cgil. Marcegaglia: ‘adesione complessiva, ma i costi della flessibilità in entrata vanno ridotti. Camusso. contrasteremo le modifiche. Monti: a nessuno il potere di veto. La regola generale diventa l’indennizzo”.

La Stampa: “Articolo 18, questione chiusa. La Cisl: ok le linee guida. La Uil: servono modifiche. Camusso: vogliono licenziamenti facili. Domani vertice decisivo”. “Monti: riforma condivisa, no solo dalla Cgil. Nessuno avrà più potere di veto”.

Il Giornale: “Abolito l’articolo 18, quasi. Stop ai reintegri obbligatori. Riassunti solo i lavoratori discriminati, per gli altri c’è il maxi-indennizzo. La Cgil sconfitta su tutta la linea. Il giallo della tassa sui licenziamenti”.

Libero: “Ammazzaitalia. Impantanati sull’articolo 18. Di fronte ai niet di Cgil e Pd sul lavoro, Monti medita di rinunciare al decreto. Spunta l’indennizzoanche per aziende sotto i 15 dipendenti. Intanto il Pil scende: la cura tecnica rischia di essere letale”.

Articolo 18

E’ Il Sole 24 Ore a spiegare “i tre cardini della riforma” annunciata ieri dall’Esecutivo. Sui licenziamenti “si volta pagina”, con tre diversi regimi che si applicheranno a tutti i lavoratori e non solo ai neoassunti. Per i licenziamenti per motivi economici, se giudati illegittimi, il giudice ordina il pagamento di una indennità risarcitoria ed omnicompresa compresa tra le 15 e le 27 mensilità. Oggi il lavoratore ha la facoltà di scegliere tra indennizzo e reintegro.
Per i licenziamenti disciplinari il giudice deciderà tra reintegrazione – solo nei casi più gravi – e indennizzo, sempre tra 15 e 27 mesi. Per i licenziamenti giudicati discriminatori è confermato l’attuale apparato sanzionatorio dell’articolo 18.

Altro cardine: la flessibilità in entrata. Scrive il quotidiano di Confindustria che ci saranno “vincoli stringenti ed efficaci sulle colaborazioni a progetto e sui contratti a chiamata. I lavoratori a partita Iva potranno contare su una presunzione di lavoro subordinato se impiegati per più di sei mesi nella stessa azienda mono-committente. I contratti di associazione in partecipazione vengono limitati ai familiari di primo grado. Sui contratti a termine è confermato un aggravio contributivo per il primo periodo, che andrà a finanziare la nuova Aspi, l’assicurazione sociale per l’impegiego. Questo aggravio contributivo non si applicherà  nel caso di contratti a termine per sostituire un lavoratore in malato o in maternità e per contratti a tempo ‘stagionali’, venendo così incontro alle richieste delle piccole imprese.

La Repubblica dedica un dossier alla riforma e spiega che sull’articolo 18 cade lo spartiacque dei 15 dipendenti, nel senso che il reintegro sul posto di lavoro resterà obbligatorio in caso di licenziamento discriminatorio, ma la norma varrà ora anche per le imprese con meno di 15 dipendenti, ora non soggette allo Statuto dei lavoratori.

Parallelamente, il progetto Fornero prevede quello che il quotidiano definisce un “giro di vite” sul lavoro temporaneo: i contratti a tempo determinato, oltre a costare di più in termini di contributi, non potranno essere reiterati per più di 36 mesi, per cui dopo tre anni il rapporto diventerà a tempo indeterminato. Il giro di vite vale anche per le false partite Iva: se la prestazione di lavoro è volta ad un unico committente, dopo sei mesi il rapporto diventa a carattere subordinato. Nel vertice di ieri il ministro Fornero ha anticipato che ci saranno “vincoli stringenti ed efficaci sui contratti intermittenti ed a progetto”. La proposta del governo prevede infatti per i cocopro una più rigida definizione di “progetto” e il divieto di inserire clausole individuali. L’apprendistato sarà la forma privilegiata di ingresso al lavoro, avrà durata massima di tre anni e, nelle intenzioni del governo, dovrebbe portare all’assunzione, visto l’investimento in formazione. Se così non sarà, le competenze saranno certificate.

Quanto ai sussidi, si conferma che nasce l’Aspi, assicurazione sociale per l’impiego, che il governo immagina come ammortizzatore universale: l’assicurazione durerà un anno per i lavoratori fino a 54 anni e, in termine di assegno, potrà arrivare ad un massimo di 1119 euro lordi (con una riduzione del 15 per cento dopo i primi sei mesi). Per i lavoratori over 54 l’Aspi durerà fino ai 18 mesi. Resterà in vigore la cassa integrazione ordinaria, parte di quella straordinaria ma solo per i casi di ristrutturazione. Scompariranno la mobilità e l’assegno di disoccupazione, che verranno per l’appunto sostituiti dall’Aspi. Ha spiegato il ministro Fornero: ora la mobilità è riferita a 4 milioni di lavoratori, noi vogliamo portare l’Aspi su una platea di 12 milioni”.
Sul fronte delle risorse, chi pagherà la riforma? L’Aspi sarà finanziato attraverso un aumento dei contributi dell’1,4 per cento a carico dei contratti a tempo determinato. Alle lamentele espresse dalle piccole imprese per questo aggravio di contributi, la Fornero sarebbe intenzionata a rispondere escludendo la sovrattassa dell’1,4 per cento per i contratti stagionali. Inoltre, le piccole imprese continueranno a godere di un regime di favore rispetto ai versamenti dei contributi per la disoccupazione: artigiani e commercianti continueranno a versare lo 0,4 per cento, contro l’1,3 richiesto alle imprese industriali.

Vittorio Feltri su Il Giornale commenta l’annuncio e spiega che “occorre sapere che (la limitazione dell’articolo 18, ndr) non sarà determinante ai fini del rilancio economico. Per otternere il quale servono un mutamento radicale di abitudini, una scuola all’altezza delle esigenze del mercato, studenti in grado di comprendere che laurearsi in scienze politiche o in scienze della comunicazione non è utile a loro stessi e nemmeno alle aziende”. Più avanti Feltri spiega che “ora la palla passa ai partiti, che avranno l’obbligo di assumersi la responsabilità di modificare il testo del provvedimento (magari svuotandolo dei contenuti qualificanti) o di bocciarlo oppure – difficile – di approvarlo. Il ministro Fornero si era sbilanciata. con o senza l’assenso dei sindacati condurremo in porto la riforma, inclusa l’eliminazione dell’articolo 18. Figurarsi. L’esecutivo sta già innestando la retromarcia. Ha il ferreo proposito di tergiversare. Decide di decidere a metà. Neppure i democristiani avrebbero fatto di meglio”.

Tolosa

La strage di Tolosa è piombata sulla Francia in piena campagna elettorale per le presidenziali, ed a sottolinearlo è il Corriere della Sera, in una analisi in cui si ricorda come tra i temi al centro del dibattito negli ultimi mesi ci siano state questioni come il numero di stranieri cui permettere l’ingresso nel Paese, l’immigrazione clandestina, e persino la discussione sul controllo della macellazione halal. La questione riguarda il presidente Sarkozy e la concorrenza che gli viene fatta dal Front National di Marine Le Pen, anche su questioni come la sicurezza. Il socialista Hollande ha criticato Sarkozy per il tentativo di blandire l’elettorato del Front National, ma è stato attaccato per aperture a proposito del voto degli immigrati. Hollande si gioca la vittoria anche sul voto delle banlieues, che Sarkozy ha spesso promesso di “ripulire”. Il quotidiano intervista lo scrittore sopravvissuto ad Auschwitz, premio Nobel per la Pace, che in Francia ha vissuto gran parte della sua vita. Quando gli viene chiesto se è stato fatto abbastanza per prevenire eccidi come quello di Tolosa, dice di non sapere quale tipo di informazione potessero avere i servizi segreti: “Un tempo i servizi di sicurezza israeliani proteggevano i cittadini ebrei e le istituzioni ebraiche in tutto il mondo, soprattutto in Europa. Ma negli ultimi anni questi non sono bene accetti dalle autorità dei vari Paesi equesto è un vero problema. Si è creato un vuoto che ovviamente le polizie locali non hanno saputo colmare”. Wiesel spiega che se ne sono andati una decina di anni fa “e francamente è un vero mistero visto che si tratta di un’industria gigantesca e molto efficiente che protegge i privati e le istituzioni di tutto il mondo, non solo ebrei”. Sottolinea che “da sempre i nemici del popolo ebraico prendono di mira scuole e sinagoghe”. La crescente ostilità dell’opinione pubblica europea contro il governo israeliano può aver giocato un ruolo? “Che cosa c’entra la politica con una scuola dove dei giovani scolari vanno a studiare? Lo ripeto: chi ha colpito è un antisemita che opdia visceralmente tutto ciò che è ebraico”, risponde Wiesel, che ricorda come l’antisemitismo stia espandendosi “a macchia d’olio ovunque e dopo Auschwitz questo boom è a dir poco incredibile”.
Due pagine de La Stampa sono interamente dedicate all’eccidio di Tolosa. Il quotidiano parla con Barbara Levebvre, insegnante di storia e geografia della banlieue nord occidentale di Parigi, che ha raccontato la sua esperienza nel libro “Le territoires perdus de la Répubblique”. Dice che gli insulti contro gli ebrei sono la norma, soprattutto da parte dei magheribini. Il quotidiano intervista anche l’antropologo Marc Augé, che spiega come sia forte nell’estrema destra l’antisemitismo, per quanto si tratti di una corrente minoritaria. Secondo Augé bisogna distinguere dall’impatto delle crisi internazionali, che è stato forte, dala tradizione dell’antisemitismo francese, che pure è innegabile. Esiste un clima di violenza generalizzata, dove si incrocia il razzismo anti-ebraico, quello anti-arabo o anti-musulmano, quello contro gli immigrati di qualsiasi provenienza. Per quanto riguarda Tolosa, però, va sottolineato come tutti abbiano percepito l’orrore. Persino Marine Le Pen, leader del Front Natioonal, che ha forti componenti razziste e antisemite, ha aderito alla giornata di lutto.
Augé dice che è innegabile che esista una corrente antisemita che attraversa la storia francese, perché la Francia è un Paese di accoglienza, dove i cittadini di origine ebraica sono tanti, ed hanno raggiunto posti importanti, pensi a Dominique Strauss-Kahn. Da Leon Blum in poi abbiamo una grande tradizione di politici ebrei. Se guardiamo alla mia generazione, però, moltissimi non facevanoproprio caso alla loro origine, solo dopo le vicende mediorientali la situazione è cambiata, diciamo che si rischia di confondere i piani.

E poi

Il Sole 24 Ore dedica una intera pagina alla Cina, parlando di un “braccio di ferro” al vertice: secondo l’inviato a Pechino si sta inasprendo lo scontro nel partito tra l’ala riformista e i neomaoisti. Sarebbero due gli schieramenti, a grandi linee: uno a favofe dell’approfondimento delle riforme economiche e politiche, come ha annunciato il premier WenJabao, e l’altro per una forma di ritorno a un populismo neomaoista, incarnato dall’ex capo del Pci di Chongqing Bo Xilao, destituito il 15 marzo scorso. Nelle altre analisi si passano in rassegna le difficoltà cui potrebbe andare incontro l’economia, si spiega che si tratta anche di modelli di sviluppo e che per sostenere la crescita il governo di Pechino dovrà compensare il calo degli investimenti con una spinta ai consumi.
Una pagina de La Stampa si occupa del commercio di armi nel mondo: “Tra Cina e India è gara a chi si arma di più. Impennata di budget militari anche per Corea del Sud, Pakistan e Singapore”, titola il quotidiano. E in basso: “Il maggiore datore di lavoro? Il Pentagono”. Spiega il quotidiano che ha più di tre milioni di dipendenti. Il secondo in classifica è l’esercito cinese, seguono Wal-Mart e McDonald.

Su La Repubblica l’inserto R2 è dedicato al Brasile, definito “la nuova America”. Al momento la “febbre del Brasile” non sembra risentire della crisi ed il Paese è impegnato nello sviluppo delle infrastrutture, importa talenti stranieri e favorisce il ritorno dei suoi immigrati. Due anni fa i brasiliani residenti all’estero erano 3 milioni, oggi la metà è tornata nel Paese. Sono state varate corsie preferenziale per il rilascio di visti di lavoro per i giovani laureati.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini