Carlo Cassola, scrittore, saggista, partigiano

Pubblicato il 8 Novembre 2021 in , , da Pierfranco Bianchetti

È un bambino taciturno e solo, Carlo Cassola, nato a Roma nel quartiere Case Rosse il 17 marzo 1917, ultimo di cinque figli. Già nella sua infanzia i libri sono la sua grande passione e leggere è il più grande divertimento. Durante il liceo classico collabora alla rivista studentesca “La penna dei ragazzi”fondata da Vittorio Mussolini, ma anche il cinema è per lui uno strumento di maturazione personale e culturale, che lo avvicina ai ceti più popolari e più poveri. Particolare emozione gli procura la visione del film di René Clair À nous la liberté. Iscritto alla Facoltà di Legge, continua a divorare avidamente libri tra i quali quelli degli autori stranieri Dos Passos, Lawrence, Joyce. Dopo adiversi soggetti cinematografici, scrive dal 1937 al 1940 i suoi primi racconti, mentre frequenta il Corso Allievi Ufficiali di Spoleto. Legato ad alcuni gruppi di intellettuali, firma i suoi lavori letterari, La visita, Il cacciatore, II soldato, usciti sulle riviste Corrente, Il Frontespizio, Letteratura.

Nel 1940 si sposa e l’anno successivo è richiamato alle armi, ma in seguito all’Armistizio del settembre 1943, si unisce a un gruppo di partigiani comunisti in Toscana e partecipa alla Resistenza antinazista. Dopo la Liberazione scrive altri racconti, ma anche articoli per diversi quotidiani e periodici e si iscrive al Partito d’Azione. Nel 1946 è uno dei promotori dell’appello “Gli intellettuali per la Repubblica”, con cui si chiede l’abolizione della monarchia. Nel 1949, dopo la morte della giovane moglie scrive, per sopportare la sofferente vedovanza, Il taglio del bosco, testo che però è inizialmente rifiutato dagli editori ed è poi motivo di polemica politica una volta pubblicato. Nel 1948 diventa amico di Luciano Bianciardi, all’epoca bibliotecario comunale di Grosseto. I due realizzano uno studio sui minatori della  Maremma pubblicato nel 1954.

Carlo Cassola
Claudia Cardinale e George Chakiris ne “La Ragazza Di Bube” di Luigi Comencini_1964. (Photo by Hulton Archive/Getty Images)

Risposato e diventato padre di una bambina, lo scrittore negli anni Cinquanta è apprezzato per le sue opere Fausto e Anna, I vecchi compagnie la seconda edizione del racconto Il taglio del bosco. Seguono Un matrimonio del dopoguerra e soprattutto nel 1960, La ragazza di Bube, un grande successo editoriale e premio Strega vinto nell’estate del ’60. Collaboratore alla Terza pagina de Il Corriere della Sera, Carlo Cassola nel 1961 lavora alla trasposizione cinematografica del suo romanzo più fortunato. Più tardi abbandonata la visione letteraria legata alla Resistenza, torna alla sua vecchia poetica e si allontana dall’impegno politico (nel 1962 è stato consigliere comunale socialista a Grosseto).

Dopo numerosi viaggi all’estero, Cassola scrive nel 1968 Ferrovia locale, non abbandonando mai la sua attività giornalistica.  Nel 1969 pubblica il racconto Una relazione e nel 1970 Paura e tristezza, un’opera considerata l’inizio di una terza fase della sua vita letteraria, quella di una cultura impegnata (“Una letteratura problematica, una letteratura d’indagine, è ormai la sola che m’interessi” scrive all’amico Franco Fortini). Vari problemi di salute, però, non gli impediscono di continuare a firmare nuovi testi, tra i quali Gisella, L’antagonista, Troppo tardi. Alla fine degli anni Settanta fonda con Francesco Rutelli il mensile L’Asino, mentre nel 1981 escono i romanzi La zampa d’ocae L’amore tanto per fare e nel ’83 Mio padree La rivoluzione disarmista. Dal 1984 la sua salute peggiora. Riesce ancora a collaborare con il quotidiano Paese sera e a dare alle stampe  racconti e articoli letterari. Il 29 gennaio 1987 a Montecarlo di Lucca muore per un attacco cardiaco. Con lui scompare uno degli scrittori più atipici del mondo letterario italiano.

Carlo Cassola
“La visita”

Carlo Cassola e il cinema

Nel 1962 Luigi Comencini, insieme allo sceneggiatore Marcello Fondato e (come abbiamo visto) con la collaborazione dello stesso scrittore, scrive il copione di La ragazza di Bube, cercando di mantenersi il più possibile fedele al romanzo. Claudia Cardinale è scelta per il ruolo di Mara, la protagonista del film e a George Chakiris, attore e ballerino statunitense, sarà Bube, in realtà un ruolo a lui poco adatto. Le riprese iniziano nella primavera del 1963 e il film viene presentato in anteprima a Palermo il 27 dicembre di quell’anno. La storia si svolge nell’immediato dopoguerra in Toscana. La bella Mara conosce l’ex partigiano Bube, nome di battaglia di Arturo Capelli, che sta cercando di adattarsi alla nuova realtà italiana dopo la caduta del fascismo. La ragazza se ne innamora subito, ma Bube, accusato di un delitto politico, deve nascondersi, mentre i compagni della Resistenza stanno organizzando la sua fuga all’estero. La coppia è costretta a separarsi. Mara si trova un lavoro in città in attesa di avere buone notizie sulla sorte del suo fidanzato e nel frattempo incontra Stefano (Marc Michel), un giovane operaio serio e determinato a costruirsi un futuro, che la vuole sposare. Arrestato dai carabinieri, l’ex partigiano è rinchiuso in prigione in attesa di processo e si sente solo e sfiduciato. Ormai i valori della Resistenza nella nuova società italiana sono in pratica dimenticati. Mara capisce che deve fare e una scelta. Dice  addio a Stefano e si appresta a passare lunghi anni in solitudine in attesa della scarcerazione del suo compagno.

Luigi Comencini, reduce da tre film accolti con successo dal pubblico e dalla critica,Tutti a casa, 1960; Il commissario, 1962 e A cavallo della tigre, 1962, con La ragazza di Bube firma un’altra pellicola di grande spessore; un ritratto appassionato di due uomini, l’onesto operaio Stefano che rappresenta l’Italia del miracolo economico e Bube, l’ex rivoluzionario deluso da un mondo nel quale aveva creduto e per il quale aveva rischiato la vita. Splendida la fotografia in bianco e nero di Gianni Di Venanzio, che contribuisce a rendere la profonda malinconia espressa dalla dolorosa storia di Mara e Bube.

Carlo Cassola
“La ragazza di Bube”

Nel 1963 esce nelle sale italiane La visita, una pellicola diretta da Antonio Pietrangeli (una delle migliori della sua carriera di regista), tratta da un racconto di Cassola, con una coppia di interpreti di grande spessore, Sandra Milo e l’attore francese François Perier. Pina, una bella donna che abita nel ferrarese, benestante, prosperosa, ma avviata ad un declino fisico ormai imminente, ha iniziato una corrispondenza a fini matrimoniali su di una rubrica di cuori solitari con Adolfo, un commesso di una libreria di Roma, che si fa passare per un uomo colto e di ottime possibilità economiche, quando in realtà è solamente un individuo frustrato e insincero. All’improvviso una fine settimana Adolfo si presenta a casa di Pina. I due, mangiando e bevendo con abbondanza, fanno amicizia e prospettano anche un loro possibile matrimonio futuro. Quando però lei gli confida di avere una relazione con un camionista onesto e discreto, lui si irrita dimostrandosi un individuo meschino, falso e bigotto. Dopo una notte insieme, i due si salutano alla stazione promettendosi di continuare la loro corrispondenza amorosa anche in futuro, pur sapendo che il loro rapporto però è destinato a finire.

Commedia amara, ma delicata, La visita rimane uno dei film italiani più interessanti di quegli anni; un garbato ritratto di una solitudine esistenziale davvero unico. Brava Sandra Milo, l’emiliana di origini contadine che aspira a diventare una piccola borghese e non da meno François Perier che conferma il suo talento già emerso in Le notti di Cabiria (1957) di Federico Fellini. Nel 1963 Vittorio Cottafavi gira per la televisione italiana un telefilm (andato in onda il 19 settembre) tratto dal racconto omonimo di Cassola, ambientato nel mondo dei legnaioli del Grossetano, Il taglio del bosco, (1954), interpretato da Gian Maria Volontè, Lisetta Sordi, Domenico Bartoletti, inserito in un ciclo di nove Racconti dell’Italia di oggi.

Passeranno 40 anni prima che l’opera letteraria dello scrittore torni sul grande schermo. Nel 2004, Carlo Mazzacurati firma L’amore ritrovato, dal racconto Una relazione, 1962, interpretato da Maya Sansa e Stefano Accorsi, che si svolge nel 1936 sul litorale toscano. Giovanni Mansani, un trentenne impiegato di banca, sposato con un figlio e sempre alla ricerca di avventure galante per riempire la sua infelice vita di impiegato senza emozioni, durante uno dei suoi quotidiani spostamenti in treno per raggiungere il posto di lavoro, rivede Maria, una sua vecchia fiamma.  Giovanni non perde occasione e la corteggia sapendo che la ragazza ha già avuto molti uomini. Lei delusa dall’amore, si lascia sedurre, anzi prende più volte l’iniziativa per continuare i loro incontri furtivi, irritando Giovanni con la sua audacia. I due si lasciano malamente, ma tre mesi dopo scoppia la guerra in Africa e Giovanni, richiamato in Marina per un corso di aggiornamento a Livorno, ritrova Maria, che fa la manicure. La loro passione si accende ancora e l’amore più volte soffocato emerge prepotentemente.

Passano giorni felici ed emozionanti per la coppia che vive quasi come marito e moglie.  Però quando Maria vedrà in una pasticceria il suo uomo festeggiare con sua moglie il compleanno del loro bambino, capirà che la loro storia è destinata a non durare. Passano nove anni e in una Italia trasfigurata dalla guerra appena conclusa, tra macerie e volti di gente smarrita e affamata, su di un treno merci utilizzato per i passeggeri, Maria e Giovanni si rivedono. Lui è rientrato da poco dalla prigionia in Germania e lei sposata e con una bambina di pochi mesi, aspetta con ansia il rientro del marito ancora prigioniero. I due parlano del loro amore passato con nostalgia e tenerezza, un amore grande che rimarrà sempre dentro di loro.

L’amore ritrovato, presentato fuori concorso alla 61° Mostra del Cinema di Venezia, le cui scenografie di Giancarlo Basili sono state ricavate da quadri dei pittori italiani degli anni Venti e Trenta (ad esempio il bellissimo Gli amanti dellastazione, 1933, di Antonio Donghi), si avvale anche di uno straordinario Marco Messeri nel ruolo di Franchino, un controllore delle ferrovie saggio e umano, dalla fluente parlata toscana. Tra le sequenze più riuscire quella di Maria che piange al cinema guardando La signora di tutti, una celebre pellicola di Max Ophüls, trampolino di lancio della mitica Isa Miranda.

Carlo Cassola
“L’amore ritrovato”