Batman con la sciatica

Pubblicato il 8 Settembre 2012 in , , da Clementina Coppini

 La vista quando mi sveglio è un po’ annebbiata, ho le formiche a tre dita della mano destra, mi alzo e sento il clangore delle giunture, vado in bagno e vedo una faccia rugosa e i capelli bianchi. Ma sono io oppure ho perso il conto dei giorni ed è già Halloween? Mi sistemo, mi trucco e mi parrucco e sembro il Joker, il più acerrimo nemico di Batman. Il vestito mi sta un orrore. Forse dovrei fare come Batman e cominciare ad andare in giro con maschera e mantello e a muovermi di notte, così mi si vede di meno.

Vado in palestra: tre minuti di cyclette e mi viene male al ginocchio, cinque minuti di esercizio per le gambe e ho un attacco di sciatica, qualche sollevamento per rinforzare le braccia e mi torna il dolore alla spalla che mi prende ogni tanto da quando l’ho lussata anni fa. Piove, ho i reumatismi. C’è il sole, mi viene una pelle da tartaruga centenaria che si squama come quella di un pitone ottuagenario.

Guido di sera, le luci dei lampioni si allungano fino al cielo e le macchine che procedono in senso contrario mi accecano. Piove, mi bagno la testa, ed ecco la cervicale. Salgo le scale con due sacchetti della spesa, ho il fiatone. Salgo le scale senza sacchetti della spesa, ho il fiatone. Un tempo riuscivo a stare in piedi dieci ore consecutive senza problemi, facevo le pulizie senza fermarmi un attimo. Adesso ho bisogno di sedermi, ho bisogno di concedermi delle pause. È ovviamente l’età. Sto imparando che con il passare del tempo è opportuno modificare il proprio personale concetto di urgenza.

Prima pensavo di dover finire tutto e subito, adesso penso che finirò con calma. Ciò che mi sembrava fondamentale e indispensabile fare ora non mi pare più così fondamentale e nemmeno così indispensabile. Sì, esistono cose utili, ma tra l’utile e il fondamentale ci passa un Tir con rimorchio messo per traverso. Non mi dispiace delegare, non mi sembra un delitto così grave rimandare.

Ciò non implica sciatteria e neppure disinteresse nei confronti del mondo e dei suoi accadimenti. Non è pigrizia, bensì una forma di sano distacco dalle legittime ansie della giovinezza, da quel sacrosanto fervore dei primi quarant’anni. Credo si tratti di una primitiva forma di autocoscienza, che intendo coltivare come un vecchio Batman (decisamente non multi-milionario e tantomeno miliardario) che non ha appeso il costume al bat-chiodo, ma ha imparato a non catapultarsi ogni tre per due in mezzo alla mischia. Perché non ha più l’età e tanto c’è Robin. Cosa l’ha addestrato a fare il volenteroso ragazzo se poi lo tiene segregato nella bat-caverna e vuole sempre fare tutto da solo come se fosse ancora un giovanotto? 

I supereroi non muoiono e non invecchiano. Fa niente, farò lo stesso il Batman che va in pensione. E comunque a non invecchiare non è il supereroe in se stesso, ma l’idea di cui esso è portatore. Un vero Batman deve avere il coraggio di accettarsi con la sciatica e gli occhiali da presbite, deve avere il coraggio di passare il testimone a Robin, anzi deve essere abbastanza estremo da farsi da parte e lasciare spazio al nuovo Batman. Non credete che non ci sia. State certi che da qualche parte c’è, è sicuro che c’è: magari ha solo bisogno di una guida. Dare prospettiva alle generazioni dopo di sé è l’unico modo che, invecchiando, si ha per proiettarsi d’un balzo nel futuro. Un tempo tutto ciò aveva un nome: saggezza.