Le ragioni del Sì

Pubblicato il 14 Settembre 2020 in Ideas

Il Professor Salvatore Vassallo, Ordinario di scienze politiche all’Università di Bologna ha dichiarato:

“Penso che la legge sia il risultato di molti anni di analisi, dibattiti e discussioni tra esperti e politici impegnati su questo tema. E’ la traduzione di un’opinione largamente condivisa, almeno nelle espressioni pubbliche, da un ampia parte dei membri della dottrina “costituzionalistica” e degli studiosi di politica comparata così come dalle forze politiche, di riformare la nostra Carta fondamentale, nella parte istituzionale. Sin dai tempi della Costituente, e immediatamente dopo, c’è sempre stata l’idea che il nostro sistema bicamerale presentasse qualche anomalia, forse giustificabile nell’immediato dopoguerra e in relazione al contesto storico-politico nel quale fu approvata la Costituzione, ma evidentemente non in linea, per qualche ragione, con le altre democrazie parlamentari. Per dimostrarlo basti considerare due semplici dati di fatto. Il primo è che il nostro Parlamento ha il maggior numero di parlamentari elettivi a tempo pieno del mondo: siamo terzi dopo l’Assemblea del popolo cinese (3000 parlamentari) e dopo il Parlamento britannico (per il semplice fatto che la sua Camera Alta è composta da 800 Lord a vita che, tuttavia, non sono parlamentari a tempo pieno). Del resto tali casi sono “straordinari”. La seconda considerazione nasce dal fatto che il nostro sistema bicamerale è l’unico, ad eccezione della Romania, in cui il Senato dà e toglie la fiducia al Governo. In tutti i Paesi caratterizzati dalla forma di governo parlamentare il rapporto fiduciario intercorre, esclusivamente, fra una sola Camera e il Governo.

Tali questioni furono sollevate dal presidente Napolitano quando, dopo la sua rielezione, disse alle Camere: ‘Voi sapete quali sono i due problemi dell’Italia: la legge elettorale (Calderoli) e il superamento del bicameralismo paritario, perché è a causa di questi nodi, se continueremo ad avere risultati elettorali indecifrabili”. Questo è il punto chiave della riforma, pertanto penso che sia una buona legge e, finalmente, dopo trent’anni di discussioni, sembra che siamo arrivati alla svolta decisiva’.

Su quali punti della Riforma nutre eventuali dubbi o perplessità?

Credo che alcuni elementi siano sopravvalutati. Tuttavia, io non penso ,come alcuni sostengono, che la riforma sia scritta male o sia pasticciata. Ritengo che queste affermazioni provengano o da persone che abbiano un pregiudizio negativo oppure da coloro che non hanno letto con sufficiente attenzione il testo della riforma. Se l’avessi scritta io, avrei evitato di attribuire le stesse immunità delle quali godono i deputati, ai senatori perché in fondo essi, nel nuovo ordinamento, svolgono una continuazione della loro attività di consiglieri regionali e sindaci, quindi, non trovo giustificabile che siano coperti da queste prerogative, sebbene svolgano un ruolo legislativamente importante, giacché il Senato mantiene pieni poteri normativi sulle revisioni costituzionali.

Cosa accadrebbe se vincesse il no?

Come analista, direi che, se vincesse il “no”, noi ci ritroveremmo con un sistema politico con qualche difficoltà a reggere la stabilità governativa nell’arco di uno o due anni successivi alla votazione. Non si deve dimenticare che, in questa fase della vita del Paese la governabilità è indispensabile.


Carlo Fusaro, già professore di diritto elettorale e parlamentare dell’Università degli studi di Firenze, è tra i giuristi che si sono espressi a favore del taglio dei parlamentari:

“Non vedo ragioni per votare “no”. È una riforma modesta, limitata, che si limita a fare quello che è stato proposto per 40 anni da quasi tutte le forze politiche. La riduzione dei parlamentari è infatti stata approvata per 13 volte dal Parlamento italiano, di cui quattro durante l’ultima legislatura e nell’ultima votazione c’è addirittura stato il voto unanime di tutte le forze parlamentari, tranne +Europa. Il referendum, secondo me, a fronte di un consenso quasi plebiscitario tra i partiti nel voler snellire il Parlamento nemmeno si sarebbe dovuto tenere».

Quali esigenze vengono soddisfatte dal taglio dei parlamentari?

In primo luogo è un bene che la classe politica parlamentare sia più contenuta, le Camere sono troppo numerose. Ad oggi in Italia non ci sono 945 personalità all’altezza del compito di parlamentare. Se si guardano i lavori parlamentari si vede infatti che il numero dei deputati e senatori che concorrono al processo legislativo o di controllo parlamentare è limitato. Il rapporto tra elettori ed eletti in Italia è esageratamente basso. In secondo luogo è esperienza comune che assemblee più piccole sono potenzialmente più efficienti: parlano meno persone, c’è meno esibizionismo e più lavoro concreto. Anche perché il grosso del procedimento legislativo avviene nelle commissioni parlamentari e una composizione di 30 deputati e 15 senatori, che risulterebbe dal taglio degli eletti, mi sembra più che sufficiente. Infine c’è un modesto risparmio economico e una democrazia un po’ più austera mi sembra che sia auspicabile.

392 deputati, non considerando gli 8 eletti nella circoscrizione Estero, sono un numero abbastanza ampio per dare rappresentanza a tutti i territori. Il problema al massimo può esserci in Senato e oltretutto solo per quelle due o tre regioni che eleggono un numero minimo di senatori. Qui potrebbe capitare che la maggioranza – locale, che può quindi anche non coincidere con quella nazionale – elegga due senatori su tre o anche tre su quattro. Ma non ci vedo niente di male, quello che conta è poi la media a livello nazionale, senza contare che i cittadini godono di una rappresentanza locale anche attraverso le elezioni comunali e regionali.

Non c’è il rischio di avere alcune regioni sovrarappresentate rispetto ad altre?

Ma è già così in base alla Costituzione vigente, che stabilisce la distribuzione regionale dei senatori e fissa un numero minimo di senatori eletti per regione. Ci sono così regioni che eleggono molti più senatori di quanto non gli spetterebbe in base alla loro popolazione. Si pensi al caso della Basilicata, che ne elegge il doppio. Non mi pare che questo sia stato un problema finora.

Io ho 70 anni e ne ho passati la metà a cercare di riformare il bicameralismo perfetto. Ho votato sì ai referendum sulle riforme costituzionali degli ultimi anni che andavano in quella direzione. Oggi onestamente non vedo esistere neanche alla lontana i presupposti per una riforma del bicameralismo, e in ogni caso non vedo come la riduzione del numero dei parlamentari possa peggiorare le cose. Anzi. Se i cittadini vedessero cambiare qualcosa con il taglio dei parlamentari, e non ne derivassero sconvolgimenti e drammi come invece pronosticano i sostenitori del “no” al referendum, può darsi che si crei un clima più favorevole alle riforme in Italia. A quel punto si potrebbero anche rivedere le istituzioni politiche del Paese, governo e Parlamento in primis.

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