Spending review, partiti in allarme

Pubblicato il 2 Luglio 2012 in da redazione grey-panthers

La sconfitta italiana ai campionati europei di calcio è notizia di apertura -o comunque di grande evidenza- sulle prime pagine dei quotidiani.
Poi, andando alle pagine interne, La Repubblica dedica all’evento le prime 19 pagine e Il Corriere della Sera le prime 13.

La Repubblica: “Azzurri, la grande delusione”. E a centro pagina: “Monti e Rajoi a Kiev: ‘Fateci vedere Yulia’” (l’ex primo ministro ucraino Tymoshenko, in carcere con l’accusa di abuso di ufficio).
Di spalla: “Spending review, pronti tagli per 9 miliardi”.

Corriere della Sera: “La Spagna travolge un’Italia stanca. Ma grazie agli azzurri per il sogno”.
A centro pagina: “La Lega si affida a Maroni”, “Il neosegretario: non avrò tutele. Le lacrime di Bossi”.
In basso: “Taglio dei dipendenti statali. Via un dirigente su cinque”.

La Stampa: “Maroni: segretario senza tutele. Bossi lascia fra lacrime e veleni”.
Di spalla, sui campionati europei: “Delusione azzurra”.
In taglio basso: “Tagli, misure per 4-8 miliardi. Forse la manovra in due tempi”.

L’Unità: “Il sogno è svanito”, con grande foto degli azzurri in campo.
A centro pagina, sulla spending review: “Basta tagli alla Tremonti”.

Il Giornale, con foto delle lacrime dei nostri calciatori: “Grazie lo stesso”. E poi: “Monti allo stadio non canta l’inno e porta pure male”.

Libero: “Monti porta sfiga”.

Il Sole 24 Ore punta sulle tasse municipali: “Addizionali Irpef al massimo”, “L’imposta sale in mille comuni, la metà di quelli che hanno deciso”.

Spending rewiew

“Tagli alla spesa: oggi sull’Italia gli occhi di tutta Europa”, è il titolo dell’analisi di Fabrizio Forquet, sulla prima pagina de Il Sole 24 Ore. Dove si legge che “archiviata l’euforia di venerdì scorso, sarà questa mattina il vero test dei mercati sull’accordo siglato al Consiglio europeo. Comunque vada, una cosa è certa: l’Italia più che mai deve continuare sulla strada delle riforme”, perché “a nessuno sono sfuggite le concessioni fatte da Berlino al tavolo europeo”, ma “tocca all’Italia ora dimostrare che quell’intesa non è un cedimento al lassismo, piuttosto un incoraggiamento per i Paesi con debito eccessivo a proseguire sulla strada del consolidamento dei conti pubblici e della crescita”. Si ricorda quindi che tra un asettimana sarà già tempo di nuove aste e nuovi titoli da collocare: “bisogna arrivarci con la casa in ordine” ed è per questo importante il modo in cui sarà portata a termine “quella spending rewiew di cui si ragiona ormai da troppo tempo”. Anche in un governo tecnico -sottolinea Forquet- “nessun ministro accetta con piacere tagli al proprio dicastero. E le burocrazie interne sanno come far sentire la propria pressione. Tocca perciò a Monti superare le resistenze” e “analoga responsabilità devono dimostrare le forze politiche che sostengono il governo. I tagli di spesa non possono essre l’ennesimo boccone amaro da inghiottire in nome di un vincolo esterno. Ma piuttosto il terreno su cui dimostrare la propria capacità di leadership e legittimare, nel riformismo, la propria aspirazione a tornare presto in prima persona al governo del Paese”.
L’Unità, che auspica non si tratti di “tagli alla Tremonti”, spiega che la spending rewiew “deve passare la forze caudine dei ministeri interessati (quasi tutti) e delle forze sociali”. Oggi si riuniranno i ministeri economici per limare le bozze, mentre domani sarà la volta di Regioni e parti sociali. E il segretario del Pd Bersani “lancia un avvertimento al governo”, ammonendolo: la spending rewiew non assomigli ad una nuova manovra correttiva. Poi il quotidiano riferisce che le forze che sostengono il governo chiedono di allargare anche a loro le consultazioni. “Non serve la scure per riformrae lo Stato”, scrive ancora su L’Unità Patrizio Bianchi: “Bisogna decidere se questa spending rewiew vuole rimanere alla superficie della questione, tagliando qua e là, in ragione della minore o maggiore resistenza dei corpi sociali colpiti, oppure se questa diviene l’occasione per un ridisegno dell’organizzazione dell’amministrazione di un Paese che ha bisogno più che mai di servizi pubblici efficienti nella gestione, ed efficaci nel rispondere ai bisogni di  una popolazione molto diversa dal passato”.
Su La Repubblica: “Spending rewiew, il governo accelera. Pronto un pacchetto di 9 miliardi. Bersani: prima vogliamo discuterne”. E un “retroscena” racconta di come sia scattato “l’allarme di partiti sui tagli” perché temono che saranno loro “a pagare in campagna elettorale”. Si riferisce quindi che in un colloquio riservato, la scorsa settimana, Bersani averbbe detto chiaro e tondo a Monti: “Presidente, ti sconsiglio di fare il Consiglio dei ministri lunedì. Non daresti il tempo ai sindacati di approfondire la materia. E se hai in mente tagli lineari, non concordati con le parti sociali, noi stavolta non ti possiamo coprire”. Di analogo tenore le dichiarazioni del capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: “Se pensano di arrivare in Parlamento con un pacchetto blindato e poi cavarsela con la fiducia, stavolta ballano davvero”.
Ieri il Corriere della Sera intervistava Massimo D’Alema, secondo cui Monti, potrebbe trovarsi a suo agio in un nuovo centrosinistra europeo e sottolineava che il Consiglio di Bruxelles è stato l’atto costitutivo di un nuovo centrosinistra europeo. Oggi il quotidiano intervista Nichi Vendola, che si dice “allibito” dall’entusiamo “quasi propagandistico di D’Alema per i presunti risultati di Bruxelles”.
L’Unità intervista il vicesegretario Pd Enrico Letta, secondo cui c’è “un avvicinamento tra Monti e le tesi dei progressisti europei”. E del governo del dopo Monti dice che non soltanto avrà “il Pd come perno”, e Bersani come guida, ma anche che dovrà essre “in forte continuità” con l’attuale esecutivo: “continuità programmatica e anche di uomini”.

Lega Nord.

E’ Il Giornale in quotidiano che dedica più spazio all’elezione di Roberto Maroni a segretario federale della Lega Nord. Con un commento di Vittorio Feltri: “Chi difende il Nord avrà sempre i voti”. Dove si legge che “gli antileghisti hanno avuro buon gioco nella polemica, coniando uno slogan acido: Roma ladrona e Lega copiona. Ma sappiano che la questione settentrionale non è stata risolta azzoppando i padani”. Poi è Giancarlo Perna a stilare il ritratto di Maroni: “Bobo, l’ex veterocomunista sedotto e ripudiato dal capo”: “liceale modello, Maroni si iscrive a Democrazia proletaria. Poi a 33 anni il sodalizio con Bossi fino allo scontro finale al congresso di Assago. Ieri il sorpasso sul fondatore”. E sulla “svolta del Carroccio”, la reazione di Bossi: “l’ultimo graffio, poi re Umbero abdica”, “Bossi tenta di resistere, attacca e denuncia ‘imbrogli’. Solo alal fine, piangendo, cita Salomone: ‘Il bambino è di Bobo’”.  L’inviato al congresso sottolinea poi il ruolo del governatore del Veneto Luca Zaia, che lo ha peraltro presieduto: è lui “il simobolo del nuovo corso leghista. Lombardocentrica finché c’era Umberto Bossi a sopire le rivendicazioni venete, da qui in poi la Lega vedrà spostare il suo baricentro sempre più a Nord Est”.
La Repubblica spiega che Bossi “ha distribuito una serie di pesanti messaggi alla nuova reggenza leghista. Un misto di accuse dirette e allusive, ironie sui moralizzatori con la scopa in mano, sospetti feroci di complotto ordito all’interno della Lega, perfino minacce di scissione (‘se non ci fosse più questa Lega, ci sarebbe un altro movimento’), i cui bersagli mai nominati ma evidentissimi erano Maroni e i suoi grandi elettori, Zaia e Tosi. Tanto che Zaia è intervenuto per fermarlo, ricordando che il nuovo statuto è stato approvato all’unanimità. E qui Bossi ha tirato il primo schiaffo: ‘Vado a vedere se mi avete imbrogliato’”. Nel suo secondo intervento, Bossi ha rievocato la storia delle due madri davanti a Salomone: “metafora chiarissima, dove la madre buona (Bossi), pur di salvare la vita del bambino conteso (la Lega), lo cede alla madre usurpatrice (Maroni)”. Questa quindi la lettura di Repubblica, secondo cui Maroni punta alla Regione Lombradia per garantirsi un decennio al potere e la successione rischia di essere un suicidio, perché la Lega era “il più personale dei partiti”.
Il Corriere intervista lo stesso Zaia e titola: “La regia di Zaia per il cambio di stagione. ‘Basta riserva indiana, ora concretezza’”.  Dice Zaia: “Io non credo a una Lega che detiene lo scrigno dell’identità del Nord, ma a quella che combatte punto per punto le sue battaglie per il miglioramento dei nostri territori”.

Kenya

In prima sul Corriere l’inviato Massimo Alberizzi firma un articolo dedicato al massacro dei cristiani in Kenya. Una strage di fedeli durante la messa, con commandos armati di granate che assaltano due chiese. Il bilancio è di 20 morti e decine di feriti: “dall’invasione delle truppe keniote in Somalia, nell’ottobre scorso, gli attentati in Kenya si sono susseguiti”, ma quello di ieri “segna un salto di qualità, come se i terroristi-molto probabilmente gli shabab somali- fossero andati a scuola dai loro colleghi di Bojko Haram, quelli che ogni domenica con fredda determinazione criminale compiono stragi nelle chiese del nord della Nigeria”.  Sulla stessa pagina, si racconta come la comunità italiana tema l’effetto Somalia: perché sono molteplici gli investimenti in Kenya, dove l’80 per cento del turismo di Malindi è controllato dai nostri connazionali. Poi si riferiscono le parole del padre comboniano Giulio Albanese: “La Somalia è l’attuale linea di faglia tra Occidente e Oriente. Nel ’900 lo era il Medio Oriente. Anche a seguito delle ‘primavere arabe’, la linea si sposta sempre più sul versante africano”. Le bombe nelle chiese, dice Albanese, “sono un fenomeno scontato. Il Kenya intervenne nell’ottobre 2011 con i suoi militari e dli shabab promisero rappresaglie”, “gli shabab vogliono attaccare gli occidentali. Colpiscono bersagli cristiani per avere più risonanza all’estero: strumentalizzano la religione a fini eversivi”. Perché, spiga Albanese, “c’è un interesse a destabilizzare la Somalia”, visto che “ha tanto petrolio che, se fosse pompato, renderebbe quello Stato il ventesimo produttore di greggio al mondo. Per non parlare di gas e uranio. Le guerre di religione si fanno sepmre per interessi economici. Anche le crociate furono finanziate dalle Repubbliche marinare per riaprire i traffici con l’Oriente”.

di Ada Pagliarulo e Paolo Martini