Monti: “L’Italia non fallirà”

Pubblicato il 6 Dicembre 2011 in da redazione grey-panthers

Monti dice che “l’Italia non fallirà”.
Scontri in piazza dopo le elezioni russe
La conferenza di Bonn conferma gli aiuti all’Aghanistan

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Manovra, ecco quanto pagheremo. Monti in Parlamento illustra le misure: ‘L’Italia non fallirà’. Lo spread scende a 375, tassi Btp sotto il 6 per cento, bene la Borsa”. A centro pagina: “Intesa Merkel-Sarkozy, ma arriva lo schiaffo dell’agenzia di rating”. Ieri Standard & Poors ha annunciato che metterà sotto osservazione la “tripla A” assegnata a Parigi e Berlino.

Libero: “Gli evasori ringraziano. Nessuna seria misura contro i furbetti, lo ammette anche Visco. In compenso, la stangata di Monti indurrà altri italiani a dribblare le tasse e a portare il proprio denaro all’estero”.
E poi, in un titolo di spalla: “Paga (quasi) tutto il Nord”, “Tre quarti dei soldi verranno tolti ai padani”.

La Repubblica: “Monti in Aula: l’Italia non fallirà”, “volano le Borse, crolla lo spread. Berlusconi: voto di fiducia o il decreto rischia”. A centro pagina: Euro, patto Merkel-Sarkozy. Berlino rischia la tripla A”.

La Stampa: “I mercati promuovono la manovra”, “il premier: il Paese non fallirà. Il debito di Francia e Germania a rischio declassamento”.

Il Giornale: “Il dio spread è sazio”, “grazie ai nostri sacrifici”, “più tasse e calano i tassi. Così è facile, ma ora Pdl e Pd cominciano a prendere le distanze da Monti”. E sul vertice franco-tedesco: “Altro che risate: Merkel e Sarkozy rischiano il declassamento”.
In prima pagina la foto del segretario Pd Bersani che – secondo il quotidiano – “studia da killer”, ed ha un “piano per il ‘monticidio'”.

Manovra

La Stampa intervista Piercarlo Padoan, vicesegretario generale dell’Ocse. Dice che l’intervento tanto contestato dai sindacati sulle pensioni va nella direzione giusta, perché rende più sostenibile il sistema, ed è importante “che si lasci al lavoratore la scelta di andare in pensione prima, ma con un assegno più basso”. Per Padoan sul versante della crescita, invece, “si può e si deve fare di più, soprattutto in materia di liberalizzazione del mercato del lavoro”, ma ricorda che Monti ha annunciato che vuole concertare con le parti sociali misure più eque su welfare e lavoro. Su questo fronte, ricorda che non ci sono ammortizzatori sociali adeguati e che “continua ad esserci, in Italia, un dualismo forte tra tutelati e non tutelati”. Dice anche che esiste il problema di avvicinare le retribuzioni alla produttività, a livello territoriale.

Alla questione delle liberalizzazioni è dedicata una analisi di Alessandro De Nicola, sulla prima de La Repubblica. Sarebbe bene che Monti, con la sua autorevolezza di economista e i convincimenti liberali di cui è portatore, “spiegasse ai cittadini perché è bene vendere i beni pubblici”. Finora le privatizzazioni sono state quasi sempre giustificate con la necessità di fare cassa, abbattere il debito pubblico. De Nicola ricorda che le recenti “tristi vicende di Finmeccanica, Alitalia, di molti acquedotti pubblici, della Rai ci insegnano che le aziende in mano al Leviatano possono ingenerare perdite enormi, che poi debbono essere coperte dal contribuente”. E non va dimenticata la questione ordini professionali, su cui si rinvia continuamente una decisione, malgrado i professionisti abbiano fatto conoscere il loro punto di vista in tutte le salse, e la commissione europea pure.

Nicola Saldutti, sulla prima del Corriere, in un editoriale dal titolo “Banche aiutate. E ora aiutino”, sottolinea che nei provvedimenti appena varati è iscritta la garanzia dello Stato sulle attività bancarie e sui loro nuovi prestiti: un passo necessario per riaprire il rubinetto del credito. Ora, anche la decisione di stabilire la soglia dei 1000 euro per la tracciabilità porterà ad un tetto all’uso del contante e quindi il sistema dei pagamenti godrà in tempi rapidi di una forte accelerazione: per le banche significa “più ricavi e quindi più utili”, poiché dietro l’utilizzo della moneta di plastica è previsto il pagamento della commissione, che arriva per i negozi fino a punte del 3 o 4 per cento: “forse troppo, se una legge dello Stato impone di utilizzare le carte”. Bisogna poi evitare, secondo Saldutti, “che a beneficiare della garanzia pubblica siano gli azionisti (sotto forma di dividendi) e i manager (sotto forma di compensi). Su questo la legge è chiara, il monitoraggio dovrà essere attento: quelle risorse devono andare alla crescita”.

Per Libero il governo ha iniziato a far “regali alle banche”, poiché tra le pieghe del decreto legge si nascondono enormi vantaggi per loro: dalle norme sulla lotta al contante, all’obbligo per le partite Iva di avere conti correnti, da quelle sui pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione (che prevedono che qualsiasi movimento di denaro oltre la soglia dei 500 euro non sia più permesso in contanti) a quelle sulla garanzia statale per i bond degli istituti.

Sul Corriere della Sera Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella tracciano una mappa dei tagli ancora da fare, dai partiti alle regioni: dai rimborsi elettorali, rispetto ai quali negli ultimi 10 anni c’è stato un incremento del 1110 per cento, all’obbligo di trasparenza che dovrebbe valere per tutti i parlamentari e i titolari di cariche elettive, pubblicando su internet redditi, situazioni patrimoniali, interessi economici di ognuno) oggi consultabili solo da chi fisicamente si presenta a un certo sportello della Camera; dal tetto alle retribuzioni ai dirigenti pubblici, attorno ai 289 mila euro lordi annui introdotto dal governo Prodi e poi svuotato, ai costi delle regioni e dei consiglieri regionali.

Internazionale

Ancora attenzione per i risultati delle elezioni in Russia, dove il partito di Putin, Russia Unita, è comunque riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta, fermandosi sotto il 50 per cento. Grazie ad un minipremio di maggioranza, ottiene 238 seggi su 450. Ha perso, rispetto al 2007, 77 seggi e 14 punti percentuali e, come segnala La Stampa, in alcune zone ha ceduto il primato ai comunisti. E, come scrive questo quotidiano, “la rivoluzione russa si confronta nelle urne, ma in piazza incontra ancora i manganelli”; perché ieri gli oppositori hanno cercato di sfilare nelle strade della capitale contro i brogli: trecento i fermati.
Il reportage da Mosca è dedicato a Putin, “l’uomo che non sa perdere”, che in marzo tornerà al Cremlino, ma il cui sistema di potere è meno stabile.
La Repubblica riferisce le parole dell’ex presidente Gorbaciov, che di Putin dice: “E’ arrivato davanti ad una linea rossa. Adesso si fermi e rifletta bene. E’ ancora in tempo per lasciare che tutto resti dentro un processo democratico e senza violenze. Attenzione ai gesti che possano chiamare il popolo alla rivolta”. L’Osce ieri ha ribadito che le elezioni non si sono svolte democraticamente, la Segretaria di Stato Usa Clinton ha detto che “il popolo russo ha diritto ad una inchiesta approfondita ed indipendente”. Le legislative in Russia di domenica sono state “solo una pantomima, e per di più fraudolenta”, dice a La Repubblica l’ex dissidente sovietico Bukowsky, 11 anni di prigionia negli ospedali psichiatrici, poi scambiato con il leader comunista cileno Luis Corvalan.
Il Corriere della Sera racconta la fuga dalla Russia dei “ricchi”: fuga di capitali, fuga di imprenditori stanchi di un Paese dove ogni cosa si ottiene con una mazzetta, o dove si rischia di fare la fine di oligarchi come Khodorkovsky.
E in basso, nella stessa pagina, parlando di risultati elettorali: “La Siberia ai comunisti”. Perché il partito di Zyuganov, che ha raddoppiato i propri seggi in Parlamento, ha battuto Russia Unita di Putin in varie città siberiane, malgrado abbia definito illegittime le elezioni.

Su La Repubblica, attenzione alla conferenza di Bonn dedicata all’Afghanistan. Ancora una volta il Presidente Karzai sembra esser riuscito ad ottenere quel che voleva – scrive il quotidiano – poiché per stabilizzare il Paese, la comunità internazionale ha promesso non solo appoggio militare diretto fino al 2014, ma se servirà anche un altro decennio di finanziamenti e sostegno, ovvero fino al 2024. Il risultato politico del vertice di Bonn è che comunque Karzai rimane l’unica leva possibile su cui possano poggiare gli Usa, la Nato, l’Europa e i Paesi donatori. Ricorda il quotidiano che la conferenza è stata amputata dalla assenza del Pakistan, vero giocatore strategico di questa partita: non sono bastate le telefonate di Obama e della Clinton a far cambiare idea ai dirigenti pakistani, che protestano dopo l’attacco americano cha ha ucciso 24 soldati pakistani. L’Iran ha ribadito di essere contrario ad una presenza militare straniera dopo il 2014. L’impegno finanziario fino al 2014 dovrebbe aggirarsi attorno ai 7 miliardi di dollari. Sulla stessa pagina, il neoministro degli esteri Giulio Terzi, che alla conferenza ha preso parte, traccia un bilancio dei dieci anni dell’impegno italiano in Afghanistan.
Terzi insiste sulla necessità di garantire una “dimensione regionale” alla stabilizzazione dell’Afghanistan, e ricorda che due anni e mezzo fa, al G8 di Trieste, si cercò di coinvolgere direttamente tutti i Paesi vicini, dall’India al Pakistan, dalla Cina alla Russia ai Paesi centroasiatici. Il coordinamento di un contesto regionale cooperativo è essenziale per sfuggire ai falsi determinismi storici. L’Afghanistan non è sempre stato terra di guerre o ostaggio di conflitti legati ad interessi di potenze esterne (il “grande gioco”). Un Afghanistan integrato economicamente e culturalmente con i suoi vicini può trasformarsi da problema in opportunità per tutti, inclusa l’Italia”.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini