Lavoro, i sindacati provano a mediare

Pubblicato il 19 Marzo 2012 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera. “Ultimatum di Fornero sul lavoro. ‘Non si discute all’infinito, riforma anche senza accordo. Monti fiducioso sul vertice di domani: avrà successo. Imprese e sindacati sempre più critici”. In alto: “In India trattativa difficile per i due italiani rapiti”. Il quotidiano scrive anche che nella zona in cui si trovavano i due rapiti dai maoisti i viaggi erano vietati. L’editoriale è firmato da Ernesto Galli della Loggia: “Le ostriche del potere. Elite, soldi e senso della misura”.

La Repubblica: “Lavoro, la mossa dei sindacati. Documento per il governo con l’appoggio di Bersani. La Fornero: no a discussioni infinite, riforma anche se manca l’accordo. Oggi proposta Cgil, Cisl e Uil. Casini: commissariare la Rai”. A centro pagina: “India, paura per gli italiani rapiti, giallo sull’ultimatum dei maoisti. I ribelli: non faremo loro del male”. In evidenza anche un titolo sull’Imu: “Stangata sulla casa, aumenti fino al 30 per cento. Roma, capitale delle tasse”.

La Stampa: “Lavoro, ultima mediazione. Il premier: credo e spero in un successo dell’incontro di domani”. “Oggi Fornero vede i sindacati: non c’è più tempo per discussioni infinite”. E poi: “Rai, Terzo Polo e Pd per il commissariamento”. Ieri Monti era a Torino per le celebrazioni dell’unità d’Italia. “Il governo tiene acceso lo spirito di un anno fa. Monti: si alla Tav, ancoriamoci all’Europa ispirandoci a Cavour”.

Il Giornale: “Fermate i turisti fai da te. In India paura per i due italiani rapiti dai maoisti. Ma in tyroppi vanno a caccia di guai. E poi paghiamo noi. E il nuovo sequestro può diventare un ostacolo per la liberazione dei marò”. A centro pagina un articolo firmato da Renato Brunetta, con foto di Angela Merkel “E’ tutta colpa della Merkel. C’è la prova”.

Lavoro

La Repubblica spiega in un retroscena “la mossa di Cgil, Cisl e Uil” per “sparigliare e “far emergere la reale volontà del governo”. Oggi ci sarà un vertice tra i tre segretari dei sindacati, convocato ieri sera, e che dovrebbe ruotare, secondo il quotidiano romano, sulla proposta di aderire in toto al modello vigente in Germania, dove i licenziamenti per motivi economici ma anche quelli per motivi disciplinari sono affidati ad una decisioone del giudicie, che stabilisce se il lavoratore licenziato ingiustamente ha diritto ad un indennizzo economico oppure al reintegro. I tre sindacati si presenterebbero con questa proposta al governo. Ad auspicare questa soluzione sarebbe il Pd.
La Stampa, in un altro retroscena, spiega “il timore di Bersani: la Cgil sull’Aventino”, e aggiunge che Bersani teme che il suo partito si ritrovi “costretto” ad “avallare una riforma ‘tosta’ del mercato del lavoro”.
Sul Corriere della Sera una intervista a Raffaele Bonanni: “Non spaccherò il sindacato in caso di mancato accordo, ma ognuno dovrà prendersi le sue responsabilità. Io fino all’ultimo lotterò per trovare un punto di convergenza. Il sindacato non può essere da meno dei partiti che hanno dato il via libera a Mario Monti sulla riforma del lavoro. Lasciare solo il governo significa far perdere al sindacato la forza di poter chiedere conto delle politiche generali a tutte le istituzioni”. Bonanni elenca “le cose positive” dei colloqui di queste settimane, dall’uso dell’apprendistato come canale prevalente per i giovani, per eliminare tirocini e stage, partite Iva, contratti in partecipazione e cocopro, al fatto che i contratti a termine costeranno di più. Sull’articolo 18 dice che “basta chiarirci bene su quel che deve fare il giudice”. Alla domanda sul rischio che il governo scelga la soluzione più radicale, cioé preveda l’obbligo del reintegro solo per i licenziamenti discriminatori, Bonanni risponde: “Saremmo l’unico Paese europeo con questa ampia libertà di licenziamento. E poi c’è un altro rischio: trapela la possibilità che l’articolo 18 salti per i nuovi assunti, introducento un devastante sistema duale”.
Luigi Angeletti viene intervistato da La Stampa: “Intesa senza licenziamenti disciplinari”. Secondo il segretario della Uil i licenziamenti per motivi disciplinari non hanno nulla a che vedere con l’economia, la flessibilità e la disoccupazione. “La questione dei licenziamenti disciplinari riguarda solo i rapporti di potere in azienda tra impresa e lavoratori. Oggi in Italia non mi sembra che le imprese siano in condizioni di inferiorità. Anzi, ci pare che siano in una condizione di forza nei confronti dei loro dipendenti”.
Più avanti: “Perché non hanno il coraggio di mettere per iscritto le cause per cui un lavoratore può rischiare di essere licenziato? Perché sono infingardi. Perché vogliono dare piùì potere alle imprese. Se io fossi un imprenditore non mi vergognerei di dire che se uno ruba, se si assenta oltre certi limiti, se boicotta il lavoro, deve essere licenziato.E pretenderei che fosse messo nero su bianco”.
Sui timori della Cigl:”Raffele (Bonanni, ndr) teme che senza un accordo nel governo possano prevalere le spinte più radicali e la riforma sia persino peggiore.E’ un ragionamento che fila,ma ci sono cose che io non sono disposto ad accettare”.
Molti quotidiani ricordano Marco Biagi, ucciso il 19 marzo di dieci anni fa. Su La Stampa interviste a Ichino, Cazzola, Boeri e Tiraboschi

Politica

Una analisi di Ilvo Diamanti e un articolo dei professori Biorgio e Bordignon (La Repubblica) offre un quadro dei consensi per i partiti e per il governo Monti. “Sì alla lista Monti da un italiano su 1quattro, ma il 60 per cento non vuole toccare l’articolo 18”,il titolo. Secondo i sondaggi il Pdl avrebbe il 23,5 per cento, il Pd il 27,2, la Lega il 10 per cento, l’Udc il 9,8, Fli il 3,8. Il 33,5 per cento voterebbe per una coalizione di sinistra, il 19 per cento per la Lega nord da sola, il 46,9 per una coalizione che veda insieme Pd, Pdl e centristi. Sui grandi temi, oltre all’articolo 18 (favorevoli a cambiarlo 32,5 italiani su 100): diritti alle coppie di fatto, sì 69,9 per cento. Diritti anche alle coppie gay, sì 44,4. Sì alla Tav: 55 per cento.
Su Il Giornale, in un articolo dal titolo “le mosse del centrodestra. La linea Alfano rilancia il Pdl nei sondaggi”, si scrive che “il conenso” per il partito di Berlusconi è “saluti al 24 per cento: agli elettori sono piaciuti lo stop al ministro Riccardi e i no a Monti”. In vista delle amministrative, il quotidiano sottolinea le “alleanze con l’Udc” in importanti città come Verona e Palermo. “Si lavora per unire anche in Italia le forze che stanno nel PPE”.
Sulla Rai, La Repubblica intervista il direttore del Tg de La 7 Enrico Mentana, che ha lavorato sia in Rai che in Mediaset: “L’azienda a un dg interno, stop alla greppia dei partiti”.

E poi

La Stampa offre una intervista ad OsvaldoPaya, dissidente cubano, premio Sakharov, cattolico, animatore del “progetto Varela”, una raccolta di firme per chiedere al regime elezioni libere. In vista del viaggio del Papa nell’isola, Paya esprime amarezza per l’atteggiamento della Chiesa. “Alcuni giorni fa dei dissidenti hanno occupato una chiesa per opporsi alla visita”, che il regime sfrutta a fini politici. “Le autorità cattoliche locali hanno chiesto alla poliziadi sgombrare gli occupanti. Io non ho partecipato, ma sospetto che sia stata una manovra del governo, organizzata proprio per mettere la Chiesa contro gli oppositori alla vigilia della visita. Infatti il regime, dopo questo episodio, ha detto che il Papa non deve vedere i dissidenti, e il Vaticano ha accettato”. Paya si dice “deluso” della “gerarchia cattolica cubana” ma non del Papa: “noi abbiamo chiesto umilmente un incontro co Benedetto XVI, e se non avverrà accetteremo senza discutere questa decisione. Il regime invece impone le sue condizioni e pretende che siano rispettate”.
Sul Corriere della Sera un intervento di Fareed Zakaria dedicato alla questione del nucleare iraniano. “Se la deterrenza ha funzionato con l’Urss, perché non usarla ache contro l’Iran?” Zakaria nota come la deterrenza, usataa con successo dalla destra Usa contro i sovietici, oggi sia considerata “una menzogna” dai think tank più vicini ai Repubblicani, dall’American Enterprise Institute alla Heritage Foundation, che invece prediligono la “guerra preventiva” contro Teheran.
Su La Stampa una intervista a Mona Eltahawy, giornalista e scrittire egiziano-americana che ha “vissuto sulla sua pelle e racontato sui social network i giorni cali della rivoluzione”. “Il mio corpo era diventato piazza Tahrir”, il titolo.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini