La Porta Santa nell’Africa in guerra

Pubblicato il 30 Novembre 2015 in da redazione grey-panthers

Il Corriere della sera: “Gli scontri e l’offesa alle vittime”. “Parigi, danneggiati i fiori per i morti del 13 novembre”. “Hollande: uno scandalo”. “Le manifestazioni erano vietate: oltre 200 fermati. Le Pen vola nei sondaggi”.
Da segnalare, sulla lotta all’Isis, due interviste: al poeta Adonis (“Islam violento, è la sua natura”) e allo spagnolo Albert Rivera (“La Nato in Siria per battere l’Isis”).
A centro pagina: “L’Unione Europea accelera sull’ingresso della Turchia”. “Accordo sui migranti. Renzi: non chiudiamoci in casa”.
E poi, con foto: “Francesco ha aperto la Porta Santa”. “’Bangui è la capitale spirituale del mondo’”, ha detto.
Da segnalare a fondo pagina una intervista con Federico Ghizzoni, ad di Unicredit.
La Repubblica: “Clima, giorno di guerriglia a Parigi. Accordo Ue-Turchia sui migranti”, “Calpestati fiori e candele per i morti, Hollande: scandaloso. Renzi: l’Is non si batte con i muscoli”.
La foto a centro pagina raffigura Papa Francesco nell’atto di aprire la porta del Giubileo a Bangui. Il titolo: “Il papa alla porta d’Africa: basta odio”.
In basso, Vatileaks 2: “Sesso e politica, i segreti di Vatileaks”, “Ecco il memorandum shock di Balda. La Chaouqui: solo calunnie”.
Sulla colonna a destra: “L’archivio del Dna che ci aiuterà a guarire”, “il primo sì del Parlamento per disegnare la mappa dei nostri genomi”, di Elena Cattaneo.
La Stampa: Il vertice di Parigi ostaggio dei violenti”, “Scontri e 200 fermi al corteo (vietato) per l’apertura della conferenza sul clima”, “Danneggiato l’altare laico per le vittime dell’Isis. Gli Usa lanciano l’intesa contro il riscaldamento globale, l’Italia entra in extremis”.
A centro pagina, foto di Rita Fossaceca, medico radiologo di Novara, durante una delle sue missioni in Africa: “Rita, uccisa in Kenya per difendere la madre”, “La Fossaceca, medico di 51 anni, era in Africa come volontaria e doveva rientrare a Novara proprio oggi”.
Di spalla a destra il reportage da Bangui di Andrea Tornielli: “La Porta Santa nell’Africa in guerra”.
In prima, sopra la testata, un reportage da Damasco di Domenico Quirico: “Il mio ritorno a Damasco due anni dopo il sequestro”.
Il Sole 24 ore ricorda in apertura che è l’ultimo giorno per aderire alla voluntary disclosure. “La nuova mappa dei controlli per i capitali in fuga dal fisco. Alla stretta anti-evasione si aggiungono lotta al riciclaggio e terrorismo”.
A centro pagina: “Il puzzle del reddito minimo”. “In nove Regioni già varate leggi per garantire un sostegno alle fasce più deboli”. “Forti differenze sulle regole per soglie, prestazioni e requisiti”.
In prima anche: “Calano le liti di lavoro: 21 per cento in meno nel privato”. “L’andamento del contenzioso dal 2013”
Il Fatto: “Pil sballato, colpa del Califfo”, “Alibi. Padoan evoca il terrore, ma le sue previsioni erano già smentite prima di Parigi”.
La foto raffigura invece un uomo intento a sparare con un’arma pesante: “Professione mercenario”, “E’ il più grande esercito privato al mondo, con centinaia di migliaia di uomini ingaggiati. Stipendi alle stelle, ma in Italia è vietato. E c’è chi rivela: ‘Oggi il migliore cliente è l’Isis’” (E’ Salvatore Stefio a parlare, ndr.)
Sotto la testata: “Che brutto clima per Hollande: botte, cariche e arresti in piazza”, “Il presidente: ‘Scandalosi quei cortei’”.
E un’intervista a Luigi Di Maio, M5S, vicepresidente della Camera, che dice: “Mai in guerra. E basta con emiri coinvolti”.
Il Giornale: “Sfregio ai morti di Parigi”. “Ma l’Isis non c’entra”. “Disordini al vertice sul clima, più di 200 arresti”. “I no global ecologisti devastano la piazza-memoriale della strage. Hollande indignato. E nei sondaggi Le Pen vola”.
A centro pagina: “Il Papa apre il Giubileo nero”.
E poi: “Tira già aria di manovra bis”. “Padoan getta la maschera”. “I conti non tornano. E il governo usa l’emergenza terrorismo come alibi”

Parigi. Gli scontri, il Vertice sul clima, il clima politico.

Sul Giornale Paolo Granzotto scrive di “sfregio ai morti di Parigi”. Si legge che ANV Cop21 è il nome del gruppo che “ieri ha messo a soqquadro Parigi”. ANV sta per Action Non-Violente. Dicono che “la paura e il terrore non potranno mai ridurre al silenzio il nostro sogno collettivo” di un “futuro pulito al cento per cento”. Scrive Granzotto: “Ci vuole una forte dose di bassezza morale da parte degli scalmanati di ANV e di stupidità da parte delle autorità francesi per scendere in piazza gli uni, mettendo a ferro e fuoco la città irridendo le vittime del terrore islamico; gli altri, ospitando la sarabanda ambientalista, ponendo al vertice delle preoccupazioni il fatto che non ci sono più le mezze stagioni, signora mia”.
La Stampa: “A Parigi tra caos, marce e arresti, il summit aperto dagli scontri”, “Nella capitale blindata proteste non autorizzate degenerano in Place de La République. Distrutti gli omaggi delle stragi del 13 novembre. Oltre 200 fermi. Hollande: incidenti scandalosi”.
Sul Giornale: “Le Pen vola verso una vittoria storica”. “Il Front National avrebbe già in tasca la guida di due regioni e sarebbe a un passo dalla conquista di altre due”. “A una settimana dal voto amministrativo”. Il partito di Le Pen sarebbe in vantaggio al Nord-Pas de Calais-Picardie e nella regione Provence-Alpes-Cote d’Azur.
Il Corriere intervista Frédéric Dabi, direttore dell’Ifop, il principale istituto di sondaggi del Paese. Gli attentati hanno pesato? “Sì, pur senza cambiare fondamentalmente idea agli elettori”. Non hanno modificate le tendenze in atto da mesi, “semmai le hanno amplificate”. Le tendenze sono una forte astensione degli elettori di sinistra e una crescita del FN. E’ aumentato il gradimento personale di Hollande e Valls perché il governo e il presidente sono stati rapidi nella risposta ma “il voto sanzione verso il governo socialista non può essere evitato”. Le Pen prende voti dalla sinistra ma soprattutto dalla destra tradizionale dei Républicains di Sarkozy: il 22 per cento dei suoi elettori su scala nazionale è pronto a votare FN.
Sul Corriere viene intervistata Annia Ernaux, scrittrice, oggi 75enne. Dice che non capisce come si possa dichiarare una guerra convenzionale al terrorismo, “sento toni da crociata che ricordano Bush dopo l’11 settembre”. Cosa pensa dello stato d’emergenza? “Può apparire necessario, io non ero affatto contraria subito dopo gli attentati” ma la proroga a tre mesi è “una minaccia contro la libertà di tutti i cittadini”. Di quello che è accaduto ieri in piazza de la République dice che “il governo pratica l’intimidazione e quella che Pierre Bourdieu chiama giustamente la ‘violenza di Stato’ nei confronti di cittadini che hanno solo il torto di manifestare “. Ricorda che sono vietate le manifestazioni ma per esempio sono consentite attività come i mercatini di Natale.
Su La Stampa: “E Obama lancia la coalizione sul clima. L’Italia entra in extremis”, “Usa capofila di 20 Paesi per investire nella tecnologia verde”. E’ il “retroscena” di Paolo Mastrolilli da New York.

Ue, Turchia.

La Stampa: “l’Ue chiude l’intesa con Ankara. Ma stoppa il piano della Merkel”, “sì ai tre miliardi di euro per gestire i profughi e sigillare i confini. Berlino ha cercato invano un consenso per redistribuire i migranti”, scrive Marco Zatterin. Che sottolinea come l’Ue si sia armata di “pragmatismo” e abbia chiuso l’intesa con la Turchia per tentare di fermare l’onda dei rifugiati che arrivano da noi. Impegnerà 3 miliardi per rafforzare il sostegno ai due milioni di siriani già nella penisola anatolica e, in cambio, Ankara dovrà attuare “un rapido ed immediato” intervento per ridurre il flusso dei profughi verso la Grecia. Insieme con condanne solo verbali delle violazioni dei diritti civili nella Repubblica di Erdogan, sul piatto i Ventotto mettono anche la “rivitalizzazione” del negoziato di adesione della Mezzaluna all’Ue e promettono visti liberalizzati da ottobre 2016. La cronaca finirebbe qui -scrive Zatterin- se non fosse che Angela Merkel ha cercato un consenso per una redistribuzione di profughi dalla Turchia verso l’Europa, per trasformare “’l’illegale in legale’. Le è andata male. La Commissione ci lavorerà, ma per ora non decolla”.
La Repubblica: “Tre miliardi alla Turchia, è l’aiuto Ue per i migranti. Renzi: no frasi muscolari”, “Ma l’Italia vuole chiarezza sui due giornalisti arrestati da Ankara. E sull’Is: decisiva una diplomazia forte”. L’inviato a Bruxelles Alberto D’Argenio scrive che “sono in pochi a dire quello che tutti pensano, a criticare, seppure non con energia tale da far saltare il tavolo, l’atteggiamento sempre più autoritario di Erdogan”, I leader Ue hanno firmato la dichiarazione grazie alla quale ad Ankara andranno tre miliardi per aiutare ad ospitare i 2,2 milioni di rifugiati siriani diretti verso l’Euroipa. In cambio i turchi promettono di chiudere le frontiere, di non permettere più che centinaia di migliaia di migranti salpino verso le coste greche per poi incolonnarsi sulla rotta balcanica e arrivare in Nord Europa. Gli europei, però, non hanno deciso ancora chi metterà i soldi: la Commissione propone di pagare 500 milioni chiedendo che gli altri 2,5 miliardi vengano sborsati dai governi, che però non ne vogliono sapere.
E sulla stessa pagina il “retroscena” di Andrea Bonanni: “Un accordo firmato sotto il ricatto di Erdogan sui rifugiati”, “Restano grandi le distanze sui diritti umani calpestati e la libertà di stampa negata”, “Mogherini ha ricordato la necessità di riavviare il processo di pace con i curdi”.
Su Il Giornale: “L’Ue si piega al Sultano: porte aperte e 3 miliardi per gestire gli immigrati”. “Bruxelles concede alla Turchia una liberalizzazione dei visti e fondi extra per fermare il flusso dei profughi”. Secondo il quotidiano “staccando l’assegno l’Europa si è allineata una volta di più al volere della cancelliera tedesca Angela Merkel, protettrice pentita dei profughi siriani”, che ha individuato “nel Sultano il leader capace di interrompere il flusso di profughi”.
Sul Corriere: “”Negoziati e fondi, il ‘nuovo inizio’ tra Europa e Turchia”. “La Merkel ha solo ottenuto un ‘passo avanti’ nell’obiettivo di farne un ‘partner strategico’
Su La Stampa, in prima, un editoriale di Roberto Toscano: “L’Europa e una Turchia islamista”. Dove si sottolinea come la Turchia sia “un importante interlocutore” sia per la posizione geografica che per il suo potenziale economico: giusto quindi incontrarla per regolare e gestire il problema delle migrazioni, evitando però di riprodurre lo schema che soprattutto noi italiani stabilimmo con Gheddafi (“lui bloccava, anche con metodi indegni, il flusso di migranti verso le nostre coste e noi facevamo finta di non vedere le sue devianze interne”). Toscano parla poi della ripresa dei negoziati di adesione e ricorda che il processo “era stato congelato perché la Turchia era un Paese a maggioranza musulmana, anche se laico, e per questo motivo da parte della maggioranza dei Paesi membri della Unione si dubitava della sua vocazione europea. Ma come si fa oggi, senza perdere credibilità, a essere più indulgenti nei confronti di una Turchia non solo islamica, ma islamista -una Turchia al cui interno si reprime il dissenso politico e si attacca la libertà di stampa, la cui politica regionale è caratterizzata da una pesante ambiguità sulla questione siriana, con una connivenza di fatto nei confronti del jihadismo più radicale?”. Per Toscano non dobbiamo transigere sui diritti umani e la libertà d’espressione: “nel nostro interesse e in quello del popolo turco, che dovremmo accompagnare in un processo di consolidamento della democrazia piuttosto che abbandonare a una deriva autoritaria nel nome di una Realpolitik di corto respiro”.
Isis.
Su La Stampa, Maurizio Molinari scrive che “L’offensiva su Raqqa rischia di ‘trasferire’ il Califfato in Libia”. E’ sbarcato a Sirte un gruppo di colonnelli fedelissimi di al-Baghdadi. E’ stato il presidente egiziano Al Sisi ad esprimere questi timori in conversazioni telefoniche con più leader europei, basandosi su informazioni della propria intelligence. Il campanello d’allarme è stato l’arrivo a Sirte di Abu Nabil al-Anbari, l’ex colonnello delle forze irachene di Saddm Hussein, divenuto uno dei leader di “Al Qaeda in Iraq”, veterano delle battaglie di Falluja e Ramadi contro gli americani, a cui il Califfo ha affidato il potenziamento dell’enclave di Sirte. Il Pentagono assicura di averlo ucciso con un blitz di droni lo scorso 13 novembre, la Isis non ne ha confermato la morte. Il Cairo non esclude che sia ancora in circolazione e comunque insieme a lui sarebbero arrivati – via nave- altri colonnelli di Isis.
Su La Repubblica, con copyright New York Times, un’analisi di Kamel Daoud: “C’è uno Stato islamico che ha già vinto: l’Arabia saudita”, “L’Occidente non può combattere Daesh e nello stesso tempo stringere la mano a Riad. Il jihadismo cresce grazie alla propaganda voluta dai regnanti wahabiti”, “Bidogna capire l’immenso potere dei canali televisivi religiosi di trasformare la società”.
Sulla stessa pagina, si riferiscono alcune dichiarazioni di Emmanuel Carrère in un’intervista al giornale cileno “La Tercera”: “Ridicolo dare la colpa del terrore a una fede”. Lo scrittore respinge qualsiasi legame tra religione e violenza, parla delle stragi di Parigi e del terrorismo e dice: “Criminalizzare è un errore”, “non sono religioso, ma credo che le convinzioni religiose non vadano associate in nessun caso a episodi come questo”.
A pagina 8 de La Repubblica il reportage da Parigi di Giuliano Foschini dalla sala della questura di Parigi dove sono stati raccolti gli oggetti, alcuni ancora macchiati di sangue, rimasti nel teatro Bataclan: “Il tablet, il maglione, la borsa con i rossetti. L’ufficio cose perdute nell’inferno Bataclan”.
Il Fatto intervista Salvatore Stefio, che fu rapito in Iraq nel 2004 dalle “Falangi verdi di Maometto”, che il quotidiano considera in qualche modo “antenato dei tagliagole dell’Is”. Fabrizio Quattrocchi, che era con lui, fu ucciso con un colpo alla nuca. Ci fu un processo, furono accusati di essere dei mercenari, ma Stefio ricorda: “Siamo stati assolti con formula piena”. Eravamo “operatori della sicurezza”, o, “se preferisce, contractors”. Sta operando ora in Africa, ha una società di sicurezza. Chi è il più grande committente di mercenari, oggi? “Senza dubbio l’Is, il cosiddetto Califfato”, risponde Stefio.
Su La Stampa, alle pagine 2 e 3, il reportage di Domenico Quirico da Damasco: “Io, per le strade di Damasco due anni dopo il rapimento”, “Il nostro inviato prigioniero per 152 giorni nel 2013 è tornato in Siria: ‘Hezbollah mi ha mostrato la foto del mio carceriere: l’hanno ucciso’”. E’ un comandante di Hebollah a parlare: “Avevo dato l’ordine di cercarti, ma quando siamo arrivati là, dove ti avevano sequestrato, nella città riconquistata, i prigionieri ci hanno detto che ti avevano già portato via”. Poi -racconta Quirico- “mi mostra sul telefonino le facce di uomini. Scorrono, sono i miei carcerieri. ‘Questo lo abbiamo ucciso…’”.
Su Il Fatto a pagina 10 un’analisi di Kadri Liik, dell’Ecfr (European Council on Foreign relations) sull’approccio della Russia sul fronte siriano e del terrorismo internazionale: dove si legge che “Mosca non concepisce l’idea che un regime possa essere punito per i suoi crimini, non crede che la democrazia possa garantire stabilità ed è abituata a gestire attentati terroristici destabilizzanti di origine incerta”; dopo il crollo dei prezzi del petrolio e le sanzioni del 2014 dopo l’Ucraina, che hanno eroso le basi di un contratto sociale sostenibile, “allo stato attuale il regime russo necessita di un nuovo tipo di legittimazione che potrebbe arrivare da una leadership di tipo militare e dallo stato di emergenza permanente”; la Russia “vuole mettere in bella mostra i suoi armamenti (prodotti che figurano in cima alla lista delle sue esportazioni) e mantenere il controllo della sua base di Tartous che, pur non essendo gran cosa, resta la sua unica base nel Mediterraneo”.“La Russia -scrive Liik- non crede nella stabilità democratica. Quando si tratta di risolvere le crisi del Medio Oriente, l’istinto della Russia è l’opposto di quello dell’Occidente: sostenere gli uomini forti, ricacciare a forza nella bottiglia il demone della rivoluzione popolare, tenere il coperchio sulla pentola e sperare che l’acqua smetta di bollire. Il caos che ha travolto il Medio oriente dopo i cambiamenti di regime sponsorizzati dagli Stati Uniti è considerato dalla Russia una vendetta della storia. Anche l’idea che i regimi vadano puniti per i loro crimini non è condivisa dalla Russia. Mosca non concorda sul concetto di giustizia transnazionale”.
Sul Corriere una intervista al poeta Adonis, poeta siriano che vive a Parigi. Dice che si è battuto contro il partito Baath e i baathisti dal 1965, ricorda che ha lasciato la Siria dal 1966 e che “molti di quelli che mi accusano” di sostenere Assad “sono stati funzionali in tutti questi anni” al dittatore siriano. “Ho detto soltanto che il problema non è la persona quanto il sistema, la mentalità, la cultura” e che l’Occidente non deve imporre un presidente alla Siria ma lasciare che sia il popolo a decidere. Adonis, autore di un volume su Violenza e Islam molto venduto in queste settimane in Francia, dice che la violenza esiste anche in altre religioni ma “nell’Islam c’è l’Islam”, mentre altre religioni come il cristianesimo comprendono varie confessioni. “Nell’Islam esiste l’ortodossia dei sunniti, che accettano soltanto una lettura letterale del Corano. Senza interpretazioni metaforiche o simboliche”. “L’Islam nasce proprio come religione di conquista. E, nelle conquiste, la violenza è inevitabile”.
Ancora sul Corriere Aldo Cazzullo racconta “il sì alla guerra dei nuovi spagnoli” e intervista Albert Rivera, leader dei Ciudadanos, che i sondaggi danno al 23 per cento, accanto al PP, oltre i socialisti e Podemos. E’ a favore di un intervento multinazionale in Siria sotto l’egida Onu. “Dobbiamo combattere lo Stato islamico come abbiamo combattuto i talebani dell’Afghanistan”. “L’Europa è stata attaccata, l’Europa non può restare a guardare. Non possiamo delegare tutto alla Russia e agli Stati Uniti”.
Su Il Fatto, intervista a Luigi Di Maio. M5S e vicepresidente della Camera: “Mai in guerra e subito il blocco agli emiri coinvolti con Daesh”, “Putin non è un santo, ma è stato l’unico che alla riunione del G20 ha portato l’elenco dei Paesi che li finanziano”, “Si può fare un lavoro diplomatico per richiamare all’ordine gli emirati e anche la Turchia, che vende armi all’Isis in cambio di petrolio”.

Ue, Israele

La Stampa, pagina 5: “Netanyahu ordina la sospensione dei contatti diplomatici con Bruxelles”, “per la decisione di togliere l’etichetta ‘Made in Israel’ ai prodotti dei Territori”.
Su La Repubblica ne scrive l’inviato a Gerusalemme Fabio Scuto: “Caso etichette, ira di Netanyahu su Bruxelles: ‘Stop relazioni’”, “Contestato il marchio messo sui prodotti dei Territori. Alt alle gite per paura di attentati”.

imagesIl Papa in Africa

Su La Repubblica, alle pagine 10 e 11, Marco Ansaldo, inviato a Bangui, racconta il viaggio di Papa Francesco: “Il Papa apre la Porta Santa a Bangui, ‘Deponete le armi, vinca l’amore’”, “Francesco nella Repubblica centrafricana scortato dai Caschi blu. Ma non rinuncia all’auto scoperta. L’appello ai ragazzi: ‘Resistete, fuggire non è la soluzione’. Stamani visita alla moschea, poi il rientro”, “L’abbraccio di pace con l’imam musulmano durante la liturgia. Poi la visita all’ospedale dove porta i medicinali per i bambini”.
Ne scrive anche Agostino Giovagnoli: “Ricominciare dalle periferie. Non è rivolto solo alla Chiesa cattolica il messaggio che scaturisce dal coraggioso viaggio di Francesco in Africa. Aprendo la Porta santa nella cattedrale di Bangui, infatti, il Papa ha trasformato questa poco nota città africana nella ‘capitale spirituale del mondo’ e dato inizio ad un Anno santo della misericordia che, nelle sue intenzioni, riguarda tutta l’umanità”.
Su La Stampa il reportage di Andrea Tornielli da Bangui: “Nel Cantrafrica della guerra etnica la prima Porta Sabta di Francesco”, “Il Papa anticipa il Giubileo: ‘Non abbiate paura delle diversità politiche e religiose’. Anche i Caschi blu pattugliano le strade. L’abbraccio con i bimbi dei campi profughi”.

Politica italiana

Sul Corriere: “Sala pronto per Milano: disponibile, ma non sono il Partito della Nazione”. “Tra imprenditori e mondo della cultura c’è chi pensa a una lista civica”.
Ancora sul quotidiano milanese una intervista a Stefano Boeri, ex sfidante del sindaco. Dice che “Balzani è la persona giusta”. Sostiene Francesca Balzani e di Sala dice che non garantisce innovazione e cambiamento.
Sul Corriere viene intervistato Matteo Orfini: “Marchini mai con il Pd. E Gabrielli va lasciato in pace”. Della assemblea convocata da Rutelli sabato scorso dice che è stata una iniziativa utile e opportuna (non era presente per altri impegni); dice che è “una prospettiva già esclusa” quella che Marchini sia il candidato sindaco del Pd. Risponde “mi interessa poco” alla domanda se Marino si candiderà.
Su Libero una lunga intervista ad Antonio Bassolino. “Se non mi candido io, a Napoli il Pd scompare”. “Qui il partito è distrutto, rischia di arrivare quarto”.
Su La Repubblica “le mappe” di Ilvio Diamanti raccontano “la mutazione genetica del Movimento di Grillo. Di Maio ora è leader, ‘Con lui governeremo’”. Per quel che riguarda Beppe Grillo, ovvero il fondatore: sarebbe terzo nel gradimento della base. Battuto anche da Alessandro Di Battista. “E’ la fine del partito personale”, scrive Dimanti. Intanto il M5S “cresce ancora otto su dieci elettori, a differenza che nel 2013, si dicono interessati a Palazzo Chigi. Due anni fa gli bastava solo protestare”.
Vatileaks
Su La Repubblica, un articolo di Marco Ansaldo e Corrado Zunino racconta quanto sarebbe scritto nel “memoriale” di monsignor Balda, arrestato e sospettato di essere uno dei “corvi”: “’Sesso, bugie e padrini politici, io e la Chaouqui amanti e nemici’”. A proposito della Chaouqui: “Mi raccontò che apparteneva ai servizi segreti e che la sua unione con il marito era solo una copertura”, “Bisignani era il suo capo, frequentava Letta e Berlusconi. Ma era molto legata anche alla Lorenzin e Carrai”.
E sulla stessa pagina, in una intervista, la stessa Chaouqui, dice: “Contro di me solo calunnie, a lui non piacciono le donne”, “sono pronta a querelare l’avvocato di Balda per la fuga di notizie folli che sta organizzando Balda”. Balda sostiene che lei è agente dei servizi e che abbia Luigi Bisignani dietro: “Ha detto che ho venduto carte alla Cia e sono legata a bande internazionali. A processo dovrà rimangiarsi tutto sennò lo lascio in mutande”.

E poi

Da segnalare sul Corriere Massimo Gaggi, che racconta del terrorista anti-abortista che ha ucciso tre persone e ne ha ferite una decina in un consultorio di Colorado Springs. Si racconta dell”imbarazzo dei Repubblicani ultra-cristiani. Gaggi ricorda che i video che criminalizzano organizzazioni come Planned Parenthood, quella colpita, “fanno parte integrante della campagna elettorale dei candidati di destra”. L’organizzazione viene accusata di aver fatto i soldi vendendo tessuti fetali. Il folle, Lewis Dear, ha spiegato il suo gesto con la frase “Adesso smetteranno di vendere bambini a pezzi”. Gaggi segnala la dichiarazione del candidato Ben Carson, che è anche un chirurgo, e che ha invitato a cambiare tono, lasciando alle spalle la “retorica intrisa d’odio” per aprire una “discussione civile, tra gente matura.