La Merkel e Sarkozy a Monti: ‘Le riforme italiane sono impressionanti’

Pubblicato il 25 Novembre 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera. “‘Italia, riforme impressionanti. Vertice a Strasburgo con Monti. Sì a una maggiore integrazione sulle politiche di bilancio. Elogi da Merkel e Sarkozy. Resta la tensione sugli eurobond”. L’editoriale è firmato da Ernesto Galli della Loggia: “L’immagine che non c’è. Le difficoltà del nuovo esecutivo”.
A centro pagina: “Consulto del premier su nomine e misure con i leader di partito. Il confronto con Alfano, Bersani, Casini”.

La Repubblica. “Merkel e Sarkozy: fiducia a Monti”, “ma è scontro sulla Bce”. “Vertice del premier con Alfano, Bersani e Casini”. A centro pagina, in riferimento alle parole della neoministra al welfare: “La Fornero alla Fiat: ‘deve restare in Italia”.

La Stampa. “Merkel Sarkozy, fiducia in Monti. L’incontro con i due leader: all’Ue serve l’unione fiscale”. “Impressionanti le sue riforme”, ha detto ieri Angela Merkel. “Il premier: l’Italia farà i compiti a casa”. “In serata vertice con Bersani, Casini e Alfano sui sottosegretari”.

Il Sole 24 Ore. “Il veto tedesco sugli eurobond. La Merkel e Sarkozy a Monti: ‘Le riforme italiane sono impressionanti’. La Germania sfida i partner e gela i mercati: bond ‘europei’ impossibili e dannosi, senza rigore di bilancio e nuovi trattati”. “La Merkel e Sarkozy a Monti: ‘Le riforme italiane sono impressionanti”.

Il Giornale. “In ginocchio dalla Merkel. Monti svela alla Cancelliera i segreti del suo piano contro la crisi. Ma a Roma nessuno li conosce. Caccia al sottosegretario. 160 mila euro di stipendio non bastano”. In evidenza sul quotidiano di Sallusti il dibattito nel Pdl: “Svolta nel Pdl: primarie, congressi e nuovo nome. Alfano cambia il partito”.

Germania, Francia, Italia

Il Sole 24 Ore riassume con il titolo “vicini sui Trattati, divisi sugli eurobond” le posizioni di Italia, Francia e Germania dopo il vertice di ieri. Se Roma considera gli eurbond, titoli obbligazionari emessi congiuntamente dagli Stati dell’Unione monetaria, strumenti “utili per distribuire i rischi finanziari”, per la Germania “non risolvono la crisi in atto e sono pericolosi, perché rischierebbero di far cadere un freno su deficit e debito”. Sulle modifiche ai trattati, invece, le posizioni sono più convergenti: Berlino vuole che siano introdotti vincoli di bilancio e che sia permesso ad un Paese di uscire dall’Euro restando nell’Ue. Nel vertice, secondo il quotidiano, la Francia ha fatto un passo indietro sulla Bce: “La Francia vuole che la Bce abbia un ruolo più diretto nella soluzione della crisi del debito”, e Sarkozy “sarebbe stato infastidito dalla mancata presa di posizione a favore da parte dell’Italia”. Sulla ipotesi di considerare la Banca centrale europea “prestatore di ultima istanza” attraverso “più cospicui acquisti di bondo, magari intervenendo anche sul mercato primario, cosa oggi vietata dai Trattati”, la Germania è nettamente contraria. Il quotidiano di Confindustria ricorda anche il monito della scorsa settimana di Mario Draghi, che aveva invitato i politici europei ad evitare di fare pressioni che possano compromettere l’autonomia della Bce. Gli interventi della Banca per acquistare titoli sul mercato, che sono “temporanei, limitati e motivati con l’obiettivo di migliorare la trasmissione della politica monetaria”, continueranno, e anzi, come è avvenuto la scorsa settimana, “sono probabilmente destinati ad aumentare”.

Il germanista Bolaffi, già direttore dell’Istituto italiano di cultura a Berlino, interpellato dal Corriere della Sera, spiega che “è difficile far digerire i comportamenti poco virtuosi in Europa a un Paese che paga ancora i costi dell’unificazione, come la Germania”. La prudenza non ha però impedito alla Merkel “di portare tutto il suo partito, la Cdu, a concludere il suo congresso di Lipsia, dieci giorni fa, chiedendo “più Europa. E sono sicuro che la Cancelliera dirà alla fine sì anche agli eurobond se ci sarà una riforma dei Trattati europei e se saranno possibili regole più rigorose per chi viola i vincoli del patto di stabilità”. Sullo stesso quotidiano si scrive che Mario Monti sarebbe intenzionato a giocare d’anticipo sulla Ue: il governo potrebbe istituire infatti, in tempi piuttosto brevi, un Ufficio autonomo, una authority indipendente, per la verifica della spesa pubblica. La proposta è stata avanzata due giorni fa dalla Commissione europea come strumento di rafforzamento della vigilanza e di governo della zona euro con cui accompagnare l’eventuale emissione di eurobond. E potrebbe esser contenuta nel nuovo testo del ddl costituzionale per la riforma dell’articolo 81 della Costituzione, con l’introduzione del vincolo al pareggio di bilancio: il governo potrebbe già presentarlo la prossima settimana all’aula della Camera.

L’editoriale del Giornale, firmato da Alessandro Sallusti, si sofferma sulle “riforme impressionanti” che l’Italia starebbe per varare, secondo le parole di Angela Merkel, e sottolinea che in Consiglio dei ministri oggi sono previsti tre decreti minori: “Uno riguarda gli accordi Italia -Mauritius, uno il riconoscimento dei titoli di studio con San Marino, un terzo le isole Cook”. Sallusti aggiunge di sperare che “all’ultimo momento in consiglio dei ministri entri qualche provvedimento più utile”.

Giustizia

Ieri il Capo dello Stato è intervenuto alla scuola di formazione del Csm. Ne ha approfittato per ricordare ai magistrati che è loro dovere essere sempre “rigorosi nel costume e nei comportamenti”, rispettando un “codice deontologico”. La Stampa riferisce ampiamente le sue parole, poiché Napolitano ha parlato di limiti da rispettare “così da favorire un esercizio responsabile dei poteri di giudice e pubblico ministero”, in modo da consentire alla magistratura italiana di contribuire alla costruzione dello spazio giuridico europeo e internazionale. Il Presidente ha auspicato che la formazione dei magistrati “non serva solo ad arricchire le conoscenze, ma anche a stimolare la consapevolezza dello strettissimo nesso che intercorre tra la tutela dell’indipendenza della magistratura e la qualità del servizio offerto ai cittadini”.
Il Corriere della Sera si occupa invece della sentenza della Corte europea di giustizia, resa pubblica nella giornata di ieri: riguarda la legge vigente in Italia sulla responsabilità civile che, secondo i giudici europei, tutela poco i cittadini poiché se un magistrato ha interpretato male una norma e se non si dimostra che vi sia stato dolo o colpa grave, nessuna responsabilità civile può essere addebitata a lui o allo Stato che rappresenta, e nessun indennizzo può essere richiesto.
Anche Il Sole 24 Ore se ne occupa: “Responsabilità dei giudici: bocciatura della Corte Ue. Regole troppo permissive sulle violazioni comunitarie”. Il quotidiano ricorda peraltro che il verdetto della Corte europea di giustizia riguarda un ricorso che vedeva contrapposta la Commissione europea all’Italia.

Pd, Pdl, Governo

La neoministra del Welfare Elsa Fornero ha ieri spiegato che la riforma delle pensioni “è già stata largamente fatta, ma necessita di tempi più accelerati”. Spiega La Stampa che l’accelerazione riguarderà le misure per le quali è troppo lontana l’entrata a regime, ai fronti su cui il governo sta lavorando sono l’estensione già a partire dal 2012 del contributivo pro rata per tutti, l’anticipo dei tempi sull’aumento dell’età di vecchiaia delle donne nel settore privato, e l’anzianità, arrivando in tempi brevi a quota 100, tra età anagrafica e quote di contribuzione. Per il Pd parla Cesare Damiano: per quello che ci riguarda abbiamo a cuore il recupero del criterio di uscita flessibile verso la pensione, a scelta del lavoratore, e la salvaguardia delle pensioni di anzianità. A coloro che hanno svolto 41 anni di lavoro in fabbrica non si può chiedere di prolungare l’attività, se non volontariamente e con incentivi. Il leader Cisl Bonanni, precisa: se non ci saranno interventi di equità sociale, non saremo d’accordo ad ulteriori sacrifici sulle pensioni dei lavoratori dipendenti.
Nei giorni scorsi abbiamo dato conto delle polemiche che hanno investito il responsabile economia del Pd, Fassina, di cui alcuni liberal del partito come Enzo Bianco hanno chiesto le dimissioni. “Tutti mi hanno difeso”, sottolinea lo stesso Fassina. “Meglio così”, chiosa La Repubblica, sottolineando però che le linee opposte all’interno del Pd sulle questioni del lavoro e delle misure anticrisi chieste dall’Europa, restano. Ed emergeranno presto, quando il governo comincerà a muoversi: il senatore Pd Ichino predica una rivoluzione del mercato del lavoro, che coniughi la massima flessibilità e la massima sicurezza del lavoratore, mentre Fassina condanna un ventennio di precarizzazione dell’impiego, boccia il modello Pomigliano, difende la Fiom e via dicendo.  E di Ichino dice: “Una linea ha il 2 per cento, l’altra il 98″, nel Pd. Poi aggiunge: io capisco Ichino, lui rappresenta quel due per cento, e per farlo valere, per difenderlo, ha bisogno di andare sui giornali tutti i giorni”. Quanto al governo Monti, “questo non è il governo del Pd”, e “tenere chiaro il profilo del Pd è la migliore assicurazione per la durata di Monti. Così si capirà quali sacrifici fanno i partiti nell’interesse del Paese”.
Per Il Giornale il segretario del Pdl Angelino Alfano “cambia il partito”. Con una svolta che promette un congresso a primavera, un nuovo nome, e consultazioni con la base (primarie)  per scegliere i candidati. A dicembre partiranno i congressi, ha detto ieri incontrando i coordinatori regionali. Alfano intende arrivare al congresso del PPE di Marsiglia, previsto per il 7 e 8 dicembre, con quella che definisce “una nostra proposta sulla costituente dei moderati”.
Il Corriere della Sera sottolinea come con la proposta “primarie e nuovo nome” Alfano intenda ridisegnare il Pdl ed evidenzia anche le dichiarazioni del governatore della Lombardia Formigoni, che viene considerato “in corsa”: “solitamente il mio nome viene associato a un candidato premier. Leader del partito e premier saranno due persone diverse, solo Berlusconi ha potuto ricoprire entrambe le due cariche”.

Internazionale 

Daniele Raineri, inviato a Il Cairo per Il Foglio ricorda che “due settimane fa il segretario di stato, Hillary Clinton, è stata dura con il Consiglio supremo dei generali che governa provvisoriamente l’Egitto senza alcuna intenzione di andarsene, profetizzando l’arrivo delle rivolte: ‘Se la forza politica più potente in Egitto continuerà a essere una stanza piena di generali non eletti, ci sono i presupposti per futuri disordini e l’Egitto avrà perso un’occasione storica. Gli Stati Uniti si aspettano un calendario chiaro per la transizione’. La settimana scorsa un vice della Clinton, Jacob Walles, ha incontrato per la prima volta i vertici del partito Libertà e Giustizia, paravento politico della Fratellanza musulmana, nel loro quartiere generale del Cairo. Chi era presente dice che il dipartimento di stato cerca un dialogo regolare con il partito dei Fratelli islamici, perché è sicuro del loro successo alle elezioni che cominciano lunedì. L’aggancio tra Amministrazione e l’organizzazione egiziana sarà utile prima del previsto: il governo di unità nazionale che sta per nascere conterrà di certo uomini della Fratellanza, che erano persino presenti all’ultima riunione dell’esecutivo appena sciolto per ‘assistere il processo di transizione’. Per la prima volta nella loro storia, e prima ancora del voto, i Fratelli stanno per salire al governo al Cairo”.
Intanto il Consiglio supremo delle Forze Armate ha scelto come nuovo primo ministro un “tecnocrate”, come lo definisce Il Sole 24 Ore. Il quotidiano spiega che oggi sarà una giornata calda, poiché sono previste tanto una manifestazione a piazza Tahrir della rivoluzione, che una a sostegno dell’esercito in un’altra piazza cairota. L’inviato avvicina un membro dell’ufficio esecutivo dei Fratelli Musulmani, che dice: noi non andremo in nessuna delle due piazze. E aggiunge: non crediamo che la soluzione proposta dai giovani di piazza Tahrir sia giusta. Loro vogliono tutto subito, noi pensiamo che i problemi si risolvano giorno dopo giorno. “Se cacciamo ora l’esercito c’è il vuoto istituzionale e il caos”. Quale Egitto rappresentano?” In piazza Tahrir c’è Facebook e Twitter, in Egitto ci sono cinquanta milioni di elettori e una maggioranza silenziosa che determinerà il risultato delle elezioni più di chiunque altro”. Poi ricorda che venerdì scorso in piazza c’erano anche loro, la Fratellanza: perché “la settimana scorsa il governo aveva annunciato revisioni costituzionali che avrebbero messo l’esercito al di sopra di tutto”. E per questo si sono uniti alla piazza. “Poi ne siamo usciti perché era il momento di pensare alla politica. E sono cominciate le violenze. La polizia ha provocato i giovani, i giovani si sono difesi”, “intanto noi abbiamo parlato ai militari, e abbiamo detto che sbagliavano a cercare una soluzione turca per l’Egitto. Abbiamo ricordato che i nostri fratelli turchi hanno perso 40 anni per togliere il potere ai militari e cambiare le cose. Noi, qui in Egitto, non avremmo aspettato tanto”. I Fratelli Musulmani non parteciperanno neanche a un governo di salute pubblica: “Non ha senso. Ci saranno le elezioni (lunedì, ndr), poi un governo di coalizione: con noi e i partiti più importanti, perché nessuno da solo può risolvere i problemi dell’Egitto.
Su Il Giornale: “L’Ira di piazza Tahrir: ‘Islamici traditori’. I dimostranti contro i Fratelli Musulmani: ‘ci lasciano da soli a morire per prendersi il loro pezzo di torta’”.
Intanto iniziano si celebrano oggi in Marocco le elezioni legislative. Il partito giustizia e sviluppo (PJD), la formazione islamica moderata di Benkirane, viene considerata favorita per le elezioni parlamentari: rappresentano gli islamici più “tranquilli”, scrive La Repubblica, quelli che già in partenza riconoscono un ruolo preminente del re anche nella fede. Le elezioni anticipate volute da re Mohamed VI arrivano pochi mesi dopo le riforme costituzionali, approvate con una valanga di sì nel referendum del primo luglio: ritocchi che limitano in misura modesta i poteri del sovrano e concedono riconoscimenti ai berberi (il cui idioma è diventato lingua ufficiale accanto all’arabo) e alle donne, con il riconoscimento della loro uguaglianza non solo politica ma anche ‘civica e sociale’. Sono oltre 30 i partiti che si presentano alle elezioni, e c’è una incognita astensionismo. La Repubblica offre un utile specchietto delle formazioni in campo, e scrive che probabilmente si andrà alla formazione di un governo di coalizione con il partito giustizia e sviluppo e l’Alleanza per la democrazia, considerata vicino al sovrano. Il voto marocchino – secondo il quotidiano – non è paragonabile a quello tunisino: qui la spinta studentesca e borghese delle manifestazioni non corre il pericolo di essere monopolizzata dagli islamici, per il semplice motivo che la monarchia marocchina ha la guida religiosa. Invitano al boicottaggio i salafiti, le frange radicali della contestazione, gli studenti, i marxisti e i gruppi berberi. Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun è scettico rispetto a chi teme una ondata islamista nel suo Paese: qui non ci sono state rivolte sanguinose, il re Mohamed VI ha avuto l’intelligenza di anticipare il movimento storico per il cambiamento proponendo delle riforme, e i marocchini “non vedono il loro avvenire in verde”. Certo, gli islamisti del PJD hanno un forte radicamento, sono i meglio organizzati, e sono arrivati secondi alle elezioni del 2007 dietro il partito conservatore dell’Istiqlal, che condivide alcuni valori con gli islamisti. La carta più importante del PJD è la lotta alla corruzione. Ma se questo partito arriverà al potere sarà una catastrofe per l’economia del Marocco: niente più turismo, niente più investimenti. I marocchini lo sanno e per questo voteranno per questo partito ma non gli metteranno in mano tutto il potere. Del resto il ministero dell’interno ha ritagliato i collegi elettorali in modo da imepedire che il Pjd riesca ad avere la maggioranza dei seggi. Scrive Il Sole che sono oltre 13 milioni i marocchini chiamati alle urne per il rinnovo dei 395 seggi della Camera dei rappresentanti. E il primo test è quello sull’astensionismo: il referendum sulla Costituzione, che ha ampliato i poteri di primo ministro e parlamento, è stato votato dal 72 per cento degli elettori, ma alle ultime elezioni, nel 2007, l’affluenza non superò il 37 per cento. Il movimento 20 febbraio, che in questi mesi ha tentato di estendere la primavera araba al Marocco, ha puntato proprio sull’astensionismo, invitando al boicottaggio.
Una riflessione sulla primavera araba, firmata dallo storico Jacques Le Goff, si trova su La Repubblica, in una analisi dal titolo: “Le forze nuove del mondo arabo che hanno travolto i regimi”. Le forze nuove all’opera sono i giovani, le donne e internet.
“Anp e Hamas: elezioni in maggio”, si legge su La Stampa, in una corrispondenza che racconta come sei mesi dopo la “riconciliazione” le fazioni palestinesi trovano una intesa sul voto. Ieri al Cairo si sono incontrati Abu Mazen e Khaled Meshal, leader di Hamas, forse in procinto di spostare il suo ufficio dalla Siria verso Doha o Il Cairo.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini