Introdotto ora lo ius soli

Pubblicato il 13 Ottobre 2015 in da redazione grey-panthers

Il Corriere della sera: “Unioni civili, muro di Alfano”. “Roma e il governo. Vertice di maggioranza, scontro sulle adozioni. Ma il Pd accelera la legge”. “Marino si dimette e pensa alle primarie. Spese contestate, arriva la Finanza”. Di spalla: “Il lavoro diventa più stabile. Ragioni (e costi) di una ripresa”.

In evidenza anche una intervista alla parlamentare azzurra Brambilla: “’La normativa tutela i piccoli, Forza Italia è pronta al sì’”.
In prima si parla anche delle verifiche che la Corte dei conti starebbe facendo sulle spese di Renzi da sindaco di Firenze. “La replica: nessuna irregolarità”.
In alto: “Poste privatizzate, debutto in Borsa”.
A centro pagina: “Giallo su una lettera di critiche al Papa. ‘Nuovo Vatileaks’”. “Sinodo: si parla di un testo firmato da 13 cardinali”. Con una intervista al “capo dell’ex Sant’Uffizio Muller: “C’è chi vuole seminare liti”.
A fondo pagina: “I soldi ai club, indagati Lotito e Preziosi. Genoa, Bari e i fondi da Infront, società dei diritti tv del calcio. L’accusa: controlli ostacolati”.
L’editoriale, firmato da Angelo Panebianco: “Il dovere della verità sull’Isis”. “Noi tra Libia e Siria”.

La Repubblica: “Pensioni, è rottura. Unioni civili, scontro Alfano-Pd”, “No alla flessibilità, i sindacati sfidano il governo”, “Inps: 320mila posti fissi in più. Renzi: è il Jobs Act”, “Marino lascia in lacrime: ‘Ha vinto il complotto’”.
A centro pagina: “Diritti tv, l’accusa della procura: asta truccata per favorire Mediaset”, “Perquisizioni della Finanza: nel mirino Milan, Lazio e Samp”.
In grande evidenza, una foto di Papa Francesco: “Sinodo, rivolta dei conservatori. Giallo sulla lettera anti-Papa”.
Sulla colonna a destra, “la copertina” di R2: “Il mondo sull’orlo di una crisi d’identità”, “I confini di genere e razza sono sempre più discussi ma il caos è un vantaggio”. Ne scrivono Enrico Franceschini e Massimo Recalcati.
A fondo pagina: “Il nonno lo usava come scudo. Cocò vide i killer, ucciso a 3 anni”.

La Stampa: “Aiuti alle famiglie bisognose. Esodati, mandano i fondi”, “Intesa di massima sulla manovra. Canone Rai forse pagato in due rate”, “Ipotesi social card o assegni fino a 400 euro al mese. Unioni civili, non c’è accordo tra Renzi e Alfano”.
A centro pagina: “Francia, prof assicurati contro gli studenti”, “In aumento violenze e minacce da parte di ragazzi e genitori. In Italia? ‘Noi docenti lasciati soli’”.
Di spalla a destra, il Nobel per l’Economia assegnato ad Angus Deaton: “Deaton, l’economista fuori dagli schemi su povertà e consumi”. Paolo Mastrolilli lo ha intervistato.
Più in basso, il racconto di Padre Murad: “Sono fuggito dall’Isis in moto”, “Il religioso amico di Paolo Dall’Oglio rivela come, dopo quasi 5 mesi di prigionia, è scappato dalla Siria”.

Il Fatto: “Ecco le cene e i viaggi di Renzi”, “Indaga la Corte dei Conti. Nel mirino le spese al Comune di Firenze”, “Dopo l’articolo del Fatto si muovono i giudici contabili. Alla Provincia il futuro premier si faceva rimborsare pure le aragoste. Ancora misteriosi gli scontrini di Palazzo Vecchio”.
Più in basso: “E Ncd stoppa le unioni civili”, “Senato, oggi la schiforma. Rodotà: ‘Scelta truffaldina’”.
Sotto la testata: sui diritti tv del calcio “Blitz su Genoa e Bari. Sotto inchiesta dirigenti Mediaset”.
A centro pagina, una foto di Papa Francesco: “13 cardinali e una lettera per fermare Bergoglio”, “Giallo al Sinodo. Smentite e verità”.
E sul caso Marino a Roma: “Marino, la lista-vendetta. Il Pd trema: ‘Può farci del male’”, “Conferme all’ipotesi di ricandidarsi per il Campidoglio”.
A fondo pagina: “’Pronto, Papa Franci? Sono Ignazio’”, “Tutto torna. Secondo Dago, il sindaco tempestava il Papa di chiamate”.
L’editoriale del direttore Marco Travaglio è dedicato al commissario romano del Pd Matteo Orfini: “Culetto di Piombo”.

Il Giornale: “Gli omissis di Mafia capitale fanno tremare il Pd. E in Comune arriva la Finanza”. “Marino firma le dimissioni”.
Il titolo più grande: “Introdotto lo ius soli. Nuove regole: così gli immigrati diventeranno cittadini italiani. Necessari cinque anni di scuola e genitori regolari. E il Paese cambierà”. “E la Merkel dice la verità. ‘Profughi? Non a casa mia’”.
Anche sul Giornale in prima la notizia del premio Nobel per l’economia ad Angus Deaton, “il Nobel che fissa a 66 mila euro lo stipendio per essere felici”.

Il Sole 24 ore: “Poste, via all’Ipo record. In Borsa dal 26 ottobre”. “Partito il più grande collocamento dell’anno in Europa. Renzi: l’azienda risponderà solo al mercato”. “Caio: alle cedole l’80 per cento degli utili per due anni”.
In alto la notizia di una “acquisizione record” negli Usa: “Dell conquista Emc per 67 miliardi di dollari”.
Di spalla: “Marino ha firmato le dimissioni. Tra 20 giorni il Commissario. Giubileo, delibere per 10 milioni”.
A centro pagina i dati sull’occupazione: “Inps, 90 mila posti fissi in più”. “Nei primi otto mesi saldo attivo tra attivazioni e cessazioni, crescono anche i contratti a tempo”.

Vatileaks

Il Corriere racconta della pubblicazione sul blog del vaticanista Sandro Magister di una “lettera firmata (in teoria) da 13 cardinali e indirizzata al papa”, che il cardinale Pell, australiano e prefetto della Segreteria per l’Economia, avrebbe consegnato al papa prima del Sinodo. Una lettera “tradotta dall’originale inglese” che critica sia l’Instrumetum laboris, ovvero il testo di base dell’Assemblea, sia il nuoo metodo scelto per il Sinodo, quello di dare maggiore spazio ai “circoli minori” divisi per lingua.
Angelo Scola, che figura tra i firmatari, dice al quotidiano “io non ho firmato niente”. Smentiscono anche i cardinali Vingt-Trois, Piacenza, Erdo. Le firme sono quelle dei cosiddetti “conservatori” contrari ad “aperture. Il cardinale Pell ha detto ieri che “il documento esiste” ma “doveva rimanere privata” e che “ci sono errori sia nel contenuto che nella lista dei firmatari”.

La Repubblica: “Lettera contro il Papa. ‘Il Sinodo pilotato’. Ma è giallo sulle firme dei tredici cardinali”, “Scola si dissocia insieme ad altri tre porporati. ‘Mai sottoscritto niente, tra di noi nessun partito’”.
Su Il Fatto, con un articolo di Carlo Tecce, si affronta il tema del “presunto documento” consegnato a Papa Francesco per protesta contro il metodo sinodale, rivelato da Sandro Magister (de l’Espresso), che certificherebbe i “ruvidi contrasti all’interno del Sinodo”. Il giornalista, scrive il quotidiano, ha fatto un elenco di tredici cardinali, ma in quattro hanno subito negato: il cardinale Angelo Scola, l’ungherese Peter Erdo, Mauro Piacenza (che fu rimosso dagli incarichi in Curia da Papa Francesco), il francese André Vingt-Trois, che a Ferragosto ha celebrato una messa contro i matrimoni gay. Non stupisce che i porporati siano tutti, stavolta nessuno escluso, inflessibili conservatori: respingono senza deroghe l’ipotesi sacramenti ai divorziati. In calce a questa missiva, datata 5 ottobre, giorno d’apertura del Sinodo, ci sarebbe pure l’autografo di George Pell, il cardinale australiano che lo stesso Bergoglio ha nominato segretario per l’economia. Lo stesso Pell, attraverso un portavoce, “non smacchia le impronte” ma precisa soltanto che “una lettera privata dovrebbe restare privata, ma sembra che ci siano errori sia per il contenuto che per gli aderenti”. E come fa, il cardinale Pell -si chiede il quotidiano- a conoscere questi particolari? Il Fatto ipotizza che lo stesso Pell sia l’autore della missiva e riferisce di un’altra riflessione che il prelato avrebbe voluto rendere pubblica: “C’è un forte accordo sulla maggior parte dei punti, ma anche un certo disaccordo, perché una minoranza vuole cambiare gli orientamenti della Chiesa sull’eucarestia”. Dove Pell farebbe riferimento ai divorziati risposati e, in modo intenzionale o fortuito, considera “minoritaria” la parte riformista dell’assemblea sinodale.
Su La Repubblica, un’intervista allo stesso George Pell: “Sì, ho scritto a Francesco, però il testo è diverso da quello uscito”, “le firme sono sbagliate ma soprattutto il contenuto è sbagliato”. Al Sinodo siete divisi? “Tra i padri sinodali c’è unanimità sulla grandissima maggioranza dei temi, ci sono delle differenze sulla comunione ai divorziati risposati: una minoranza vuol cambiare la regola. A mio avviso non c’è possibilità che si cambi la dottrina in merito”.
Su La Repubblica il “retroscena” di Paolo Rodari: “L’ala conservatrice che non si fida del metodo Bergoglio”.
Sul Corriere viene intervistato il cardinale Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione della dottrina della fede. La sua firma compare insieme ad altre 12. “Eminenza, l’ha firmata anche lei?”, chiede Gian Guido Vecchi. “Guardi, io non dico se ho firmato o no. Lo scandalo è che si renda pubblica una missiva privata del Pontefice. Questo è un nuovo Vatileaks: gli atti privati del Papa sono proprietà privata del Papa e di nessun altro. Nessuno può pubblicarla, non so come sia potuto accadere. È chi lo ha fatto a doversi giustificare”. “«L’intenzione di chi ha voluto questa pubblicazione è seminare liti, creare tensioni. Mi pare chiaro”. Muller dice che quando il Papa invita a non cedere alla “ermeneutica cospirativa”, “penso parlasse di chi sostiene che nella Curia Romana ci sia una opposizione contro il Papa. Quelli che dicono e scrivono che ci sono i lupi, che Francesco è circondato da lupi. È una espressione offensiva e criminale”. E ancora: “Io sono il primo collaboratore del Santo Padre, non solo io ma tutti coloro che ne fanno parte. E non lascio che si metta in dubbio la mia obbedienza e il mio servire il Papa e la Chiesa”. La cospirazione sarebbe quella di chi dice “noi siamo amici del Papa e quelli là sono i nemici!”. Vecchi chiede come si conciliano “dottrina e misericordia”. “L’ortodossia deve realizzarsi nella pastorale, ma non c’è una pastorale sana senza dottrina: che è l’insegnamento di Gesù, non una dottrina accademica di teologi. Non è possibile che tutto sia rappresentato come un confronto tra quelli che dicono “siamo più liberali” e trovano l’applauso della gente, e quelli che invece devono difendere la dottrina rivelata da Gesù e sono i cattivi, i “conservatori”!”. Nel merito: “Si può discutere sulle condizioni dei singoli casi ma un regolamento generale non è possibile. Il matrimonio è un sacramento e la Chiesa non ha autorità su un sacramento”.

Lega Calcio

La Repubblica, alle pagine 2 e 3: “’L’asta dei diritti tv truccata da Infront per favorire Mediaset’, ecco le accuse dei pm”, “Milano, indagati i dirigenti di Rti (Mediaset). Lo scandalo si allarga: perquisiti i club di A e B”. Il quotidiano cita il contenuto del decreto di perquisizione della Procura di Milano nella sede di Rti nell’ambito dell’indagine sulla spartizione dei diritti tv della serie A nel triennio 2015-2018: “Il management di Infront, nello svolgimento dell’iter di assegnazione delle licenze dei diritti audiovisivi relativi agli eventi sportivi, colludendo con dirigenti Rti, ha turbato i relativi bandi e il corretto e imparziale svolgimento delle gare, in particolare violando i canoni di trasparenza e leale concorrenza in favore del competitor Rti (Mediaset)”. Insomma, sintetizzano Marco Mensurati ed Emilio Randacio, “la traduzione più banale è che la ‘torta’ dei diritti sarebbe stata falsata per favorire la società fondata da Silvio Berlusconi. Dalla quale, non sembra un caso, proviene proprio quelli che sembra essere il vero deus ex machina di tutta questa vicenda, Marco Bogarelli. Quando la sua Infront, nel 2008, bussò alle porte della Lega Calcio, in pochi sapevano chi fossero quei manager così capaci e preparati. Di sicuro li conosceva bene Adriano Galliani, che ci aveva lavorato insieme ai tempi di Fininvest prima e di Media Partner poi, la società che Bogarelli, Locatelli e Ciocchetti (presidente di Infront il primo e consiglieri gli altri 2, ndr.) fondarono negli anni ’90 capitalizzando l’esperienza maturata a Cologno. I Galliani boys, li chiamavano. Impropriamente. Perché il rapporto, almeno quello fra Bogarelli e l’amministratore delegato del Milan, è stato molto più alla pari di quanto non dicesse quell’espressione”.
Sul Corriere Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella spiegano così la base della inchiesta: E’ come quando “nel bel mezzo della partita accorre in campo dalla panchina il massaggiatore e con lo spray miracoloso fa risorgere il calciatore azzoppato. Solo che la società Infront di Marco Bogarelli, oltre che advisor della Lega Calcio nell’asta sui diritti tv del pallone, per la Procura di Milano sarebbe stato il massaggiatore di bilanci zoppicanti: quelli delle squadre di calcio che, a causa del loro precario equilibrio finanziario, avrebbero altrimenti seriamente rischiato di non passare il vaglio contabile della Covisoc, la Commissione di vigilanza sui conti delle società professionistiche. E quindi di non potersi iscrivere ai campionati di serie A o B se non fosse arrivato il soccorso finanziario prestato con operazioni montate anche all’estero – secondo i pm milanesi – lungo strutture operative elvetiche riconducibili a Infront o a Tax and Finance”.
Il Fatto, pagina 12: “Diritti tv, blitz a Genoa e Bari. L’inchiesta entra in Mediaset”, “la Finanza dai due club e in Lega, due dirigenti Rti indagati. E il mondo del calcio trema”. E un’analisi di Carlo Tecce: “Quel patto per salvare il Biscione”, “L’asta. Murdoch voleva sbancare, ma fu fermato dall’advisor per evitare un danno enorme a Premium”. Tornando al mese di maggio del 2014, Tecci spiega: “in palio ci sono i diritti tv per un triennio di campionato di serie A, i concorrenti principali sono Mediaset e Sky Italia. Il sensale è la tentacolare Infront, la multinazionale di proprietà cinese, gestita nel mondo da Philip Blatter (…) e in Italia da Marco Bogarelli”, “pupillo di Galliani” .
La Stampa, pagina 14: “Diritti tv, perquisite Genoa e Bari. L’indagine si allarga a tennis e moda”, “Una gola profonda svela i trucchi del potente advisor della Lega calcio”. All’articolo di Paolo Colonnello il quotidiano affianca il “retroscena” di Gianluca Paolucci: “Consulenze e holding estere. Le anomali del rapporto tra Infront e Lega calcio”, “Una società che si comporta da concessionario. Il legame con Silva che vende la serie A nel mondo”.

Roma, Marino

Sulla prima del Messaggero Francesco Grillo parla di Roma partendo dai numeri dell’economia e non dalle cronache giudiziarie. “La Capitale è progressivamente uscita dall’ “economia globale”, perdendo treni importanti, mentre litigava con se stessa”, secondo l’Istat la provincia di Roma ha esportato meno di 8 milirdi di euro di beni e servizi ed è “per volume di esportazioni al quindicesimo posto in Italia, nonostante il fatto che è al primo per un Prodotto Interno Lordo che è evidentemente gonfiato dalle funzioni amministrative”. Roma, pure sede di multinazionali, “innova pochissimo” e “i brevetti che deposita all’ufficio europeo che li protegge sono meno di quelli fatti registrare dalla provincia di Varese”. “Oggi Roma non esporta più neppure un bottone, ma, se si leggono i dati regionalizzati della spesa pubblica, l’amministrazione pesa quanto per nessun’altra grande capitale europea: un terzo di ciò che l’Italia spende in difesa (nonostante la lontananza della Capitale dalle basi più importanti) o in beni culturali (nonostante il fatto che l’Italia si caratterizzi per essere il Paese dei mille campanili) è concentrato a Roma”. Grillo invoca per il futuro “amministratori non compromessi dai ricatti” e “cittadini responsabili che non si limitano ad osservare da lontano”.

Sul Sole Lina Palmerini scrive che prima del prossimo sindaco di Roma, che dovrà “innanzitutto saper leggere un bilancio”, c’è la questione del commissario da nominare. “Prima ancora che provare a vincere le elezioni nella Capitale – e nelle altre città – Renzi deve riuscire a sopravvivere a un meccanismo che può diventare un moltiplicatore di problemi un po’ come lo fu per Bersani nel 2010 o per lo stesso premier alle scorse regionali. Cinque anni fa, vinsero tutti nomi che non avevano il bollino del Pd come Pisapia, Zedda, Doria, De Magistris: il partito, lì per lì, ne uscì male. Alle regionali dell’era Renzi non è andata meglio: in Liguria il Pd si è spaccato e la candidata renziana non ha vinto; in Campania Vincenzo De Luca si è candidato a dispetto nel cortocircuito giudiziario sulla sua eleggibilità; l’altra candidata renziana in Veneto ha vinto ai gazebo ma ha perso malamente alle urne mentre Michele Emiliano ha fatto una corsa sua che poco aveva a che fare con il partito. Storie che spiegano l’improvvisa freddezza del premier”. Renzi tuttavia ha “confermato che ci saranno”, anche perché “avrebbe fatto molta fatica a negare i gazebo. Innanzitutto per la sua storia. Lui è nato con le primarie a sindaco di Firenze, era il candidato che dava fastidio all’establishment di partito e vinse a dispetto dei leader di allora che, infatti, ha poi rottamato”. Il tema dunque è “come riuscirà a gestirle senza farsi male”. Deve”rilanciarle politicamente deve dare nuova fiducia ai gazebo e a chi va a fare la fila correggendo le regole”, a partire dalla regola numero 1: chi vota alle primarie deve votare alle elezioni. “Insomma, niente imbarcata di cinesi”.

Sul Corriere: “L’idea di primarie di coalizione per ‘ratificare’ le scelte del Pd. Il tentativo del premier di ‘governare’ la selezione. Ma Sel già punta i piedi”. Per evitare che i gazebo diventino una “conta sanguinosa”, si legge sul quotidano, si cerca un nome forte. Quello di Paolo Gentiloni per esempio, anche se il ministro ha ripetutamente e risolutamente smentito, come hanno fatto altri nomi (Giachetti, Madia, Orfini, Gabrielli, Cantone).
Sul Messaggero una intervista al presidente della Regione Lazio Zingaretti: “Non mi candidato a sindaco”. Dice che pensa molto bene delle primarie “come scelta di coinvolgimento dei cittadini” e che il suo schieramento dovrà “rimboccarsi le maniche” e “mettere in campo delle idee, una alleanza per vincere ancora”.
Su Il Giornale l’editoriale firmato da Salvatore Tramontano: “Non c’è nessuno che voglia fare il sindaco”, “sembra una fuga da Renzi” che “attrae peones, trasnfughi, trasformisti, pezzi sparsi di senatori e di onorevoli ma fatica a trovare un volto della società civile”.
Il Giornale scrive che Renzi sta “giocando una partita a poker con una posta altissima” su Roma e che la vicenda degli “allegri rimborsi” di Marino “ha fatto passare in secondo piano il nocciolo della questione, cioè le dirette responsabilità del Pd e dei suoi uomini nello scandalo Mafia Capitale, abilmente derubricato dall’entourage renziano come propaggine della precedente gestione Alemanno. E, invece, le cose non stanno affatto in questo modo. Secondo fonti bene informate, la relazione del ministro dell’Interno Angelino Alfano, presentata al Consiglio dei ministri del 27 agosto, conterrebbe annotazioni che vanno a disdoro del Pd romano e nazionale. Annotazioni tutte coperte da omissis e delle quali si può trovare traccia nel decreto di commissariamento del Municipio X della Capitale (Ostia)”. Si cita anche una dichiarazione di un consigliere comunale, Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini. “’Marino ha sempre detto che la relazione del prefetto – ha detto Onorato – doveva restare segreta fino al Consiglio dei ministri del 27 agosto, ma poi non l’ha pubblicata’”. . “Evidentemente per Marino quella era e probabilmente resta una polizza sulla propria vita politica”, scrive Il Giornale.
Per tornare al Corriere si parla anche di Marino e del “dilemma”. Il sindaco uscente sarebbe “tentato” dal creare una lista civica ma anche dalla idea di partecipare alle eventuali primarie Pd. Intanto però deve anche “guardarsi dalla inchiesta sugli scontrini”, perché oggi la Finanza potrebbe andare in Campidoglio per acquisire spese e giustificativi, si legge sul quotidiano milanese.
Sul Giornale un articolo è dedicato ai “vip” che “adesso tifano Marino”. “Dalla Ferilli a Gasmann a Fiorello prendono le difese dell’ex sindaco”. “C’è anche chi, come Vissani o Verdone, non lo perdona”.

Unioni civili

Sul Sole: “Unoni civili, alta tensione Udc-Pd ma Renzi va avanti”. “Punto di scontro è quello delle adozioni interne alle coppie omosessuali”. “Le differenze tra centristi e democratici restano anche dopo il vertice di ieri a Palazzo Chigi”, scrive il quotidiano. Il Pd comunque stasera, dopo il voto sulla riforma costituzionale, porterà in conferenza dei capigruppo la legge sulle unioni civili per chiederne il cosiddetto “incardinamento”, ovvero l’avvio della discussione prima di iniziare con la legge di Stabilità. Questa “fretta” non è condivisa da Alfano e dai suoi.

Su La Stampa: “Vertice tra Renzi e Alfano. ‘Sulle unioni civili l’accordo ancora non c’è’”, “Manca l’intesa sul merito e sui tempi. Ma il Pd accelera: subito in Aula”. Scrive Francesca Schianti che dopo due ore di vertice a Palazzo Chigi si è certificata ufficialmente la distanza tra Pd e alleati di Area popolare (Ncd-Udc): “una lontananza che però non impedirà oggi ai democratici di procedere con il percorso annunciato già da qualche giorno: chiedere alla riunione dei capigruppo del Senato di portare la legge in Aula entro la settimana, saltando il passaggio in Commissione. ‘Non siamo d’accordo su tante questioni di merito e sul tema dei tempi’, spiega all’uscita dall’incontro il ministro Alfano, ‘per noi non è un’emergenza nazionale, loro hanno più fretta’”. Nel merito, Ncd non è d’accordo sul tema della reversibilità della pensione e soprattutto sulla possibilità di adottare il figlio biologico del partner, la cosiddetta ‘stepchild adoption’, prevista dal testo base della Pd Monica Cirinnà. Il timore, dice Alfano, è che si faccia una sorta di equiparazione con il matrimonio e ci sia la possibilità di arrivare, prima o poi, anche attraverso l’intervento della magistratura, all’adottabilità dei bambini da parte di coppie dello stesso sesso: “un argomento, quello dell’adozione -scrive il quotidiano- che vede perplesso anche un drappello di senatori cattolici del Pd che, più prudentemente, vorrebbero introdurre una forma di affido. Per questo, sul tema potrebbero esserci aperture a modifiche in aula.

La Repubblica: “Unioni civili, scontro premier-Alfano”, “Il vertice finisce senza accordo. Il ministro: ‘Noi contrari alle adozioni e siamo divisi anche sui tempi’. Ma il Pd insiste per portare la legge nell’aula del Senato prima della manovra. Zanda (capogruppo Pd al Senato, ndr.): ‘Vogliamo fare presto’”. Scrive Giuseppe Alberto Falci che “i democratici sono convinti di poter contare sui voti di Sel e del Movimento 5 Stelle per far passare la legge in tempi rapidi”. Il quotidiano racconta di come all’incontro con Alfano sia seguita una “fumata nera”: ma l’inquilino di Palazzo Chigi “non ci sta e avrebbe deciso di accelerare ugualmente. D’altro canto, avrebbe confidato al leader di Ncd, ‘da mesi si parla di unioni civili e io devo almeno portarle in aula. Poi si vedrà…’”. L’obiettivo è insomma quello di “incardinare” il provvedimento subito dopo il via libera alla riforma costituzionale. Sulla stessa pagina, interviste a Ivan Scalfarotto, sottosegretario dem alle Riforme (“Abbiamo già fatto tutte le mediazioni, ora si va in aula”, “E’ una legge prudente, non si può disattendere la Corte europea” dei diritti dell’uomo) e ad Alberto Airola, senatore del M5S (“Pronti a votare sì, ma non devono toccare più nulla”, “Su questo testo il nostro voto c’è, se levano anche un solo diritto, se la approvano da soli”, “In aula mi aspetto un po’ di far west, colpi di scena come emendamenti di cattolici del Pd che tenderanno a ridurre la stepchild adoption a un affidamento condiviso. Se queste modifiche passassero, metterebbero a rischio il nostro voto”).

Il Fatto: “Il ‘risultato’ di Renzi: i cattolici: i cattolici fermano ancora le unioni civili”, “Il vertice di maggioranza finisce male: i centristi si oppongono”. Ma per il quotidiano entra in gioco anche “un gioco delle parti”: Renzi oggi esibirà la calendarizzazione raggiunta, ma di fare la legge non se ne parla chissà fino a quando. Prima dell’esame della legge di Stabilità, l’Aula -scrive il quotidiano- dovrà approvare il ddl Boccadutri, che sblocca i finanziamenti spettanti ai partiti per il 2015 (una probabilità che viene evocata anche da La Stampa).

Sul Corriere viene intervistata la deputata Pd Michela Vittoria Brambilla che dice che il suo gruppo “vuole le unioni civili” e che FI è pronta al sì anche sulla stepchild adoption. “È chiaro che un grande partito di ispirazione liberale come Forza Italia ha ben presente che siamo tra gli ultimi Paesi dell’Occidente ad essere privi delle unioni civili. È una vergogna di stampo medioevale”. Sul tema della adozione “Ncd e una parte del Pd usano l’utero in affitto come un pretesto”, “Forza Italia è assolutamente contraria all’utero in affitto. E non dobbiamo dimenticare che questa pratica nel nostro Paese è e resta vietata. Siamo pronti a rafforzare il divieto, se necessario. Ma si deve capire che la ’stepchild adoption’ è invece una garanzia assoluta per il minore. Come vogliamo comportarci – chiede – nel caso in cui il genitore biologico del minore dovesse morire? Vogliamo portare il bambino in una casa famiglia o in un istituto? O, invece, lo vogliamo lasciare nella sua cameretta, con i suoi affetti, l’ambiente dove è cresciuto?”.
Avvenire intervista invece Enrico Zanetti, sottosegretario all’economia ed esponente di Scelta Civica: “Vi spiego il mio no da laico. I diritti dei bambini prima di tutto”. Spiega che il suo no deriva dal fatto che “per dare soluzione a casi molto limitati si rischia di creare di nuovi, in numero molto maggiore, relativi ad altre situazioni che si verrebbero a creare come l’utero in affitto o situazioni similari”. Dunque “o si stralcia questo argomento” o “lo si articola in modo diverso”.

Turchia

Sul Sole 24 Ore: “La Turchia, è stato un attentato dell’Isis”. “’Gli autori due uomini kamikaze’, dice il premier Davutoglu”. “Oggi manifestazioni in tutto il Paese”. Si legge che sull’attentato sono in corso indagini sul Dna e “siamo vicini a un nome, molto probabilmente un membro dello Stato islamico”. Ieri sono state arrestate almeno cinquanta persone sospetti sostenitori del Califfato “in un Paese che ha dato centinaia di combattenti anti Assad e dalle cui frontiere sono passati in questi anni migliaia di jihadisti di ogni nazionalità diretti in Siria”. Domenica sarà in Turchia la cancelliera Merkel per incontrare Erdogan.
Sul Corriere Andrea Nicastro si chiede se “sarà di nuovo come Gezi park” ricordando che i protagonisti della rivolta di due anni fa nel parco di Istanbul e le vittime della strage di Ankara sono “giovani, idealisti, coraggiosi”
Sul Giornale: “Tutti d’accordo: è stato l’Isis. Ma la piazza assedia Erdogan. Scioperi e scontri in tutto il Paese, due bambini morti. ‘Alle elezioni del primo novembre rovesceremo il dittatore’”.

Lavoro

Sul Corriere Enrico Marro si sofferma sul mercato del lavoro che si è “rimesso in moto” e si chiede quanto sia merito della uscita dalla recessione e quanto delle decisioni del governo. E in particolare che peso hanno avuto gli sgravi contributivi e l’abolizione dell’articolo 18. Sulla decontribuzione Marro ricorda che è costata alle casse dello Stato 12 miliardi di euro e che l’occupazione negli ultimo otto mesi è aumentata di circa 300 mila, con un “netto aumento delle occupazioni più stabili”. Ma la misura “non è servita a far emergere i lavoratori in nero”, come dimostrano “i dati deludenti” nelle regioni del Sud e nel settore dell’edilizia. Inoltre dal prossimo anno – come ha detto il ministro Padoan – la decontribuzione andrà cancellata o ridotta.

Nobel

Sul Corriere Massimo Gaggi (“Il Nobel all’economista anti-povertà”) spiega che “la tentazione giornalistica” di semplificare farà leggere titoli sul fatto che Angus Deacon sostiene che le disuguaglianze sono “dolorose” ma sono anche “il motore del progresso”, perché l’umanità oggi è in condizioni migliori che cinquanta o cento anni fa. Ma il lavoro di Deacon non va giudicato tanto per il suo valore politico, scrive, quanto per “l’accuratezza dell’analisi e i metodi di ricerca utilizzati”, un precursore della ricerca con i “big data”, partendo quando i dati erano ancora “small”, ce n’erano pochi e bisognava usare matita e gomma da cancellare.
Fabrizio Galimberti sul Sole (“La misura delle cose come credo”) scrive che il vincitore del premio Nobel per l’economia Angus Deaton è uno di quelli che – tra la foresta e gli alberi – guarda agli alberi, ovvero ha basato lo studio dell’economia su una “analisi empirica basata su dati dettagliati, a livello dei singoli e delle famiglie”.

E poi

Sul Sole un commento di Leonardo Maisano sulla Gran Bretagna e le sue “convulsioni antieuropeiste”. Si legge che “i sondaggi confermano la frattura del corpo elettorale britannico, nonostante gli inners favorevoli all’Unione siano in lieve vantaggio. È positivo perché, fino ad ora, la sola voce che si è udita – molto forte, mai esauriente – è quella degli outers, assemblaggio trasversale e non ideologico (ci sono laburisti e verdi) che va oltre l’eurofobia dell’Ukip di Nigel Farage. Un fronte che annovera anziani nostalgici; personalità controcorrente per il solo gusto di vedere l’effetto che fa, come Nigel Lawson, ex cancelliere di Margaret Thatcher; finanzieri inveleniti con Bruxelles; politici che rivendicano l’incomprensibile diritto di non cedere sovranità, ma anche la pretesa di condividere i vantaggi della casa comune europea. La parola degli inners, che vanta tre ex premier come John Major, Tony Blair e Gordon Brown, è stata fioca, ma giurano che ora si leverà”. Ma – scrive Maisano – il cinismo di voler “spingere il Paese e l’Europa tutta verso un dramma nazionale, a un passo da una decisione in grado di mutarne davvero i destini, per il solo scopo di evitare la frattura del partito conservatore, resta un atto di hubris che peserà per sempre su David Cameron. Una follia che l’Unione non meritava e non doveva correre”.