Fiorito, capro espiatorio?

Pubblicato il 25 Settembre 2012 in da redazione grey-panthers
Minacce dell'Isis all'Italia

Il Corriere della Sera: “Polverini, addio con rabbia. ‘Indegni, tutti a casa. Io vittima di una faida nel Pdl.Il governatore del Lazio si dimette e attacca: le ostriche si mangiavano anche prima’”.

La Repubblica: “Polverini costretta all’addio, caos Pdl. ‘Consiglio indegno, personaggi da operetta’. Monti: subito la legge anti-corruzione. Scandalo Lazio, la Governatrice si dimette dopo la ‘sfiducia’ di Casini. ‘Me ne vado per una faida interna al centrodestra’. Bagnasco: inaccettabile il malaffare”. A centro pagina: “Della Valle-Marchionne, nuova lite sulla Fiat. L’Ad del Lingotto: non rompa le scatole, l’azienda va bene”.

La Stampa: “Polverini si dimette e accusa. ‘Consiglio indegno, ma la mia giunta è pulita. Adesso racconterò tutto’”. A centro pagina la Fiat: “Marchionne a Monti: ‘Tolga le zavorre’. L’ad Fiat: l’azienda in ottima forma.Alfa non in vendita. Nuovo scontro con Della Valle”.

Il Giornale: “Finalmente vanno a casa. Dopo l’affondo di Bagnasco e la sfiducia Udc, la presidente lascia. ‘Consiglio indegno’. Gli ipocriti di sinistra esultano: ma dov’erano quando sulla Regione piovevano soldi?”.

L’Unità:”La fine dell’Odissea. Polverini si dimette, travolta dallo scandalo delle spese folli”.

Libero: “Ridateci il malloppo. Giù le tasse regionali. Visto l’uso che ne fanno, togliamo i soldi ai partiti in tutta Italia e impieghiamoli per cancellare gli aumenti delle addizionali Irpef che hanno impoverito i cittadini”. A centro pagina: “Sportellate tra Della Valle e Marchionne”.

Il Fatto quotidiano: “Finalmente Polverini se ne va. Ora restituiscano i soldi. Travolta dallo scandalo sprecopoli, la governatrice del Lazio annuncia le dimissioni: ‘La mia giunta è pulita, il Consiglio è indegno. Tutto è nato da una faida interna al Pdl’. Ma resta il problema dei milioni sottratti ai cittadini”.

Polverini

Ieri sera la presidente della Regione Lazio ha annunciato le sue dimissioni: ha detto che alla Pisana (sede della Regione, ndr), “ci sono personaggi da operetta che non era accettabile mantenere in quel luogo prestigioso”, che “hanno fatto cose raccapriccianti”. E ha aggiunto: “Io con certi malfattori non ho nulla a che vedere. Anzi, spero in una punizione esemplare per i consiglieri ladri”, “li mando a casa io”, “da domani dirò ciò che ho visto”.

La Repubblica intervista l’ex presidente del gruppo Pdl Franco Fiorito. La Polverini si è dimessa: “Le dimissioni non si danno ai giornali e alle televisioni. A me hanno insegnato che si danno in Consiglio regionale”. Dimissioni irrevocabili, dice di averle comunicate al Capo dello Stato e al Presidente del Consiglio: “e che è diventata ministro?”. Ricorda che ancora lunedì la Polverini “era viva politicamente” e la cosa, quando ha parlato in Consiglio Regionale l’ultima volta, sembrava rientrata, aveva deciso di restare: quindi “questo vuol dire che è successo qualcosa”. Le teste di maiale non spiegano, non sono un buon motivo, “lo sarebbero stati anche lunedì”. Conferma di volersi ricandidare: “E perché no? Due anni fa mi hanno scelto oltre 26mila cittadini”, “chi mi ha eletto mi conosce e sa che in questa storia qualcun ha deciso di sacrificarmi come capro espiatorio”.

Sul Corriere della Sera si leggono i documenti della Regione Lazio: “Due delibere per moltiplicare i milioni. Il governatore sapeva dei soldi ai partiti”. Scrive il quotidiano che gli aumenti di fondi hanno sempre ottenuto il via libera della Giunta: la prova è in due “determinazioni” che sono state approvate nel 2011, un fiume di denaro arrivato ai consiglieri e frutto di una procedura che vedeva marciare insieme la Giunta e il consiglio guidato da Mario Abruzzese. Senza controlli, e soprattutto senza che ci fossero obiezioni alla lievitazione dei costi.

La Stampa racconta che dietro il caso laziale c’è anche la lotta per il consenso dei moderati che vede contrapposti l’Udc di Casini e il Pdl. Il segretario Pdl Alfano ha fatto di tutto per convincere la governatrice a non dimettersi, come lo stesso Berlusconi. Erano giorni che invece il leader Udc Casini le ripeteva che era meglio dimettersi per evitare che venisse schiacciata dallo scandalo: Casini la invitava a non ascoltare Berlusconi ed Alfano, che intendevano tenerla inchiodata alla Regione Lazio per evitare di essere travolti dalla guerra interna al Pdl. “La presidente è stata combattuta – scrive La Stampa – ma alla fine ha capito che anche i consiglieri regionali dell’Udc non avrebbero potuto mettersi contro Casini.

Stefano Menichini, direttore di Europa, invita a una riflessione proprio sull’Udc di Casini: “E’ stato lui infatti a tenere attaccata la spina della giunta laziale, quando ormai la puzza di bruciato si era fatta insopportabile. Perfino i vescovi sono stati più rapidi di Casini. E il Pd è riuscito a fare un figurone, col gesto delle dimissioni dei consiglieri, dopo non essersi certo distinto per la sua opposizione al sistema della Pisana”.

Tanto la Repubblica che il Corriere parlano peraltro dei contributi concessi dalla Giunta della Regione Lazio ad una società di Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc. Si chiama “I borghi srl”, gestisce le attività culturali dell’auditorium della Concicilazione. Il segretario dell’Udc e suo figlio Matteo detengono la metà dell’azienda. Va pur detto che i soldi arrivavano dalla Regione anche con la giunta Marrazzo, ovvero già dal 2006.

Il Giornale ricorda la Polverini come “la sindacalista di borgata lanciata in politica da Ballarò”, trasmissione che l’aveva invitata, facendo da talent scout, molto spesso in tv. Il tema viene ripreso da Europa, in riferimento alel parole pronunciate da Emma Bonino, la cui candidatura era contrapposta a quella della Polverini alle elezioni del 2010 (“Polverini in quel momento era la candidata di Fini, e una parte della sinistra corteggiava Fini perché si decidesse a mollare Berlusconi. Renata piaceva molto a questa sinistra dei calcoli. Del resto la sua popolarità è  nata a Ballarò”). Commenta Europa: “E’ vero che un pezzo della sinistra vide nell’allora leader dell’Ugl un esemplare di destra ‘normale’ certamente diversa dall’homo berlusconianus, un volto post-ideologico perfetto per la terza Repubblica, fondata più che sul lavoro sulla tv (Ballarò, appunto) – emblema del superamento di storiche contrapposizioni”. “L’infatuazione ci fu. Lo rammentiamo noi piccini di Europa che i quel frangente conducevamo una solitaria campagna sui modi disinvolti di Renata alla guida dell’Ugl”.

La Repubblica intervista Procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone. Dice che le indagini sono solo all’inizio, spiega che a Fiorito “che si è protestato innocente, è stato contestato il reato di peculato per l’appropriazione a fini personali di somme di denaro del gruppo conisliare di cui era a capo. Quanto agli altri fatti che in questi giorni riempiono le pagine dei giornali, le indagini dovranno chiarire quali sono di rilievo penale e quali no”. Si è più volte accostato il caso di Lusi, ex tesoriere della Margherita, a quello di Fiorito. Ma Pignatone avverte: finora per Lusi si è accertatto che “si è appropriato per fini esclusivamente personali di somme ingentissime di cui poteva disporre nella sua qualità di tesoriere della Margherita e che egli avesse costituito una vera e propria associazione per delinquere per realizzare, prima, e occultare, poi, il suo progetto. Abbiamo ritenuto invece che, se non c’è una appropriazione indebita nell’interesse individuale, il giudice penale non debba intervenire per sindacare la destinazione data ai fondi erogati per il finanziamento pubblico dei partiti: la pubblicazione di un giornale piuttosto che un convegno, le spese di segreteria o quelle per una cena elettorale o una manifestazione locale. Qui siamo, secondo noi, nell’ambito della discrezionalità della politica, e il giudizio non spetta alla Procura della Repubblica. Anche se vorrei aggiungere che sia nella vicenda Lusi che in quella che riguarda il consigliere regionale del Lazio Fiorito le indagini della Procura hanno anche avuto l’effetto, che credo positivo, di far emergere e mettere a disposizione dei cittadini una massa di dati e informazioni su vari aspetti della vita pubblica.

Il Fatto racconta che è stato Gianni Letta a comunicare a Silvio Berlusconi che Renata Polverini stava per dimettersi. Inutile ogni tentativo di trattenerla portato avanti dal segretario Pdl Angelino Alfano. Due giorni fa, dopo un drammatico colloquio con Mario Monti, la govenatrice aveva sentito al telefono Berlusconi, che l’aveva pregata di non compiere gesti affrettati, di aspettare a vedere se lui fosse riuscito a convincere Casini a puntellare la maggioranza per evitare il voto anticipato. Secondo il quotidiano, la verità è che Berlusconi temeva che la partita del Lazio potesse diventare parte integrante della campagna elettorale per le politiche del 2013. Suo incubo peggiore sarebbe stato un election day in aprile, con i cittadini chiamati alle urne per il Parlamento, la Regione Lazio e, forse, la Lombardia. La fine della giunta laziale potrebbe avere ripercussioni sulla giunta Formigoni.

Un ‘retroscena’ de La Repubblica sintetizza così i pensieri di Berlusconi “qui crolla tutto, rischiamo di passare per il partito dei ladri e del marcio, di finire sotto le macerie. Vanno cacciati tutti, si cambia e stavolta come dico io: volti nuovi ovunque. Il Popolo della libertà non esiste più”. Nelle stesse ore che hanno preceduto le dimissioni della Polverini, secondo la Repubblica la fidata sondaggista di Berlusconi Alessandra Ghisleri avrebbe consegnato gli ultimi rilevamenti, secondo cui il Pdl sarebbe al di sotto del 20%.

Su Il Giornale: “Silvio azzera tutto: via le mele marce”: il quotidiano scrive che “la verità amara è che la Polverini è rimasta incagliata in una lotta per bande” nel Pdl di Berlusconi, che sarebbe pronto all’azzeramento totale del Partito.

Primarie

Su Il Foglio un articolo di Sofia Ventura, “intellettuale di destra liberale”, che a novembre, “per la prima volta”, parteciperà alle primarie del centrosinistra e voterà per Renzi. Spiega che “a oggi nella nebulosa non pidiellina del centrodestra è evidente che manca una guida, manca qualcuno che assuma su di sé la responsabilità di un progetto, e senza leader ritengo che non si possa andare molto lontani. Per questi motivi ho deciso che voterò alle primarie della sinistra dando la mia preferenza a Matteo Renzi”. “Naturalmente, se alla fine Renzi risulterà vincitore, alle prossime elezioni voterò per il Pd: se i vincitori saranno Bersani o Vendola me ne guaderò bene”.

Internazionale

Si è aperta l’Assemblea generale dell’Onu e si fa un gran parlare delle provocazioni del Presidente iraniano Ahmadinejad. La Repubblica scrive che il meno visibile dei leader quest’anno sarà Obama, che parla questa mattina ma non farà incontri bilaterali ed ha ridotto la sua presenza al Palazzo di vetro. La spiegazione è nella campagna elettorale. Non solo perché al Presidente conviene spendere tempo tra gli elettori ancora indecisi, come quelli dell’Ohio, ma anche perché il clima internazionale non gli giova. Questa assemblea si apre a ridosso delle violente proteste contro il film anti islam, con quattro funzionari Usa uccisi. In Siria continuano le stragi del regime e il bilancio delle primavere arabe e quindi della strategia di Obama che le ha appoggiate, è un punto di attacco per il candidato Repubblicano Romney.
Sullo stesso quotidiano si riproduce una intervista ad Obama della CBS, che si difende proprio su questo fronte, facendo il bilancio del proprio operato: “Riesaminiamo quello che ho fatto dal momento in cui sono entrato in carica. Ho detto che avrei messo termine alla guerra in Iraq. L’ho fatto. Ho detto che avremmo combattuto senza tregua Al Qaeda. Sono decimati. Ho detto che avremmo dato la caccia a Bin Laden. Non c’è più. In altre parole ho messo in atto quello che ho prmesso in politica estera. Ed è una politica estera che il popolo americano in gran parte condivide. Perciò se il governatore Romney sta suggerendo che dovremmo iniziare un’altra guerra, farebbe meglio a dirlo”.

La Stampa parla di “paralisi al consiglio di sicurezza” in riferimento alla Siria: “Ora l’Onu alza bandiera bianca”. L’intervento ieri dell’inviato Onu Lakdar Brahimi al consiglio di sicurezza è stato molto duro: ha parlato di “situazione che peggiora, minacciando di travolgere il Medio Oriente”. Ha detto che il presidente siriano Assad “non vuole le riforme ma solo conservare il vecchio regime” e “la regione può essere investita dal conflitto”. Ha poi auspicato la “fine delle forniture militari al regime” ed ha parlato di “almeno cinquemila combattenti stranieri in Siria”. Si tenta di sfruttare i lavori dell’assemblea generale per superare l’impasse dei veti di Russia e Cina. L’ambasciatore francese all’Onu Gérard Araud dice: “Il consiglio di sicurezza non è mai stato così paralizzato dalla fine della guerra fredda”, e ad evidenziarlo c’è la decisione dei presidenti di Russia e Cina, Putin e Hu Jintao, di disertare i lavori. Pesa l’impossibilità dell’Onu di applicare in Siria il principio della “responsabilità di proteggere i civili” che nel marzo 2011 portò il consiglio di sicurezza ad autorizzare l’intervento in Libia. Nel tentativo di trovare una via di uscita, l’Amministrazione Obama preme sul tasto della “emergenza umanitaria” dovuta ad oltre 1,2 milioni di profughi all’interno dei confini siriani e almeno 360 mila accampati in Turchia, Iraq, Libano e Giordania. Ankara ne ha accolti oltre 80mila e afferma di essere arrivata al limite: è favorevole alla creazione di “zone cuscinetto” in Siria per ospitare i rifugiati in “aree protette”. Di Siria ha parlato il presidente iraniano Ahmadinejad con alcuni editorialisti americani, negando di fornire armi ad Assad: “Il conflitto in Siria è una faida tribale – ha detto – nel quale la comunità internazionale si è intromessa peggiorando le cose”. Alla CNN aveva detto di “non temere un attacco del militarismo sionista”, di non condividere il diritto all’omosessualità “perché i gay non procreano”, e, intervendo all’Onu ad una sessione sullo Stato di diritto ha definito “illegittimo” il diritto di veto.

Il Corriere della Sera racconta che in Norvegia sarà una giovane musulmana a guidare il ministero della cultura. Hadia Tajik, 29 anni, di origine pakistana, master a Londra, cinque lingue, è stata nominata venerdì scorso durante un rimpasto di governo. Il quotidiano sottolinea come si tratti di un cambio di passo in un Paese ancora ferito dagli attentati di Oslo ed Utoya del 22 luglio 2011. Dice di volere che “tutti abbiano la possibilità di partecipare alle attività culturali. A prescindere dalla classe sociale cui appartengono, l’etnia, il sesso”, che vorrebbe far emergere “le diversità culturali che vivono nel Paese”, e proteggere le minoranze e le loro tradizioni. I genitori sono emigrati negli anni 70. Ha lavorato nel dicastero della giustizia e pubblica sicurezza, e nel 2009 ha emanato un provvedimento che consentiva alle poliziotte musulmane di indossare lo hijab. Ma la norma è stata subito ritirata dopo le polemiche. A un anno dalle prossime elezioni, il primo ministro laburista Stoltenberg ha portato al governo una rappresentante della più grande comunità etnico-religiosa del Paese: nel 2009 i dati parlavano di 160 mila musulmani su poco meno di cinque milioni di abitanti, il 3,2 per cento della popolazione. E le quote rosa sono superate: “Nessuna legge impone che il numero dei ministeri debba essere diviso in egual misura. E’ consuetudine che sia così”, spiegano dallo staff del primo ministro.

Su molte prime pagine si parla delle proteste dei lavoratori cinesi alla “fabbrica degli Iphone”: in uno stabilimento cinese della Foxconn, la principale azienda fornitrice di pezzi alla Apple, nella notte tra domenica e lunedì c’è stata una “rissa colossale”, come la racconta Il Corriere della Sera: “Il Cipputi cinese blocca l’Iphone 5″, è il titolo di prima pagina della Repubblica, che al tema dedica l’inserto R2 (“La terza generazione di operai non accetta più di morire alla catena di montaggio. E per il potere rosso è uno shock”).

di Ada Pagliarulo e Paolo Martini