Finanziamento ai partiti: sì della Camera

Pubblicato il 25 Maggio 2012 in da redazione grey-panthers

Le aperture

La Stampa: “Ue: bene i conti, ora crescete. Esclusivo, la pagella di Bruxelles sull’Italia: non servono altre manovre”. Il quotidiano offre in anteprima per i suoi lettori le raccomandazioni che la Commissione europea si appresta ad inviare alle capitali europee. Per l’Italia il dossier, ancora in fase di limature, sarebbe composto di due documenti, uno di sei e uno  di 29 pagine. Il tono sarebbe “incoraggiante”.

La Repubblica apre con le parole di Monti: “‘Lavoro, 8 miliardi per i giovani. La promessa di Monti”. E poi: “Fornero: sì ai licenziamenti anche nel pubblico impiego”, e “Draghi: Italia in ritardo sull’occupazione”. Infine: “Il nuovo presidente di Confindustria Squinzi: troppe tasse sulle aziende”. A centro pagina il quotidiano ricorda che ieri la Camer ha approvato la legge sul finanziamento ai partiti: “Via alla legge che dimezza i soldi ai partiti. La Corte dei conti protesta: a noi i controlli”. In prima il quotidiano annuncia anche il “piano e i candidati della Lista Montezemolo”. E poi: “Berlusconi oggi lancia doppio turno e presidenzialismo”. In prima pagina il quotidiano romano parla anche del “terremoto allo Ior: il Vaticano caccia Gotti Tedeschi. ‘La sua gestione è insoddisfacente'”.

Il Corriere della Sera: “Piano di Monti per i giovani. Lavoro e fisco, le critiche di Confindustria al governo. Il premier promette 8 miliardi e misure sul merito. Draghi: puntare sulle nuove generazioni”. A centro pagina: “Il banchiere Gotti Tedeschi licenziato dal Vaticano. L’addio tra accuse e veleni”. “Crisi al vertice dell’Istituto per le opere di religione”. L’editoriale, firmato dal politologo Angelo Panebianco, è dedicato al Pdl: “La dissolvenza di un partito”.

Il Giornale: “Ecco tutte le carte che inchiodano il Pd. Nei verbali della sua segretaria le conferme dei pagamenti ai colonnelli della Margherita. Fatture riconducibili a Bindi, Franceschini e Rutelli. Conto di 30 mila euro in enoteca”. A centro pagina: “Multa da 225 milioni per De Benedetti. Grossi guai per l’ingegnere. Il fisco batte cassa. Il gruppo Espresso condannato per le plusvalenze degli anni 90”. Il titolo di apertura è per il dibattito nel Pdl: “Il Cav fa la rivoluzione: presidenzialismo francese per la Terza Repubblica. Accordo per le riforme istituzionali”.

Libero: “Andate a lavorare. Consiglio al Pdl. Il primo discorso del nuovo presidente di Confindustria è un ottimo programma per un partito liberale che intenda rilanciare l’economia di questo Paese. Un’occasione da non perdere”.

Il Sole 24 Ore: “Niente favori, un Paese normale”. “Squinzi: non chiediamo privilegi, ma azioni concrete su burocrazia, fisco e credito. Il presidente di Confindustria: troppi vincoli frenano impresa e crescita, la riforma del lavoro non convince. Napolitano: aziende leva del rilancio”. Di spalla: “Scontro in Vaticano: Gotti Tedeschi lascia la presidenza dello Ior. La Santa Sede: ‘Gestione insoddisfacente'”.

Europa

La Stampa pubblica ampli stralci del documento che la Commissione europea sta per inviare a Roma e alle altre capitali europee, con le indicazioni sul programma per il 2012 che le stesse capitali hanno inviato a Bruxelles entro fine aprile. Le conclusioni della Commissione saranno presentate martedì, e il quotidiano torinese ne offre alcune anticipazioni. Apprezzamento per l’introduzione della “regola del pareggio di bilancio costituzionale”, “altro segnale della volontà dell’Italia di avere un solido impianto di finanza pubblica”. E cinque raccomandazioni, che “ruotano interno a mali strutturali ben noti”: spending review evasione fiscale, riforme del lavoro, emersione del sommerso, semplificazione burocratica. Le cinque raccomandazioni “hanno il tono compresivo del maestro che dice all’allievo: bravo, hai fatto bene, ora devi fare di più”.

Partiti

E’ La Repubblica il quotidiano che dà maggior evidenza, nelle prime tre pagine, alla riforma sul finanziamento dei partiti, pur sottolineando che è stata approvata in una Camera “semivuota”. Sono solo 291 i sì. La riforma prevede il taglio del 50 per cento: da 182 milioni l’anno a 91. Finanziamenti dei privati sotto i 5 mila euro. Accede ai finanziamenti solo chi ha ottenuto il 2 per cento ed ha uno Statuto “conformato ai principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze, ai diritti degli iscritti”.
La Stampa spiega che 78 no sono arrivati da Idv, Lega e Radicali, tra i contrari anche l’esponente Pd Parisi. Scatta il divieto di usare i contributi dello Stato per comprare case o immobili di ogni tipo, così come l’obbligo di investirli solo in titoli di Stato italiani. Per quel che riguarda la trasparenza, il controllo dei bilanci verrà affidato a revisori e ad una commissione mista, malgrado la Corte dei conti abbia inviato una lettera al Presidente della Camera per ricordare che il controllo spetterebbe solo a questo organismo e non ad altri. Non passa la proposta dell’Api per imporre il divieto a fondazioni legate ai politici di ricevere fondi da società pubbliche. Non passa la proposta di Di Pietro, che chiedeva l’esclusione dei rimborsi elettorali per partiti che avessero candidati o eletti condannati.
Il Corriere della Sera parla di uno “show” in Aula di Ugo Sposetti, senatore e storico tesoriere dei Ds, che ha espresso la sua totale contrarietà ad un emendamento del compagno di partito Fontanelli, che chiedeva di rendere pubblica la situazione patrimoniale dei tesorieri e dei loro parenti di primo grado. Sposetti reagisce citando i casi di Severino Citaristi (tesoriere Dc) e Marcello Stefanini (tesoriere Pci e poi Pds), “sempre assolti dopo anni di sofferenze. Alla loro memoria voterò contro. “Quale norma impedisce di rubare? La storia e i valori lo impediscono”.

Due pagine del Corriere della Sera sono dedicate ai verbali relativi all’inchiesta dell’ex tesoriere della Margherita Lusi. La segretaria del senatore indagato per associazione a delinquere, appropriazione indebita e illecito reimpiego ha consegnato due giorni fa ai magistrati romani una chiavetta usb che conterebbe le fatture pagate da Lusi ai politici della Margherita. Sentita come testimone, avrebbe confermato i versamenti a numerosi esponenti del partito: “Per Lusi passavano le fatture per l’attività politica”. Ai magistrati avrebbe detto anche che Lusi le aveva precisato come fosse necessario essere precisi nelle imputazioni delle fatture ai vari soggetti autorizzati a spendere, perché c’era un accordo per suddividere le spese in termini di 60-40: “Non ricordo chi aveva il 60 e chi il 40”. I magistrati chiedono chiarimenti, lei fa i nomi dei destinatari: “Bianco, Bindi, Bocci, Fioroni, Franceschini, Letta e Marini erano “popolari”, Gentiloni Renzi e Rutelli erano invece “rutelliani”, “per Bindi veniva o la segretaria o un certo Paolo”, “per Marini c’è ben poco”, “per Fioroni me li dava di solito lo stesso Lusi”, “per Letta non è mai venuto né lui né la sua segretaria, credo se ne occupasse lo stesso Lusi”. “Quanto a Rutelli, le fatture me le dava Lusi, si trattava più che altro di rutelliani come Milana o Renzi, per il quale veniva un certo Gavini”.

La Stampa riferisce del “annuncio a sorpresa del Pdl” che ha lanciato in pompa magna un “patto costituzionale” per introdurre in Italia l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Chiosa La Stampa: “Riforma che non si farà, questo è chiaro a tutti, perché non ci sono i tempi, ma poi c’è anche la sostanza politica: una legge elettorale a doppio turno che consenta alle forze moderate di correre da sole al primo turno e ricongiungersi al secondo per fermare la sinistra”.
Sulla stessa pagina, la reazione del segretario Pd Bersani: “Pronti a discutere di presidenzialismo, ma non si fa in due mesi”. Si vedrà martedì prossimo, quando si riunirà la direzione dei democratici, che dovrà discutere di alleanze e scelte elettorali, e quali scelte fare. Il quotidiano riferisce delle tradizionali perplessità in casa Pd sul presidenzialismo, ricordando quando Franceschini, nel 2008, aprendo a questa ipotesi, fu ricoperto da una serie dicontumelie. Anche se ora è venuta meno la paura di dare lo scettro a Berlusconi, la questione infiamma gli animi.

Quanto alla Lega, i quotidiani parlano di uno suo “ritorno” agli “albori”, come scrive il Corriere della Sera: alla politica del suolo nordico e degli amministratori porta a porta. Lo si dedurrebbe dalle dichiarazioni di Roberto Maroni, secondo cui al congresso federale di fine giugno discuterà e deciderà se abbandonare il Parlamento, “per trovare nuove e concrete risposte alla questione settentrionale”. La Padania oggi arriva in edicola così: “Il territorio torna protagonista”. L’ipotesi è non presentarsi alle politiche del 2013.

Economia

Ieri il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi ha tenuto il suo primo discorso davanti alla Assemblea 2012 della sua organizzazione. Scrive il Corriere della Sera: “Fisco e burocrazia, le critiche di Confindustria. Squinzi: ‘Attenti alla questione del Nord, fermare l’emorragia di imprese'”. Il quotidiano scrive che Squinzi “si rivolge al governo, alle banche e a suoi colleghi” per fermare l’emorragia di “imprese di posti di lavoro e ripristinare la fiducia”.

Ior

Andrea Tornielli, su La Stampa, si sofferma sulla notizia che riguarda Ettore Gotti Tedeschi, che ieri è stato sfiduciato dagli altri quattro membri del consiglio di sovrintentenza dell’Istituto Opere di Religione. Mesi di contrasti, tensioni e scontri emersi all’inizio dell’anno, quando sono stati pubblicati alcuni documenti e memoriali interni al Vaticano alcuni dei quali relativi proprio alla gestione delle Finanze vaticane. Diventa presidente dello Ior, ad interime, il vicepresidente del congilio di sorveglianza, il tedesco Schmitz. Gotti Tedeschi è stato sfiduciato, come dice un comunicato ufficiale, per “non aver svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio”. La decisione, spiega il vaticanista, è stata presa “in un momento delicato e difficile per la Santa Sede, alle prese con una massiccia fuga di documenti: alcuni di questi erano transitati anche attraverso l’email di Gotti Tedeschi e riguardavano le tensioni interne sorte nella fase preparatoria della nuova legge sulla trasparenza, che nelle intenzioni doveva servire ad avvicinare il Vaticano agli standard internazionali. In discussione il ruolo e i poteri dell’Aif, l’autorità di informazione finanziaria e di controllo, presieduta dal cardinale Attilio Nicora, che secondo il porporato e secondo lo stesso Gotti risultava ridimensionata dalle nuove norme entrate in vigore lo scorso gennaio”.
Un altro articolo sulla stessa pagina dà conto della reazione dell’interessato: “Preferisco non parlare, altrimenti dovrei dire solo brutte parole. Abbiate pazienza”. Secondo il quotidiano la scelta di Gotti di collaborare fin dall’inizio con la magistratura romana, impegnata ad indagare sulla movimentazione di denaro in alcuni conti dello Ior da banche italiane a banche tedesche, era stata all’origine di incomprensioni con il direttore generale dell’Istituto, Paolo Cipriani. In questa occasione Gotti, sottoposto ad indagine dai Pm romani, ricevette un pubblico sostegno da parte del Papa.  L’estate scorsa lo Ior si era impegnato in una operazione di salvataggio dell’ospedale San Raffaele di Milano, voluta dal cardinale Bertone e auspicata da diversi uomini della finanza e della politica milanese. Gotti Tedeschi, inizialmente favorevole, si era poi convinto del contrario ritenendola una avventura pericolosa, e si era scontrato con Giuseppe Profiti, manager dell’ospedale Bambin Gesù e uomo di Bertone nmel mondo della sanità”. Infine, “punto di non ritorno” dei contrasti sarebbe stata la nuova legge sulla trasparenza bancaria, che doveva portare il Vaticano nella white list dei Paesi virtuosi in materia di antiriciclaggio. Gotti e il cardinale Nicora ritenevano che le modifiche fossero troppe, e che fosse sbagliato ridimensionare l’Aif.
La Repubblica, per spiegare la decisione, cita quello che sembrerebbe il comunicato della segreteria di Stato Vaticana: “E’ stato sfiduciato all’unanimità” perché era “uno dei corvi”. Si ricollega cioè al sospetto che Gotti Tedeschi fosse uno degli autori delle lettere vaticane segrete diffuse dai media, i cosiddetti vaticankeaks. Gotti Tedeschi avrebbe anche indicato i nomi dei suoi nemici, ovvero Marco Simeon e Cesare Geronzi. Il primo, pupillo del cardinale Bertone e oggi direttore delle relazioni istituzionali e internazionali della Rai, non avrebbe mai avuto un buon feeling con lui.
Il Corriere della Sera scrive che l’impressione è che la sorte di Gotti Tedeschi sia stata segnata dalle sue perplessità sulla operazione di salvataggio del San Raffaele, voluta fortemente da Bertone, ma considera “inversomili” le voci secondo cui sarebbe stato “il corvo”: la tesi era risibile, ma utile a fargli arrivare il messaggio che ormai era considerato un nemico indesiderato.

Internazionale

La Repubblica si occupa estesamente delle elezioni presidenziali in Egitto e racconta che – mentre mancavano ancora tre ore alla chiusura delle urne – i Fratelli Musulmani hanno già reclamato la vittoria. Il candidato della Fratellanza, che già domina in Parlamento, eletto lo scorso novembre, Mohamed Morsi, è stato il più votato nel primo giorno di voti, come ha annunciato, raggiante, il vicepresidente del partito che fa loro riferimento, Giustizia e Libertà, Essam El Erian. Erian spera che il trend sia stato mantenuto anche nel secondo giorno di votazioni. Un tale risultato annullerebbe il ballottaggio previsto per metà giugno e proietterebe sulla sedia di presidente il candidato Morsi, ingegnere con un master alla University of Southern California e anima conservatrice del partito di ispirazione islamista. Il quotidiano sottolinea che è necessaria cautela, per la volatilità del voto egiziano. E sottolinea che Amr Moussa, ex ministro degli esteri di Mubarak ed ex segretario della Lega Araba, resta il candidato laico con maggiori chances di arrivare al ballottaggio. Nel suo quartier generale si ammette: “Sì, sappiamo che Morsi è stato il più votato, ma Moussa è al secondo posto con oltre il 25 per cento”. Sullo stesso quotidiano, una lunga analisi di Francis Fukuyama sottolinea come abbiano fallito i giovani di piazza Tahrir, che non sono riusciti a trasformarsi in un soggetto politico elettoralmente rilevante. “Si fa fatica a decidere per chi fare il tifo nelle elezioni presidenziali egiziane – scrive Fukuyama – due dei candidati di maggior rilievo – Moussa e Shaqit sono stati funzionari di primo piano nel regime di Mubarak e sono sospettati di avere legami con i militari. Abdel Moneim Abon Fotoh si presenta come un islamista liberale espulso dai Fratelli Musulmani, ma per qualche ragione è sostenuto dall’ultradestra religiosa dei salafisti. Quanto al candidato dei Fratelli Musulmani, Fukuyama sottolinea che la formazione è partita mostrando un volto moderato, ma recentemente ha mostrato segnali inquientanti di un orientamento più radicale: “Il grande assente di questo assortimento di candidati con speranze di vittoria è un liberale autentico, un candidato che non abbia nessun legame con il passato e che non sostenga un programma islamista. Il candidato che corrispondeva meglio a questo profilo era Mohamed el Baradei, ex direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica e vincitore del Nobel per la pace, che si è ritirato a gennaio dopo una campagna mai decollata”. Poi Fukuyama ricorda la rivoluzione di piazza Tahrir, la rabbia dei giovani della classe media che usavano i social network per diffondere le informazioni sulle atrocità del regime: “All’epoca di parlò molto del ruolo positivo giocato dalla tecnologia”, eppure questo gruppo di giovani attivisti non è riuscito a trasformarsi in soggetto politico elettoralmente rilevante. Certo, questi giovani non sono rappresentativi della stragrande maggioranza del popolo egiziano, che resta poco istruito, conservatore dal punto di vista sociale, e rurale.
I liberali egiziani non sono riusciti a coalizzarsi intorno ad un singolo candidato e ad impegnarsi nel lento, estenuante lavoro, di organizzare, distretto per distretto, un partito politico. I partiti islamisti, invece, sono sopravvissuti in tutto il medio oriente alla repressione, perché sapevano organizzarsi, selezionare i quadri, vivere tra i poveri e fornire direttamente servizi sociali agli elettori. L’articolo è tutto da leggere.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini