AFGHANISTAN, VIA ALLA TRANSIZIONE: Comincia il ritiro delle forze Nato

Pubblicato il 18 Luglio 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Napolitano vede Berlusconi. I temi del colloquio: mercati, giustizia, successione di Alfano. Sui costi della politica impegno di Fini e Schifani. Rivolta sul web e Di Pietro invoca la piazza”. A centro pagina: “Sgravi, sanatorie, più tasse. Ecco come cambia il Fisco. Agevolazioni ai giovani imprenditori e mediazioni sulle liti fiscali”. L’editoriale, firmato da Gian Antonio Stella e da Sergio Rizzo, è titolato: “La casta paghi; qualche idea…”

Il Giornale: “La casta di Fini. Politica degli sprechi. Il presidente della Camera cavalca l’antipolitica. Ma è il prototipo dei mantenuti pubblici. Bossi: la Lega voterà per l’arresto di Papa. Oggi ll vertice col premier”.

L’Unità: “La ‘cosa’ di Tremonti. Il ministro all’Unità: nel 2004 depositai un simbolo che poi ho aggiornato nel 2010, ma è rimasto in archivio. Il resto è fantasia senza futuro”. Tremonti scrive una lettera al quotidiano del Pd, per rispondere ad un articolo di ieri in cui si definiva “pronto” il “partito” del ministro dell’Economia. Il titolo di apertura, con immagine di una ricetta medica, è: “Sporca manovra. Si allarga il fronte contro il ticket. Enrico Rossi: non si colpisca il diritto alla salute”.

Il Sole 24 Ore: “Per l’Italia l’esame dei mercati. Dopo il via libera in tempi record del Parlamento le misure del Governo affrontano il giudizio delle Borse. Dalla Bce al Fmi, la cura anti deficit al vaglio delle istituzioni internazionali”.

La Stampa: “Governo, corsa al rimpasto. Tra inchieste e tensioni si apre la settimana chiave del premier. Un ministero per placare la guerra nella Lega. In mattinata Berlusconi sale al Colle: per la Giustizia spunta Brunetta”. Sulla politica interna, da segnalare, oltre agli articoli sulla manovra “alla prova della Borsa”, una intervista ad Enrico Letta, vicesegretario del Pd: “Letta: Maroni faccia un passo”.
In alto: “Il caso tabloid travolge anche Scotland Yard. Arrestata Rebekah Brooks, braccio destro di Murdoch. Regali scomodi, il capo deve dimettersi”. Un retroscena racconta: “Il magnate sotto assedio prepara l’ultima difesa. Il fondatore dell’impero dei media pronto a testimoniare in Parlamento”.

“Murdoch travolge Scotland Yard”, titola La Repubblica. “Si dimette il capo della polizia. Indagata Rebekah Brooks”. “Indagato il figlio del tycoon, lo scandalo si allarga al suo impero in America per le intercettazioni di Jude Law”. Il titolo di apertura è per la manovra, oggi “alla prova mercati”, mentre in Italia inizia uno “scontro sui ticket”, visto che diverse regioni annunciano che non lo applicheranno. A centro pagina: “Camusso: basta minacce da Marchionne. Polemiche per la sentenza su Pomigliano. I sindacati: Fiat confermi gli investimenti”.

Politica

Torna d’attualità la vicenda legata alla richiesta di arresto nei confronti del deputato Pdl Alfonso Papa. Al centro dell’attenzione è soprattutto l’atteggiamento della Lega: si è astenuta sulla richiesta di arresto nella Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera; poi, sabato, Bossi, ha preso le difese di Papa, come ricorda il Corriere della Sera; infine, ieri lo stesso Bossi ha detto che “la Lega voterà per l’arresto”. Ma il leader della Lega ha ribadito: “Io ho i miei dubbi”. Lo ha fatto nel corso di un comizio a Podenzano. Lo stesso quotidiano dedica attenzione anche all’atteggiamento del ministro dell’Interno Maroni che potrebbe, per il suo ruolo, decidere di non partecipare al voto a Montecitorio. Sin dall’inizio Maroni, spalleggiato da oltre 40 parlamentari, aveva manifestato l’intenzione di dare parere favorevole all’arresto nei confronti di Papa. Ma – spiega il quotidiano – non avendo Maroni nessuna intenzione di provocare una frattura con il “capo”, domani,  nel corso di una assemblea della Lega, proporrà di lasciare mano libera affinché ognuno si esprima secondo coscienza. Il fatto è che se mercoledì l’aula della Camera dovesse davvero autorizzare l’arresto, si potrebbe arrivare ad una crisi. E il fronte di coloro che vorrebbero convincere Bossi ad appoggiare un nuovo esecutivo senza Berlusconi, ma con la stessa maggioranza, continuerebbe – secondo il Corriere – ad allargarsi.
“Il Pdl spera nei garantisti”, secondo lo stesso quotidiano, allorché spiega che verrà chiesto probabilmente il voto segreto. Per La Repubblica la Lega è “sempre più nel caos”, dopo “l’ennesima giravolta di Bossi” sulla vicenda. E descrive un Maroni “sconcertato”: il gruppone di deputati che si identifica nelle posizioni del ministro dell’Interno, in antagonismo con il capogruppo leghista alla Camera Reguzzoni, sarebbe “su tutte le furie”, ipotizzando un “ammutinamento”.
Per La Stampa, per placare la guerra nella Lega, sarebbe in ballo proprio una poltrona per Reguzzoni (al ministero delle politiche comunitarie), lasciando così il posto di capogruppo al maroniano Stucchi. Oggi intanto è previsto l’incontro tra il presidente del Consiglio e il capo dello Stato, che potrebbe servire anche a fare il punto sulle nomine ministeriali, a cominciare dalla sostituzione alla giustizia di Angelino Alfano. Berlusconi porterà una rosa di nomi, e, sistemato il governo, il premier potrà pensare alla sopravvivenza futura: “Bossi continua a puntellarlo” perché non pensa che ci sia una alternativa credibile. Diffida di esecutivi tecnici e larghe intese che passerebbero per la decapitazione del Cavaliere, e per la sua. Il fatto è che la Lega si troverà ad affrontare, dopo la richiesta di arresto per Papa, anche il caso del ministro Saverio Romano, accusato di essere vicino alla mafia, e su cui pende la mozione di sfiducia dell’opposizione. Sulla stessa pagina, il sindaco leghista di Verona Tosi dice che le parole di Bossi sono tatticismi, ma “alla fine diremo di sì all’arresto di Papa”. Tosi dice anche che “ci sono tutte le condizioni per un passaggio del testimone del governo a un leghista”.
Per il Giornale, sulla questione Papa, “il leader leghista è perplesso, ma la linea del partito sulla vicenda sembra definita”: non è escluso che per evitare una spaccatura con il fronte maroniano, sia lasciata ai parlamentari libertà di voto. Peraltro oggi Bossi incontrerà Berlusconi e comunque si appresta a smarcarsi anche sul tema caldo del decreto rifiuti su Napoli.
Le prime tre pagine del Corriere della Sera sono dedicate alle polemiche sulle spese della politica, ovvero gli sprechi e i privilegi della casta. Se ne occupano Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, in prima pagina, con suggerimenti per ridurre i privilegi: “La Camera e il Senato Usa, nel 2011, pesano insieme sulle pubbliche casse circa 100 milioni meno dei nostri”. Non c’è da stupirsi, dunque, scrivono i due, se una pagina di Facebook aperta ieri mattina da un anonimo ex dipendente della Camera, deciso a vuotare il sacco sui “segreti della casta di Montecitorio”, alle otto di sera aveva 135 mila amici. Anche su La Stampa: “L’anonimo anticasta fa boom sulla rete”. Tornando al Corriere, si analizza anche il peso delle regioni, tra stipendi d’oro e megaconsulenze. L’esempio siciliano: 19mila dipendenti. Il Lazio ha il record della spesa sanitaria e delle commissioni consiliari.
Il Giornale se la prende con il presidente della Camera Gianfranco Fini, che ieri ha scritto una lettera a Il Fatto, affermando di condividere un appello del quotidiano: “Stupisce che i giornalisti a schiena dritta del Fatto -scrive il direttore de Il Giornale Sallusti- quelli che non ne fanno passare una a nessuno, non abbiano obiettato subito a Fini una cosa del tipo: scusi presidente, invece di pontificare adesso, non poteva fare sentire la sua voce contro i privilegi nei giorni scorsi, quando bastava che dall’alto della sua autorità proponesse un piccolo emendamento per evitare la grande truffa?” (in riferimento alle norme accantonate nel corso dell’esame della manovra, che avrebbero colpito i vitalizi dei parlamentari, ndr.). Insomma, “si fa passare per salvatore dalla Casta uno che della casta è il simbolo vivente”.

Fiat

Per il Lingotto -scrive il Corriere– è un successo, come è una sconfitta per la Fiom, il verdetto del giudice del lavoro che ha riconosciuto la legittimità della newco di Pomigliano, gli accordi firmati con Fim, Uilm, Fismic e Ugl e soprattutto il ‘contratto auto’ in deroga a quello nazionale. Ma l’a.d. Marchionne non digerisce il fatto che il giudice abbia contestualmente riconosciuto il gruppo responsabile di “comportamento antisindacale” perché con gli acordi ha determinato, “quale effetto conseguente, l’estromissione della Fiom-Cgil” dal sito di Pomigliano d’Arco. Per la Fiat e per i sindacati che condividono il modello Pomigliano, nella sentenza c’è contraddizione: se è la Fiom che rifiuta l’intesa, e se lo Statuto dei Lavoratori dice che solo chi sigla può costituire le rappresentanze, dov’è l’antisindacalità? E se quella ordinata dal giudice è una riammissione ‘limitata’ -che dà cioè diritto a indire assemblee e referendum, ma non a sedersi al tavolo con l’azienda- come si concilia con la decretata legittimità di Fabbrica Italia a Pomigliano? In attesa delle motivazioni della sentenza, però, Fiat ha ricongelato gli investimenti. Non a Pomigliano, ma a Mirafiori e Grugliasco.
Giorgio Airaudo, segretario auto Fiom, dice che il prossimo passaggio sarà la promozione dei ricorsi individuali dei lavoratori di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco.
La Repubblica intervista la segretaria Cgil Susanna Camusso, che definisce l’atteggiamento di Marchionne “insopportabile”: “Continuo a pensare che in realtà il mitico piano Fabbrica Italia non sia niente più che un’affermazione. Non c’è nulla di trasparente in questa vicenda. Ogni occasione è buona per Marchionne per ribadire che non è detto che rimanga in Italia”, dice la Camusso. E sulla sentenza che legittima gli accordi delle newco: è “positiva per i lavoratori perché c’è il riconoscimento della loro libertà di iscriversi al sindacato che vogliono e di eleggere, o contribuire a scegliere, i loro rappresentanti sindacali”. Ma la sentenza per la Camusso “salva un modello che io non condivido, secondo il quale le grandi aziende possono avere contratti, di primo e di secondo livello, non più di categoria”.
La Camusso viene intervistata anche da L’Unità (che pure evidenzia come a Pomigliano la situazione sia diversa, nel senso che lì la Fiat ha già impegnato 700 milioni e da lì uscirà ad ottobre la nuova Panda): “la cosa più importante della sentenza -dice- è che il modello della divisione si è dimostrato fallimentare”. Ed è un richiamo anche per Cisl e Uil, firmatarie dell’accordo separato.
E, ancora, la segretaria a La Stampa: “L’esclusione è fallita, ora si riapra la via del negoziato”.  Di fianco, stessa pagina, parla il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani: “Senteza positiva, il Lingotto mantenga le promesse fatte” (“20 miliardi di investimento”, un milione e quattrocentomila macchine prodotte in Italia nel 2014, pieno utilizzo dei siti industriali).

Murdoch

La Repubblica spiega che l’ex capo di Scotland Yard, il “baronetto e superpoliziotto” sir Paul Stephenson, che ieri ha dato le dimissioni, era sotto accusa perché nel 2009, anno delle prime indagini sulle intercettazioni illegali di News of the world, assunse come consulente Neil Wallis, ex vicedirettore del domenicale, arrestato giovedì scorso. Aveva poi accettato un soggiorno gratuito in una lussuosissima beauty farm di cui Wallis curava l’ufficio stampa. Il quotidiano racconta come la caduta di sir Paul scuota il mito d’Inghilterra, Scotland Yard. John Lloyd scrive che Stephenson è un uomo dalla carriera prestigiosa, considerato integerrimo, promotore di un programma di modernizzazione della polizia e di un maggior avvicinamento di quest’ultima ai servizi segreti per una più efficiente lotta al terrorismo.
La Stampa racconta che Murdoch sta preparando l’apparizione di domani davanti al Parlamento e che ora i laburisti invocano nuove regole. In una intervista all’Observer il leader Ed Miliband ha detto che “la concentrazione di potere nelle mani del miliardario australiano è pericolosa e poco salutare per la nostra democrazia. Un solo uomo non può controllare il venti per cento del mercato”.
Anche sul Corriere della Sera, ampio spazio per l’ex capo di Scotland Yard e per la “ragnatela di interessi inconfessabili”, gli uomini di una istituzione prestigiosa che avrebbero dovuto ficcare il naso nelle “porcherie del Watergate britannico”, e che invece “se la spassavano con gli spioni”, e “si scambiavano informazioni”.

E poi

Della siccità e dell’emergenza umanitaria in Somalia si occupa La Stampa: “Parte il ponte aereo dell’Unicef”, “gli islamisti di Al Shaabab cedono: sì agli aiuti internazionali per fermare la carestia”.
Su La Repubblica: “Afghanistan, via alla transizione, la Nato lascia Bamiyan a Karzai”, “la polizia locale si occuperà della sicurezza nell’area”. E’ la prima delle sette località individuate dal presidente afghano per iniziare il passaggio delle consegne.
Anche sul Corriere (“Comincia il ritiro. Primo test di tenuta per le forze afghane”), dove si riferisce anche dell’uccisione, proprio ieri, a Kabul, di uno stretto consigliere di Karzai.
L’Unità sottolinea che il passaggio di consegne sarà semi-clandestino per evitare attentati.
Restiamo sul Corriere per una corrispondenza dall’Egitto, dove si è vissuta una giornata di caos, con l’annuncio del coma dell’ex-presidente Mubarak fatto dal suo difensore e la successiva smentita della direzione dell’ospedale in cui è ricoverato. Intanto le proteste non si fermano e il premier Essam Sharaf ha preannunciato un rimpasto nel governo che prevede la sostituzione della metà dei ministri (tra cui Esteri, Economia e Finanze). La giunta militare che governa il Paese ha inoltre fatto sapere che i processi ai civili nei tirbunali militari saranno ‘limitati’.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)