Da vedere in DVD: “Miss Marx” di Susanna Nicchiarelli

Pubblicato il 3 Aprile 2022 in , , da Egidio Zanzi
Miss Marx

tit orig id. sogg sceneggiatura Susanna Nicchiarelli cast Romola Garai (Eleanor Marx) Patick Kennedy (Edward Aveling) John Gordon Sinclair (Friedrich Engels) Felicity Montagu (Helene Demuth) Karina Fernandez (Olive Schreiner) Emma Kunniffe (Laura Marx) Philip Groening (Karl Marx) Oliver Chris (Freddy Demuth) genere biografico prod Italia, Belgio lingua orig inglese durata 103 min.

 

Ma come sono depravati questi rivoluzionari! Oppiomani, scialacquatori e privi di ogni etica, per giunta. Peggio dei peggiori farisei: fate quel dico, ma non fate quel che faccio. Ipocriti difensori del proletariato, ma inguaribili borghesi dentro. È questa la (grossolana) morale che si ricava da questo (grossolano) biopic che mette in scena i 15 anni di vita di Eleanor Marx, ultimogenita dell’autore del Capitale, compresi tra il 1883 e il 1898. Ossia dalla morte di babbo Karl alla scomparsa della stessa Eleanor, ad appena 43 anni. «Ho passato la vita a occuparmi degli altri, adesso tocca a me vivere» È la battuta che rappresenta la chiave del film, che ne chiarisce scopo e intenzioni, stile ed estetica. Dove a pronunciarla è, naturalmente, la protagonista che fino a quel momento si è presa cura di papà, mamma, nipoti orfani nonché degli operai di mezza Europa e che anela invece, al pari di una qualsiasi borghesuccia, a coltivare il privato orticello dei propri sentimenti. Magari sarà anche stato vero, ma la storia (anche quella rielaborata con una macchina da presa) non si fa con le ipotesi.

Miss Marx

Oppure si torna al Bertolucci di Novecento (1976) o dell’Ultimo imperatore (1987) ossia alla storia come lussuoso buco della serratura attraverso cui spiare amori malati. Cosa di cui non si avvertiva assolutamente il bisogno e decisamente fuori tempo massimo. Come se in un film su Napoleone le battaglie di Marengo, Austerlitz, Wagram, Lipsia e Waterloo, venissero subordinate alle battaglie nell’alcova con Giuseppina Beauharnais o Maria Luisa d’Austria. Se insistiamo su questi aspetti è perché la struttura narrativa del film si presenta invece proprio come una rigorosa ricostruzione storica. Con costumi e scenografie da tanto di cappello. Così puntigliosa e minuta (la ricostruzione) da rievocare anche episodi noti principalmente ai topi di biblioteca e non certo al grande pubblico cui si rivolge invece un film che vorrebbe essere di cassetta. E ci riferiamo, per esempio, a Freddy Demuth che il fariseismo rivoluzionar-socialista dei depravati in bandiera rossa indica come figlio naturale di Engels mentre si tratta della classica e ultraborghese tresca con la serva di padron Marx sotto gli occhi dell’adorata (ma un po’ distratta) mogliettina. Il che dimostra, come detto, un’accuratissima documentazione storica, ma un’altrettanto raffinata mistificazione allo scopo di screditare chi l’ha storia l’ha fatta, nel bene e nel male, mutandone radicalmente il corso. Dando importanza alle minuzie anziché al reale peso degli eventi. Come se per valutare l’opera letteraria di Dante Alighieri avesse un qualche rilievo sapere se a tavola preferisse il pollo o il cappone. E adesso la ciliegina sulla torta: il soundtrack o colonna sonora che dir si voglia. Definita da qualcuno: «Rischiosa e originalissima» per il semplice motivo che si sviluppa su basi hard rock o heavy metal della band chiamata Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo. E scusate se è poco. Incluse alcune incursioni su brani di Chopin e Liszt a loro volta “metallizati”. Lo diciamo da anni: non solo non siamo contrari alle contaminazioni, agli sperimentalismi e a qualsiasi tipo di rivisitazione artistica. Lo hanno fatto tutti, sempre, in tutte le arti, e non c’è purismo che tenga. Anzi: ben vengano le ibridazioni i rimescolamenti le fusioni più strane e impensate. A una condizione, però: che servano ad arricchire il linguaggio, che esprimano senso, innovazione, rivoluzione (tanto per restare in tema). Quando Picasso “copia” Velazquez o Bach “ruba” un tema musicale a Giovanni Giacomo Gastoldi da Caravaggio, fanno appunto quello che i grandi artisti hanno fatto da secoli e continuano a fare: assimilano l’arte altrui per alimentare la propria creatività. Invece il rock duro di Miss Marx è esattamente il contrario di questo processo. È un “épater le bourgeois” posticcio e maldestro.Dal Dizionario Treccani: «Épater le bourgeois. Propr. “sbalordire il borghese”. Meravigliare a buon mercato con parole e affermazioni paradossali, con atteggiamenti anticonformistici o spregiudicati, per il gusto di stupire e scandalizzare». Appunto: per il gusto di stupire qualche anima candida che poi scrive di colonna sonora rischiosa e originalissima. Per tutte, dovrebbe bastare il balletto di Miss Eleanor che introduce l’epilogo: un paio di tiri al calumet dell’oppio e si scatena la disco. Da far ridere i polli (e i capponi). Ultima chiosa: il film, prodotto in Italia (tra gli altri da Mamma Rai) e diretto dalla romanisssima Nicchiarelli è girato in inglese, per ovvi motivi di mercato internazionale. L’unica, vera “internazionale” che ormai abbia qualche interesse al giorno d’oggi.

 

E allora perché vederlo?

Per capire come non si deve scrivere una biografia cinematografica.

 

Miss Marx