Libia: il vero pensiero di Sarkozy

Pubblicato il 24 Marzo 2011 in , da Vitalba Paesano

La Francia guidata da Nicolas Sarkozy sta giocando un ruolo di primo piano nell’azione internazionale contro la Libia di Muammar Gheddafi a partire dalla decisione di un intervento militare, tramite incursioni aeree, avallato dalla risoluzione 1973 dell’Onu.
A otto anni di distanza dal veto posto da Parigi all’azione unilaterale americana in Iraq che cosa spinge la Francia all’interventismo? Oltre a questioni interne, con le elezioni generali programmate per il 2012, e il calo della popolarità di Sarkozy nei confronti dei rivali nella corsa all’Eliseo, la Francia ha interesse nel riaffermare la propria influenza economica e politica nella sponda sud del Mediterraneo. Parigi, che ricopre attualmente anche un ruolo internazionale alla presidenza del G20 e del G8, ha infatti perso due bastioni importanti della propria strategia diplomatica come Egitto e Tunisia, sostenendo peraltro il governo di Ben Ali nei primi momenti della rivolta. Sarkozy ha inoltre cercato di ricoprire un ruolo chiave nell’area con la creazione dell’Unione per il Mediterraneo co-presieduta insieme all’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, ma da subito avversata da Gheddafi.
Dall’intervento in Libia la Francia sembra avere più da guadagnare che da perdere. I rapporti tra i due paesi sono sempre stati altalenanti. All’iniziale periodo di buone relazioni con il Colonnello, che permise a Parigi di vendere più di un centinaio di aerei Mirage a Tripoli, sono seguite fasi molto più tese, in particolare per la lunga guerra in Ciad e per la rivalità delle politiche di influenza francese e libica in Nord Africa e nella regione del Sahara. Le “fughe in avanti” nella gestione delle crisi internazionali non sono però una novità per i francesi, come dimostrano il Ruanda (1994) e il conflitto russo-georgiano (2008).
Quali sono dunque i veri motivi dell’azione di Sarkozy contro la Libia?

Sergio Romano (editorialista Corriere della Sera): “La Francia ha sempre avuto ambizioni di leadership nel Mediterraneo. I presidenti francesi nel corso del tempo hanno avuto stili diversi. Quello di Sarkozy è uno stile condizionato dal suo carattere. Per questo quella francese è stata un’azione molto spregiudicata, dettata essenzialmente da due motivazioni.
La prima è quella della necessità di cancellare il ricordo dell’intimità con due degli autocrati protagonisti della politica della sponda sud: Mubarak e Ben Ali. La Francia doveva cancellare il ricordo di questi forti legami, come dimostra la vicenda dell’ex-ministro degli Esteri francese.
La seconda è legata a ragioni interne. In vista delle elezioni presidenziali, Sarkozy necessitava di un rilancio d’immagine. Nel 2007 aveva vinto conquistando l’intellighenzia di sinistra ma anche il voto di destra. Oggi pare piuttosto minacciato sia da Marine Le Pen sia da Dominque de Villepin. Per questo il presidente francese ha dato l’impressione di aver voluto agire piuttosto in fretta sulla Libia”.

Giulio Sapelli (professore Storia dell’economia, Università Statale Milano): “La questione centrale, il motivo che ha spinto all’azione la Francia, sta nel fatto che la Libia rappresenta un ponte per il controllo dell’Africa centrale. […] La chiamerei ricerca di un nuovo ruolo imperialista in Nordafrica e in Africa nera. Per la Francia, in particolare, che ha combattuto invano Gheddafi in Ciad e che è intervenuta con risultati disastrosi nel conflitto tra Hutu e Tutsi: Parigi non ha mai abbandonato tentazioni coloniali in Africa. Ma la partita vera sta nel fatto che chi controlla la Libia controlla l’Africa centrale. Tripoli è il trampolino per un nuovo “Grande gioco” diplomatico e militare che riguarda altri Paesi, come la Cina”. (Avvenire, 22 marzo 2011)

Michael Elliot (editorialista Time): “Sarkozy ha cominciato la Primavera araba con il piede sbagliato, la posizione del suo governo è rimasta intimamente intrecciata con quella della Tunisia, quando invece la popolazione era rivolta contro di essa. E’ opinione diffusa che Sarkozy stia prendendo l’iniziativa in Libia al fine di recuperare la reputazione della Francia nel mondo arabo. Se è così, questo è un modo rischioso per farlo: l’intervento militare in Libia non ha garanzie per essere un successo, e non è nemmeno uniformemente popolare tra gli arabi, anche quelli che hanno manifestato a favore della democrazia nella regione. Sono manie di grandezza? Ci saranno quelli che sostengono che Francia e Gran Bretagna si stiano comportando così perché pensano che la storia dia loro diritto a farlo. Ma la questione non regge. La Gran Bretagna e la Francia sono democrazie. In nessuna democrazia l’avventurismo militare è popolare tra gli elettori”. (How Libya Became a French and British War, www.time.com, 19 marzo 2011)

 (Fonte: ISPI)