La Rassegna Stampa: “Il peso della vittoria” . Intanto i mercati tifano per un esecutivo più forte

Pubblicato il 15 Dicembre 2010 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

Il Corriere della Sera: Berlusconi vince e apre all’Udc. ‘Non galleggeremo: allargo la maggioranza’. L’ipotesi di una crisi pilotata. No di Casini”. “La sfiducia non passa per tre voti, poi il capo del governo al Quirinale. Fli perde pezzi. Il premier: con Fini non tratterò più”. L’editoriale è firmato da Sergio Romano: “Il peso della vittoria”.
A centro pagina: “Roma in preda alla guerriglia. Barricate, incendiati i blindati degli agenti, cento feriti. Scontri nelle vie del centro, assaltata la Protezione civile. Critiche alla polizia”. Accanto, una intervista al ministro Maroni: “Ma noi abbiamo evitato il peggio. Poteva esserci il morto. In 2000 almeno volevano assaltare Camera e Senato”.

Il Sole 24 Ore: “Governo salvo per tre voti. Roma sconvolta dai disordini. Nel centro della capitale blindati in fiamme, oltre un centinaio di feriti. Non passa alla Camera la mozione di sfiducia. Berlusconi invita l’Udc nella maggioranza e apre una crisi pilotata”. Due foto mostrano, affiancati, gli scontri nel Palazzo di Montecitorio e quelli nelle strade di Roma. A centro pagina, l’economia: “Ripresa Usa troppo lenta. Tassi fermi, proseguono gli acquisti di titoli di stato. La Fed: ritmo insufficiente per migliorare i livelli di occupazione”.

La Repubblica: “Berlusconi si salva per tre voti”. “Il Cavaliere: Napolitano non vuole il voto. Il Quirinale replica: nessuno ci interpreti. Rissa alla Camera durante il dibattitito. Bersani: successo di Pirro”. “Fini: ho perso, ma la sua non è una vittoria politica. Il premier apre all’Udc, no di Casini”. Altro grande titolo in prima pagina per il “giorno di guerriglia a Roma, il centro messo a ferro e fuoco. Black bloc in azione: oltre 100 feriti, 41 fermi”. Il titolo del commento di Giuseppe D’Avanzo è “violenza annunciata”.

Il Riformista: “Roma brucia, Silvio no. Il premier ottiene la fiducia per tre voti mentre infuria la guerriglia urbana. Elezioni più vicine. Alta tensione a Montecitorio: tre finiani salvano il Cavaliere. La maggioranza c’è ma è tropppo risicata per governare. Il Cavaliere propone un patto a Casini che per ora dice no. Bossi lascia fare ma si prepara al voto”. A centro pagina un commento firmato da Alessandro Campi, ideologo di FareFuturo: “Fini ha perso, torni a fare politica”. Quanto a Berlusconi, un altro articolo in prima pagina è dedicato a lui: “Sarà pure Pirro, ma è inossidabile”.

La Stampa: “Vince Berlusconi, guerriglia a Roma., La fiducia passa alla Camera per tre voti, poi l’apertura a Casini: ora allarghiamo la maggioranza. Fli si spacca e il Pdl chiede le dimsisioni di Fini. Bossi: nessun veto all’udc. Il Pd: non cambia nulla”. A centro pagina un retroscena informa: “Ora il premier fa la corte a sette finiani”. Il Presidente del Consiglio ha anche promesso “il rimpasto” al Presidente della Repubblica, incontrato ieri. Accanto, un articolo si sofferma sui deputati di Futuro e libertà che hanno votato la fiducia: “Miss Cepu e Moffa salvano il Cavaliere”. A centro pagina anche il processo per i sette morti sul lavoro al rogo della Thyssenkrupp: il Pm ha chiesto 16 anni di carcere per l’amministratore delegato, per omicidio volontario. La notizia è anche sulla prima pagina del Sole 24 Ore.

Libero: “Tiè. Silvio ottiene la fiducia del Parlamento”, dove il premier è raffigurato in caricatura intento a fare il gesto dell’ombrello. “Scrivete a Fini per  mandarlo a Montecarlo”. Un indirizzo di posta elettronica invita i  lettori a sostenere la campagna avviata dall’editoriale di Maurizio Belpietro: “Gianfranco, è ora di liberare la Camera”.

Il Giornale oggi apre con una “intervista a Vittorio Feltri”. Cribbio che botta. Ha vinto Berlusconi come al solito. Fini è stato ridicolizzato: dovrebbe andare in esilio. Ora Casini in maggioranza, oppure voto a marzo”. L’intervista occupa tutta la pagina. Secondo Feltri quella delle elezioni anticipate è l’ipotesi più probabile, anche se ammette che si tratta di una “valutazione influenzata dai miei desideri”, perché i democristiani “soffrono troppo a stare lontane dal potere, e l’Udc “non si lascerà sfuggire l’occasione per saltare nel piatto e rimanerci fino al 2013”.

L’Unità: “Governo Scilipoti. Fiducia per tre voti. Transfughi decisivi. Berlusconi ottiene il sì della Camera grazie ai due ex Idv e Calearo. Poi va al Quirinale e promette ‘stabilità’. Finiani spaccati. Elezioni più vicine”. E poi il giudizio di Bersani: “Vittoria di Pirro”.

Il Foglio: “I botti della fiducia. Il conto del Cav a Fini: tre settimane per svuotare Fli e imbarcare l’Udc, sennò alle urne”. E poi: “Una giornata di straordinaria guerriglia urbana per giovani al di sopra della loro ferocia”. Di spalla il quotidiano si occupa del dibattito sulla Fiat: “La cura Marchionne farà risvegliare pure la lenta Confindustria”. Viene intervistato Carlo Callieri: “L’ex top manager Fiat ed ex vice della confederazione analizza la rivoluzione americana voluta dal Lingotto”.

Politica

Gli scenari possibili – lo scrive Il Sole 24 Ore ma più o meno su questo si soffermano tutti i quotidiani – sono tre: una “crisi pilotata” con ingresso nel governo dell’Udc e di qualche esponente di Futuro e libertà; un governo Berlusconi che continua ad andare aavanti con i numeri che ha (ieri il premier si è detto convinto di poter continuare a governare, incontrando il Capo dello Stato), ma con numerosi incidenti possibili; le elezioni anticipate a marzo, scenario definito “il meno probabile perché sia Berlusconi, sia Casini sia il capo dello Stato hanno fatto capire di voler evitare le urne”. Un articolo dello stesso quotidiano racconta i cinquanta minuti di incontro tra premier e Presidente della Repubblica, poco meno di cinquanta minuti. “Napolitano chiede di allargare la base parlamentare e frena suill’ipotesi del voto”. Sotto, il quotidiano di Confindustria si sofferma sulle “attese degli analisti” economici. “I mercati tifano per un esecutivo più forte”. E poi: “Scatto di Mediaset in Borsa. Balzo del 3,29 per cento” dopo il voto di fiducia a Berlusconi.
Un retroscena de La Stampa racconta “Fini nel fortino”, mentre i parlamentari del Pdl gli “gridano di tutto”, dopo il voto. “Sorride a chi lo irride”, e “fa capire ai suoi fedelissimi che il programma non cambia e a caldo scolpisce la frase che potrebbe diventare proverbiale: ‘Ora? Ci divertiremo’. Certo, è un modo per esorcizzare la batosta ma anche un messaggio ai suoi: d’ora in poi a Berlusconi non gliene passeremo una”. Alla domanda sulle dimissioni risponde: “Non ci penso proprio”. Intanto, uno dei “primi effetti” della sconfitta di ieri lo racconta un altro articolo del quotidiano torinese: “Il finiano Briguglio via dal Copasir. ‘Ora siamo all’opposizione'”.
Lo stesso quotidiano, in un altro retroscena, spiega l’incontro tra Berlusconi e Napolitano: “Rimpasto promesso a Napolitano. Il Colle: non è cambiato alcunché”.

Esteri

Su Richard Holbrooke, che è morto l’altra notte, molti articoli sui quotidiani. Il Riformista (“Obama perde l’uomo capace di fare la pace”) ricorda il “suo grande successo”, la pace nei Balcani, dove “seppe coniugare insieme realismo e ipocrisia”, e poi chiede a Rufus Philips, agente della Cia e suo diretto superiore in Vietnam, di ricordare il personaggio: “Lo conobbi a Saigon e capii subito che avrebbe fatto una carriera brillantissima”. Holbrooke cominciò in Vietnam nel 1963, a 22 anni, appena uscito dall’università. Lì Holbrooke, di fronte alle truppe americane chiaramente osteggiate dalla popolazione locale, che era “schierata con il nemico”, capì che gli Usa dovevano etrnare “maggiormente in contatto con la gente del luogo, convincendola dei vantaggi che avrebbe avuto venendo dalla nostra parte”.
Racconta La Repubblica che l’ultima frase di Holbrooke prima di perdere conoscenza è stata “dovete fermare la guerra in Afghanistan”.

Sul licenziamento dell’ex ministro degli esteri iraniano Mottaki, da segnalare due articoli de Il Foglio, secondo cui il gesto è stato il sintomo della resa dei conti tra il cosiddetto partito dei pasdaran e i conservatori pragmatici, che hanno come leader il Presidente del Parlamento, Larjani.

Su tutti i quotidiani anche notizie su Julian Assange: “Il moralista paga per uscire di galera”, scrive Il Giornale. “Grazie ad una cauzione di 283 mila euro il fondatore di Wikileaks, accusato di stupro, sarà fuori entro 48 ore. A congelare la sua liberazione il ricorso della Svezia, ma avrò obbligo di domicilio e braccialetto elettronico”.
Libero: “Povero Assange: avrà un castello come cella. Il giudice inglese dice sì alla libertà su cauzione (240 mila sterline) per il portavoce di Wikileaks. Ma la Svezia ricorre”.
Il Corriere della Sera. “Assange libero. Anzi no. Resta in cella mister Wikileaks. I giudici di Londra: fuori su cauzione. Ma la Svezia ricorre in appello”. La Stampa offre “cinque domande” a Catherine Assange, la madre: “Sono preoccupata, naturalmente, non sono diversa dalle madri di tutto iol mondo”. “Mi ha assicurato che non mollerà”, il titolo dell’intervista.
La Repubblica dà conto delle opinioni su Assange negli Usa: il 68 per cento degli americani ritiene che Wikileak abbia danneggiato l’interesse nazionale e il 59 per cento vorrebbe che Assange finisse in un carcere statunitense. Ma con un forte gap generazionale: sotto i 29 anni i difensori di Wikileaks diventano maggioranza. Uno dei suoi legali sostiene che l’Amministrazione Obama avrebbe già messo al lavoro un “gran giurì segreto”, in Virginia, per preparare le accuse in vista di una incriminazione formale. John Bellinger, ex consulente legale del Dipartimento di Stato, dice che il reato contro la sicurezza nazionale è perseguibile ai sensi dell’Espionage Act ed è convinto che il Dipartimento di Stato abbia già precostituito gli elementi di una incriminazione, con la lettera in cui si diffidava Assange dal diffondere i dispacci diplomatici. Quella lettera lo rendeva consapevole del danno. E per Bellinger la Clinton ha bisogno di “enfatizzare” il danno stesso, per impedire che altri facciano lo stesso. Bellinger ritiene improbabile che un soldato semplice come Bradley Manning abbia avuto accesso a tutti quei cable: ed è questo uno dei contro-argomenti usati dai difensori americani di Wikileaks, secondo cui il governo è stato “incredibilmente negligente”. Torna sulla ribalta anche il regista Michael Moore che, dopo aver contribuito a pagare la cauzione per Assange, ha messo a disposizione il suo sito internet e i suoi server: “Se avessimo avuto Wikileaks – ha detto – forse gli americani avrebbero saputo che la Cia aveva avvertito Bush sul pericolo di un attentato prima dell’11 settembre, e avremmo scoperto le menzogne di Dick Cheney, che ci portarono alla guerra in Iraq. Il Corriere della Sera racconta invece le preferenze letterarie di Assange: uno dei suoi romanzi preferiti è Buio a mezzogiorno, di Koestler, ama gli autori russi e i classici greci.

E poi

Su La Stampa si racconta la storia di un progetto di un ingegnere idraulico iracheno per recuperare una vasta area paludosa in Iraq, nel sud del Paese, “dove era il biblico Eden”, nel delta dei fiumi Tigri ed Eufrate. L’ingegnere si chiama Azzam Alwash, si è formato negli Usa ed è tornato in Iraq nel 2004. Il progetto, che si chiama “New Eden Project”, è finanziato “in larga parte dal ministero italiano per l’Ambiente”.
Il Corriere della Sera recensisce con una intervista il romanzo di uno scrittore iracheno Sinan Antoon, trasferitosi negli Usa: la storia ambientata negli anni 80 in Iraq, dice che seppur non si può mettere sullo stesso piano dittatura e occupazione militare, ora la maggioranza degli iracheni sta molto meglio di prima, visto che ora, per rischiare la morte, basta scendere in strada a fare la spesa, e la gente non ha più cose elementari come elettricità, acqua, polizia. Il libro si chiama “Rapsodia irachena”, lui dice che la dittatura di Saddam non interessava l’occidente.
Oggi il Parlamento Europeo attribuirà il premio Sacharov al dissidente cubano Guillermo Farinas. Ci sarà un’altra sedia vuota, poiché non gli è stato concesso di lasciare il Paese. Ne parla il Corriere.
La Repubblica
riferisce che il Consiglio d’Europa avrebbe accusato il premier del Kosovo Thaci di essere alla guida di un gruppo mafioso responsabile di traffico d’armi, di droga e di organi umani.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)