Troppo giovani per la pensione troppo vecchi per lavorare

Pubblicato il 18 Novembre 2011 in , da Vitalba Paesano

Qualche dato sulla situazione del lavoro e del welfare nel nostro Paese (*).

Anno Domini 2011 d.C.

Cittadini italiani poveri:  8.200.000 (Fonte Caritas)

Giovani disoccupati: 28% (Fonte: Istat)

Over40 disoccupati: circa 1.500.000 (Fonte: stima Atdal Over40)

Over55 disoccupati, non ricollocabili e privi di reddito: 200.000 (Fonte: Ministero del Lavoro, anno 2008)

Disoccupati “scoraggiati”: 2.030.000 (Fonte: Istat)

Disoccupati con sostegno di un ammortizzatore sociale: 27% (Fonte: Inps).

Over50 occupati: 31,2% distanti 18,8 punti percentuali dall’obiettivo del 50% definito dal Trattato di Lisbona (dicembre 2007) e sottoscritto anche dall’Italia.

Oltre 4.000.000 di Partite Iva per la maggior parte non frutto di una scelta di lavoro autonomo ma strada obbligata per poter ottenere un impiego quasi sempre assimilabile a un lavoro dipendente. Moltissimi di questi “autonomi” fatturano poche migliaia di euro all’anno perdendo ogni diritto riconosciuto ad altri lavoratori (indennità di disoccupazione, esenzione ticket, partecipazione a programmi di formazione e sostegno alla ricollocazione).

Dalla metà degli anni ’90 i Governi hanno varato continue rivisioni del sistema previdenziale e di ampliamento delle forme di contratto di lavoro precario. Questi interventi si sono succeduti mentre le aziende attuavano sistematiche politiche di svecchiamento degli organici espellendo dal ciclo produttivo operai, impiegati, quadri e dirigenti. A molti di questi lavoratori, discriminati in ragione dell’età, è stata negata la possibilità di ricollocarsi mentre si allontanava nel tempo il requisito per l’accesso alla pensione. Questi lavoratori rappresentano i “danni collaterali” delle riforme delle pensioni e di promozione della precarietà non accompagnate, se non a parole, da una indispensabile riforma degli ammortizzatori sociali..

La grande preoccupazione per i bilanci degli enti previdenziali cala di colpo  quando una grande o media azienda in crisi chiede il ricorso alla mobilità lunga o ai prepensionamenti (ultimo esempio Fiat di Termini Imerese). In quindici anni decine di migliaia di lavoratori di queste imprese sono stati prepensionati con meno di 50 anni di anzianità e meno di 30 anni di versamenti contributivi.

Al contrario, per i cittadini di serie B, per chi perde il lavoro a livello individuale le norme previdenziali si applicano in modo ferreo. Se hai 55-60 anni e più di 30 anni di versamenti contributivi ti devi arrangiare da solo per cercare di sopravvivere fino alla pensione.

Decine, centinaia di milioni di euro di fondi pubblici sono stati corrisposti alle aziende che dichiaravano uno stato di emergenza e che in moltissimi casi, incassato il malloppo pubblico, hanno delocalizzato nell’indifferenza generale.

Altre decine di milioni di euro vengono stanziati annualmente a sostegno di programmi a sostegno della ricollocazione dei disoccupati, una mare di fondi pubblici che vanno a gonfiare le tasche dei corsifici e delle società che si occupano di intermediazione di mano d’opera.

L’Italia, Grecia e Ungheria sono gli unici paesi della UE che non prevedono alcuna forma di sostegno al reddito per i cittadini incapienti ma, parlare di questa italica ANOMALIA significa essere additati come pericolosi rivoluzionari.Le responsabilità sono individuabili e riconducibili non solo a chi per anni ha governato il Paese ma anche ai sostenitori di una visione dell’economia che è trasversale a tutti i Partiti.

Il libero mercato, visto come soluzione salvifica e panacea contro l’ingerenza dello statalismo, ha prodotto una dissoluzione dello Stato e delle stesse regole della convivenza civile. Si continuano a chiedere sacrifici a chi lavora e a negare qualsiasi forma di sostegno a chi il lavoro non ce l’ha mentre si tagliano o si aumentano i costi dei  servizi indispensabili

A chi invoca nuovi sacrifici per colmare il danno prodotto dalle banche e dalla finanza speculativa, ATDAL OVER40 risponde con la richiesta dell’avvio di una vera politica redistributiva da attuarsi attraverso la tassazione dei  patrimoni e una dura lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero.

Tutte le risorse recuperate da chi ha beneficiato illegalmente della colpevole assenza dello Stato devono essere impiegate a salvaguardia dei posti di lavoro e per l’istituzione di un sistema di welfare, in linea con il resto d’Europa, a tutela di chi è privo di occupazione o è privo di un reddito dignitoso.  

(*) a cura di ATDAL OVER 40  Atdal Associazione nazionale per la tutela dei diritti dei lavoratori over 40