Pensioni di anzianità, assegni sociali e invalidità civili: geografia delle pensioni

Pubblicato il 26 Ottobre 2011 in , da redazione grey-panthers

Pensioni di anzianità al Nord, assegni sociali e invalidità civili al Sud: questo è il dato da cui partire per capire i contrasti di interessi che stanno agitando il dibattito sulla previdenza all’interno della maggioranza. A spostare a Nord il baricentro previdenziale sono le pensioni di anzianità, caratterizzate da una distribuzione che la geografia industriale del Paese fa intuire facilmente. Gli assegni di anzianità erogati ogni mese dall’Istituto di previdenza sono poco meno di 4 milioni, ma per due terzi si concentrano nelle Regioni del Nord e la Lombardia da sola ne accumula quasi un milione. In rapporto alla popolazione, la densità massima si raggiunge in Piemonte, con più di 100 assegni ogni mille abitanti, seguito a ruota da Emilia Romagna e, appunto, Lombardia: in Campania e Calabria, per fare un confronto, lo stesso rapporto si ferma sotto quota 25 assegni per mille abitanti. La prevalenza meridionale, invece, è netta quando si passa agli assegni sociali e a quelli destinati all’invalidità civile. Le ondate di controlli alimentate negli ultimi tre anni dall’Inps per revocare le false pensioni di invalidità hanno avuto effetti importanti, limando il monte di assegni dai 3,2 milioni che si registravano nel 2008 ai 2,78 milioni attuali. A non cambiare, però, è la distribuzione territoriale dell’intervento, che con l’eccezione dell’Umbria, è tutta puntata a Sud

Le coordinate della previdenza, non solo quelle geografiche, non possono lasciare indifferenti i 30-40enni, soprattutto i parasubordinati e i “discontinui” (vale a dire, con periodi non coperti da contribuzione), i quali sperano che un’eventuale riforma possa servire a finanziare un ridisegno delle regole e non solo a tamponare i conti pubblici. Sui quali la spesa previdenziale pesa come un macigno, che – per le sole pensioni di vecchiaia e anzianità dell’Inps vale oltre 125 miliardi all’anno, di cui una grossa fetta pagati a persone di età fra i 45 e i 59 anni.

Il problema non sono tanto i titolari delle pensioni attuali: il punto sono le aspettative a breve-medio termine dei lavoratori dipendenti, soprattutto del settore privato (dove si concentra l’ampia maggioranza delle anzianità) che si stanno avvicinando all’età di uscita dal lavoro e si vedrebbero imporre i tempi supplementari, con scaloni non indifferenti se dovessero avere la meglio le ipotesi più drastiche sul tramonto dell’uscita anticipata di anzianità.

(Da: Il Sole 24 Ore)