Lotta all’HIV: il Truvada lo previene secondo i ricercatori

Pubblicato il 14 Maggio 2012 in , da redazione grey-panthers

Non solo come terapia contro l’ Hiv,  ma anche come prevenzione. È il caso del Truvada, farmaco antiretrovirale finora utilizzato nel trattamento dell’infezione, che ora un panel di esperti dall’agenzia per la sicurezza alimentare e dei farmaci statunitense (Fda) ha giudicato essere adatto anche a scopi preventivi. Solo per alcune categorie di persone, però. E cioè i sex workers, coppie in cui uno dei partner sia sieropositivo che vogliono avere un figlio, e le donne nei paesi in via di sviluppo. Qui, infatti, spesso le mogli sono infettate dai propri mariti, a cui non riescono a imporre l’uso del preservativo, oppure sono vittime di stupri, soprattutto nelle aree che sono teatri di conflitti. Una decisione storica: è la prima volta che consulenti governativi statunitensi si esprimono a favore della terapia antiretrovirale preventiva.

Nella comunità scientifica, questo farmaco, i cui principi attivi sono emtricitabina e tenofovir disoproxil, è già da tempo sotto i riflettori, da quando cioè sono stati pubblicati i risultati di alcuni studi clinici che ne dimostrano l’azione preventiva in Africa. Due di queste ricerche, condotte una dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi e l’ altra dalla  University of Washington, hanno mostrato che la profilassi pre-esposizione riduce il rischio di trasmissione del virus in coppie siero discordanti fino al 73 per cento rispetto all’uso di un placebo. Un altro studio, condotto in sei paesi tra cui Botswana, Brasile e Stati Uniti, ha mostrato, invece, che persone omosessuali non sieropositive sottoposte a profilassi correvano un rischio di contrarre il virus il 44 per cento inferiore rispetto a un gruppo di controllo. Ovviamente fermo restando, in tutti i casi, l’uso del preservativo durante i rapporti sessuali.

“ È un’incredibile opportunità per bloccare l’epidemia”, ha dichiarato al  New York Times uno degli esperti interpellati dall’FdA. A convincere i consulenti è stata non solo l’evidente efficacia del trattamento, ma anche l’esigenza di un più completo set di armi di prevenzione per far fronte a un’infezione che colpisce ogni anno 50mila cittadini americani (in Italia i dati del ministero della salute parlano di 5,5 nuove infezioni l’anno ogni 100mila cittadini e i pazienti sieropositivi sono circa 150mila).